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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    24/08/2015    2 recensioni
Sempre Geoffrey Martewall, ma attraverso occhi diversi.
Hector- "...aveva capito che c’erano ancora troppe ferite che il suo animo indomito tentava di sanare ogni giorno, troppa voglia di liberarsi da qualcosa."
Brianna-" Lo aveva visto dalle finestre e non aveva capito subito perché la paura l’avesse attaccata a tradimento, così all’improvviso. Poi la verità le si era rivelata in un modo così evidente che Brianna non aveva potuto continuare ad ignorarla."
Gant-"« Dovete sentirvi molto solo, sir. » gli aveva sputato addosso Gant, con una calma solo apparente.
Martewall aveva fermato il suo passo ma non si era voltato.
Jerome-"E sapeva anche che non avrebbe ascoltato il suo ordine.
Sembrava nato per essere diverso dagli altri, e, di conseguenza, per essere allo stesso tempo dannatamente irritante e dannatamente insostituibile."
Etienne-"Erano state poche le volte in cui aveva provato ad immaginare cosa pensasse.
Forse perché se c’era una cosa che Etienne detestava, era fallire. E da quel punto di vista, Martewall rappresentava un fallimento continuo."
Guillaume-" « Cercate solo… » disse, senza più voltarsi « Di non fare per orgoglio o paura la mia stessa fine. » "
...
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Un po' tutti | Coppie: Geoffrey/Brianna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Leone


Henri de Grandpré

Incroci le braccia sul petto, posando la schiena sulla staccionata di legno, senza fretta, in una posa che ti è molto famigliare. I tuoi occhi vagano senza sosta sulle tende francesi e sugli scudieri impegnati e frenetici nello svolgere al meglio e nel minor tempo possibile il loro dovere.
Tutto deve essere pronto e perfetto per il torneo di domani.
Molti sguardi pieni d'odio si posano su di te, ma non ci fai caso.
Mentre senti l'aria fresca del tramonto sulla porzione di pelle liscia del petto che hai lasciato scoperta dalla casacca, ti accorgi della calma assoluta che ti ha invaso le membra.
Forse una sottile agitazione, piacevole, arriverà il giorno dopo. Ma, per adesso, sei del tutto tranquillo e non vedi altre facce come la tua intorno a te.
Hai gareggiato così tante volte che oramai la vigilia di un torneo non ti fa più nessun effetto.
Tra tutti quegli scudieri che corrono da una parte all'altra dell'accampamento spicca la figura dell'unico cavaliere presente in quel momento.
Si riconosce il suo rango superiore solo grazie agli abiti più eleganti sulle spalle magre, agli speroni ai piedi e alla spada cinta al fianco. Ma se non fosse per questi dettagli, non avresti mai detto di stare osservando un cavaliere.
Sta poggiato alla staccionata con la schiena rigida e le braccia lasciate lungo i fianchi che hanno la stessa dinamicità di due pezzi di legno. Guarda il movimento dell'accampamento come hai fatto tu poco fa, ma con uno sguardo molto diverso. È chiaramente un cavaliere che non si è ancora dovuto guadagnare nulla, men che meno l'investitura.
Non c'è fierezza né alterigia nei suoi occhi. Solo la paura di ciò che lo aspetta, trattenuta a stento. I suoi tratti sono ancora quasi infantili e delicati e nessuna espressione ardita o divertita li rende più accattivanti.
È davvero molto giovane.
Non più giovane di quanto eri tu quando hai iniziato a gareggiare nelle giostre e nei tornei, sottoponendoti ad ogni tipo di sfida.
Ma tu non sei mai stato così... così.
Non sei mai stato particolarmente impressionabile. E non avevi di certo tanta accortezza da preoccuparti per i tornei, anche se avresti potuto rimetterci un occhio o finire sotto le zampe galoppanti del cavallo.
In effetti, pensi, gli occhi grigi che esaminano il volto del ragazzo con un'attenzione che riservi raramente a qualcuno come lui, è più... naturale il suo comportamento rispetto al tuo.
Assurdamente, nel non provare nulla al pensiero della prova che ti attende, ti senti quasi in mancanza di qualcosa.
E pensare che neanche da ragazzino ti sia importato di qualcosa di diverso dal brivido della sfida, ti fa sentire come se avessi saltato a piè pari un intero capitolo della tua vita. Ma non te ne importa, se ci pensi bene. Non riesci proprio ad immaginarti con uno sguardo così accomodante, limpido, completamente privo d'orgoglio e innocente.
Certo, non c'è mai stata dell'innocenza in te, da che ricordi.
Di questo forse ti importa.
Ma non importa a nessun altro. Sai che sarai implacabile, al torneo. Preciso e vincente almeno per la maggior parte delle volte.
Ti sei quasi deciso a tornare dentro la tenda con noncuranza, quando il ragazzino incrocia i tuoi occhi. Ricambi la sua occhiata timorosa senza imbarazzo né irrequietezza. Fai trasparire quanto sia lampante la sua scarsa sicurezza di sé, gli fai capire quanto i suoi pensieri siano perfettamente intuibili dall'esterno.
Gli servirà da lezione.
Non hai nulla contro di lui. Anche perché sarebbe piuttosto strano se tu provassi davvero qualche antipatia per qualcuno di una debolezza così palese, candida e ingenua.
Non lo vedi come qualcuno che, irrimediabilmente, sarà destinato a rimanere codardo per sempre. Sai che si imporrà di scendere in campo con coraggio.
Però è riuscito ad irritarti.
La dipendenza da qualcosa ti irrita, anche vista addosso a qualcun altro.
Osservi attentamente la sua tunica e memorizzi il blasone nobiliare. Preferiresti davvero non avere avversari come lui.
Ora ti toccherà andarci piano... per quanto tu lo sappia fare.


