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Autore: rossi    02/02/2009    1 recensioni
Ogni azione diventa rischiosa...Perfino stare con la sua stella, sua unica ragione di vita, che presto abbandonerà dopo tante inutili sofferenze.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La morte peggiore è la vita.


Sono nata, sono cresciuta e ora ho pure una bambina. La mia stella, quella caduta dal cielo a illuminarmi la vita, che mi fa luce appena entro in un vicolo buio, che mi fa ricordare la via da seguire. La mia unica ragione di vita.

Ora mi tira il vestito e mi chiede incessantemente di comprarle un gelato; annuisco con la testa e la sorrido. Lei comincia a esclamare dalla gioia. Le prendo la mano e ci incamminiamo verso il carretto dei gelati, lei saltella felice, senza preoccupazioni.

Anch'io mi sento felice quando sono con lei.

Si ferma e mi guarda negli occhi "Mamma, perchè papà non è venuto con noi?" dice dispiaciuta.

Già papà, l'unico dispiacere della mia vita. Non so come ho fatto a non capire com'era veramente, che non mi amava veramente.

Quando ha cominciato a picchiarmi ho cercato di scappare la notte,insieme alla mia bambina... ma lui mi aveva scoperto e aveva giurato che avrebbe ucciso la bambina se avrei provato un'altra volta a fuggire.

Sa sempre dove sono, non posso rischiare, sono costretta a vivere con quel bastardo fino a quando non troverò il coraggio di ucciderlo io stessa.

"Papà doveva lavorare, Sonia" dissi cercando di avere un tono disinvolto.

"Ah, va bene" disse triste.

"Non essere triste stellina, ora ci compriamo il gelato e andiamo al laghetto a dare da mangiare alle anatre, ti va?"

Il sorriso le si stampò sul volto "Si, mi va." disse tutta entusiasta.

Arrivammo davanti al carretto dei gelati, mi lasciò la mano e corse contro il gelataio. L'uomo la sorrise, la raggiunsi subito.

"Che gusto vuoi?" disse il gelataio molto gentilmente.

"Io voglio la fragola e la panna!" disse tutta eccittata Sonia.

"Certo signorina" preparò in un attimo il cono "Ecco il tuo gelato!" disse l'uomo porgendo il cono a Sonia.

"Grazie" disse lei e gli fece un sorriso a trentadue denti.

Pagai il conto e presi di nuovo la mano a Sonia. Come amavo la sua innocenza, la sua voglia di giocare, di vivere. L'infanzia, che bel periodo da vivere. Leccava felice il suo gelato e si guardava intorno curiosa del mondo che la circondava. Il laghetto era poco distante, ci arrivammo in due minuti. Lei si accovacciò davanti alla sponda e guardava le anatre che si muovevano sull'acqua.

Corse verso di me, ero seduta su una panchina a guardare la mia stellina che rideva spensierata.

"Mamma mamma, mi dai del pane per le anatre!" mi disse agitata.

Le sorrisi "Certo amore" estrassi dalla borsetta un panino avvolto in una tovaglia, gliene porsi un pezzo.

"Siiiii" urlò lei. Si accostò di nuovo alla riva e incominciò a tirare pezzi di pane in acqua. Le anatre si azzuffavano per quelle molliche di pane. Sonia rideva vedendo quelle scene buffe, quella risata che adoravo.

Ballava davanti al laghetto e continuava a lanciare molliche e rideva, ballava, lanciava molliche e rideva. Delle azioni talmente semplici ma così divertenti per mia figlia, lei mi faceva scordare mio marito, le notti passate a piangere e gemere.

Oramai le cicatrici e i lividi non li contavo più, e pure mia figlia si era abitauta a vedermi piangere senza sapere il perchè; si sdraiava affianco a me e mi accarezzava la guancia mentre singhiozzavo. E' più forte di me, è il mio sostegno.

Erano già le 5 e mezza e il sole cominciava a calare, dovevamo tornare a casa.

"Sonia, su vieni, dobbiamo tornare a casa!" dissi ad alta voce.

"Arrivoooo" disse urlando.

Si accannì sulla mia gamba e non si staccava "Sono una scimmietta" e rise felicemente.

"Su scimmietta è ora di tornare e di staccarsi dalla mia gamba!" dissi ridendo. Lei rise ancora.

Arrivammo a casa, aprì la porta e mio marito era davanti a me.

" Dove eravate?" disse furioso.

"Siamo andate a fare una passeggiata al parco" dissi normalmente.

"Laura" mi prese il braccio "mi devi avvisare quando esci, hai capito bene?" disse con tono minaccioso.

Non volevo che mi picchiasse ancora... "Certo, la prossima volta ti avviso" gli dissi e lo sorrisi per farlo calmare.

"Ma mamma non avevi detto che papà doveva lavorare?" disse Sonia.

Ogni muscolo del mio corpo si irrigidì, le lacrime cominciarono a prendere il soppravento. In realtà era uscita di nascosta da sola con Sonia.

Paolo mi afferrò per le spalle e mi voltò, estrasse qualcosa dalla tasca, una pistola.

"No ti prego, no" lo supplicai piangendo.

Mi puntò la pistola addosso e premette il grilletto. Sonia urlò a squarciagola, grida di terrore. Non volevo abbandonare la mia bambina con Paolo, la mia stellina.

Mi colpì al petto, il dolore era insopportabile, prima o poi sarebbe finito. Guardai negli occhi la mia bambina.

"Tesoro, t-ti voglio be-bene non dimen-t-ticar-l-o mai" dissi con le ultime briciole di forze che avevo in corpo.

Perchè doveva finire così? Io volevo solo vivere felice con mia figlia, senza subire maltrattameni ogni giorno.Ma ormai era finita. Nasci, cresci, ti riproduci e muori era questo il mio destino...Chiusi gli occhi per sempre, stroncata dal dolore di aver abbandonato al destino la mia unica figlia..

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spero vi sia piaciuta questa storia, l'ho scritta in un momento di ispirazione xD lasciatemi qualche recensione, ciao e grazie per aver letto la mia storia ^^
  
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