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Autore: SinisterKid    25/08/2015    0 recensioni
(Sequel di In Silent Screams and Wildest Dreams)
Steve e Peggy hanno finalmente ottenuto il loro lieto fine: matrimonio, figli, la promozione a direttrice di Peggy ... ma con l'insorgere di una nuova minaccia dell'HYDRA e un inaspettato ritorno, la tranquillità dell'ex agente Carter e del Cap potrà durare ancora a lungo?
(Scritta a quattro mani con PieraPi: OCCHIO AGLI EASTER EGG!)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Peggy Carter, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI

(PieraPi)

Il piccolo Bucky non aveva mai visto sua madre piangere. L'aveva vista triste, sì, malinconica, soprattutto quando ricorreva l'anniversario della morte di sua sorella, ma piangere mai. I bambini piangevano: lui l'aveva appena fatto, e anche Bianca. Ed erano le mamme, in genere, a consolare i bambini che piangevano. Ora, a ruoli invertiti, credeva di non essere all'altezza del compito che gli era stato affidato. Bianca aveva detto che la mamma aveva bisogno di lui, ma faceva presto a parlare, lei. Lei che aveva sempre la risposta pronta per tutto. Bucky non era così. Bucky era più impacciato, più timido. Non ci sapeva fare con le parole. Pensò a Rand, cioè, all'altro Bucky. Da quelle battute che aveva colto prima che succedesse tutto, anche lui parlava poco. Rendersi conto di assomigliargli lo disgustò. Portava il nome di un assassino.
- Mamma? - domandò timidamente, in fondo alle scale del soggiorno.
Peggy si voltò nella direzione di quella flebile vocina, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Un gesto che il piccolo Bucky giudicò estraneo. Un gesto che non apparteneva a sua madre. Il bambino non attese risposta, e corse tra le sue braccia, scoppiando di nuovo a piangere. Voleva davvero essere forte per lei, ma forse Bianca pretendeva troppo da un bambino di soli otto anni.
- Tu stai bene? - chiese Peggy, prendendogli dolcemente il viso tra le mani e guardandolo negli occhi.
Bucky annuì. Fisicamente, all'esterno, stava benissimo, se era quello che lei intendeva. Dentro, però, si sentiva morire.
- Avete visto tutto?
Bucky ci pensò un istante.
- All'inizio ci eravamo nascosti. Poi, però, quando hai preso lo scudo, abbiamo sbirciato. Abbiamo visto quando … - la voce di Bucky si incrinò.
Peggy restò in silenzio. Aveva sperato fino all'ultimo che i suoi figli non avessero assistito all'omicidio del loro adorato "zio" Daniel.
Peggy strinse il suo bambino a sé, non trovando le parole per rispondere. Il suo migliore amico era appena stato ucciso, e i suoi bambini l'avevano visto morire. Chi mai avrebbe potuto trovare le parole per una cosa del genere?
- Dov'è Bianca? - volle allora sapere Peggy.
- È con papà.
Il pensiero di Steve le fece male. Che sensazione strana, quella. Soltanto nelle sei settimane in cui l'aveva ritenuto morto il solo pensare a lui la faceva soffrire. Mai avrebbe creduto che sarebbe successo ancora. Con lui vivo. Daniel non era solo amico di Peggy, ma anche di Steve, e lui aveva comunque deciso andare a cercare quella bestia che l'aveva appena ucciso, non perché voleva catturarla, ma perché voleva proteggerla. Pensava che non avrebbe mai provato una sensazione di tradimento come l'aveva provata Daniel nei confronti di Rand, ma si sbagliava. A tradirla era stato proprio suo marito, l'amore della sua vita, il suo migliore amico. L'ultima persona al mondo che pensava l'avrebbe mai potuta ferire.
Il suono di una sirena in lontananza l'avvertì che lo S.H.I.E.L.D. stava arrivando. Chiamò Steve dalla finestra, perché avrebbero dovuto fornire un resoconto per il rapporto.
- Capitano Rogers. Mi serve qui, ora.

