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Autore: Zelda_Shooter    26/08/2015    3 recensioni
[Storia di nuovo in corso]
«Una principessa Zelda…che viene dalla Terra?»
Immaginate di poter finalmente vivere nel mondo del vostro film/fumetto/videogioco preferito, o di andare e venirci quando vi pare. Tutti lo abbiamo sognato almeno una volta, no? Ma vi siete davvero chiesti quanto effettivamente siete pronti a rischiare?
Quindi cosa succederebbe se un’umana come me scoprisse di possedere la Triforza della Saggezza e di essere la prossima al trono del mondo di Hyrule, sempre in bilico tra Luce e Oscurità?
Godetevi la storia di Daisy, una principessa Zelda fuori dal comune, in una storia che mescola tutti gli elementi e i personaggi de The Legend of Zelda!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ganondorf, Link, Princess Zelda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17

Quest’uomo. Quest’essere con schiena ricurva, occhi serrati e mani perennemente giunte.
Quell’enorme zaino che sembra essere più pesante di lui, quei capelli rossastri e…quell’inquietante sorriso.
«Ti sei imbattuta in un destino terribile, nevvero?»
Queste parole.
«Ti conosco» è l’unica cosa che è uscita spontaneamente dalla mia bocca. Come a dirgli: «So chi sei, non puoi farmi paura»
Lui batte una sola volta le mani, roteando la testa.
Costui è un venditore. Vende maschere. Maschere molto particolari, con poteri magici e strani. Ne esistono tantissime, sparse per Hyrule, ma la più importante gli fu sottratta tempo addietro. Inutile dire che fu compito dell’Eroe restituirgliela.
Non credo che qualcuno sappia il suo vero nome, ma è comunemente conosciuto come l’Allegro Venditore di Maschere. E incontrarlo e sentirgli dire quelle parole non è un buon segno.
Da quel che so dalla saga videoludica, è capace di intrappolare spiriti di morti nelle sue maschere. E lo spirito più potente e al contempo malvagio è quello di Majora. La maschera di Majora è in grado di esaudire qualsiasi desiderio della persona che la indossa, tuttavia rende il cuore di quest’ultima malvagio e impuro.
Sono terribilmente paralizzata dall’idea che possa averla qui con sé, o che da un momento all’altro tiri fuori una di quelle maledette maschere e me la incastri in faccia, facendomi possedere dallo spirito che vi risiede.
Spaventata da queste ipotesi, istintivamente faccio un passo indietro.
Lui interpreta subito questo mio movimento come chiaro segno della mia paura, e si affretta a chiarire: «Oh, no. Non fare così giovane avventuriero…»
Rifaccio un passo in avanti.
«O dovrei dire giovane principessa? Ah ah!»
Mi blocco. Non che la cosa mi sorprenda: conoscendo i poteri paranormali che ha è più che logico pensare che non gli serva nulla per captare un incantesimo di trasformazione. Tuttavia, l’idea che lui riesca a leggermi mi fa gelare il sangue.
«No, non dovreste. Continuate pure a credermi un avventuriero» pronuncio mentre cerco una qualsiasi cosa da fissare pur di non dover avere il volto rivolto verso il suo.
Altro battito di mani, seguito da risatina raccapricciante, e altre parole: «Ah ah! E dimmi dimmi, giovane avventuriero, dov’è che ti dirigi?»
«Non credo siano affar vostri, signore» ribatto acida.
«Beh, ma allora rispondi almeno ad una mia curiosità: prima hai annunciato di conoscermi e mi hai anche dato del “tu”! Cos’è questa repentina diffidenza?» insiste.
Non trovo immediatamente le parole giuste, così lui mi precede: «Traaanquilla, principessa! Io non posso che aiutarti, non diffidare!»
Così, decido di cedere alle mie curiosità e di iniziare con le mie domande: «Cosa intende…ehm, intendi, quando mi dici che ho di fronte a me un destino terribile?»
«Ooh! Ganondorf, sai, lo sento parecchio nervoso! Credo che tu lo abbia fatto arrabbiare, principessa. Avresti dovuto aspettare il tuo eroe e…»
«Tsk, chi, quello? Link è sparito appena Ganondorf ha invaso il castello. Chissà se si ricorda di me» gli faccio la predica sperando che a quel bastardo arrivino i miei pensieri negativi e lo facciano inciampare.
Lui, quasi rilassato, si siede per terra, senza mai però separarsi dal suo amato zaino, e tira fuori una bottiglia di latte. Latte Lon Lon, suppongo. E dopo questa adorabile scenetta, esordisce con: «Cos’è successo al tuo castello?»
