Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |      
Autore: francoise14    25/08/2015    23 recensioni
Per il contest "Buon compleanno André" un what if ambientato due settimane dopo Saint Antoine. Protagonista un André tormentato da un sogno ricorrente, ormai diventato quasi ossessione. Solo un incontro insperato svelerà forse l'arcano, celato nel suo stesso sguardo... sguardo di ossidiana.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ossidiana

Ossidiana, André, il tuo sguardo su di me.

Ossidiana, e le tue labbra sulle mie... giocano coi miei seni, sfiorano il mio essere donna..

Ossidiana, André, e le tue mani sui miei fianchi, le mie tra i tuoi capelli...

Ossidiana, André, e il tuo corpo unito al mio. Dolore, lacrime, estasi...

Ossidiana.

André si svegliò di soprassalto, tirandosi di scatto a sedere. Rivoli di sudore gli bagnavano la fronte e il volto, su cui erano presenti ancora i segni del pestaggio di Saint-Antoine. Il giovane si passò una mano fra i capelli e aspettò che rallentasse il pulsare dei sensi e il ritmo forsennato del suo cuore.

Erano ormai trascorse due settimane dalla loro aggressione; Oscar era già tornata in caserma e lui fremeva per fare altrettanto... solo che lei non voleva ancora. Malgrado la situazione di estremo pericolo in cui si sarebbe potuta nuovamente trovare, visto che Parigi si era trasformata in una polveriera destinata ad esplodere, aveva preferito lasciarlo a casa senza sentire ragioni.

Quattordici giorni senza mai vederla, e a lui sembrava di impazzire; si trascinava stancamente per casa, cercando l’oblio in una bottiglia. Beveva fino a stordirsi, fino a dimenticare la frustrazione di essere stato messo da parte per l’ennesima volta, come un peso, un oggetto inutile. La parte più razionale di sé giustificava il comportamento dell’amica come un gesto di premura nei suoi confronti; ma la parte più viscerale e istintiva vedeva in quel congedo obbligato il desiderio di lei di vivere la propria vita in completa autonomia, senza di lui, come gli aveva espressamente annunciato tanto tempo prima, in quella malaugurata sera in cui rabbia e desiderio avevano ottenebrato la mente del giovane e segnato per sempre le loro esistenze.

E allora Andrè beveva, beveva non appena calava la notte e restava solo nella sua stanza; beveva fino a crollare stremato nel letto, spesso vestito, in un sonno popolato da incubi e pulsioni. Ormai da una settimana c’era infatti quel sogno a illuderlo e a tormentarlo, e al mattino il desiderio di lei, che aveva investito il suo corpo durante le convulse ore notturne, cedeva il passo a un lacerante senso di vuoto... Poi, inesorabilmente, ricominciava tutto daccapo: giornate il più delle volte lunghe e indolenti, che passava chiuso nella sua camera con lo sguardo al soffitto o ad aiutare sua nonna in qualche faccenda, anche se in genere la brava donna preferiva non disturbarlo per non farlo affaticare; attenzioni, queste, a cui non era abituato e che invece di suscitare la sua ilarità scanzonata come in passato, lo facevano sentire ancora più debole e inetto.

Il giovane distolse la mente da quelle amare considerazioni e si decise ad alzarsi. Barcollando, si avvicinò al tavolino di noce posto al centro della stanza e afferrò la bottiglia di Bordeaux, ancora chiusa, che aveva sottratto la sera prima dalla cantina del Generale. Con la mano libera prese la marsina appoggiata sulla sedia e la posò sul braccio, celando tra le sue pieghe il compromettente bagaglio.

Il suo sguardo si soffermò allora per un istante sulla propria immagine riflessa nello specchio: lo fissava un uomo solo, un’ombra dagli occhi spenti. Ebbe ribrezzo di sé... uscì rapidamente dalla stanza reprimendo a stento un conato. Aveva bisogno di aria; con una scusa avvisò la nonna della sua successiva assenza e andò a sellare Alexander.

