Capitolo
II
(PieraPi)
Peggy
si domandava quand'è che aveva ceduto al caos. La direttrice dello
S.H.I.E.L.D. era sempre stata l'esatta definizione di precisione e di
organizzazione ma, da qualche tempo, le parole "precisione" e
"organizzazione" non erano proprio le prime che sarebbero venute in
mente a chiunque avesse avuto modo di osservare il suo
ufficio. Da mesi, ormai, sulla scrivania non facevano che
ammassarsi pile e pile di fascicoli e di rapporti, ad un ritmo
che lei non riusciva più a gestire. Che nessuno, in effetti, sarebbe
riuscito a gestire. Peggy si massaggiò gli occhi con una mano mentre si
abbandonava sulla sedia, esausta. Le indagini le sembravano arrivate ad
un punto morto: decine e decine di fatti e di eventi a cui non riusciva
a trovare un collegamento, un nesso logico, un senso qualsiasi. Sapeva
di avere tra le mani qualcosa di grosso, ma non riusciva a venirne a
capo. Indagava, ma non sapeva nemmeno bene su cosa. Di certo c'era
soltanto il chi:
l'HYDRA.
Dieci
anni dopo la fine della guerra, la divisione scientifica nazista era
strisciata fuori dall'ombra in cui si era nascosta, decisa a
tormentarla e a mettere in discussione tutto ciò che aveva costruito
fino a quel momento. E proprio "Fuori dall'ombra,
alla luce del sole" fu il
messaggio che le venne recapitato personalmente, per far sì che
sapesse, e con lei tutto lo S.H.I.E.L.D., che i loro guai erano appena
cominciati. Inconsciamente infilò una mano nella tasca ed estrasse il
suo distintivo, quasi a volersi assicurare che fosse intatto: tutto
quello che aveva costruito, infatti, era rappresentato da quel piccolo
oggetto di pelle nera, da quell'aquila stilizzata incisa sul davanti.
Restò ad osservarla, tracciandone i contorni con un dito. Nel
farlo, Peggy non riusciva a smettere di pensare a quanto
calcolato sembrasse il tempismo di quel ritorno: in piena guerra
fredda, con ogni agenzia governativa, compresa la
sua, impegnata a contrastare l'Unione Sovietica e il KGB con
un dispiego di risorse senza precedenti, l'HYDRA non avrebbe
potuto scegliere un momento peggiore per uscire allo scoperto. E un
attacco diretto… la direttrice non era certa che sarebbero stati in
grado di respingerlo.
Sicuramente
era la stanchezza a parlare, ma Peggy si chiedeva spesso se avesse
fatto tutto il possibile. La ricomparsa dell'HYDRA era qualcosa che
avrebbe potuto prevedere? O che avrebbe dovuto prevedere?
Con la mente tornò a quando, nel maggio del 1945, subito dopo aver
ritrovato Steve, era stata richiamata in Europa. Lei e il 107esimo
reggimento, l'Howling Commando, erano riusciti a prendere finalmente
possesso dell'ultima base HYDRA conosciuta, tanto da convincerli di
averla finalmente sconfitta. Si erano sbagliati, adesso era più che mai
evidente, ma c'era, fin da allora, qualche indizio che lo facesse
presagire, oltre alle parole di Werner Reinhardt? Qualche
indizio che lei non aveva colto? "Tagliata una testa,
ne cresceranno due al suo posto" aveva minacciato
l'Obergruppenführer delle SS mentre veniva arrestato e preso
in consegna dall'SSR. "Allora suppongo che
continueremo a tagliarle" era
stata la risposta spavalda di Peggy, convinta che si trattasse soltanto
della minaccia a vuoto di un fanatico che in quel momento aveva perso
tutto.
Negligente?
No, non era stata negligente. All'epoca non avrebbe potuto fare niente
di più di quanto avesse già fatto. Il problema, non faceva che
rimuginare Peggy, era ora. Ora che esisteva lo S.H.I.E.L.D., e
che era stato affidato al suo comando. Per quanto assurdo potesse
sembrare, a volte pensava che durante la guerra fosse tutto più
semplice. Durante la guerra gli ordini doveva soltanto eseguirli, ora
invece era quella che li impartiva. E nel farlo, il dubbio se
stesse o meno agendo nel migliore dei modi era sempre lì ad
angosciarla. Da lei dipendeva non solo l'esistenza
dell'organizzazione, ma la vita stessa degli agenti che vi lavoravano.
