Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: The Writer Of The Stars    26/08/2015    2 recensioni
“Come si chiama questa bambina? Voglio dire, bisogna darle un nome …” osserva Hanji argutamente. Levi resta alcuni attimi in silenzio, riflettendo tra sé e ricordandosi di quella volta in cui Petra, con la guancia appoggiata al suo petto e abbracciata a lui, gli aveva confidato che avrebbe tanto desiderato avere una figlia o un figlio un giorno. Sorride malinconico al ricordo di quelle iridi color del miele, pensando che infondo lei se lo merita.
“Petra.” Esclama infine, sorprendendo la donna.
“Si chiama Petra …” sentenzia, prima di lasciare la stanza, sotto gli occhi compassionevoli di Hanji e quelli confusi della piccola Petra.
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A volte è più difficile imparare a vivere che morire ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo, personaggio, Petra, Ral
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ispirata da “You’ll be in my heart” di Phil Collins e dedicata alla mia migliore amica Martina. Grazie Onee Chan, tu sai perché … ;)

Quando una città viene distrutta, le anime rimanenti piombano subito nell’Inferno che nasce da quelle macerie infuocate, da quel grigio che racchiude tutto, cielo e terra in una cupola di fumo e morte dalla potenza atroce. Le città distrutte diventano subito cimitero di vittime innocenti, colpevoli solo di esserci nati lì, si può dire per sbaglio, e quando muoiono, Levi lo sa ormai, hanno tutti il rimpianto negli occhi, che siano blu, verdi, neri o grigi, di non aver potuto vedere il mondo al di fuori delle mura. In tutti quegli anni Levi le ha contate le vittime, quelle che non sono state mangiate perlomeno.

4580. Sono 4580 le paia di occhi colme di rimpianto che ha visto serrarsi. E non lo sa nessuno, ma Levi ha promesso a quelle 4580 persone, che quando e se quell’incubo avrà fine, guarderà lui il mondo per loro, si imprimerà il mare, la terra e il cielo della libertà nelle sue iridi d’oceano tempestoso,  e quando arriverà il suo turno di salire lassù, farà sedere tutte quelle anime in cerchio intorno a lui e racconterà, con gli occhi brillanti di ricordi, quello che c’è fuori dalle mura, solo per loro.

Solo per lei.

È l’ennesima volta perciò che vede l’Inferno di una città distrutta. Quel villaggio tra Wall Rose e Wall Maria sarebbe caduto comunque prima o poi, troppo rischioso trovarsi lì, proprio in mezzo ai Giganti. Era stato solo un errore di tempistica, arrivato comunque troppo presto per strappare la vita della sua gente in quel modo cruento per mezzo delle mani rudi e cruente dei Titani.

Sono tornati tutti alla base, è rimasto solo lì. Di solito, gli piaceva girare per i resti della città alla ricerca delle vittime in compagnia della sua squadra, affiancato da Petra che piangeva sommessamente alla vista di tutte quelle vite spezzate, seguito da Auruo, Gunter e Erd che silenziosi contemplavano quell’Inferno così palpabile.
Ma ora è solo. È la prima spedizione che ha condotto dopo la perdita della sua squadra e ora, camminare tra quelle vie polverose e vuote, gli fa salire in corpo uno strano senso di inquietudine e tristezza che gli blocca l’epiglottide, rendendogli difficile la salivazione e impossibilitando quasi il respiro.

Levi cammina da solo in quella che riconosce come la via dei sogni infranti, perché tra quelle strade i bambini e i giovani avevano sognato migliaia di volte di vedere le ali della libertà portarli fuori dalle mura, lui lo sa. Lo sa, perché anni prima era stato anche lui uno di loro, solo nel Distretto Sotterraneo, che cercava di vedere il cielo, quello vero però. Ha il respiro pesante e gli occhi colmi di polvere, percepisce la morte che alleggia ancora lì intorno sfiorargli le membra calde dallo scontro, la gola pizzica arrochita dalle grida. Il silenzio lo avvolge in quel paesaggio di distruzione e desolazione, scandito solo dal ritmico incedere dei suoi passi sul terreno polveroso.

È solo.