Un’ora dopo André era ancora seduto sulla riva del fiume dove insieme ad Oscar si era recato tante volte... lo stesso fiume che li aveva visti quasi annegare da bambini e scontrarsi, talvolta anche con rabbia, da adulti.

Era una placida mattina di inizio ottobre, ma da qualche giorno sembrava di essere ancora sul finir dell’estate,viste le temperature miti; il turchese del cielo, sgombro di nubi, si specchiava nelle acque limpide e azzurrognole, circondate dal verde della radura e dagli accesi colori autunnali dei cespugli. Il sole del mezzodì bruciante disco dorato, neanche un filo di vento a muovere le foglie. Eppure, André sentiva freddo, tanto era il gelo che imprigionava la sua anima. La bottiglia del Generale era ancora intatta, poco lontana dai suoi piedi, mentre Alexander pascolava poco lontano, ignaro della sofferenza del suo padrone.

Fu in quel momento che un lieve rumore di passi sull’erba soffice attirò la sua attenzione; il cuore mancò un battito, ma l’espressione del suo volto rimase imperturbabile di fronte all’arrivo di lei. Bella come sempre, impeccabile come sempre... fredda e misurata come sempre. Capelli di grano e occhi di mare, le labbra rosse e tese; un’amazzone fasciata nella severa divisa blu dei soldati della Guardia. Brillavano al sole le mostrine della sua uniforme, rilucevano i capelli ribelli; solo un tremito passò nello sguardo di André a tradire l’emozione per quell’incontro inatteso.

“Ti ho trovato finalmente” esordì bruscamente Oscar, maledicendo se stessa per non aver trovato parole migliori.

André la guardò per un istante senza parlare, poi tornò a fissare il vuoto davanti a sé.

“Sei passata a palazzo?” domandò con voce incolore.

“Sì. Tua nonna mi ha detto che eri uscito a cavallo e ho provato a cercarti qui. Sono stata fortunata.”

“Più che fortunata, direi che forse mi conosci bene” constatò lui, lasciandosi sfuggire uno strano sorriso.

“E questa? Come mai è qui?” domandò la donna in tono severo, sfiorando la bottiglia accanto ad André con la punta del piede.

“Un modo per passare il tempo. Ne ho tanto, ultimamente.” fu la sarcastica risposta.

Oscar restò in silenzio, il bel viso indecifrabile... quindi si sedette al suo fianco.

“Come va il braccio?” riprese in tono distaccato.

“Bene, grazie. Non era rotto, se ti ricordi.”

“Ma si può sapere cos’hai!?” sbottò alla fine lei, cercando il suo sguardo.

André si ostinò a guardare in direzione del fiume, mentre replicava seccamente:

“Niente, non ho assolutamente niente.”

Una difesa, una strenua e forse vana difesa. Questo era il suo obiettivo, tentare di ergere una barriera, cercare di indossare una corazza, per sentire il dolore mordere un po’ meno l’anima. Sapeva altrimenti di essere troppo vulnerabile di fronte a lei...

Senza dire altro, afferrò nervosamente la bottiglia e l’aprì, bevendo un lungo sorso di vino. Si sentì subito meglio, si sentì un po’ scaldare il cuore.

“Ti fa male...” osservò lei in un velato rimprovero.

André rise sommessamente.

“Vuoi?” fece quindi in tono di sfida, porgendole la bottiglia.

Oscar non si tirò indietro: senza parlare lo fulminò con un’occhiata di fuoco e, afferrata la bottiglia, bevve senza esitare, asciugandosi poi le labbra macchiate di rosso con il dorso della mano.

“È di un’ottima annata, non ti pare?” riprese lui in tono leggero.

Oscar non replicò. Di nuovo il suo sguardo azzurro a tentare di cogliere quello verde di lui. André cercò di resistere, ma improvvisamente lei, il volto serio, il tono solenne, gli scansò una ciocca ribelle dagli occhi e mormorò:

Ossidiana...”

André trasalì e la guardò incredulo, mentre gli sembrava quasi di smettere di respirare.

“Perché dici così?”

Oscar incurvò le labbra in un sorriso malinconico.

“Non ricordi nulla, allora?”

