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Autore: Martyx1988    25/08/2015    2 recensioni
Secondo capitolo delle avventure di Ayame, reincarnazione di Afrodite, e delle sue Sacerdotesse. Sconfitto Efesto, la pace sembra tornata sulla Terra, finchè un nuovo nemico non si presenta, costringendo la dea ad una fuga al Grande Tempio. Sarà l'occasione per tre ragazze di conoscersi meglio e di conoscere nuovi amici e le loro storie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Dea dell'Amore'
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Babylon

(seguito di A Divine Love)

18 - Fili di legami

“Dei del cielo, non vi si può lasciare sole un momento, a voi due!” disse Ayame, mentre osservava da un promontorio sul mare Psiche dirigersi verso le Dodici Case, ferita e bagnata come un pulcino.

Galatea era a fianco a lei. Dopo aver avvertito Milo e Camus di quanto stava succedendo alla spiaggia aveva intercettato Ayame alle porte del villaggio e aveva informato anche lei dello scontro tra la Sacerdotessa della Rosa e Shaina. Con non poco rammarico, Ayame aveva deciso di rimandare la questione Kanon al giorno seguente, era di primaria importanza capire a cosa fossero dovuti i recenti sbalzi umorali di Psiche.

“Non avevo mai visto Psiche così in collera” commentò Galatea.

“E nemmeno così sconvolta” continuò Ayame “Comincio a pensare che portarla qui con noi sia stato un grosso errore”

Volendo vederci più chiaro, la ragazza si avvicinò a Camus, anche lui rimasto ad osservare la scena dopo essere accorso con Milo alla spiaggia.

Che il Cavaliere dello Scorpione c’entrasse con l’instabilità emotiva di Psiche era praticamente certo, mancava solo da capirne il motivo e Camus, in quanto amico intimo di Milo, doveva per forza saperne qualcosa.

“Che è successo tra Milo e Psiche?” gli chiese Ayame senza troppi preamboli.

Il Cavaliere dell’Acquario non si scompose per la domanda a bruciapelo e rispose pacatamente dopo qualche attimo di riflessione.

“Non credo di essere la persona più adatta per spiegarti… quello” disse indicando la spiaggia e facendo riferimento a quanto accaduto poco prima.

“Senti, non mi interessa se tu e Milo siete vincolati da un patto di sangue per cui non potete rivelare i vostri segreti da amici del cuore a nessuno” lo investì Ayame con poca grazia “Quella ragazza è una mia Sacerdotessa ed è anche mia amica e si da il caso che il tuo amichetto laggiù abbia a che fare con i titanici sbalzi ormonali di cui hai avuto una dimostrazione poco fa. Perciò se non vuoi essere vittima dei miei titanici sbalzi ormonali, ti conviene dirmi quello che sai”

Camus però non si fece intimorire dallo sguardo truce di Ayame e rimase fermo sulla sua posizione.

“Credimi, la questione va ben oltre Milo e quello che potrebbe aver fatto a Psiche. Non ho ben chiaro nemmeno io il quadro generale, mi sono ritrovato in mezzo a questo casino quasi per caso. Capisco che tu la voglia aiutare ed è per questo che ti dico che non sono in grado di darti informazioni accurate sulla faccenda. Mi sembra talmente complicata che anche solo una parola detta male potrebbe far saltare in aria l’intero Santuario”

“Ayame, penso che Camus abbia ragione” intervenne timidamente Galatea “L’unico modo che abbiamo per capire veramente cosa è successo è chiedere direttamente a Psiche”

La bionda sospirò. Sia Galatea che Camus avevano ragione, ma non era comunque convinta che Psiche si sarebbe aperta completamente con lei. Aveva già provato ad indagare sulla faccenda e ne aveva ottenuto solamente una risposta criptica e un sacco di lacrime. Espose le sue perplessità alla Sacerdotessa, che però sembrava convinta che l’approccio diretto fosse quello giusto.

“Vale la pena tentare, almeno per dimostrarle che siamo dalla sua parte”

In quel momento vennero raggiunti da Milo, il quale sembrava aver perso la baldanza che lo aveva sempre contraddistinto. Aveva un’espressione scura in volto, come di chi aveva perso tutto.

Gli sguardi degli altri tre non poterono fare a meno di convergere tutti su di lui.

“Lo spettacolo è finito” disse con voce greve “Il miglior stronzo protagonista se ne torna a casa. Considerati libero per domani” concluse rivolgendosi a Camus, per poi voltar loro le spalle e dirigersi verso le Dodici Case.