“Come stop your crying, it will be all right,
just take my hand, hold it tight
I will protect you from alla around you
I will be here, don’t you cry …”

D’un tratto si blocca. Il suo udito fine ha percepito qualcosa che ha attirato la sua attenzione, e concentrandosi maggiormente, riconosce con un colpo al cuore un lamento, sembra un pianto. Levi resta immobile per attimi interminabili, ascoltando il flebile eco di quelle grida. Rabbrividisce poi.

È il pianto di un bambino.

Con lentezza riprende il suo cammino, seguendo la via indicata da quelle urla disperate, che si fanno così mano a mano più intense. Il pianto lo conduce davanti ad edifici ormai inesistenti, case crollate per metà, polvere e detriti sempre più fitti, fino a quando si blocca dinanzi ad un cumulo di macerie. Rocce e frammenti di legno distrutto sommergono il pianto che lo ha attirato, rendendolo ovattato alle sue orecchie. Levi si avvicina celere, inginocchiandosi e fregandosene della polvere e della sporcizia comincia a scavare con le mani, gettando via i detriti con ansia crescente. Là sotto c’è una vita, l’unica rimasta in quell’Inferno, e deve salvarla. Levi getta via tutti i detriti che sommergono la creatura piangente ed è solo quando il pianto si libera pienamente nell’aria che capisce di essere arrivato in fondo alla ricerca.

Le mani callose e impregnate di calce si bloccano a mezz’aria. La bocca sottile si apre leggermente e gli occhi, sempre inespressivi, si spalancano impercettibilmente. Levi ha il respiro mozzato. Dinanzi a lui, sporca di polvere e resti di cemento, vi è la creatura più piccola e bella che abbia mai visto.

Ha gli occhi verdi, ma sono enormi, annacquati di lacrime. La piccola testolina è colma di folti capelli di un rosso intenso, di cui tutti i ciuffi più lunghi sono arricciati in una spirale morbida e dolce. Ha la boccuccia rosea, piccola e adorabile e il nasino minuscolo spicca leggermente tra il resto del viso, contornato da piccole lentiggini appena accennate sulle gote, dove lacrime disperate scorrono senza sosta.

Levi la guarda, pensando tra sé, che quella è senza dubbio la bambina più bella e adorabile che abbia mai visto. La piccola intanto sembra non essersi accorta di lui, fino a quando però, gli occhioni verdi si bloccano sulla figura dell’uomo inginocchiato dinanzi a lei, e le iridi verdi si fondono in quelle grigio azzurre di Levi. Il soldato più forte dell’umanità sente il proprio cuore saltare un battito mentre la piccola, persa in quegli occhi misteriosi, arresta improvvisamente il suo pianto. Lo fissa con gli occhi spalancati ancora pieni di lacrime non versate e poi, dopo attimi di silenzio, la piccola inizia a gorgogliare felice, curvando le labbra in un adorabile sorriso che sconvolge Levi per la sua dolcezza. La bambina scalcia felice, liberando una risata cristallina che cozza terribilmente con lo scenario apocalittico che li circonda, e mentre tende le braccine minuscole verso di lui, Levi capisce che deve prendere quella bambina e portarla con sé, perché lei che può deve vivere. Impacciato la afferra con delicatezza, temendo di farle male e alzandola un poco verso l’alto la scruta in silenzio, sentendo qualcosa agitarsi in lui. E accompagnato dalla colonna sonora di quella risata dolcissima, sente dentro di sé la consapevolezza che quella bambina sarà importante per lui.

Troppo importante.

“For one so small, you seem so strong
My arms will hold you keep you safe and warm
This bond between us can’t be broken
I will be  here, don’t you cry …”


Hanji alza la bambina che tiene tra le braccia, scrutandola con occhio clinico.

“Mhh, e così questa bambina è l’unica sopravvissuta in quel villaggio …” osserva più tra sé e sé che al suo interlocutore. Levi la osserva dallo stipite a cui era appoggiato, le braccia conserte e l’espressione impassibile come sempre, annuendo col capo.

“Sì, l’ho trovata sepolta tra le macerie. Quanto ha secondo te?” chiede con freddezza. Hanji scruta meglio la piccola, palpando le gambine della bimba per testarne l’ossatura.

