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Autore: Ayumi Yoshida    02/02/2009    3 recensioni
Questa storia prende vita in un universo alternativo rispetto a quello in ci si svolgono normalmente le vicende. I cyborg vagano ancora indisturbati, portando scompiglio e distruzione, e nessuno sembra essere in grado di batterli. Ma nel frattempo un ragazzino si allena con costanza…
Una storia estremamente drammatica e angst, nella quale i personaggi dovranno rimettersi in gioco completamente e affrontare le proprie debolezze per non distruggere l’amicizia che li lega.
Dalla shot: Si portò le mani sulle ginocchia, respirando affannosamente.
Sentiva il cuore battere forte, il petto lacerarsi sotto il peso del suo fiato bollente. […]
Molto probabilmente le sue ossa si stavano sfaldando a causa di tutti i colpi che aveva preso durante l’ennesimo combattimento.
Ma cosa importava avere un paio di costole rotte se eri al corrente che nelle vicine città delle ossa della gente non era rimasta neanche la polvere?

[Terza classificata al contest 'E' l'amico è' indetto da hotaru]
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Weakness

Weakness
(A real friendship story)

 

 

 

“Di nuovo!”
La voce di Gohan giunse come un fulmine all’orecchio del giovane Trunks, stanco, provato, frustrato.
Si portò le mani sulle ginocchia, respirando affannosamente.
Sentiva il cuore battere forte, il petto lacerarsi sotto il peso del suo fiato bollente.
Erano più di cinque ore che Gohan lo stava allenando.
Molto probabilmente le sue ossa si stavano sfaldando a causa di tutti i colpi che aveva preso durante l’ennesimo combattimento.
Ma cosa importava avere un paio di costole rotte se eri al corrente che nelle vicine città delle ossa della gente non era rimasta neanche la polvere?
Rabbrividì a quel pensiero disgustoso e annuì con la testa.
“Sì.”
Questa volta doveva farcela. Non poteva più permettersi di sbagliare.
Avrebbe potuto rischiare la sua vita, la vita di chiunque altro fosse stato accanto a lui.
Per questo si allenava: per proteggersi, per proteggere.
Per proteggere tutte le persone a cui voleva bene, per proteggere dai cyborg le uniche due persone che gli erano rimaste: sua madre e proprio lui, il suo amico e mentore Gohan.
Era stato proprio Gohan a proporgli di combattere.
“Devi saperti difendere” gli aveva detto un giorno in cui il sole era alto nel cielo e il vento di distruzione che gli androidi avevano scatenato sembrava essersi finalmente fermato.
Trunks ricordava molto bene quella giornata. Aveva ancora stampata nella testa l’espressione seria di Gohan quando gli aveva comunicato i suoi timori.
“Tutto questo potrebbe continuare, anzi, continuerà.” Aveva detto guardandolo fisso negli occhi “Devi saperti difendere.”
Trunks era incredulo.
“Perché dici questo?” aveva chiesto quasi offeso da tutte quelle sue congetture così in apparentemente irrealizzabili “Tutto è finito, adesso. Tutto è tranquillo, non accadrà più nulla. I cyborg sono scomparsi, si sono arresi. Li hai spaventati per bene!”
Gohan si era sentito male nel dover far scomparire quel così sorriso fiducioso che si era aperto sul volto del ragazzo.
Le sue mani si erano strette in un pugno, massacrando l’aria invisibile.
“No, nulla è finito. Forse tutto deve ancora iniziare.”
“Cosa?”
Trunks aveva strabuzzato gli occhi.
“Sì. Sarebbe… sarebbe troppo semplice.” Aveva confessato l’altro con amarezza “Vedrai, torneranno. E saranno più affamati di distruzione di prima.”
E purtroppo aveva avuto ragione.
I cyborg erano tornati, più forti e malvagi di prima, e avevano continuato la loro opera di distruzione con disarmante freddezza.
Gohan aveva cercato di contrastarli, ma era riuscito soltanto a rallentarli per un po’ nell’esecuzione dei loro piani orribili.
Il sayan tornava a casa di Bulma sempre ferito in modo più grave, sempre più svuotato, disperato.
Trunks lo vedeva lentamente cedere sotto le violenze e i soprusi dei due androidi, anche se lui cercava di non darlo a vedere.
 