Io sono sicura al 99% che lui lo sappia benissimo, ma comincio a raccontare ugualmente: «Ganondorf ha saputo del mio arrivo ad Hyrule e ha ben pensato di catturarmi, sapendo che sono ancora piuttosto ignorante ed ingenua per quanto riguarda questo mondo e le sue regole»
Lui, con una tranquillità da darmi sui nervi, beve un altro sorso con calma, si pulisce le labbra col dorso della mano, e commenta: «Chiamala furbizia! È la cosa più naturale agire in questo modo, mi sorprende che al castello non avessero preso misure di sicurezza adeguate!»
Lo ignoro, seppur dandogli ragione dentro di me, e continuo con la storia: «Prima è comparso uno spirito malvagio…Ghirahim…riusciva a farmi provare dolore soltanto desiderandolo…»
Mi riesce molto difficile parlare di tutto ciò, è stato traumatico: riesco ancora a sentire quelle torture e a rivedere quel suo sorriso felice nel vedermi soffrire.
«Siediti anche tu!» mi invita, notando il mio disagio.
Per quanto la cosa sia totalmente assurda, mettersi a parlare tranquillamente con un demonio su un prato a sorseggiare latte e a raccontarci aneddoti di vita, accetto e mi lascio cadere al suolo. Credo che io abbia davvero bisogno di buttare fuori tutto ciò che sto reprimendo in me.
«Lui era lì e mi fissava,» continuo «e ad ogni mio crampo i suoi occhi si accendevano sempre di più. I saggi…sono arrivati per aiutarmi, e per colpa mia Saria…»
Ma mi interrompo nuovamente, fissando il vuoto e facendo scoppiare in me mille emozioni. Sono acide e mi corrodono l’anima. Come ho potuto lasciare che tutto questo accadesse?
Ma non è lui che deve avere delle risposte, bensì io, quindi chiedo: «Che cosa mi accadrà?»
Lui tappa la sua bottiglia di latte, alza la testa al cielo e sospira solo un: «Mah. Chi può saperlo.»
E invece io lo so che lo sai!
Mi avvento su di lui, lo prendo per il lungo cappotto viola e gli urlo: «Dimmelo! DEVI dirmelo!»
Lui mi scosta le mani e per la prima volta vengo a contatto con la sua pelle: è talmente dura e fredda che mi fa venire la pelle d’oca. È spaventosa.
«Ci sono tanti destini già segnati. Il nostro unico potere è scegliere quale ci calza meglio» esordisce lui con una frase che sembra uscita da un biscotto della fortuna.
«Tu puoi leggerli?» tento di capire quali siano le sue doti.
«No, ma posso metterti in condizione di scegliere» mi risponde, per poi voltarsi a cercare qualcosa nel suo zaino.
«Vediamo un po’…oh no, questa è quella maschera di quella coppietta…E questa cos’è? Oh no maschera dell’insonnia, eh eh! Ottima da indossare quando si è impegnati di notte…» commenta le sue stesse maschere frugando nel borsone.
Io invece non aggiungo commenti.
«Ah, questa è carina! Richiama gli animali, abbinala a quell’arpona che porti con te e sarai meglio di un pifferaio!»
«Non mi serve la televendita di ogni singola maschera, grazie» lo stoppo.
Oggi sono un mix di simpatia e buonumore.
Sono terrorizzata dall’idea che in qualsiasi momento possa tirar fuori quella maschera.
«No. No. Mh, no» continua a ripetere mentre scarta maschere.
Fisso i suoi movimenti con occhi spalancati e pietrificati. Lui si volta di scatto verso di me e mi dice: «Hah! Tranquilla, non ce l’ho più io! Era un capolavoro, eh? Sia d’estetica che di contenuto, sì sì! Ma dopo vari inconvenienti…diciamo che mi è stata sequestrata. Non l’hai notata al castello? È custodita lì da qualche parte»
«Era al castello?! La maschera di Majora?!» esclamo incredula. Accipicchia, a saperlo mi sarebbero venuti i brividi ogni volta, camminando per i corridoi.
«Tranquilla, Ganondorf non l’ha con sé, è ancora lì!» precisa.
Oh, è vero. Non ci avevo pensato, meno male. Almeno una cosa non è andata storta.
«Non ho accesso a tantissime parti del castello» ricordo prima a me stessa e poi a lui.
«Ah-ha!» esclama, per poi tirare fuori un’ennesima maschera. «Maschera della Verità! Sei uno Sheikah ora, a maggior ragione! Ti permette di parlare con le statue Sheikah, forse ti potranno dire dove si trova Tingle, o addirittura Link!»