*


Lo senti ansimare, fuori di sé dalla rabbia, dietro di te. Ma non ti volti.
Per adesso, vuoi solo che sene vada. E ti si stringe comunque il cuore quando, imprecando, ti accontenta.
L'occhio brucia, ma non più della coscienza.
Dannazione, Jerome...
Rivedi il corpo del ragazzino steso fra la polvere, immobile, il respiro debole e la terra che si macchia del sangue che fuoriesce dall'elmo.
Di giostre e di battaglie ne hai viste tante, ma non sei riuscito a capire quanto fossero gravi le sue condizioni.
Jerome aveva intenzione di ucciderlo. È impossibile negarlo, lo hai anche visto nei suoi occhi solo pochi istanti fa, ma vorresti comunque riuscire a convincerti di essere in torto.
Una rabbia accecante ti invade il petto, la mente, lo sguardo.
Ma in un sottile pensiero, capisci che chiunque potrebbe rinfacciarti di aver ferito, anche se non così gravemente, altri tuoi avversari, quel giorno, compreso il compagno del ragazzino.
Lo sai e non ti senti particolarmente in colpa.
Ma per quel ragazzino, per lui sì.
Ti senti sporco di sangue innocente.


*


Ti eri davvero dimenticato di lui.
I ricordi riaffiorano nel momento in cui il Falco vi presenta l'uno all'altro. Certo, non avevi dimenticato il giovanissimo cavaliere che era stato vittima della rabbia di Jerome, perché era il simbolo del tuo fallimento, del fatto che avresti dovuto accorgerti di non conoscere davvero il tuo amico.
Ma avevi dimenticato il suo volto. La sua espressione impaurita che adesso, fortunatamente, è solo un ricordo.
Perchè Henry de Grandpré sembra cresciuto, rafforzato, maturato. Il volto è più deciso, sebbene gli occhi mantengano la loro limpidezza con un certa fierezza. Una nobiltà umile, una sincerità e una bontà così palese e così degna di rispetto.
Così degna di un cavaliere.
Vedi la vera nobiltà della sua anima nella gentilezza delle sue parole e del suo sorriso.
È tutto quello che tu non eri e che mai sarai.
Ti stupisci di quanto pensare a questo sia allo stesso tempo piacevole e triste.