“Milo, aspetta!” gli intimò Acquarius, correndogli dietro “Non puoi abbandonare il progetto proprio ora”

Il prosieguo della loro conversazione si perse nell’eco delle onde che si infrangevano sul mare, tuttavia quelle poche parole erano bastate ad attirare l’attenzione delle due ragazze.

“Secondo te di quale progetto parlavano?” domandò Ayame a Galatea, che rispose con un’alzata di spalle.

“Potresti indagare” le propose Ayame, mentre si dirigevano anche loro verso le Dodici Case “Dal momento che abiti con Camus…”

“Cosa? No! Io non… non posso, voglio dire… come…” balbettò affannosamente Galatea, visibilmente rossa in faccia.

“Oh, andiamo! Qualche sorriso ammiccante, sbatti le ciglia un paio di volte e ti dirà anche di che colore erano le mutande di sua madre. È praticamente cotto di te”

“Ma… cosa?... figurati, lui… è un Cavaliere d’Oro… e io sono… beh, io” disse mestamente la Sacerdotessa, facendo storcere il naso ad Ayame.

“Che diamine blateri! Non vedo perché un uomo come Camus non si dovrebbe innamorare di una ragazza come te”

“Beh, è frigido come una vecchia zitella, quello potrebbe essere un problema” intervenne una voce sopra di loro.

Ayame e Galatea si fermarono di colpo e alzarono lo sguardo. Era Psiche che le attendeva in cima alla scalinata del Tempio dell’Ariete. Tra una chiacchiera e l’altra non si erano accorte di essere giunte ai piedi delle Dodici Case.

“Che ci fai qui?” le chiese Ayame, iniziando a salire le scale.

“Vi ho viste, o meglio, sentite arrivare dalla Seconda Casa e, potendo intuire il motivo della vostra visita, vi sono venuta incontro” rispose la Sacerdotessa.

Si incontrarono a metà scalinata e rimasero a fissarsi tutte e tre per qualche istante, prima di rompere il silenzio.

“Come stai? Sinceramente” le domandò Ayame, stringendole un braccio con tenerezza. Era ancora leggermente umida dal bagno in mare che era stata costretta a fare.

“Ho avuto momenti migliori, sinceramente” rispose lei, ma sembrava più serena dell’ultima volta che si erano ritrovate ad affrontare l’argomento “Ma mi rendo conto che non posso più tenervi tutto nascosto, dopotutto abbiamo deciso di affrontare questo viaggio insieme ed è giusto che sappiate il vero motivo del mio ritorno al Santuario, nonché le conseguenze che ne sono derivate”

 

Il sole stava tramontando sul villaggio di Rodorio, proiettando le lunghe ombre delle casette in pietra sulle stradine selciate. Nascosto da una di queste ombre due occhi profondi come l’oceano osservavano un gruppetto di bambini giocare con un vecchio pallone logoro. Benché il gioco prevedesse che ci fossero due squadre, uno dei bambini non sembrava darci troppo peso e non perdeva occasione di rubare la palla agli altri, a prescindere che fossero compagni di squadra o avversari e ostinatamente sordo ai loro rimproveri.

Gli ci vorrebbe una strigliata come si deve pensò Kanon, non riuscendosi però ad impedire di lodare un minimo lo spirito combattivo di Proteo.

Già, era proprio lui che il Generale stava osservando nascosto nell’ombra, perché per quanto si fosse sforzato di dimenticarle, le parole di rimprovero che Ayame gli aveva rivolto poco prima avevano continuato a rimbalzargli in testa senza dargli tregua, e solo in quel momento si stavano lentamente affievolendo.

Non trovi che ricordi qualcuno di tua conoscenza?” riecheggiò una voce alle sue spalle, come se provenisse dall’aldilà.

Kanon si voltò, aspettandosi di vedere il volto di quella donna, innocente e limpido come se lo ricordava, invece si ritrovò ad osservare il vicolo che in quel momento gli serviva da nascondino, desolato e buio. E si ricordò con lieve rammarico che quel volto non l’avrebbe visto mai più, avrebbe solo potuto coglierlo in qualche tratto di quello di Proteo.