Come fa a sapere che sto cercando Tingle…? È inquietante.
«Cosa mi succede se la indosso? Proverò dolore?» chiedo, prendendo la maschera che mi ha appena porto. È bianca, e ha l’occhio degli Sheikah dipinto di rosso.
«Nessun dolore! Spero che i nostri destini si rintreccino!» mi saluta, prima di sparire all’improvviso.
«Aspetta!» provo a fermarlo, ma è troppo tardi.
Perché scappare ora, all’improvviso? Stavamo chiacchierando, accidenti!
Credo che il suo scopo fosse quello di darmi questa maschera sin dall’inizio. Mi ha fatto solo perdere tempo! Lui e le sue parole poco chiare.
 Com’è strana l’inquietudine: ti fa provare paura ma allo stesso tempo ti rende troppo curioso per allontanarti.
Quello che invece provo ora fissando questa maschera è solo terrore puro e, dipendesse da me, la scaraventerei il più lontano possibile. Magari anche sperando che colpisca Link in testa.
L’odio, dannazione! Che fine ha fatto? Perché non era lì?
Allora, a questo punto, sarò sia la principessa da proteggere, sia il guerriero che la protegge!
Elettrizzata da questi pensieri, volto la maschera e la applico, ammetto di farlo con mani tremolanti, sulla mia faccia.
Il bello è che questa maschera, così come molte altre, non ha fori per occhi, naso o bocca; ma non dimentichiamoci che è pur sempre una maschera dotata di poteri magici, perciò una volta indossata è come non averla. Sento di non aver nulla sulla mia pelle, come applicarsi un cerotto trasparente.
Anzi, potrei addirittura giurare di vedere anche meglio di qualche decimo.
Inizio a dare un’occhiata attorno a me, e scopro che, incredibilmente, nascoste fra altre rocce o dalla vegetazione, ce ne sono una marea!
Dunque, con quale potrei parlare prima? Proviamo con quella più vicina.
Mi avvicino cautamente, quasi come se avessi paura di spaventarle, ma…
«Booonjour!» urla prima lei vedendomi avvicinare e spaventandomi a morte.
«Santa Dea!» esclamo. Poi mi rendo conto che non posso essere spaventata da qualsiasi cosa, ovunque e sempre, quindi cerco di essere un po’ più coraggiosa e mi ricompongo: «Ah, ehm…Bonjour! Sapresti…aiutarmi?»
«Suona qualcosa, suona qualcosa!» richiede la statua molleggiante.
Suonare…qualcosa? Intende con l’arpa? Oh, e chi sa suonare! Mi serve solo per strimpellare corde a caso e per invocare la mia Triforza. E non è raccomandabile invocarla senza alcun motivo.
«Désolé, non posso!» gli rispondo.
«Suona qualcosa, suona qualcosa!» continua impertinente.
«Non so suonare» ammetto schietta.
«Suona, suona!» continua. Ma che è cretina?
Mi arrendo all’idea, pensando che se non sarà di suo gradimento saprò dove infilarle l’arpa, e comincio a strimpellare corde totalmente a caso.
Non posso esprimere pareri su cosa penso stia provando la statua standomi a sentire, perché è, appunto, una statua. Ma proprio mentre sembro essere nella fase più stonata della canzone, ecco che l’essere di pietra comincia ad agitarsi.
Mi fermo di colpo dal mio suonare per capire cosa le stia succedendo, e lei inizia a tremare sempre, sempre, sempre più forte, fino a che per me è impossibile rimanere a guardarla.
Dopo essersi scossa per bene, la statua ha cambiato colore ed è passata dal grigio al rosso.
«Grazie!» mi fa, dopo essersi arrestata del tutto.
«Ma cosa…» balbetto confusa nel guardarla.
«Noi statue funzioniamo in tanti modi diversi…a seconda di quello che ci offri possiamo cambiare colore, rilasciare piccole fatine curatrici, persino dirti l’ora esatta!» mi spiega molleggiando.
Ma io queste cose le so già, ovviamente.
«Bene, ehm…ti ringrazio. Sapresti per caso dirmi dove si trova un tale Tingle?» azzardo a chiedere.
«Oui, oui! In alto, in alto! Se prosegui diritto per di qua, arriverai ad un incrocio. È lì che si è fermato l’ultima volta! Guarda in alto!»
Sia benedetta la statua! La prima unica creatura in questo mondo che dà una risposta precisa a una domanda precisa, senza giri di parole, discorsi strani, o frasi generiche.
«Ti bacerei se attualmente non fossi un uomo» mi scappa. Le sono davvero grata.
E prima ancora di sentire la sua risposta, comincio a incamminarmi. Questo è il mio modo di dimostrarmi riconoscente, già.