Ora che più che mai avvertiva il peso del mondo sulle spalle, e temeva
di non riuscire a reggerlo. Sì,
invece. Sì che ci sarebbe
riuscita, le avrebbe ribattuto Steve, perentorio. Era sempre stata
brava nel suo lavoro, probabilmente la migliore, e lui odiava quando la
vedeva sminuirsi in questo modo. "C'è
un motivo se hanno chiesto proprio a te di esserne la direttrice, no?". Con
il pensiero che era corso a casa, il suo sguardo venne attratto
dell'unico oggetto sulla sua scrivania capace di infonderle un senso di
pace: una foto incorniciata che ritraeva lei e Steve abbracciati, e i
loro due cuccioli. Bucky avrebbe di sicuro obiettato, dall'alto della
saggezza dei suoi otto anni, l'uso di quell'appellativo. "Ma
mamma, non sono un cucciolo, sono grande!". Poi
Bianca avrebbe replicato in qualche modo, e due avrebbero iniziato a
battibeccare. Peggy sorrise: rispetto a quello che stava vivendo al
lavoro, quello era tutto un altro genere di caos, un caos che qualche
anno prima non avrebbe mai pensato avrebbe amato così tanto. Per un
attimo, il suo mal di testa parve affievolirsi. Il sollievo, però, durò
fin troppo poco, e un lieve bussare alla porta la riportò alla
realtà. La direttrice si lasciò sfuggire un sospiro.
-
Avanti.
-
Signora, il rapporto su David Hoffman.
-
Grazie, Underwood.
L'agente
girò sui tacchi e richiuse la porta dietro di sé, lasciando Peggy a
fissare il fascicolo con aria stanca. Non lo aprì nemmeno, sapeva già
cosa vi era scritto: la scomparsa, e la probabile morte, di uno dei
suoi uomini migliori. Non solo. David era, prima di tutto, un amico.
Incredibile pensare a quanto pesanti, in termini di responsabilità,
potessero apparire dei semplici fogli di carta. Perché anche in questo
caso, Peggy non poté fare a meno di pensare che, forse,
quel rapporto appena arrivato sulla sua scrivania
fosse solo colpa sua. Aveva sottovalutato il nemico affidando
il caso ad una squadra ridotta, seppur estremamente capace ed esperta.
Le sue intenzioni erano quelle di non metterlo in allarme, ma alla fine
la sua decisione si era rivelata un imperdonabile errore di giudizio di
cui - era certa - avrebbe dovuto rendere conto alla famiglia Hoffman.
Era corsa ai ripari, è vero, istituendo una task force addetta soltanto
ad indagare sulla Vedova Nera, ma troppo tardi. Sicuramente, tardi per
David. Non poteva permettersi di fare lo stesso errore anche con
l'HYDRA, no. Per quella, avrebbe impiegato tutte le risorse a sua
disposizione, ma aveva paura che non sarebbe stato sufficiente. A
differenza, infatti, della contrapposizione con l'Unione Sovietica,
iniziata apertamente appena dopo la fine della guerra, con l'HYDRA
partivano con uno svantaggio di ben dieci anni, un'enormità.
Certo,
Steve le era d'aiuto, collaborando con lo S.H.I.E.L.D. come risorsa
esterna, ma nemmeno Capitan America poteva fare più di tanto nei
confronti di un nemico uscito sì alla
luce del sole, ma comunque invisibile. Ed era stato proprio
Steve, in effetti, a consigliarle più volte di cercare assistenza anche
da qualche altra parte. Un cambio di prospettiva, diceva, forse
l'avrebbe aiutata a dare una svolta alle indagini.
Peggy
afferrò la cornetta del telefono e compose un numero a memoria. La
persona che stava cercando rispose al secondo squillo.
- Ciao,
Daniel - esordì,
sorridendo leggermente. Sperava che la stanchezza e la frustrazione non
avessero la meglio sul suo tono di voce, perché, al di là delle
spiacevoli circostanze che l'avevano spinta a telefonargli, era davvero
felice di sentirlo. - Avrei bisogno di una mano.