“Uhm, direi all’incirca otto mesi … ha un’ossatura abbastanza sviluppata, vicina a compiere un anno.” Sentenzia con serietà, osservando la piccola dal retro delle lenti degli occhiali. Levi resta immobile, incassando la notizia. Poco più che neonata, senza età e senza nome. La bambina intanto, sentendosi osservata dalla donna, ridacchia un poco, sgambettando gaia tra le braccia di Hanji. Quest’ultima, dapprima sorpresa da tale reazione, sorride gioiosa, osservando la piccola con occhi luccicanti.

“Oh, ma sei adorabile, piccolina!” esclama emozionata, alzandola verso l’alto. Levi le osserva impassibile, chiedendosi se quella donna non avrebbe fatto
impazzire la povera bambina.

“Per essere così piccola sembra incredibilmente forte …” continua tra sé, scrutandola sorpresa.

“Levi.” Si sente poi richiamare con serietà. Punta i suoi occhi su di Hanji, scoprendola osservarlo serio.

“Che hai intenzione di fare con lei?” chiede, additando la bimba tra le sue braccia. Levi serra le labbra, riflettendo tra sé. Tenerla è un’idea assurda, come si poteva crescere una bambina lì? Lui sarebbe potuto morire da un momento all’altro, lasciandola sola, senza nessuno a cui appigliarsi.

Come era successo a lui con Petra …

È proprio il pensiero fulmineo di Petra che lo riscuote. Che cosa avrebbe fatto lei al suo posto? Se la immagina immediatamente stringere quella bambina tra le sue braccia, decisa a crescerla e a proteggerla a costo della sua vita, pur di poter mostrare lei cosa c’era fuori dalle mura, un giorno. Dopo la sua morte, Levi era tornato a combattere senza scopo alcuno, come un automa a cui sono state ricaricate le pile. Petra era stato il suo motivo in più per combattere, la voglia di vedere il mondo insieme a lei che lo spingeva a credere ancora nella vita.

Eppure ora lei non c’era più.

In quelle settimane successive alla perdita della sua squadra, Levi ha capito di non aver vissuto ma solo sopravvissuto per tutta la durata di quei giorni. Ma guardando la piccola ridere gioiosa e sgambettare tra se braccia di Hanji, si rende conto che forse, quella bambina poteva essere il suo perché, il motivo che lo avrebbe spinto a vivere e non a tirare avanti, ciò che gli avrebbe fatto capire che la vita valeva ancora la pena d’essere vissuta.

Poteva essere la sua Petra …

Levi alza lo sguardo, puntandolo sulla bambina che ride allegra. Sposta poi le sue iridi su di Hanji, che nel mentre continua a fissarlo in attesa di una risposta.

“La terremo qui con noi.” sentenzia con durezza dopo lunghi minuti di silenzio. Hanji sorride radiosa, stringendo a sé la piccola.

“Sì! Hai sentito piccola? Resti qui con noi!” esclama, rivolgendosi alla bambina che nel mentre sorride gioiosa, come se avesse davvero capito cosa stesse accadendo. Levi accenna un lievissimo sorriso che non viene notato dalla donna, voltandosi poi di scatto e avvicinandosi all’uscita dell’infermieria .

“Levi!” lo richiama nuovamente la donna.

“Che c’è?” chiede annoiato, senza voltarsi.

“Come si chiama questa bambina? Voglio dire, bisogna darle un nome …” osserva Hanji argutamente. Levi resta alcuni attimi in silenzio, riflettendo tra sé e ricordandosi di quella volta in cui Petra, con la guancia appoggiata al suo petto e abbracciata a lui, gli aveva confidato che avrebbe tanto desiderato avere una figlia o un figlio un giorno. Sorride malinconico al ricordo di quelle iridi color del miele, pensando che infondo lei se lo merita.

“Petra.” Esclama infine, sorprendendo la donna.

“Si chiama Petra …” sentenzia, prima di lasciare la stanza, sotto gli occhi compassionevoli di Hanji e quelli confusi della piccola Petra.