“Capisci cosa intendevo?”
Lo sfondo di questa tacita richiesta d’aiuto di Gohan era stata l’ultima città distrutta dalla furia assassina dei due mostri metallici. C’erano macerie dappertutto, brandelli di vestiti strappati, oggetti rotti perché calpestati e tanti, tantissimi corpi senza vita. Giacevano immobili, freddi, accantonati lungo il ciglio della strada.
Uno spettacolo straziante.
E così il piccolo aveva ceduto. Aveva deciso di farsi allenare da lui.
Finalmente il desiderio più profondo di Gohan era divenuto realtà: Trunks aveva accettato di impararsi a difendere.
Solo in quel modo avrebbe potuto difenderlo.
Non standogli accanto, non difendendolo, ma insegnandoli a difendersi.
Voleva troppo bene a Trunks per saperlo in pericolo.
Lo conosceva sin da quando aveva mosso i primi passi. Ricordava ancora la prima volta che gli aveva accarezzato la testa, la prima volta che il piccolo gli aveva sorriso quando aveva solo qualche dentino in bocca.
Trunks era cresciuto insieme a lui, sotto il suo vigile sguardo.
Dopo la morte di Vegeta, Gohan era stato l’unico in grado di stargli vicino in un momento così doloroso.
Il sayan era già a conoscenza di quel male nero che colpisce e ferisce, violento come uno sparo, quando si perde una persona a cui si vuole bene e si era sentito in obbligo di aiutarlo.
I due avevano condiviso l’immenso dolore che minacciava di lacerare completamente le loro anime già irrimediabilmente ferite consolandosi, parlandosi, sostenendosi nelle paure e nei timori, nei momenti felici, nelle vittorie e nelle sconfitte.
Trunks era come un fratello per lui; quel fratello che non aveva mai potuto coccolare o stringere a sé per colpa della sua scomparsa troppo prematura.
Tutta la sua famiglia era stata sterminata dai cyborg –persino sua madre, la cui sola colpa era stata quella di aver amato un uomo devoto alla difesa di esseri deboli e oppressi- e l’unica persona che gli rimaneva era proprio lui, il piccolo Trunks.
Non poteva permettersi di perdere anche lui.
Non poteva permettersi di perdere la sua ultima speranza.
Non poteva permettersi di perdere l’ultima persona che riusciva ancora a strappargli un sorriso in ogni situazione, anche in quelle più disperate.
 
“Di nuovo!”
Da quando avevano cominciato la sessione speciale di allenamento, ogni giorno che passava andare avanti era sempre più difficile.
Il corpo e la mente di entrambi, ma soprattutto di Trunks, avevano cominciato a dare evidenti segni di cedimento molto presto.
Il piccolo sayan era sempre più strano.
Continuava ad allenarsi, certo, ma non ci metteva più tutto quell’impegno, quella passione, quell’entusiasmo che aveva mostrato all’inizio della sessione.
Gohan se n’era accorto immediatamente e aveva incominciato a interrogarsi sul perché di quello strano cambiamento.
Trunks era sempre stato un ragazzino aperto, vivace, tenace nel portare a termine i suoi obiettivi e nel sostenere i suoi punti di vista, invece negli ultimi tempi se ne stava spesso da solo, in silenzio, chiuso nella sua stanza, disteso sul letto a fissare il soffitto.
Quello strano comportamento preoccupava molto anche Bulma che –comprensibilmente- era stata la prima ad accorgersene.
Gohan riceveva da lei sguardi sempre più severi quando, dopo l’allenamento, rientrava a casa insieme a Trunks, apatico e spento, e lo aiutava a medicarsi i numerosi tagli e ferite che si provocava durante le serrate lotte.
Più il tempo passava, più l’ultimo membro della famiglia Son sentiva la preoccupazione crescere dentro di lui, venire in superficie, risalire il suo petto, disgustosa come conati di vomito.
Una volta aveva anche cercato di parlargli, ma purtroppo non aveva ottenuto alcun risultato.
Era una giornata piuttosto tranquilla, movimentata soltanto da spifferi di vento casuali. Il luogo in cui si stavano allenando era piuttosto caldo, ma ciò non era un bene per i due guerrieri.
Ben presto, spossati da tutta quell’afa, erano caduti a terra, esausti, e avevano cominciato a fissare il cielo, muti.
Era stato Gohan per primo a rompere il silenzio.
“Allora Trunks” aveva detto cercando di sorridere “come va?”
L’altro l’aveva guardato, dubbioso. “Come scusa?”
Il sayan più grande era arrossito lievemente, spostando gli occhi dal suo interlocutore al cielo.
“Intendo… come ti va in generale, ecco.”
L’espressione di Trunks non era mutata né in sorpresa né in rabbia come Gohan aveva immaginato. Essa era rimasta apatica, come di consueto in quei giorni, e il piccolo gli aveva risposto tranquillo: “Va tutto bene, grazie.”
Ciò, però, non era vero e questo lo sapevano entrambi.
Tuttavia Gohan non aveva avuto il coraggio di continuare quella strana conversazione.
Per la prima volta nella sua vita, aveva avuto paura.
Per la prima volta nella sua vita, si era sentito disgustoso, proprio come il vomito che sempre più minacciava di invadergli il petto.
Era un codardo.
Lui che aveva come unico obiettivo quello di proteggerlo man mano lo stava trascinando in un baratro nero senza fine.
Si sentiva colpevole, colpevole di ciò che stava accadendo a Trunks in quel momento, anche se non riusciva bene a capire che cosa fosse.
Non aveva più la forza di indagare. La sua anima e la sua mente erano esauste.
Il suo corpo trafitto dalla fatica riusciva a concentrarsi solo sul combattimento.
Avrebbe dovuto continuare su questa strada e sperare che tutto si risolvesse al più presto, che tutti i pezzi di quel complicato puzzle tornassero a posto da soli.
Lui avrebbe soltanto potuto consolare Trunks nei momenti di sconforto, nulla di più.
Ma a cosa sarebbero serviti i suoi incoraggiamenti?
A cosa sarebbero serviti gli incoraggiamenti di un uomo colpevole di rovinare la vita di un bambino?
Gohan continuava a chiederselo ogni notte, fissando il soffitto intonacato di bianco, e non aveva ancora trovato una risposta.
 