Un’altra voce, questa volta reale, si innalzò sopra le grida dei bambini per richiamarli per la cena. Quasi tutti si misero a protestare e ad implorare l’educatrice di farli giocare ancora un po’ per designare il vincitore una volta per tutte, ma la donna non volle sentir ragioni e minacciò di riportarli tutti quanti in casa prendendoli per le orecchie se non avessero obbedito. Tanto bastò a convincerli a non farsi richiamare un’altra volta e ad incamminarsi, seppur con poco entusiasmo, verso l’orfanotrofio.

Proteo rimase in coda al gruppo e mentre camminava portava avanti il pallone malconcio a calci. Prima che scomparisse dalla vista di Kanon, il ragazzino si fermò e al Generale sembrò che volgesse lo sguardo nella sua direzione, per cui si nascose ancora di più nell’ombra, finché Proteo non riprese la sua strada.

Dopo qualche minuto di attesa, il guerriero uscì dal suo nascondiglio e si incamminò verso il Grande Tempio, con la testa nuovamente affollata di pensieri. Dal momento che si era spinto fino al villaggio per osservarlo di nascosto, era chiaro che non poteva più fare finta che Proteo non esistesse e che non fosse un suo problema. Probabilmente il destino stesso era intervenuto per ricordarglielo, quella mattina, quando l’aveva salvato tra le strade di Atene.

Ma come fare? Come raccontare ad un bambino di otto anni una storia simile e sperare che la accettasse senza battere ciglio? Se ci fosse stata lei, probabilmente avrebbe saputo come fare… o forse no, dal momento che era riuscita a cacciarsi in quella situazione scomoda e non era riuscita ad uscirne se non nel più estremo dei modi.

L’unico che avrebbe potuto aiutarlo, con le dovute riserve, era suo fratello Saga, che però in quel momento aveva altro a cui pensare e si trovava dall’altra parte del mondo.

Ma era veramente l’unico? Due insolenti occhi verdi incastonati in uno sguardo di rimprovero si insinuarono tra quei pensieri tempestosi.

Ayame aveva dimostrato sin da subito un interesse nei suoi confronti che non riusciva a spiegarsi, così come sembrava aver preso a cuore Proteo. Che sospettasse qualcosa? Sulla base di quali indizi? Nessuno al Santuario poteva sapere. Tuttavia Ayame era stata, e probabilmente nel profondo ancora era, la dea dell’amore. Che anche quel tipo di amore fosse di sua competenza?

Un potente cosmo infuocato interruppe bruscamente quel susseguirsi di domande senza risposta nella mente di Kanon e arrestò il suo cammino ai confini del villaggio. Il Generale si lanciò subito al suo inseguimento. La fonte di quel potere si fece sempre più vicina, quasi stesse aspettando che qualcuno andasse ad accoglierla. Quando fu quasi al confine tra Rodorio e Atene, quel cosmo fiammeggiante ebbe un volto. Una donna dai capelli scarlatti sembrava attenderlo all’imbocco del vicolo che conduceva al negozio di fiori. Vestiva abiti civili, probabilmente per confondersi tra la folla che riempiva le strade di Atene in quel periodo, ma alle sue spalle era ben visibile una traccia delle ali di fuoco che caratterizzavano i guerrieri della sua genia.

“Finalmente qualcuno è venuto ad accogliermi” disse con voce suadente la donna, sollevando la tesa del cappello che aveva in testa e rivelando due occhi fiammeggianti.

“Come ha fatto un Angelo a superare la barriera che protegge il Grande Tempio?” domandò Kanon, accendendo il suo cosmo nell’eventualità che quell’incontro sfociasse in uno scontro.

La donna scoppiò in una fragorosa risata di scherno. “Siete stati voi a portarci qui, rammenti?” rivelò quindi “Qualcuno vi stava osservando”

Il Generale capì subito che l’Angelo stava facendo riferimento al suo compagno che avevano visto sorvolare i tetti di Atene la sera della festa. Il fatto che fossero riusciti a trovare l’ingresso per il Santuario costituiva un enorme problema. Quell’Angelo andava eliminato.

Non appena Kanon ebbe solo che formulato quel pensiero, una barriera di fuoco si erse tra lui e il suo nemico, emanando un calore che sembrava quasi infernale.

“Non ho intenzione di combattere con te, Generale” ammise la donna da dietro la cortina di fuoco.

“Allora perché disturbarsi a venire fin qui?” domandò Kanon “Perché non attaccare?”