Tolgo la maschera, rilego l’arpa alla vita, mi risistemo la benda sopra la bocca che avevo tolto per parlare, e vado dritta diritta per la mia strada.
Ad un certo punto comincio a spaesarmi, vedendo che la ormai troppo lunga foresta sembra essere interminabile, ma tutto ha una fine d’altronde.
Inoltre, non so ancora bene come funzioni l’Hylian che è in me, ma ormai sono quasi ventiquattrore senza cibo e sonno. Se fossi stata una comune umana, a quest’ora sarei già crepata, ma nonostante i miei poteri e la Triforza, l’umanità esiste ancora in me e i suoi bisogni vanno soddisfatti.
Ma sono totalmente al verde.
Un’altra mia grande paura è la vescica: non so quanto a fondo questa trasformazione abbia agito…da cosa fuoriusciranno i miei fluidi? Come fanno la pipì i maschi?
Ma avendo bevuto pochissimo e non avendo mangiato nulla, per adesso la parte sud del mio corpo è ancora tranquilla.
Persa tra mille preoccupazioni, non mi accorgo che finalmente la lunga via è terminata, e l’incrocio descritto dalla statua è comparso davanti ai miei occhi.
Ci sono tre cartelli che indicano rispettivamente: Hyrule Castle Town a sinistra, Lon Lon Ranch diritto e Hyrule Field da dove sono venuta.
Quindi ero in una parte parecchio boscosa della Piana di Hyrule…
La Piana è una pianura enorme che si trova al centro del grande regno e dalla quale puoi accedere a qualsiasi parte di Hyrule.
E conosco anche il Ranch Lon Lon! Vi abita una ragazza molto graziosa dai capelli rossi che assieme a suo padre alleva mucche e munge latte che viene poi esportato in tutta Hyrule.
Forse se mi dirigo da lei, Malon, mi aiuterà, ma devo in ogni caso trovare prima Tingle.
«Andiamo, vieni fuori Tingle!» dico a bassa voce, perlopiù fra me e me.
«Quassù!» odo una voce. Alzo lo sguardo e la mia prima reazione è: «Hey, è stato facile!»
Mi chino, prendo il primo sassolino che trovo e lo lancio con tutta la mia forza contro il palloncino al quale Tingle si è appeso.
Per pochissimo non colpisco anche lui, ma in ogni caso l’ometto grassoccio e dal nasone rosso cade letteralmente ai miei piedi.
«Chiedo perdono per i miei modi rudi» inizio con lo scusarmi. «Necessiterei di una mappa, in giro si dice che tu le abbia.»
Sono figa anche quando parlo in modo formale.
«Oh, bel giovane, certo! Ecco qua, nuove di zecca, a sole venti rupie ciascuna!» mi presenta la merce srotolando le mappe davanti ai miei occhi.
«Io, sono molto…stanco, ho viaggiato parecchio senza una meta e non ho rupie con me. È del tutto impossibile convincerti ad essere generoso?» elemosino un po’ di pietà. Un metodo un po’ squallido, a dirla tutta.
«Oh, questa non me l’aspettavo…» rimane un po’ basito.
«I folletti in genere sono molto altruisti…» tento di provocarlo.
Infatti, sempre grazie ai giochi, so che Tingle è un uomo ultratrentenne in realtà, convinto di essere una reincarnazione di un qualche folletto. Nessuno gli crede, ovviamente, quindi se sarò l’unica a dargli corda magari si smuoverà.
In fondo sto raschiando il fondo del barile già da tanto tempo.
«Oh, sì, lo siamo lo siamo! Ma dobbiamo comunque avere di che vivere!» precisa.
«Ed io no? Sto morendo di fame, per la miseria!» passo più sull’aggressivo.
Tendo ad essere nervosa quando ho fame.
«Non posso, non posso» rimane fermo sulla sua posizione.
Devo trovare un modo per ingannarlo. Qualcosa che lo colpisca sul personale. E forse ho un’idea tanto azzardata quanto potenzialmente efficace.
Anche se mi scoccia, sciolgo di nuovo tutti i nodi e riprendo l’arpa fra le mani, iniziando, ovviamente, a suonare peggio di un asino miope senza zampe.
No, non ho intenzione di stordirlo con la mia “musica” fino a che mi darà la mappa pur di farmi andar via.
«Piantala, è straziante!» inizia a lamentarsi come previsto.
«Cosa? Ma, io dico!» comincio la mia recita. «Questa è la musica preferita dai folletti…ogni vero folletto riesce a coglierne il senso e a gradirla! Che io mi trovi davanti ad un impostore? Non voglio neanche immaginarlo!»