La squadra dello S.H.I.E.L.D. che aveva risposto alla segnalazione non aveva idea di cosa avrebbe trovato in casa. La direttrice non aveva fornito alcuna spiegazione al telefono, aveva solo chiesto dei rinforzi il più velocemente possibile. L'agente Underwood fu il primo ad entrare, e notò il mobilio a pezzi, segno evidente di una violenta colluttazione. La sua direttrice e il Capitano Rogers si trovavano ai lati opposti della stanza, entrambi con lo sguardo basso. Al centro della stanza, sotto ad un telo, Underwood riconobbe subito l'inconfondibile sagoma di un cadavere.
- Direttrice … - iniziò lui, e Peggy si ricosse. Gli andò incontro, le braccia strette al petto. Steve alzò lo sguardo, ma non si mosse.
- È Daniel - disse lei in un soffio.
Sul volto di Underwood si dipinse un'espressione dapprima di incredulità, e poi di dolore. – Da … Daniel? - balbettò.
Peggy si avvicinò al corpo e scostò il telo per scoprirne il viso. Underwood si portò le mani alla bocca, sconvolto.
- Come …? Chi è stato? - riuscì a dire, sforzandosi di trattenere un singhiozzo.
- Danny Rand - lo informò Peggy. Nel dirlo, Underwood notò che non si era rivolta a lui ma a Steve. Lo sguardo della sua direttrice era carico d'odio. In effetti, l'intera scena parve strana agli occhi dell'agente. Perché mai Peggy Carter e Steve Rogers sembravano, tra loro, due perfetti estranei? Perché non si guardavano nemmeno in faccia?
- Lavora per l'HYDRA - continuò Peggy. - Era qui per uccidere me, ma invece … - lasciò la frase a metà: era troppo doloroso constatare l'ovvio.

Steve ascoltava il resoconto degli eventi senza mai intervenire. Notò, però, che Peggy non fece mai ai suoi uomini il nome di James Barnes. Continuava a riferirsi a lui come Danny Rand. Steve provò a chiedersi cosa potesse significare quel gesto, ma non seppe trovare una risposta al suo interrogativo. Osservò l'agente Paisley appuntare qualcosa su un taccuino, mentre Underwood, Musgraves e McGraw si stavano attrezzando per recuperare il corpo senza vita di Daniel Sousa. Fu in quel momento che anche Steve realizzò appieno la portata degli eventi: il più caro amico di Peggy era stato ucciso dal suo migliore amico, dal suo Bucky. Era una situazione assurda, inimmaginabile. Avrebbe tanto voluto consolare sua moglie, stringerla tra le braccia e rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, ma sapeva di non potere. Lei non glielo avrebbe permesso, non ora. La rabbia che Peggy provava nei suoi confronti gli pesava addosso come un macigno. Lui la capiva. L'aveva ferita, e non se lo perdonava. Ma avrebbe rifatto quello che aveva fatto altre cento volte, se fosse servito a salvare Bucky. Non si era pentito: Bucky aveva bisogno di lui, e lui non aveva intenzione di abbandonarlo. Il fatto che Daniel ci fosse andato di mezzo lo devastava, ma non poteva cambiare il passato. Poteva, però, provare a rendere migliore il futuro. Anche solo un po'.


*

I quattro agenti presero commiato dalla direttrice, e tornarono alle auto. Sul marciapiede si era ammassata una folla di curiosi, attirata prima dal chiasso della lotta, poi dal suono delle sirene. Quello era sempre stato un quartiere tranquillo. Tra la gente spiccava un vecchietto elegantemente vestito, gli occhi curiosi dietro ad un paio di occhiali da aviatore dalle lenti leggermente ambrate. Si domandò il perché di tanto trambusto. - Capitan America ha dato una festa?