“Cosa dovrei ricordare, Oscar?” fece lui, in preda all’agitazione. Non riusciva a capire più niente, nella mente solo il suono di quella parola che si faceva di nuovo martellante ossessione.

“Una settimana fa ero tornata a vedere come stavi, ma mi hanno detto che dormivi già. Sono passata un attimo nella tua camera, la porta era socchiusa e...”

La donna s’interruppe, stranamente titubante.

“E...?”

“E tu eri crollato sul pavimento con la bottiglia ancora in mano”

André arrossì, suo malgrado, sentendosi uno sciocco.

“Immagino che non fossi un bello spettacolo...” osservò.

“Ti ho tirato su e in qualche modo ti ho trascinato sul letto” riprese Oscar con voce lontana, ignorando il commento dell’uomo “Ti ho sfilato gli stivali e ti ho messo sotto le coperte... poi tu hai aperto gli occhi e mi hai guardato.”

Un silenzio teso calò quindi tra di loro... e André capì.

“Cosa è successo poi in quella stanza, Oscar?” domandò con voce roca.

Ella avvampò e non rispose.

André si piegò verso di lei fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra.

“Ti prego, dimmelo...” sussurrò implorante. “Io... Io faccio sempre lo stesso sogno, Oscar, non ce la faccio più, mi sembra di impazzire...”

“Abbiamo fatto l’amore.” disse lei in un soffio, le guance se possibile ancora più rosse.

A quelle parole André sentì il cuore fermare un istante la sua corsa, per poi riprendere a battere, impazzito, nel suo petto, mentre Oscar, imbarazzata, abbassava gli occhi per non sostenere il suo sguardo.

“Allora non era solo un sogno...” mormorò lui con un filo di voce “È per questo che... che non sei più tornata a casa?”

Oscar non rispose di nuovo.

“Oscar, guardami, ti prego” le bisbigliò, la voce fatta carezza. Oscar continuava a guardare a terra; egli pertanto le prese il mento tra le dita e con dolce violenza la costrinse ad alzare gli occhi. “Oscar... È per questo che non sei più tornata da me?” insistette.

La donna esitò, ma poi annuì, restando in silenzio. André deglutì nervosamente; nel cuore aveva una domanda che temeva di formulare, e a cui stava cercando di dare disperatamente una risposta da solo... ma era impossibile per lui, in quel momento, distinguere nella sua mente il sogno dal ricordo.

“Oscar... Io... io non riesco a ricordare bene... Dimmi... dimmi che non ti ho fatto del male!!” riuscì finalmente a dire, la voce quasi spezzata da un singhiozzo.

Ella lo guardò, mentre l’azzurro dei suoi occhi si faceva lucido. Scosse la testa abbozzando un sorriso, le dita a sfiorargli una guancia. Un gesto intimo che non aveva mai fatto... Un gesto da donna, un gesto da amante.

“Oh no, no André! È... È stata la notte più bella della mia vita... Solo che al mattino mi sono vergognata di me stessa per aver approfittato di... di un tuo momento di debolezza... Se non sono più tornata a palazzo, è stato perché non sarei riuscita a guardarti negli occhi senza pensare a quello che era accaduto nella tua camera”

A quelle parole, André cominciò a ridere sommessamente.

“E adesso? Perché ridi?” domandò Oscar con una punta di irritazione: quella confessione le era costata tantissimo e non riusciva a comprendere il motivo di tanta ilarità.

“Scusa Oscar, ma... sentirti dire che ti sei approfittata di me è il colmo! Scusami, ma non riesco a non ridere!”

Di fronte a quello sguardo tornato vivo e allegro, anche la tensione di Oscar si sciolse come neve al sole ed ella a sua volta scoppiò a ridere.

“Hai ragione però!!” si trovò a concordare.

Poi, improvvisamente si fecero seri. Un brivido percorse la schiena di Oscar, quando lo sguardo di André si posò di nuovo su di lei. In un silenzio carico di parole mai pronunciate, fu lui stavolta a sfiorarle una guancia...