Brianna

Eri il minore di tre fratelli maschi. Questo voleva dire che dovevi sforzarti il doppio per far parlare di te, per farti notare. Nessuno credeva che saresti potuto diventare un generale formidabile, o che il tuo bisogno di un'eredità non avrebbe fatto crescere in te l'invidia nei confronti dei tuoi fratelli, o che in ogni momento avresti combattuto per guadagnarti onorevolmente il tuo denaro.
In molti mormoravano che per te sarebbe stato più facile e meno faticoso unirsi al clero, oltre che più utile alla tua casata. Ma tu sognavi altri modi per portare in alto il nome della tua famiglia. Non ti era mai passato per la testa l'idea di prendere gli ordini. Ti eri guadagnato il rispetto di tutti con fatica, ma questo aveva temprato il tuo carattere e ti aveva reso più forte.
E non eri affatto geloso di ciò che avevano i tuoi fratelli, anche se a volte la scarsa fiducia che gli altri riponevano in te ti infastidiva, e, malato d'orgoglio, ti fingevi sempre noncurante.
Non avevi un'eredità assicurata, ma avevi una libertà che non molti conoscevano, grazie alla tua posizione e al tuo spirito indipendente. Una libertà che, anche da feudatario, non hai mai rinnegato, pur assumendoti tutte le responsabilità che ti spettavano. E che prima avevano riguardato solo la guida dei tuoi uomini e la protezione delle terre di tuo padre, non il governo di quel feudo, che, lo sapeva, era qualcosa di ben diverso e di difficile da gestire.
Per questo credi di amarla.
Ami la sua libertà, la vostra libertà. Ami il suo portamento fiero, le sue resistenze ai dolori che la vita gli ha riservato, ami la grazia e la forza con cui si prende cura di suo figlio. Un figlio ribelle, faticoso da controllare, come eri tu.
Il fatto che ci sia Beau nella sua vita non fa che renderla più affascinante ai tuoi occhi, anche se nessuno ci crederebbe.
Ami il suo cipiglio lievemente arrogante e molto sicuro, il suo essere così diversa dalle altre donne, attente a mostrarsi fragili bambole dalla pelle di seta. Non vuoi nessuna di loro al tuo fianco. Vuoi lasciare intatta la libertà che per anni hai difeso.


*

Brianna Foxworth è più forte di te.
Avete in comune la sofferenza, ma lei l'ha sempre accettata con fierezza e pacatezza, adeguandosi alla vita come l'acqua in un recipiente sempre diverso. È riuscita a sopravvivere e a seguire i giusti principi quando tu non facevi altro che desiderare sangue e vendetta. I tuoi peccati ti perseguiteranno per sempre, mentre lei è sempre stata un passo avanti, non ha mai ceduto alla debolezza di una tentazione.
La chiamano sgualdrina, ma per te è la più pura fra le donne.
La cosa peggiore, è che tu hai vissuto troppe cose per poter cambiare te stesso.
E ora non la meriti.


Kerwick


Geoffrey Martewall ricordava perfettamente la sua infanzia, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessuno. Non era un argomento di cui amava trovarsi a discutere.
Kerwick non ne aveva idea, ma buona parte dei ricordi più nitidi di quando Geoffrey era un bambino erano legati a lui.
Il barone lo osservò con la coda dell'occhio, in sella al suo cavallo. Il suo sguardo era molto diverso da quello del bambino che era cresciuto insieme a lui nel borgo di Dunchester. Era molto più sicuro, anche se non riusciva a sembrare arrogante.
Quel giorno aveva insistito per partire insieme a lui per la Francia, sarebbe stato un viaggio breve, ma utile per parlamentare col re riguardo ai primi aiuti che avrebbe voluto inviare a suo figlio, impegnato in una guerra aspra e spietata contro re Giovanni Senza Terra.
Geoffrey non avrebbe voluto portare con sé nessuno dei suoi cavalieri, in un momento così particolare, ma solo pochi soldati.
Kerwick non aveva mai contestato una sua decisione, in tutti quegli anni, se non una volta, il giorno in cui Dunchester era stata conquistata da Lunga Spada. Per questo Geoffrey si era dovuto trattenere per non guardarlo con tanto d'occhi quando lo aveva sentito dire che intendeva seguirlo in Francia, nonostante il barone si fosse già espresso riguardo ciò che intendeva fare. In lui aveva visto una preoccupazione a stento sopita, mentre tentava di convincerlo a portare almeno qualche cavaliere con sé, per essere più sicuro nel caso i sicari di Giovanni, fin troppo numerosi, avessero tentato di fermare la sua spedizione.
Geoffrey non aveva mai dovuto giustificare le sue azioni con lui durante buona parte della sua vita. Era così che erano sempre rimasti i rapporti fra loro. Però sentiva che qualcosa stava cambiando, da quando lo aveva visto contestare le sue decisioni di fronte a suo padre, quando Geoffrey aveva scelto di salvare il salvabile dall'esercito di Salisbury e disubbidire a sir Harald nell'arrendersi e fare in modo che la violenza dei mercenari non arrivasse al popolo innocente, alle donne e ai bambini.
Non si era sentito ferito nell'orgoglio dall'inaspettata mancata alleanza di Kerwick, e non si era sentito più debole. Era abituato a combattere da solo le sue battaglie. Ma si era chiesto perché neanche lui capisse le sue ragioni, cosa che aveva dato per scontato così tanto tempo. Questo pensiero si era aggiunto ai suoi turbamenti, perché non aveva mai pensato, a differenza degli altri, che Kerwick ubbidisse agli ordini senza fiatare, di solito, perché solo quello sapeva fare, ma che la sua fedeltà raggiungesse vette inimmaginabili, e forse anche perché si erano ritrovati ad essere d'accordo, evidentemente, su molti punti.
Ma era chiaro che non fosse più così.
Chi era stato a cambiare, in quel periodo?
Geoffrey si fece questa domanda ma si rispose un istante dopo, dandosi dello stupido. Pensò a tutto quello che aveva fatto nell'ultimo anno, al suo comportamento da bandito quando aveva preso prigioniero Jean Marc de Ponthieau in quella locanda. Ripensò alla sua voglia di vendetta camuffata da desiderio di verità.
Non si sarebbe stupito se Kerwick avesse smesso di credere completamente in lui, di provare rispetto nei suoi confronti. Rimaneva al suo fianco, perché il suo onore e la sua fedeltà non gli permettevano di fare altro, e, come era successo quel giorno, si preoccupava come sempre per la sua vita.
Eppure Geoffrey sentiva di aver perso qualcosa.
Qualcosa di importante. E non era l'approvazione senza macchia di Kerwick. Ma il suo rispetto e la sua totale fiducia.
Sapeva di esserselo meritato.