*

Peggy chiuse dietro di sé la porta della camera, si lasciò scivolare a terra e si abbandonò ad un pianto disperato. Dopo qualche minuto udì qualcuno bussare gentilmente, ma lei non rispose.
- Peggy? - la chiamò allora Steve, dall'altro lato della porta. - Peggy, ti prego, apri.
Di nuovo nessuna risposta, ma Steve era intenzionato ad insistere.
- Per favore, parliamone.
La porta si aprì di scatto.
- Ne vuoi parlare? Di cosa dobbiamo parlare, eh? Spiegami! - urlò Peggy. Quando Steve vide gli occhi di lei gonfi di pianto si rese conto di non essere in grado di sostenere il suo sguardo, quindi lo rivolse a terra. Voleva parlarle, doveva parlarle, ma non riusciva a trovare le parole giuste.
- Allora? - lo incalzò lei. Era incredibile come riuscisse ad essere tanto vulnerabile e tanto determinata allo stesso tempo.
Steve prese un profondo respiro. - Dovevo agire così, Peggy. Dovevo! Non c'era più niente che potessimo fare per Daniel!
- Catturare la bestia che l'ha ammazzato come un cane non ti sembrava abbastanza?
- Ci ho provato, ma...
- No, Steve, non ci hai provato! Non ci hai provato! Tu lo volevi proteggere e basta. È un mostro, e tu vuoi proteggerlo!
- Bucky non è un mostro!
- Quello non è Bucky! - ribatté Peggy, livida di rabbia, provando a metterlo davanti alla realtà. - Il Bucky che conoscevi è morto dieci anni fa!
- Gli è accaduto qualcosa. Gli hanno fatto qualcosa! Non lo posso abbandonare, non ora che l'ho ritrovato! - replicò a sua volta Steve, assolutamente determinato a far valere le sue ragioni.
- Quell'uomo va fermato.
- Peggy, ti scongiuro, ascoltami.
- Quell'uomo è una minaccia alla sicurezza nazionale, un assassino. E va fermato. Anche a costo di ucciderlo, Steve.
- È Bucky! - gemette lui - Non è una minaccia, è Bucky! Non puoi chiedermi di scegliere, Peg, ti prego.
- Non ti sto chiedendo di scegliere! Maledizione, Steve, ti sto chiedendo di fare la cosa giusta!
L'aveva messo di fronte ad un dilemma morale. Ricordò le parole del professor Erskine: "Non un soldato perfetto, ma un uomo buono". Razionalmente, Peggy aveva ragione. Un uomo buono, un uomo giusto, non avrebbe permesso che un assassino fosse lasciato impunito. Lui credeva nella giustizia, anzi, ne era il simbolo, l'incarnazione. Ma era anche vero che un uomo buono, un uomo giusto, non avrebbe mai permesso che una vittima innocente delle circostanze e della follia degli uomini, quale era Bucky, venisse punito per i peccati degli altri.
Steve non replicò alle parole di sua moglie. Lei lo osservò per un secondo.
- Pensaci - gli disse infine, e richiuse la porta.

*

- Non avevano mai litigato così, prima d'ora - sospirò il piccolo Bucky, rannicchiato sul letto della sorella. Bianca guardava fuori dalla finestra, lontano.
- Cosa pensi che accadrà? - chiese il fratellino.
- Non lo so, Bucky.
- Non chiamarmi così! - strillò lui. - Non chiamarmi mai più così!
Il piccolo James Rogers scoppiò a piangere per l'ennesima volta. Non vedeva l'ora che quell'orribile giornata finisse.

*

Soldato d'Inverno, Danny Rand, Bucky Barnes: chi era davvero? Chi era, prima di tutto questo? Prima dell'HYDRA, l'unica realtà di cui avesse memoria?
Aveva appena ucciso un uomo col quale aveva trascorso a stretto contatto gli ultimi sei mesi, ma la cosa non lo aveva turbato. Era stato addestrato ad essere freddo, a non provare emozioni. La morte di Daniel Sousa era stata uno spiacevole incidente, che gli aveva impedito di portare a termine il suo incarico, ma nulla di più. Era stato addestrato così. D'altro canto, non riusciva a smettere di pensare alla reazione di Capitan America. Era stato un avversario formidabile, senz'altro, ma si era infine reso conto che il vero Capitan America, a quella lotta, non si era presentato. Il vero Capitan America sarebbe stato in grado di fermarlo, ne era sicuro. Lui si era scontrato con una versione confusa, incerta ed emotiva della Sentinella della Libertà, come la gente amava chiamarlo. Lo aveva trattato come se fosse una vittima da salvare, non un nemico da sconfiggere. Continuava a chiamarlo Bucky, e questo, questo sì che lo aveva turbato. Non la morte di Sousa, ma il nome "Bucky". Era come se qualcosa, dentro di lui, scalpitasse per uscire fuori. Frammenti di vita che lui non ricordava di aver vissuto. Immagini, suoni, odori, sensazioni che era certo non gli appartenessero, ma che comunque trovava incredibilmente familiari e perfino rassicuranti.
Era nascosto in un vicolo, in una zona periferica della città che non conosceva. Non sapeva come ci fosse arrivato: ferito e confuso, voleva solo mettere più distanza possibile tra lui e la casa dei Rogers. Tra lui e Capitan America, e chiunque il Capitano credeva che fosse. Contemplò il braccio metallico, ormai completamente fuori uso. Un uccello con un'ala spezzata, ecco chi era. Un solitario sopravvissuto, dimenticato in un mondo buio e mortale. Ripensò alle parole del Capitano. "Sarò con te fino alla fine, amico". Come si può dire una cosa del genere ad una persona che ha appena provato ad uccidere tua moglie, e poi te? Bucky si sforzò di ricordare il proprio passato, ma era come provare a comprendere cosa vi fosse oltre i confini dell'universo. Era impossibile. Era fisicamente doloroso. E lui era un assassino. Non si era mai chiesto se quello che faceva fosse giusto o sbagliato, non gli era mai interessato. Gli chiedevano di uccidere e lui lo faceva, senza problema. Eppure, le parole di Capitan America continuavano a vorticargli in testa. Parole di perdono, di speranza. Parole che nessuno che avesse fatto quello che faceva lui avrebbe mai meritato.
Voleva crederci.
Il sergente James Buchanan Barnes decise che era tempo di un nuovo colpo di scena nella sua storia.