«Eh? Sul serio, ne sei sicuro?» chiede confuso piegando la testa.
«Oh, temo proprio che tu non sia un vero folletto dopotutto…per questo siete anche così avido, un vero folletto non lo sarebbe» lo punzecchio.
«Cosa cosa?! Io sono un bellissimo, autentico folletto!» ribatte fiero.
Il “bellissimo” è ancora più improbabile dell’ “autentico”.
«Non credo proprio a questo punto» faccio in tono deluso. «Puoi provarlo?» gli chiedo con aria di sfida.
«Kukurin…pah! Ecco a te una vera formula magica!» recita parole strane.
«Oh davvero? Ti ha fatto diventare più generoso per caso?» continuo a fare la puntigliosa.
«Basta, io volo via!» annuncia prima di tirar fuori un altro palloncino e iniziare a gonfiarlo.
«No, aspetta!» gli urlo saltandogli addosso in un tentativo disperato.
Il mio piano ha fallito, quindi si passa alle maniere rudi da uomini.
«Hey, ma che fai?! Staccati!» cerca di dimenarsi.
«La…mappa…» riesco a pronunciare tra un calcio e un pugno del povero Tingle. Mi dispiace ma sono davvero allo stremo delle forze e della pazienza!
«Ladro, ladro!» inizia a urlare.
«Hey! Ma che succede qui?» sento una terza voce.
Una ragazza minuta scende giù da un carro, si avvicina a noi e strappa Tingle dalla mia presa.
«Che cosa stai facendo, Tingle?» gli chiede la fanciulla ripulendolo.
«Questo tizio vuole derubarmi!» mi accusa, indicandomi.
Mi alzo da terra, mi do una ripulita con le mani e pronuncio: «Sono mortificato»
Tingle, nel frattempo, indignato, prende il suo palloncino finalmente gonfiato e si allontana il più lontano possibile da me.
«Che gesto ignobile!» vengo rimproverata dalla ragazza.
«Mi dispiace. Sono affamato, assonnato e non ho un posto dove andare. Volevo solo una mappa del Ranch Lon Lon e dintorni…» spiego.
Lei sospira, indica il carro dietro di sé e molto cordialmente mi propone: «Anche io vado lì da un’amica. Ti serve un passagio?»
I miei occhi si illuminano nel rispondere: «Davvero? Grazie! Grazie mille!»
«Di nulla. Ma ti terrò d’occhio. Malon è una persona a me molto cara, forse ti aiuterà, giovane forestiero. Posso sapere il tuo nome?» domanda.
«Sheik» rispondo.
«Oh, io mi chiamo Anju» si presenta anche lei.
Oh sì, ma io conosco anche lei! Gestisce una locanda in città e l’ho semplicemente adorata nel gioco in cui compare. Anche se devo ammettere che il mio preferito è il suo promesso sposo. Kafei, quanto mi piace!
Monto su nel carro, mi siedo con lei dietro e la ringrazio ancora infinite volte per l’aiuto.
«Posso domandare come mai ti stai recando lì?» le chiedo per curiosità.
«Oh, visita di cortesia e rifornimento di latte. Mio marito adora il latte Lon Lon» mi spiega.
“Marito”? Quindi si sono sposati alla fine! Che cosa assolutamente adorabile!
Quando arriviamo, dopo un paio di minuti, ci troviamo di fronte ad una modesta casetta molto in stile campagnolo. Ormai sta calando la notte, ma il prato emette comunque un odore molto forte e piacevole.
«Da questa parte» mi fa strada Anju.
Annuisco e mi preparo a seguirla, ma qualcosa mi ferma.
C’è un cavallo, parcheggiato qui fuori ed ha proprio un’aria familiare.
Che sia…
«Buonasera Malon!» sento salutare Anju, appena entrata. «Oh Link ci sei anche tu!»



--Angolo della scrittrice--
Lo so cosa alcuni di voi potrebbero pensare: «Ma, Zelda_Shooter! L’Allegro Venditore di Maschere, Tingle, Anju e Kafei esistono solo a Termina, non ad Hyrule!»
E chi se ne frega :D
Ho già mischiato tanti elementi di tanti giochi ambientati in epoche e luoghi differenti…e poi adoro troppo i personaggi di Majora’s Mask per non inserirli…abbiate pietà.
Invece, probabilmente per chi non ha giocato questo fantastico gioco (pessima scelta) il capitolo potrà risultare lento e noioso…chiedo perdono, ma ho avuto troppo il bisogno di scriverlo.
E ora un gelato.
-Zelda_Shooter
  
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