*


Da piccolo si trovava spesso a cercarlo con lo sguardo, forse perché era l'unico dei famigli della sua età. Era un comportamento senza dubbio molto strano, considerato il fatto che i due nemmeno si parlavano, in realtà. Non che Geoffrey non avesse voluto, a volte. Soprattutto quando i suoi fratelli lo lasciavano a lungo da solo, perché impegnati nei loro studi o in brevi viaggi che Harald concedeva loro.
Ma ogni volta che lo vedeva il piccolo Kerwick arrossiva e abbassava lo sguardo, e Geoffrey si sentiva a disagio come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.
Eppure vi era qualcosa in quel bambino, una sorta di pacata e incrollabile fiducia, che gli faceva provare il desiderio di tenere in gran conto la sua opinione e i suoi pensieri così evidenti sul suo viso.
A Geoffrey piaceva la sua sincerità. Quel bambino gli ispirava fiducia, ma dalle sue reazioni non era sicuro di fare a lui lo stesso effetto e per questo Geoffrey se ne rimase sempre in disparte, preferendo molte volte la solitudine.
Vi era stato un tempo in cui si era ritrovato anche ad invidiare un po' quel bambino. Svolgeva ogni suo lavoro da scudiero in modo meticoloso e sempre perfetto. Non c'era mai stata una volta in cui aveva combinato qualcosa per cui dovesse essere punito. Sembrava molto semplice e al contempo sereno.
Geoffrey invidiava la sua naturale tranquillità, la paragonava alla propria irrequietezza, che sfogava senza potersi trattenere. Aveva invidiato non solo la sua efficienza ma anche lo sguardo sempre limpido di Kerwick, e persino le sue poche preoccupazioni. La sua capacità di risultare sempre simpatico a chiunque, sempre di piacevole compagnia. 
Poi il tempo era passato e da ragazzino Geoffrey era arrivato a sentirsi così poco adatto a parlare con lui che lo aveva dimenticato, con la mente sempre impegnata negli allenamenti con la spada, nel rapporto con la sua famiglia, nelle guerre imminenti.
Era stato troppo orgoglioso per ammettere che aveva desiderato, anche se per poco, un amico tra le mura di Dunchester , ma non si curava neanche più di questo fatto irrilevante.
Nei confronti di Kerwick era rimasto dentro di lui un pacato rispetto, che sperava fosse ricambiato.