 
“ ‘Cause you’ll be in my heart
Yes you’ll be in my heart
From this day on, now and forever more
You’ll be in my heart,
no matter what they say
you’ll be here in heart
Always …”

La piccola Petra osserva incuriosita Levi, cercando di capire cosa stia facendo. Se ne sta col capo chino su delle carte, seduto alla sua scrivania in legno scuro che più volte in quei giorni ha cercato di scalare nella sua curiosità di bambina. Sono passati diversi mesi ormai da quando Levi ha preso quella piccola sopravvissuta sotto la sua supervisione e non passa giorno in cui Petra non conquisti i sorrisi o le coccole dei membri della squadra di ricognizione. Di tutti, eccetto di Levi. O meglio, non in pubblico. Da quando l’ha trovata , Levi ha sentito dentro di sé la consapevolezza che quella bambina fosse sua. Sebbene durante il giorno venga affidata alla cure delle infermiere, poiché lui è impegnato nelle missioni, ogni sera Levi porta Petra nella sua stanza, tenendola con sé. Non fanno nulla in realtà, lui legge i rapporti che deve compilare e lei giocherella seduta sul letto dell’uomo, osservandolo curiosa con i suoi occhioni color smeraldo, ma a Levi basta sentirla al suo fianco per percepire la pace invadergli l’animo. Poi, quando sentono entrambi la stanchezza incombere, Levi prende la piccola e la corica vicino a lui nel suo letto, coprendola bene perché non prenda freddo e osservandola per ore, chiedendosi se tutto ciò che sta facendo sia giusto o se sia solo un egoistico desiderio di rivalsa. Non trova mai la risposta e quando si sveglia ogni mattina e apre gli occhi, trovandosi la piccola ancora dormiente davanti, non può fare a meno di sorridere intenerito, rimandando quei pensieri alla notte successiva. Va così ogni notte.

Petra osserva Levi dal centro del grande letto, decidendo infine di volerlo raggiungere. Strisciando e scivolando giù per il letto, trascinando con sé le lenzuola candide e appena stirate, Petra raggiunge il pavimento, schiantandosi però su di esso e cadendo di sedere in un eco che risuona prepotentemente per le pareti della stanza. Incuriosito da quel rumore, Levi si volta verso il letto, scoprendo la piccola ai piedi di esso, seduta in terra e con gli occhioni rivolti verso di lui. Sorride piano, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi alla piccola.

“Petra, cosa vorresti fare?” chiede serio alla bambina, accucciandosi alla sua altezza. Petra borbotta qualche parola incomprensibile, puntando poi le mani in terra e cercando di tirarsi in piedi in un’impresa erculea per una bambina di nemmeno un anno. Impresa che sembrava partita bene ma che è destinata a fallire quando, incapace di reggersi da sola, Petra ricade all’indietro, sbattendo nuovamente il sedere per terra. Levi sorride piano, capendo le intenzioni della piccola.

“Ah, vuoi camminare? Dai, vieni qui.”  Sussurra, afferrando le manine minuscole e paffute di Petra tra le sue. Con delicatezza la aiuta ad alzarsi in piedi e sorreggendola, la aiuta a muovere i suoi primi passi osservandola dall’alto e pronto a riprenderla in qualsiasi momento. Ridendo gioiosa per la nuova esperienza, Petra si lascia andare all’entusiasmo del momento staccandosi dalle mani dell’uomo e muovendo un paio di passi incerti da sola, per poi finire rovinosamente in terra, col volto rivolto al pavimento. Delusa sente le lacrime pizzicarle gli occhioni ma prima che cominci a piangere, due braccia forti la afferrano, sollevandola dal terreno.

“Attenta, Petra, devi aspettare, non puoi imparare subito!”la rimprovera bonariamente Levi, abbracciandola e guardandola in volto. La piccola sembra capire le sue parole, poiché annuisce seria, prima di lasciarsi andare ad un enorme sbadiglio. Levi la osserva serio, l’espressione impassibile.

“Hai sonno, vero?” Petra sembra annuire, passandosi una manina sugli occhioni carichi di sonno. Con delicatezza, Levi la distende allora sul letto, coprendola per bene e accorgendosi che, in quel breve lasso di tempo, lei si è già addormentata. Stanco e provato dalla lunga giornata, decide che anche per lui è arrivato il momento di andare a dormire e spegnendo la luce si corica al fianco della piccola, osservandola  illuminata solo dalla luce della luna, pensieroso. Sa che quella bambina non merita di vivere lì, segregata tra quelle mura di morte. Lei merita di vedere il mondo, così come lui, che immagina tra sé come sia fatto il mare di cui ha sentito parlare vagamente. Con mano leggermente tremante accarezza il volto della piccola, scostandole i capelli rossi e ribelli dalla fronte, ingoiando un grosso groppo di saliva.