“Di nuovo!”
La vita aveva continuato a fare il suo corso normalmente, ma le cose non erano cambiate.
Gli allenamenti erano sempre più uno scambio di violenti colpi, poche battute serrate e scambiate soltanto quando ce n’era davvero bisogno. Altrimenti i due si limitavano a stare in silenzio e a lottare.
Proprio come stava accadendo quella mattina.
“Pronto?” chiese piano Gohan prima di sferrare un altro attacco.
Fissò Trunks negli occhi e vi lesse solo dolore e frustrazione. Si costrinse a spostare lo sguardo.
Il piccolo annuì distrattamente.
La sua mente era altrove. Era in città, seguiva i cyborg distruggere le abitazioni, sradicare gli alberi, torturare i bambini…
“Vai!”
All’urlo di Gohan, Trunks partì di corsa e poi spiccò il volo, avvicinandosi al suo maestro in picchiata. Con tutta la forza che aveva gli sferrò un pugno, ma l’altro sayan aveva già incrociato le braccia al petto e l’aveva parato con facilità.
“Più forte!” urlò nuovamente Gohah “Non mi hai fatto neanche il solletico!”
Trunks annuì tristemente e chiuse gli occhi.
Poi cominciò a colpire alla cieca, lasciandosi guidare solo dal suo dolore.
Non ce la faceva più a combattere.
Era esausto.
I lunghi allenamenti con Gohan lo stavano distruggendo, psicologicamente e fisicamente.
Sentiva che il suo corpo non avrebbe più retto molto a lungo. Sentiva le ossa fracassarsi nei suoi arti, nella sua gabbia toracica e pungere il suo cuore.
Era al limite…
“Così non va.” Affermò una voce familiare.
Trunks riaprì gli occhi.
Gohan gli aveva bloccato la mano, impedendogli di sferrare altri pugni.
“Devi poter guardare il tuo avversario.” gli spiegò pazientemente “Altrimenti non riuscirai a colpirlo. I nemici veri non sono come me, Trunks. Loro non attenderanno che tu ti rialzi e ti riposi. Ti attaccheranno quando sarai più debole.”
Gli lasciò il polso e disse: “continuiamo.” Si rimise in posizione di combattimento e attese che anche Trunks si risistemasse. Il ragazzo dai capelli lillà, però, non si mosse.
Soltanto puntò lo sguardo sul volto del maestro e confessò, duro: “per fortuna non sono tutti come te.”
Gohan lo fissò allibito. Non era da Trunks parlare in quel modo.
“C-che cosa?” balbettò incredulo, sperando di aver frainteso le sue parole.
La speranza, però, non resse per più di qualche secondo, perché Trunks si affrettò immediatamente a ripetere ciò che aveva già detto.
“Per fortuna non sono tutti come te.”
La sfumatura di durezza nella sua voce letteralmente immobilizzò Gohan.
“Perché… perché dici così?” gli domandò impaurito.
Ecco che tutto veniva a galla. Il vomito che aveva minacciato di squarciargli il petto si rifece sentire, puntuale.
“Tu sei… falso.” Pronunciò lentamente, ma a voce altissima il figlio di Vegeta, facendo strabuzzare gli occhi al suo maestro. “Mi hai detto di volermi allenare perché io possa proteggere la mia famiglia, ma in realtà tu vuoi che io combatta i nemici al posto tuo! Credi che io non me ne sia accorto? Credi che io sia così stupido? Non fai altro che parlare di nemici, di avversari.”
Il ragazzino s’interruppe un attimo, squadrandolo con una smorfia di disgusto, e continuò a urlare, a spiegare tutto quello che aveva faticosamente tenuto dentro per quel lunghissimo periodo di tempo.