“Io ti amo, Oscar. Lo sai questo, vero? E qualunque cosa sia successa quella notte... è accaduta per questo, non perché l’hai voluto solo tu”.

Ella sorrise.

“Lo so.” ammise con semplicità “E... ti amo anch'io, André, ti amo tanto!” fu l’accorata confessione “Quella maledetta notte... io... io ho pensato di averti perso...” proseguì convulsamente come un fiume in piena “Continuavo a urlare a Fersen che dovevo andare, perché il mio André era in pericolo... e quando ho visto i suoi occhi increduli, ho capito quello che continuavo a negare persino di fronte a me stessa... Sono stata una codarda, André, sono stata così vigliacca il giorno dopo da non trovare il coraggio di rivelarti quello che provavo! Ho preferito lasciarti a casa, e quando non ho più resistito, quando ho ceduto, tu eri ubriaco... Probabilmente se non lo fossi stato non avrei trovato il coraggio nemm...”

“Shh... Basta parlare, Oscar...” la interruppe André, guardandola intensamente “Ormai non importa quello che è stato, non importa...”

Subito dopo tacque e avvicinò il volto al suo, fino a toccarle appena la fronte con la propria; entrambi trattennero il respiro mentre le loro labbra si incontravano in un bacio dolce e delicato. André, quindi, per un attimo si staccò, tuttavia con una mano iniziò a seguire teneramente la curva morbida di una guancia, per scendere poi sul collo e indugiarvi fin dove era lasciato scoperto dall’uniforme, risalendo infine sulla nuca; lì si fermò, nello sguardo una muta domanda... e in quello di zaffiro di Oscar, nel suo cenno di assenso, vi trovò la risposta che aveva atteso da una vita.

“Vieni qui, amore mio, vieni qui!” mormorò pertanto quasi in un gemito, attirandola a sé.

Stavolta ti bacio con ardore, amore mio, quasi mi sentissi autorizzato dal tuo silenzioso sì. È il mio desiderio di uomo a parlare, a guidare le mie labbra e le mie carezze, è il mio desiderio di uomo che mi spinge verso te. Mi accogli, ricambi, reclini la testa all’indietro... E io impazzisco amore mio, divento ebbro di te. Le mie mani frenetiche ti slacciano la giubba, si posano sulla tua schiena a sciogliere quelle maledette fasce, che vogliono celare la tua femminilità. Esito ancora una volta, ultimo barlume di lucidità, il mio sguardo avvinto al tuo... Ma tu mi incoraggi, togliendomi la marsina e iniziando a sciogliermi il nodo della camicia, tra l’imbarazzo e l’impaccio.

Cade a terra l’ultima barriera e tu ti stendi sull’erba, come una Venere di Fidia... non prima di avermi sfilato la camicia con un sorriso timidamentente malizioso, lo stesso che mi mostri ora mentre ti tolgo lentamente gli stivali, faccio scivolare via le calze, tiro via le strette culottes. Gli stessi gesti che ripeterò su di me, con la stessa esasperante lentezza solo per vedere quell’ombra di disappunto sul tuo viso che ti rende ancora più bella.

Ti guardo, amore mio, un’ultima volta: contemplo la tua pelle candida, le tue gambe affusolate, i tuoi seni piccoli e morbidi... e il tuo segreto di donna coperto pudicamente da una mano. Ti contemplo un’ultima volta prima di perdermi nel blu profondo dei tuoi occhi. Ti contemplo un’ultima volta prima di avventurarmi sul tuo corpo, prima di bearmi di te... ed ecco, all’improvviso, si affaccia prepotente il ricordo di quella notte con te fra le mie braccia, dei nostri sussurri, delle nostre carezze più audaci.

Ossidiana, Oscar, il mio sguardo su di te.

Ossidiana, e le mie labbra sulle tue... giocano con i tuoi seni, sfiorano la tua essenza di donna.

Ossidiana, Oscar, e le mie mani sui tuoi fianchi, le tue tra i miei capelli...

Ossidiana, Oscar, e il mio corpo unito al tuo. Piacere, paura, estasi...

Ossidiana.

   
 
Leggi le 23 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: francoise14