“Ti prometto che ti porterò fuori di qui e che vedremo il mondo … insieme …” sussurra, prima di depositarle un bacio sulla fronte e chiudere gli occhi, sapendo che dovrà tenere fede a quella promessa.
“Why can’t they under stand the way we feel?
They just don’t trust what they can’t explain
I know we’re different but, deep inside us
We’re not that different at all …”


“Mi hai fatto chiamare?” Erwin alza lo sguardo su Levi, appena entrato nel suo ufficio. Lo osserva annuendo, appoggiando la schiena contro lo schienale della poltrona dinanzi alla sua scrivania.

“Sì, vieni pure.”esclama pacato. Levi si avvicina, restando però in piedi, lanciando un’occhiata diffidente alla sedia dinanzi alla scrivania.

“Di cosa volevi parlarmi?” chiede a bruciapelo, conscio che Erwin sta per dirgli qualcosa di importante. Erwin sospira pesantemente, abbassando lo sguardo e chiudendo per un attimo gli occhi.

“Senti, Levi, io non so come dirtelo ma non voglio girarci intorno; si tratta di Petra.” Levi ascolta le sue parole, percependo una lieve irritazione crescere in lui.

“Che cosa ha fatto?” chiede, conscio che forse quella piccola peste di ormai due anni e mezzo possa aver combinato qualche disastro Erwin scuote la testa, sorridendo amaro.

“Non ha fatto nulla, tranquillo. Il fatto è che credo che non debba più stare qui.” Esclama duro. Levi sente il cuore arrestarsi per un secondo ma la sua espressione resta stoica.

“Che vorresti dire?” chiede pacatamente.

“Voglio dire che è una bambina e una bambina non può vivere qui! Dio, Levi, sai anche te qual è la situazione che ci circonda!” esclama leggermente irritato, squadrando da capo a piedi l’uomo dinanzi a lui. Levi resta immobile,le braccia incrociate al petto.

“E quindi sentiamo, cosa vorresti fare?” chiede con un duro sarcasmo che Erwin finge di non percepire.

“Ci sono diversi orfanotrofi creati apposta per i bambini come lei, potremmo portarla là! È senz’altro un posto più adatto per una bambina di tre anni!” spiega con enfasi, sperando che Levi capisca. Il capitano distoglie leggermente lo sguardo, puntandolo su una delle pareti dell’ufficio di Erwin.

“Ne ha due e mezzo.” Lo corregge serio, suscitando un sospiro da parte dell’altro.

“Senti, non ha importanza quanti anni abbia, il punto è che …”

“No.” Lo interrompe subito deciso. Erwin sgrana gli occhi.

“Cosa?”

“Ho detto no. Petra non va da nessuna parte. Resta con me.” proclama serio, l’espressione dura. Erwin stringe i pugni, scuotendo la testa dinanzi alla testardaggine del capitano.

“Levi, senti …”

“Non mi porterete via l’unica cosa che ho, chiaro?!” lo interrompe nuovamente, alzando la voce e voltandosi, uscendo dall’ufficio dell’uomo.

“Levi …” lo richiama Erwin stancamente. Ma lo sbattere della porta ha zittito le sue parole, mentre Levi, infuriato, si chiedeva perché nessuno riuscisse a capire cosa provasse per quella bambina, che ormai lo aveva ammesso, era diventata sua figlia.
“Don’t listen to them
Cause what to they know
We need each other to have, to hold
They’ll see in time, I know
When destiny calls you, you must be strong
I may no be with you
But you got to hold on
They’ll see in time, I know
We’ll show them togheter …”

Non appena sbatte la porta dell’ufficio di Erwin, i suoi occhi si spalancano sorpresi a ciò che gli si palesa dinanzi; Petra se ne sta seduta lì affianco, la schiena contro il muro e le gambine strette al petto, il volto poggiato sulle ginocchia. Accorgendosi che sta singhiozzando, Levi si abbassa alla sua altezza, prendendole il volto tra le mani e alzandolo in modo da poterla guardare in viso.