*

Steve ci aveva pensato. Aveva riflettuto tutta la notte sulle parole di Peggy: non solo su quelle che gli aveva rivolto sulla soglia della loro camera, ma anche su quelle che lei aveva usato per descrivere all'agente Underwood le modalità dell'attacco. La circostanza che non avesse mai fatto il nome di Bucky, ma solo quello che lui aveva usato come copertura. Ci aveva pensato e ripensato, e non era giunto a nessuna spiegazione soddisfacente. Anzi, in verità ad una sì, ma non aveva alcun senso. Soprattutto, non alla luce di quello che Peggy gli aveva detto dopo, cioè che Bucky andava fermato ad ogni costo. Ma perché, allora, non aveva dato ai suoi uomini tutte le informazioni di cui disponeva? Steve si chiese se non ci fosse una piccolissima, remotissima possibilità che Peggy volesse dare a lui, e non all'agenzia che dirigeva, l'occasione di trovare Bucky. Perché se fosse stato lo S.H.I.E.L.D. a trovarlo per primo, lui sarebbe stato estromesso, e a quel punto nemmeno Peggy avrebbe potuto fare qualcosa al riguardo. Avrebbe voluto chiederglielo, ma con che coraggio avrebbe tirato fuori il discorso, considerato quanto in quel momento sua moglie stava soffrendo per colpa sua? E poi, forse, era solo uno scherzo della sua immaginazione. Voleva così disperatamente ritrovare Bucky, che non riusciva più a vedere razionalmente la realtà. Lei gli aveva rimproverato proprio questo. E forse aveva ragione.

Neanche Peggy dormì, quella notte. Aveva messo a letto i bambini e si era chiusa nel suo studio. Seduta alla scrivania, con la testa tra le mani, aveva iniziato a pensare a quanto, di quello che era successo quel pomeriggio, fosse anche una sua responsabilità. Gli stessi pensieri con cui già si torturava per David Hoffman. Era stata lei a chiamare Daniel per chiederle di darle una mano. Lui era perfino in congedo, ma aveva accettato di buon grado di aiutarla. Come faceva sempre. Peggy si sentiva come se l'avesse tirato in trappola lei stessa. E il fatto che fosse morto solo per un tragico errore rendeva la realtà ancora più insopportabile. Sarebbe dovuta morire lei. Lei era a capo dell'indagine sull'HYDRA, lei li aveva spinti ad attaccare. Lei, lei e nessun altro. Non Daniel.
Squillò il telefono. Peggy guardò l'orologio appeso al muro: le lancette segnavano la mezzanotte passata. Alzò il ricevitore.
- Peggy - disse la voce di Howard Stark dall'altro capo del telefono - Ho appena saputo, mi dispiace tantissimo.
- Ciao Howard - rispose Peggy con voce piatta.
- Posso fare qualcosa per te? Ti mando Jarvis? Potrà aiutarti con i bambini, per qualsiasi cosa.
Edwin Jarvis era il maggiordomo di Howard Stark, l'unico che si fosse mai dimostrato in grado di gestire le stranezze del suo datore di lavoro.
- Grazie, Howard, ma non serve. Ce la caviamo.
- Poche storie, Carter. Sarà da te domattina. Non transigo.


