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Autore: lilyhachi    25/08/2015    2 recensioni
[AU; high school; Alec Lightwood/Magnus Bane]
Alexander Lightwood, titolare della squadra di football del suo liceo, non reggeva bene la pressione…anche se cercava di impegnarsi il più possibile per non darlo a vedere. Per il suo allenatore era un giocatore da cui prendere esempio, per i suoi compagni di squadra era un modello a cui ispirarsi e chiedere consiglio, per i suoi genitori era un orgoglio…mentre per Izzy, Max e Jace era il fratello maggiore sul quale ricadevano troppe responsabilità e troppi macigni. Loro erano le uniche persone in grado di vederlo per come era davvero: stanco e spossato da troppi impegni e pensieri.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Fearless'
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“All the roads you took came back to me. So I’m following the map that leads to you
The map that leads to you. Ain't nothing I can do. The map that leads to you”.



Maps


II


Higher


 
 “You're a mouthful that amounts for, another week on my own
Now I'm a novel, made resourceful. I start a chain with my thought”
 
 
“Credevo che non saresti più venuto, sai?”.
Magnus gli regalò un sorriso, seduto sul muretto del parco con la chitarra in grembo.
Aveva atteso per diverse ore che Alec lo raggiungesse, e per un attimo credette di aver sperato invano.
Vederlo vincere la partita era stata un’emozione indescrivibile e per tutto il tempo non aveva desiderato altro che raggiungerlo lì sul campo, come avevano fatto i suoi compagni, abbracciarlo e dirgli che era fiero di lui…solo che non poteva.
Avrebbe voluto baciarlo fino a fargli mancare il fiato, fregandosene di tutti ma aveva promesso a sé stesso di rispettare Alec e dargli tempo, nonostante fosse difficile.
“Ed io pensavo che tu non fossi alla partita”, disse Alec, con il respiro affannato e l’aria di chi aveva corso velocemente. “Quando non ti ho visto –“.
Magnus non gli diede il tempo di finire la frase: scese dal muretto, poggiando la chitarra a terra e gli si parò di fronte.
“Non mi sarei perso quella partita per nulla al mondo”.
Tenersi in disparte, fingendo di essere una persona qualunque della sua vita, era difficile.
Alexander Lightwood era il suo centro, e Magnus non poteva gravitargli attorno come voleva.
Aveva tardato qualche minuto prima di arrivare alla partita, con la paura che la sua presenza potesse in qualche modo scombussolare Alec o distrarlo dal suo ruolo, ma non avrebbe potuto perderla per nessuna ragione: non avrebbe mai dimenticato il cambiamento sul volto di Alec nel momento in cui si era finalmente posizionato sugli spalti accanto ad Izzy, che gli aveva stretto una spalla con un sorriso.
Gli prese le mani e Alec ebbe modo di respirare: la certezza di avere Magnus accanto a sé, il ricordo di lui sugli spalti accanto a Izzy, Jace, Clary e Simon, mentre tifava per lui, gli aveva riempito il cuore di così tanta gioia che credeva sarebbe scoppiato.
Poggiò la fronte contro la sua. “Allora hai festeggiato?”.
Alec rise di gusto. “Sì, sono stato con la squadra e con i ragazzi a bere un paio di birre, poi ho finto di sentirmi stanco e di voler tornare a casa”.
“Sei stato credibile?”, domandò l’altro con un ghigno. “Oppure era chiaro agli occhi di tutti che non vedevi l’ora di correre qui da me?”.
Alec arrossì fino alle punte delle orecchie, mettendo un broncio adorabile che Magnus desiderava togliergli a suon di baci.
“Izzy lo sapeva…e forse Jace ha capito qualcosa”.
“Ed è un problema?”, chiese Magnus, accarezzandogli la guancia con il pollice.
“Non saprei”, disse sinceramente Alec, chiedendosi se davvero Jace sospettasse di lui e Magnus. “Ma forse è troppo preso dagli affari suoi per capirci qualcosa...insomma, è Jace”.
“Jace tiene molto a te”, gli fece notare Magnus. “Non sottovalutare questa cosa”.
Alec sospirò, domandando a sé stesso quanto ancora sarebbe durata quella situazione di stasi: la sua famiglia era al corrente della sua omosessualità, eppure Alec si sentiva ancora frenato. Sapeva di essere lui l’ostacolo alla sua stessa felicità, e nessun altro.
Magnus lo strappò via da quei pensieri, sfiorandogli le labbra e sorridendo.
“Basta pensare, Lightwood”, lo rimproverò con un sussurro. “Ora sei con me”.
All’improvviso, si allontanò di scatto da Alec, balzando sul muretto e afferrando la chitarra.
Magnus Bane non era un patito dello sport, ma il suo fisico asciutto gli conferiva un’agilità di cui non faceva molto sfoggio: ogni tanto Alec lo aveva visto fare scatti degni di un giocatore di calcio e salti ben calibrati e armoniosi, come un perfetto ballerino. Se ne stava lì in piedi, come se fosse su un vero palco e pronto a mettere in scena il suo spettacolo riservato solo ed esclusivamente al suo Alec: era un vero divo, non c'erano dubbi.
Cominciò a suonare, mentre Alec si portava le mani alla faccia cercando di non ridere a crepapelle, per poi guardarsi intorno e accertarsi che non ci fosse nessuno. Erano l’una di notte e il parco era – per fortuna – completamente deserto.
“Avevo detto che il mio ragazzo era un vincente”, aggiunse Magnus, guardando l’altro nei suoi occhi azzurri imbarazzati ma carichi di aspettative.
 