*


« Che diavolo è successo qui?» chiese Kerwick tra sé, guardandosi intorno con gli occhi leggermente sbarrati.
Geoffrey si chinò a raccogliere dal fango un brandello di tessuto rosso sporco e bagnato dall'umidità mattutina.
« Se fossi rimasto in Inghilterra, probabilmente lo sapresti. » rispose Geoffrey, duramente, lo sguardo che scrutava le case bruciate. Kerwick non abbassò lo sguardo, ma non rispose subito, serrando la mascella.
Il giovane barone non lo degnò più di uno sguardo.
« Muoviamoci a raggiungere Fitz Walter. » ordinò, secco, l'espressione cupa ma determinata. In un primo momento aveva ricordato a Kerwick il suo errore, ma non ci aveva prestato molta attenzione. Cercava solo, in quel momento,  di capire in ogni dettaglio ciò che era avvenuto in quel luogo durante la sua breve assenza, dove si fossero diretti gli abitanti in fuga, se vi era stato solo un saccheggio o una battaglia tra componenti di diverse armate. Perlustrò con uno sguardo attento ed esperto tutto ciò che poteva, mantenendo il suo cavallo al passo in mezzo alla strada piena di impronte sparse e fango, superando le case dalle porte sfondate e i tetti anneriti e pericolanti a causa del fuoco.
L'odore della morte, inconfondibile, permeava l'aria avvolta da un silenzio che pareva irreale. Geoffrey sentiva la rabbia crescere sempre più nel suo petto.
Kerwick lo raggiunse, rimanendo solo qualche passo dietro di lui.
« Non vi chiederò perdono per essermi opposto ad una vostra decisione. » disse, calmo ma sicuro.
Geoffrey lasciò faticosamente che la sorpresa gli scivolasse addosso senza lasciare traccia e lo osservò con gli occhi taglienti e freddi come il ghiaccio.
« Non voglio affatto farti desiderare il mio perdono. Non posso dire di essere stato contento della tua decisione, ma se io non avessi acconsentito, saresti rimasto qui. Che fossi stato d'accordo o no. E non mi pare affatto di averti dato il permesso di parlarmi così. » chiarì, severo e tagliente.
Non poteva pensare che non fosse strano, rivolgersi in questo modo proprio a lui. Forse perché lo conosceva da sempre. Anche se non avevano fatto amicizia nel vero senso della parola, era stato fin da piccolo una presenza vicina. Ma lo aveva ferito nell'orgoglio dicendo una frase che, come era ovvio, era uscita istintivamente dalle sue labbra. E Geoffrey non poteva impedirsi di reagire con estrema freddezza.
In effetti, non aveva neanche idea del perché non si fosse opposto alle insistenze di Kerwick fino a farlo desistere. Ci sarebbe voluto poco, era lui il suo signore, lui quello che poteva dare ordini.
In Kerwick, quel bambino che aveva conosciuto e osservato da lontano, c'era qualcosa che lo portava, a volte, solo a volte, ad acconsentire alle proposte che faceva anche se non si trovava per niente d'accordo.
Geoffrey si morse le labbra. Non avrebbe mai più dovuto fare un simile errore.
« L'ho fatto per guardarvi le spalle, signore. » si giustificò Kerwick, abbassando la testa.
« Lo so. Ma non ne ho bisogno. »
Kerwick non disse nulla anche se la sua disapprovazione aleggiava pesante nell'aria. Geoffrey si chiese se l'altro avesse perso fiducia nelle sue capacità o condannasse apertamente il suo orgoglio.
« Credete che io non sappia cosa siete capace di fare? Avevo la vostra stessa età quando avete impugnato la spada per la prima volta. » mormorò Kerwick, pacato, come per rispondere ai suoi pensieri nascosti, e il barone lo osservò con un interesse che non aveva mai dato a vedere di volergli riservare.
« Lo ricordo bene. » concluse Geoffrey, tornando ad osservare la strada. Non mentiva, e capì in un istante di aver dato una risposta che aveva soddisfatto l'altro cavaliere.
« Mi perdonerete allora il mio modo di preoccuparmi per voi anche più di quanto facciano gli altri, anche se vi da fastidio?»
Geoffrey faticò di nuovo nel non mostrarsi sorpreso. Strinse le redini mentre la domanda gli riecheggiava nella testa.
Non c'era una risposta che gli avrebbe fatto piacere dare.
Indurendo la sua espressione appena tetra e incolore, annuì una sola volta, mentre una strana luce sembrava allargarsi nel suo petto come una sorgente che inonda all'improvviso un terreno arido.



E con questo ho finito di rompere... -.-" per un bel po' nulla e all'improvviso pufff, due capitoli!
Grazie a tutti per aver letto :)  (e Grazie con la g maiuscola a Wrong And Write, che non se ne perde uno, dei miei capitoli e mi incoraggia sempre...)
Spero di non aver deluso nessuno dei tanti ( come potrebbe essere altrimenti) ammiratori e ammiratrici di Geoff...
in ogni caso, sappiate che avevo buone intenzioni... e che non avete il mio indirizzo...  : )
Ciaooo!

  
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