“Petra! Hey, ma che ti prende?” le chiede, cercando di nascondere la preoccupazione. Petra serra gli occhi, scuotendo il capo con veemenza e gettandosi tra le braccia dell’uomo, affondando il viso sul suo petto, sotto gli occhi attoniti di Levi.

“I – io no voglio andare via, voglio stare con te!” balbetta incerta tra i singhiozzi, piangendo sempre più forte e Levi capisce che lei in verità era sempre stata lì fuori e aveva sentito tutto ciò che Erwin aveva detto. Le carezza piano la testa, nel tentativo di calmarla.

“Hey hey hey, piccola, chi te lo ha detto che vai via?” chiede sicuro di sé, deciso più che mai a restare al suo fianco. Petra alza un poco la testa, indicando l’ufficio alle sue spalle.

“L – lui … quello con le sopracciglia strane …” esclama additando la porta dietro di lei. Levi non può fare a meno di sorridere leggermente alla descrizione di Erwin fatta dalla piccola, per poi tornare serio e puntare i suoi occhi grigi in quelli verdi e colmi di lacrime della piccola.

“Petra stammi a sentire; non devi ascoltare ciò che dicono gli altri, perché loro non sanno niente, capito? Tu hai bisogno di me, e io ho bisogno di te.” Sussurra deciso, confessando per la prima volta i propri sentimenti a quella bambina che ha imparato a chiamarlo papà. la piccola annuisce piano, tirando su col naso.

“Quando il destino ti chiamerà, tu dovrai essere forte, perché io potrei non essere lì con te, ma tu dovrai comunque andare avanti. E loro, tutti quanti, vedranno ciò che siamo davvero, capito? Glielo mostreremo insieme, va bene?” chiede, sorridendo leggermente dinanzi al volto deciso di Petra e pensando, che mai come allora, il desiderio di mettere fine a quell’incubo e di uccidere tutti i Titani era stato così forte.

 
“Cause you’ll be in my heart
Believe me, you’ll be in my heart
I’ll be there from this day on, now and forever more
You’ll be in my heart
You’ll be  here in my heart
No matter what they say
I’ll be with you
You’ll be in my heart …”


Suo padre le aveva sempre detto, in quegli anni, che lui il mare non lo aveva mai visto, ma aveva sentito dire che fosse grande, quasi come il cielo, e che fosse fatto d’acqua, litri e litri d’acqua, come un’enorme vasca da bagno. Se lo era sempre immaginato così allora, un po’ a modo suo, ma non avrebbe mai pensato potesse essere davvero così. Petra osserva l’acqua profonda muoversi seguendo un ritmo tutto suo, che ancora non sa si chiamano onde, e che produce un suono meraviglioso e in grado di rilassarla incredibilmente. Osserva il mare a bocca aperta, realizzando che questo mare ha lo stesso colore degli occhi del suo papà, solo un po’ più chiaro, e che quel meraviglioso spettacolo d’onde, suoni e conchiglie è bello come gli occhi di suo padre, che l’hanno conquistata dal primo momento in cui si sono incontrati, annebbiati dalle macerie della città distrutta. Petra alza la testa dalla sua altezza di bambina di cinque anni, puntando gli occhi su suo padre e scoprendolo nella sua stessa identica situazione, con gli occhi leggermente spalancati e la bocca semi aperta, divorato dallo stupore. Il vento leggero scompiglia piano i loro capelli e Petra non lo sa, ma in quella brezza, Levi percepisce le carezze dolci della donna che portava il suo stesso nome prima di lei. La bambina tira l’uomo per i pantaloni, costringendolo a guardarla e ad abbassarsi alla sua altezza.

“Che c’è, Petra …” ma non riesce a terminare la frase, che la piccola si è gettata tra le sue braccia, stringendolo in un abbraccio dolce ma al tempo stesso meraviglioso. Levi spalanca gli occhi confuso, non capendo cosa stia accadendo.

“P – Petra, perché stai stritolando il mio corpo?” chiede spaesato da quel gesto. Petra ride gioiosa, lacrime di gioia minacciano i suoi occhioni verdi. Si stringe ancora di più a lui, respirando il suo profumo di caffè misto a quello salato del mare che li avvolge, prima di schiudere le proprie labbra.


“Si chiama abbraccio, Papà …”
“Just look over your shoulder
Just look over your shoulder
I’ll  be there
Always …”
 
   
 
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