“The sky is a long way when covered in rain. You gave me my vision. You gave me my faith.
And now I'm a fighter. I found the flame. You set me alight, alight again.
I was fearless but so easily. I let life fade away the colour of my dreams
Now you're with me, I know I can be…higher, higher than higher”.
 
Dopo la breve performance di Magnus, Alec pensò seriamente di essere prossimo all’autocombustione e non era certo la prima volta.
Ogni volta che Magnus decideva improvvisamente di intonare qualche verso apposta per lui, lo colpiva direttamente al cuore, portandolo a chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi qualcosa di così maledettamente giusto e meraviglioso: quelle parole, in particolar modo, parlavano proprio di lui.
Magnus lo portava in alto, dove non era mai arrivato prima.
Prima di lui, Alec non era altro che un leone in gabbia, arreso alla sua prigionia e senza alcuna intenzione di combattere…adesso, invece, le cose erano cambiate. Era ancora spaventato a morte e lo sapevano entrambi, ma Magnus aveva acceso una fiamma in lui, qualcosa di così intenso che Alec non riusciva a descrivere con semplici parole. Magnus Bane lo aveva risollevato, a suon di musica, eccentricità e frasi spiazzanti.
Alec sapeva di poter andare in alto insieme a lui…sempre più in alto.
“Sei completamente pazzo”, gli urlò Alec, una volta che Magnus ebbe finito.
Il ragazzo scese dal muretto con un balzo e senza il minimo sforzo. “Fa parte del mio fascino”, disse con tono vanesio, cingendolo con le braccia e lasciandogli una scia di baci a partire dall’orecchio per poi soffermarsi di più sul collo.
Alec gettò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e poi trovò le sue labbra, baciandolo con quell’irruenza che Magnus adorava.
Rimasero stretti in quel modo, ignorando completamente la notte che avanzava e lo scorrere veloce del tempo.
C'erano solo loro e nessun altro ad intaccare quel momento di pura perfezione.

 
 