“Non è ancora il tempo di passare all’attacco” rispose semplicemente l’Angelo “Ma lo sarà ben presto… e la piccola dea addormentata non avrà scampo”

Senza lasciar cadere il muro di fuoco tra lei e Kanon, la donna si incamminò di nuovo lungo il vicolo, sventolando la mano a salutare il suo nemico. Dall’altra parte, il Generale dovette attendere che la cortina calasse prima di lanciarsi all’inseguimento dell’Angelo, poiché affrontarle senza armatura sarebbe equivalso a suicidarsi.

Una volta che il passaggio fu di nuovo libero, Kanon corse lungo il vicolo e irruppe nel negozio di fiori, incurante dello spavento che fece prendere ai clienti. Si precipitò quindi fuori dal negozio, nel traffico di Atene, ma del cosmo infuocato dell’Angelo non v’era più traccia.

 

 

Per raccontare la sua storia alle ragazze, Psiche aveva preferito appartarsi all’ombra di un uliveto nei pressi della casa dell’Ariete, lontana da orecchie indiscrete. Non le capitava spesso di aprire il suo cuore a qualcuno, dal momento che, le poche volte che l’aveva fatto, non ne aveva ricavato che dolore e delusione. Ma di Galatea e soprattutto di Ayame, della sua dea, sapeva di potersi fidare.

Le due ragazze non la interruppero mai durante il suo racconto, permettendole piano piano di sciogliersi e dare fluidità alla storia, di cui non tralasciò neanche un dettaglio.

Ad ogni parola le sembrava di togliersi un peso dal petto e quella sensazione di leggerezza via via più accentuata le permise di calmare il suo lato emotivo per lasciar spazio a quello più razionale.

Solo alla fine della narrazione comprese l’inutilità del suo attacco a Shaina e la sincerità delle parole di Aldebaran. Tuttavia perdonare il suo maestro per averle tenuto nascosta la morte di suo padre era per lei ancora inconcepibile.

Calò il silenzio per qualche istante tra le tre ragazze, quindi Ayame e Galatea la abbracciarono in contemporanea, gesto che lì per lì la spiazzò ma che subito dopo fu felice di ricambiare. Dopotutto non era male avere delle amiche con cui condividere quei pesanti ricordi.

“Oh, Psiche, ma come ti è saltato in mente di affrontare tutto questo senza dirmi niente?” la rimproverò Ayame, sciogliendo parzialmente l’abbraccio.

“Avevi altro a cui pensare, giusto?” rispose la Sacerdotessa con un’alzata di spalle.

“Per come sta andando, credo che impiegherei meglio il mio tempo ad ascoltare i vostri problemi piuttosto che a provare a far sbocciare quelle dannate rose” ammise Ayame.

“Ce la farai, devi solo credere più in te stessa… Afrodite” Psiche sottolineò l’ultima parola, lasciando intendere che aveva intuito i dubbi di Ayame riguardo la sua natura divina.

“Certo che siamo proprio un bel trio di disastri” intervenne Galatea, ridacchiando.

“Già ma siamo il trio di disastri più bello che questo Santuario abbia mai avuto occasione di vedere” aggiunse Ayame.

“Puoi dirlo forte!” concluse Psiche, battendo poi un cinque con le due amiche.

“Sarà meglio tornare alle nostre Case, è quasi ora di cena” constatò Galatea.

“E a me conviene correre come una scheggia alla Terza, altrimenti Kanon mi fa digiunare” aggiunse Ayame.

Si incamminarono tutte e tre verso le Dodici Case ma vennero intercettate poco dopo da alcune guardie del Santuario a pochi passi dalla Casa dell’Ariete. Anche Mu era con loro e dallo sguardo non sembrava foriero di buone notizie.

“Spiacente di interrompere la vostra chiacchierata, ragazze, ma il Gran Sacerdote vi ha convocate nella Sala del Trono” spiegò il Cavaliere.

“Evviva… e per quale ragione?” commentò sarcasticamente Ayame, che in cuor suo aveva sperato di non dover rivedere il volto di Shion per almeno qualche giorno. Quel finto entusiasmo le fece guadagnare un silenzioso rimprovero da parte di Mu, che rispose comunque con garbo “Sarà egli stesso ad informarvi di tutto”.

Dal canto suo, Psiche pensò di essere lei la responsabile di quella convocazione: probabilmente l’aver attaccato Shaina, una Sacerdotessa del Santuario, era stata un’avventatezza che non era passata inosservata alle alte sfere. Era comunque decisa ad accettare le conseguenze delle sue azioni, qualunque esse fossero.

“Fateci strada” disse accondiscendente.