“Ti ho visto quando hai combattuto i cyborg. Ormai non ti impegni più, è come se ti fossi già arreso. Tu sei convinto che io combatterò al posto tuo!”
Gohan spalancò la bocca, incredulo. Trunks lo stava accusando di averlo tradito.
Sentì il petto squarciarsi sotto un peso invisibile. Lo stava accusando di aver tradito lui, l’unica persona che gli rimaneva.

“NO!” esclamò istintivamente, sconvolto, le mani protratte verso di lui come per stringerlo in un abbraccio ormai impossibile “No! Io non volevo… io… non voglio! NON VOGLIO QUESTO!”
L’urlo che aveva appena risalito la sua gola era balzato fuori dalle sue labbra disumano, potentissimo. Gohan sentì il dolore crescere dentro di sé, a pari passo con i sensi di colpa. Lacrime non volute cominciarono a sgorgargli prepotentemente dagli occhi, mentre Trunks lo fissava disorientato, ma comunque pronto a gridargli contro il rancore che provava per lui.
“Non volevi, non volevi?” lo rimbecco il piccolo. Le sue urla disperata riecheggiavano nell’aria della collina isolata. “Allora perché l’hai fatto? Perché mi hai fatto allenare fino allo sfinimento?”

Gohan abbassò la testa, continuando a piangere.
Perché l’aveva fatto, lui lo sapeva.
Sapeva perché gli avesse rubato l’infanzia, sapeva perché avesse proiettato tutte le sue sofferenze e i suoi desideri su di lui. Lo sapeva benissimo.
L’aveva fatto perché era egoista. L’aveva fatto perché era debole.
L’aveva fatto soltanto perché non voleva perderlo.

“Io…” Cominciò a dire a fatica, cadendo in ginocchio.
Le lacrime continuavano a scorrergli sul viso e a inondare l’erba, impastandola.
“Io...” Ripeté ancora, provando a spiegarsi, però tacque, imprigionato nel rimorso delle sue stesse azioni.
Non osò neanche alzare la testa per vedere Trunks reagire.

Il ragazzino aveva ancora gli occhi e la bocca spalancati, incredulo di tutto quello che aveva sentito.
Il suo maestro, il suo amico più fidato non voleva raccontargli perché gli avesse rubato l’infanzia, non voleva spiegargli perché avesse proiettato tutte le sue sofferenze e i suoi desideri su di lui.
Preferiva tacere.
Lacrime di impotenza, di rabbia, di frustrazione cominciarono a bagnare anche il suo piccolo volto, così giovane eppure così segnato dalla sofferenza. Trunks abbassò la testa per nasconderle.

“Allora” urlò disperato, scosso dai singulti a Gohan, a tutti, a nessuno “ALLORA, PERCHE’ NON MI RISPONDI?!”
Gli si scagliò contro e cominciò a colpirlo disperatamente con più forza che poteva, desiderando di fargli male, tanto male, tutto il male che aveva ricevuto da lui. Desiderava ucciderlo, vedere il suo sangue scorrere lucente sull’erba.
Avrebbe continuato a opporsi a lui fino a quando non l’avrebbe visto cadere a terra, morto sotto i suoi colpi.