“Allora?”, domandò Jace, portando le mani dietro al capo per distendersi meglio sul letto.
Alec inarcò un sopracciglio, guardandolo con curiosità e timore allo stesso tempo.
C’era malizia nel tono di Jace. Si trattava della classica sfumatura di voce che suo fratello assumeva ogni qualvolta decidesse di dargli il filo da torcere.
“Allora cosa?”, chiese Alec, in risposta, riportando lo sguardo sul libro di biologia.
“Dopo la partita sei sparito”, gli fece notare Jace che stava certamente sorridendo.
Alec non aveva bisogno di voltarsi per capire che espressione avesse assunto.
“Ero stanco”, esclamò il ragazzo, sforzandosi di restare composto, nonostante l’agitazione avesse già iniziato a fare capolino.
“Ah”, rispose l’altro, consapevole del fatto che Alec stesse mentendo spudoratamente, visto che lo aveva udito rientrare a notte fonda.
Jace sospettava qualcosa già da tempo ma, per rispettare la sua privacy, aveva sempre evitato di porgli domande dirette che potessero metterlo in difficoltà. Tuttavia, dopo la partita che fortunatamente aveva visto Alec vincitore, quest’ultimo si era concesso qualche festeggiamento con i suoi compagni di squadra e con i suoi amici per poi volatilizzarsi, accusando una finta stanchezza dovuta al troppo allenamento.
Isabelle aveva fatto finta di crederci, strizzandogli l’occhio in risposta e intuendo al volo con chi Alec intendesse davvero trascorrere il resto della serata. Jace, invece, non aveva detto nulla, limitandosi ad inarcare le sopracciglia con la solita aria di chi ne sapeva sempre una più del diavolo.
Quando Jace assumeva quell’atteggiamento, c’era sempre da preoccuparsi: ad Alec ricordava un po’ uno scorpione che si preparava a colpire nel momento più opportuno. Infatti, Alec non sapeva che la stilettata di Jace sarebbe giunta a momenti.
“Hai qualcosa sul collo”, esclamò il fratello, rimanendo poggiato sul letto e guardandosi le unghie con finta indifferenza, mentre Alec tentava di non agitarsi, ovviamente senza risultati, visto il battito che aumentava sempre più.
La mano di Alec corse alla gola. “Cosa?”.
“Sembra il segno di un morso”, continuò il biondo, con la voce sfumata da un leggero ma non impercettibile divertimento. “Ma cosa hai fatto tutta la notte?”.
“Nulla”, rispose Alec, rosso come un peperone e continuando a fissare la pagina del libro senza leggerla davvero. “Ho dormito…solo che poi sono caduto dal letto”.
“E sei caduto sul collo?”, insistette Jace, mentre un sorriso palesemente compiaciuto – che però sembrava più un ghigno beffardo – gli illuminava il volto. (1)
“Probabile”, dichiarò Alec, tossendo e con la mano ancora serrata sul collo.
Jace sorrise, senza aggiungere altro: per quel pomeriggio lo aveva tormentato abbastanza.
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) le battute tra Jace e Alec sono tratte da “Città di Cenere”, precisamente dalla parte in cui Jace fa notare a suo fratello un morso sul collo abbastanza “sospetto”;
  • il primo verso è tratto dalla canzone “Talk is cheap” di Chet Faker;
  • la canzone cantata da Magnus è “Higher than Higher” dei Take That.
 
Ecco la seconda shot, anche se un po’ in ritardo!
A rileggerla mi vengono le carie, perché ci ho messo un po’ troppo fluff, quindi vi avverto: nelle prossime, ci sarà angst a palate.
Comunque, spero vi sia piaciuta. Alla fine, sono riuscita a seguire una linea temporale, visto che il secondo capitolo si svolge dopo la partita di cui Alec parla nella prima shot, quindi stavo pensando di fare un cambiamento e rendere questa storia una mini-long (che rimarrà sempre sui 5 capitoli), invece che una raccolta: se con la terza shot, riesco a mantenere questo filo, allora apporterò questa piccola modifica. Credo di non avere molte precisazioni da fare, spero solo che la shot vi sia piaciuta e se vi va, fatemi sapere cosa ve ne pare (se ci sono errori, vi invito sempre a farmelo presente).
Ormai Magnus che canta è un elemento che sarà presente abbastanza spesso e, come ho già detto, questo fluff è temporaneo perché – da quello che ho in mente – per Alec e Magnus non ci saranno momenti felici nei prossimi capitoli…triste ma vero u.u
Ringrazio tutte le persone che mi seguono, che hanno letto/recensito e messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate: siete gentilissimi e grazie per essere arrivati anche questa volta fin qui ♥
Alla prossima,
Lily.
 
   
 
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