*

Jarvis non aveva figli ma sapeva come prendere i bambini. Si presentò a casa Rogers alle otto in punto, preparò loro la colazione e li accompagnò al parco. I bambini ne furono felici, per quanto potessero esserlo in quella particolare situazione.
Steve e Peggy erano rimasti da soli, e prima o poi sarebbero stati costretti a parlarsi. Quando Peggy entrò in soggiorno, trovò Steve in piedi accanto alla finestra dalla quale era scappato Bucky. Lo scudo era ancora a terra. Lo raccolse, anche solo per avere le mani occupate. Cercava di capire se e come iniziare il discorso. Steve non si era nemmeno accorto della sua presenza. Avrebbe potuto girare e i tacchi e tornare a nascondersi nel suo studio, oppure provare ad affrontare la questione. Il pomeriggio precedente ognuno dei due aveva esposto chiaramente la propria posizione. Quella mattina, forse, avrebbero potuto trovare un compromesso.
Si fece coraggio.
- Steve...
Lui si voltò, ma non disse nulla. Si limitò a guardarla. I suoi occhi erano la definizione della tristezza. Prima di decidere di parlargli, Peggy aveva cercato di capire se fosse ancora arrabbiata con lui. La risposta era una via di mezzo: da una parte sì, perché l'aveva ferita, dall'altra no, perché aveva capito le ragioni e le emozioni che l'avevano spinto ad agire in quel modo. Lei aveva vissuto gli stessi sentimenti per sei settimane, che sì, erano state interminabili, ma non erano nulla in confronto ai dieci anni di Steve.
- Dovremmo… - iniziò Peggy - Dovremmo discuterne.
- Me lo hai già spiegato chiaro e tondo ieri come la pensi - commentò Steve. Non era arrabbiato. Non era polemico. Era solo scoraggiato. - Non mi serve il tuo permesso per andarlo a cercare, Peggy. Mi serve solo il tuo sostegno. Ti prego.
Quella supplica disperata ebbe un effetto devastante su Peggy, ma lui non parve notarlo, e approfittò del fatto era rimasta in silenzio per farle quella domanda che l'aveva tormentato tutta la notte.
- Perché non hai detto ad Underwood di Bucky?
Peggy parve confusa. - Cosa? Sì, gliel'ho detto.
- No, intendo… lo hai chiamato Rand. Non gli hai mai detto chi fosse davvero.
Steve fece un passo avanti, speranzoso. Peggy pensò per un secondo alla risposta. Non pensava che avesse notato quel particolare. Decise di dirgli la verità, quella che lui probabilmente aveva già intuito, se si era spinto a farle quella domanda così specifica. Anche se quando parlava con Underwood era furiosa nei confronti di Steve, si era resa conto che sarebbe comunque stata dalla sua parte. Magari l'aveva fatto inconsciamente, ma se aveva omesso un'informazione importante era per dare a Steve un vantaggio sullo S.H.I.E.L.D.
- Per aiutarti, credo - disse infine. - Per essere un passo avanti. Per darti la possibilità di trovarlo prima di no… di loro.
Il cuore di Steve prese a battere all'impazzata. Aveva sperato, aveva pregato che fosse quella la risposta alla sua domanda, ma sentirlo davvero, sentirlo dire da lei, lo aveva colto alla sprovvista.
Stavolta fu Peggy a fare un passo avanti.
- A delle condizioni, però.
Steve avrebbe fatto qualsiasi cosa, già quella concessione era una incredibile vittoria.
- Quando lo troveremo, e con "troveremo" intendo noi due, sarà tuo prigioniero, non dello S.H.I.E.L.D. Ma dovrà comunque consegnarsi all'agenzia, dove risponderà dell'omicidio di Daniel, e dove faremo tutto il possibile per farlo tornare com'era. Te lo prometto, Steve.
Steve non parlò. Non c'erano parole che potessero descrivere la gratitudine che provava nei suoi confronti. Colmò la distanza che ancora li separava, la strinse in un abbraccio e si abbandonò ad un pianto liberatorio.


   
 
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