“TI ODIO!” singhiozzò tirandogli un pugno sul naso, un pugno che aveva caricato con tutta la sua rabbia. Non esitò un attimo e immediatamente le sue nocche sbatterono contro il viso di Gohan.
Con sua grande sorpresa, però, il suo maestro non reagì. Il suo naso si ruppe, Trunks vide fiotti di sangue bagnare finalmente l’erba, ma Gohan non si mosse.
Continuava a piangere, le mani piantate a terra, gli occhi addolorati rivolti a lui.
“PERCHE’ NON REAGISCI?!” ruggì Trunks afferrandogli le spalle e scuotendolo con rabbia.
Le lacrime continuavano a scorrergli impotenti sulle guance, bagnandogli ancora di più la tuta già zuppa di sudore.
“REAGISCI!”
Gli tirò un altro pugno, colpendogli ferocemente la mascella. La sentì cadere a pezzi come un pesante vaso di vetro che si schianta sul pavimento. Gohan tossì e sputò sangue.
“REAGISCI!”
Ad occhi chiusi, Trunks si preparò a sferrare un ultimo, decisivo colpo, dopo il quale –il piccolo sayan ne era certo- Gohan avrebbe smesso di piangere.

Avrebbe smesso di piangere.
Caricò il pugno ripensando a tutti i momenti che aveva passato con lui: erano stati splendidi, emozionanti, divertenti, ma era stata tutta finzione, soltanto uno spettacolo per conquistare la sua fiducia. Si sentì schiacciare dal peso delle sue stesse lacrime.
“TI ODIO!”
Aveva deciso.
Tutto, ormai, era finito. Era finita la sua sofferenza, era finita la vita del suo amico.

Ma si può vivere sapendo di aver ucciso un amico?
La sua stessa vita era finita.
 
“Di nuovo…”
La mano di Trunks era partita a velocità folle, pronta a colpire il petto di Gohan che si trovava davanti a lui, ma la sua corsa era stata fermata quasi subito.
Immediatamente il piccolo sentì qualcosa di caldo bagnargli il viso. Aprì gli occhi: erano lacrime. Erano le lacrime di Gohan.
Il suo maestro l’aveva stretto a sé in un abbraccio e in quel momento le sue lacrime lo stavano inondando.
Trunks, continuando a singhiozzare rumorosamente, cominciò a battere i pugni sulla schiena dell’altro con violenza per cercare di liberarsi, ma Gohan lo strinse ancora più forte.
“Non ti lascerò mai” sussurrò come per spiegarsi.
Trunks si fermò di scatto e prese a guardarlo negli occhi. I suoi luccicavano ancora di lacrime.
“Che cosa vuoi da me?” singhiozzò, stanco. “Perché continui a torturarmi? Un amico dovrebbe tollerare le debolezze del suo amico. Tu eri mio amico. Perché mi hai fatto soffrire? Perché continui a farmi soffrire? Non lo sai che ho già sofferto abbastanza? NON LO SAI?”

Fece forza sulle braccia per cercare di liberarsi e scappare, ma la presa di Gohan era troppo forte e non riusciva a romperla.
Il suo maestro lo fissò. Aveva ancora le lacrime agli occhi.
“Io sono tuo amico.” affermò tristemente “Sono tuo amico. Non volevo farti soffrire. Credevo che saresti riuscito a sconfiggere le tue debolezze, credevo che reagissi come avevo pianificato, ma ho sbagliato tutto. Forse non conosco bene le tue debolezze, forse non sono poi un grande amico. Perdonami Trunks. Ti giuro, però, che non ti farei mai del male. Tengo troppo a te per farti del male. Sei l’unica cosa che mi sia rimasta nella vita, non ti farei mai del male. Non volevo, ti giuro. Perdonami Trunks.”
Pronunciò le ultime parole abbassando la testa e poi le lacrime ricominciarono a solcargli il viso.

“Perdonami Trunks. Potrai… potrai mai farlo?”
Il piccolo affondò la testa sul suo petto e si morse un labbro, cercando di non scoppiare nuovamente a piangere.
Quel che era accaduto era stato tutto un terribile incubo.

Aveva quasi distrutto il suo unico amico perché era convinto di essere odiato da lui.
Aveva capito che le sue debolezze l’avevano quasi accecato.
Aveva scoperto che Gohan teneva a lui più della sua stessa vita, aveva scoperto che il suo maestro sarebbe stato capace di morire per proteggerlo.
 “Io… .” balbettò un po’ rosso in volto.
Si vergognava terribilmente. Aveva capito soltanto in quel momento che cosa significasse davvero la parola ‘amicizia’, nonostante avesse sempre creduto di saperlo.
Si sentiva terribilmente stupido e infantile.