Giunti all’ingresso della Tredicesima Casa, le tre ragazze scoprirono di non essere le sole ad essere state convocate. Anche Milo e Camus attendevano di essere ricevuti da Shion.

“Che ci fai qui?” domandò brusca Psiche allo Scorpione.

“Sappiamo entrambi perché siamo qui” rispose Milo pacatamente “Se ci saranno delle conseguenze da affrontare, concedimi almeno di non fartelo fare da sola”

Le parole del Cavaliere lasciarono Psiche spiazzata. Provò a rispondere in modo tagliente ma non ebbe il tempo di formulare nessuna cattiveria, poiché il Gran Sacerdote uscì a passo svelto dalla Sala del Trono, seguito a ruota da Kanon.

“Quali che siano i motivi per cui vi ho fatti venire qui, possono aspettare. Abbiamo un faccenda ben più urgente di cui occuparci” spiegò Shion senza nascondere un minimo di apprensione, quindi si voltò verso Kanon dandogli tacitamente la parola.

“Gli Angeli hanno scoperto come accedere al Grande Tempio, ne ho incontrato uno io stesso poco fa al villaggio. Attaccheranno presto, perciò dobbiamo essere pronti a difenderci in qualsiasi momento”

“Perché non attaccare subito, sfruttando l’elemento sorpresa?” domandò Camus.

“Non ne ho idea” rispose Kanon “L’unica cosa che quell’Angelo ha lasciato trapelare è che Ayame rimane il loro obiettivo”

“Credo sia saggio allora che ritorno alle tue stanze qui alla Tredicesima” intervenne Shion, ma la ragazza non voleva sentir ragioni.

“No!” rispose perentoria, lanciando poi uno sguardo supplice a Kanon.

“Sei troppo vicina all’ingresso del Santuario!” cercò di farla ragionare il Celebrante.

“Non torno in un posto dove non sono la benvenuta” ribatté decisa Ayame.

“Io posso rimanere alla Casa del Toro” intervenne Psiche, risparmiando a Shion un’inutile replica “In questo modo dovranno superare quattro di noi prima di arrivare ad Afrodite, e lei avrà il tempo di mettersi in salvo”

Il silenzio calò sul patio della Tredicesima Casa. Gli sguardi di tutti, principalmente di Psiche, Ayame e Kanon, erano rivolti a Shion, in attesa di una sua sentenza.

La Sacerdotessa della Rosa non poteva sperare in un’occasione migliore per svincolarsi dalla convivenza con Aphrodite, insieme al fatto che in questo modo sarebbe tornata a sorvegliare Ayame da vicino.

La ragazza dal canto suo non aveva intenzione di lasciare la Terza. Non che Kanon fosse un maestro di ospitalità, ma era comunque riuscito a farla sentire più accettata di quanto non avesse fatto Shion. Inoltre vivere con lui era il modo migliore per risolvere l’enigma che Kanon era.

Quanto a Kanon, infine, si sorprese nello sperare che Shion accettasse di lasciare a lui la custodia di Ayame. Lui, amante della solitudine a cui era stato destinato sin dalla nascita, sentiva che quella ragazzina invadente gli sarebbe mancata, e si era stabilita alla Terza Casa da neanche dodici ore. Doveva essere completamente impazzito.

“E sia” disse alla fine Shion, quindi si rivolse ad Ayame “Ma non uscirai dal perimetro del Santuario per nulla al mondo e se vorrai recarti al villaggio dovrai essere sempre accompagnata, chiaro?”

“Signorsì!” rispose lei, già contenta che avesse accettato quel compromesso. Scambiò quindi uno sguardo di intesa con Psiche, poi si voltò verso Kanon giusto in tempo per vedere l’ombra di un sorriso sparire dietro la solita espressione di pietra. Gli sorrise comunque, prima o poi avrebbe imparato anche lui a farlo senza vergognarsi.


Buonasera a tutti!
Anche per questo capitolo mi sono fatta attendere più della cometa di Halley, ma spero ne sia valsa la pena.
Mi rendo conto che non succeda granchè ancora, in termini di azione, ma mi sto concentrando, come dice anche il titoto di questo capitolo, sui legami tra i vari personaggi, che saranno poi importanti nel momento in cui inizierà l'azione. Come sempre ho scritto di getto, quindi qualche strafacione ci sarà, seganalate tutto quando nei commenti che vorrete lasciare e, per il resto, buona lettura!
Martyx

   
 
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