 “Scusami.” Mormorò piano.
Gohan strabuzzò gli occhi.
“Cosa? No, tu devi scusarmi!” precisò annuendo energicamente.
“No, tu!” ribatté Trunks con un filo di voce.
“Ho detto ‘tu’!”
“No, tu!”
La voce del piccolo si era fatta più alta e convinta.

Il suo maestro gli sorrise.
“Ok, allora io.”
“Oh, sì.” Esclamò Trunks soddisfatto. “Anzi, noo! Non vale!” si corresse un attimo dopo.
Entrambi scoppiarono a ridere, ma poi, all’improvviso, si abbandonarono alle lacrime, stringendosi forte.
Finalmente erano di nuovo amici, turbati, ma amici.
Avrebbero dovuto affrontare altri pericoli, altre battaglie, altre debolezze –Gohan ne era certo-, ma almeno l’avrebbero fatto insieme.
Insieme, in nome dell’amicizia che, nonostante tutto, non si era mai sfaldata.
Insieme, in nome dell’amicizia che li avrebbe legati per sempre.






***



Questa storia ha partecipato al contest 'E' l'amico è' indetto da hotaru, che ringrazio per l'efficienza, la gentilezza e la velocità! *_*
Mi sono classificata terza. Sono il ritratto della felicità! *_* Non pensavo che la mia storia potesse piacere tanto alla giudice. Riporto il giudizio:


3° posto
Ayumi Yoshida con “Weakness”
Grammatica e lessico: 4
Originalità: 4.5
Trattazione della coppia: 5
Trattazione della frase: 5
TOTALE: 18,5

È una storia molto bella, davvero. Mi ha colpito soprattutto che tu l’abbia ambientata nell’universo parallelo in cui i cyborg hanno portato distruzione ovunque, e gli unici in grado di fronteggiarli sono Gohan e Trunks, ultimi saiyan rimasti. Detto questo, devo ammettere che non mi aspettavo un’introspezione tanto profonda, mi hai davvero colpita. Hai delineato in modo davvero realistico ciò che effettivamente potrebbe essere successo mentre Gohan allenava Trunks per difendersi dai cyborg: tutta quella pressione su un semplice bambino, quel “rubargli l’infanzia”- definizione molto appropriata- quel pretendere da lui forse troppo, anche se nelle migliori intenzioni. Sì, perché oltre a delineare perfettamente la progressiva apatia di Trunks, il suo quasi estraniarsi di fronte a tutto questo, hai analizzato molto bene anche i pensieri di Gohan, quel suo “essere costretto” ad allenare Trunks fino allo stremo, pur senza rendersi conto dei limiti che avrebbe dovuto porre all’allenamento di un bambino. Per questo ti ho dato il massimo sia per la trattazione della coppia che per quella della frase. Trovo che il momento clou, quello in cui entrambi esplodono, sia caratterizzato molto bene, con la rabbia irrazionale del Trunks bambino da una parte, e il senso di colpa di Gohan dall’altra.
Ciò che ti ha penalizzato un po’ è stata la grammatica: trattasi più che altro di qualche parola la cui posizione è stata invertita, qualche discordanza tra generi… sono la prima a rendersi conto che, quando si scrive una fic, la si sa praticamente a memoria e anche rileggendola risulta difficile trovare gli errori. Nel tuo caso si tratta di semplici sviste, ma erano forse un po’ troppo diffuse per chiudere un occhio. Spero di non essere stata troppo pignola… Comunque bellissima storia, davvero complimenti!

Vi chiedo di perdonarmi per la presenza di errori grammaticali, ma purtroppo adesso non ho tempo per correggere la fic. Devo correre a studiare. ç_ç
Appena potrò la correggerò. Scusatemi.
Spero possa piacervi comunque. ^^
Mi piacerebbe tantissimo avere un vostro parere, negativo o positivo che sia, purchè sia costruttivo. Un grazie anticipato. ^^

L'ultima cosa: la citazione “Un amico dovrebbe tollerare le debolezze di un amico” appartiene a Shakaspere, che ne detiene tutti i diritti. Soltanto posso ringraziarlo per avermi ispirato questa fic a cui tengo moltissimo. :)

Un bacio e buon pomeriggio.
Ayumi

 






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Questa splendida composizione è stata realizzata da hotaru. Grazie mille! *_*

   
 
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