Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |      
Autore: Blue Eich    26/08/2015    12 recensioni
Man mano che i giorni passavano, Silver si ritrovò ad attendere con una smania sempre più crescente che l'orologio al suo polso segnasse le quattro. E aveva sempre paura che lui si dimenticasse, che non venisse. Ma lui c'era sempre.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Silver, Yellow
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Jointly

 

Silver era rimasto perplesso quando quel bambino con il cappello di paglia gli si era avvicinato. “Vuoi giocare con me?” gli aveva chiesto, con un tono così persuasivo che per chiunque sarebbe stato impossibile dire di no. Era un po' sporco sul volto, ma il suo sorriso affabile risplendeva come un raggio di sole. Era stato proprio quel sorriso a stregare Silver, a farlo alzare quasi meccanicamente.

Il ragazzino, che portava un pallone un po' scucito sotto l'ascella, si posizionò distante di alcuni metri. Corse verso di lui con una tempestività e una determinazione tali da lasciarlo immobile, mentre la palla gli passava vicino.

«Dovevi pararlo» protestò il bambino, imbronciandosi, ma era una smorfia dispiaciuta, non scocciata. «Non sei capace? Dai, ti insegno io!» Lo aveva preso delicatamente per mano e, ancora una volta, Silver era rimasto spiazzato. Perché era così gentile con lui? Perché non lo evitava, lasciandolo solo e parlando alle sue spalle, come facevano tutti gli altri?

Anche se Silver provava goffamente a muoversi, la palla sfuggiva sempre alla sua portata. Ma Yellow – così il ragazzino aveva detto di chiamarsi, allegro, mentre si chinava un'ennesima volta per riprendere il pallone – non si arrabbiava. Non perdeva la pazienza né andava via, come avevano fatto tutti gli altri che in passato avevano provato a giocare con lui. Anzi, Yellow lo incoraggiava, con quel suo bel sorriso, invitandolo a riprovare.

E dal cuore di Silver, rimasto arido e spaurito per lungo tempo, stava iniziando a scaturire un piacevole calore; si sentiva vivo, sentiva lo scorrere del tempo, come se prima di allora fosse stato rinchiuso in una bolla lontana dal mondo, che a lui pareva veloce come una giostra.

I tiri di Silver erano sempre impacciati, come se avesse paura di metterci troppa forza o la forza gli mancasse proprio. Yellow, al contrario, non aveva smesso di sorridere per un solo istante, e i suoi colpi avevano un che di ritmico, vivace.

Si fermarono soltanto quando la luce intensa del tramonto illuminò tutto il parco. Seduti vicini, con Silver che teneva lo sguardo inchiodato al terreno per l'imbarazzo. Non si era mai trovato tanto vicino ad una persona.

«Ti va di rifarlo, domani?» chiese Yellow, con il fiato corto, dando per scontato che il rosso capisse a cosa stava alludendo.

Silver cercò di farsi coraggio. Il cuore gli batteva forte, forte come non aveva mai battuto prima. Deglutì. Doveva rispondere, ma la sua voce era bloccata in gola. Alla fine, stringendo i pugni e serrando forte le labbra, annuì.

Yellow si perse a fissarlo per qualche istante, poi i suoi occhi s'illuminarono di un barlume di gioia così evidente da sorprendere Silver: non aveva mai visto una persona diventare felice per merito di qualcosa che aveva detto.

«Allora ci vediamo domani!» esclamò il biondo, alzandosi. Prese di nuovo il pallone bianconero sottobraccio e corse via, con la luce del tramonto a fargli da sfondo, mentre diventava nient'altro che un puntino all'orizzonte e la sua ombra s'ingrandiva.

 

Spuntava sempre all'improvviso, Yellow. Silver era lì, con le ginocchia rannicchiate, a disegnar scarne figure sulla sabbia con un bastoncino, e d'un tratto se lo trovava davanti. Ogni volta il suo cuore faceva un tuffo dallo spavento, ma si scaldava all'istante non appena lui gli prendeva la mano per condurlo al suo posto.

L'appuntamento era sempre lo stesso: al parco, alle quattro in punto. Man mano che i giorni passavano, Silver si ritrovò ad attendere con una smania sempre più crescente che l'orologio al suo polso segnasse le quattro. E aveva sempre paura che lui si dimenticasse, che non venisse. Ma lui c'era sempre. Il ghiaccio che gli aveva inaridito il cuore si stava sciogliendo sempre di più da quando aveva iniziato a giocare con Yellow. Riusciva di nuovo a sorridere, sorrisi piccoli, per ricambiare quelli umili di lui. Non osava ancora definirlo un amico, perché si aspettava che gli voltasse le spalle da un momento all'altro: era tutto troppo felice per durare. Si aspettava che sparisse dalla sua vita, veloce come vi era entrato, per poi diventare soltanto un malinconico ricordo. Si aspettava di vederlo cambiare repentinamente carattere ed andarsene per sempre. Si aspettava tutto, tanto che si era trovato a stilare addirittura una lista, delle cose negative che sarebbero potute succedere per troncare quell'amicizia che, come un papavero, era spuntata timidamente e puntava con determinazione sempre più in alto. Quando lo vedeva, però, tutte quelle paure si dissipavano, come non fossero mai esistite.

 

Quel giorno sembrava uguale a tutti gli altri. Anzi, una cosa diversa dal solito c'era, e l'essere paranoico di Silver aveva colto tale piccolo dettaglio: Yellow continuava a tenersi una mano vicino alla testa, per riabbassarsi il cappello ogni qualvolta sentiva alzarsi di più l'aria, perché era particolarmente ventoso, quel pomeriggio d'autunno. Certo, lo faceva anche normalmente, ma non così spesso e con così tanta accortezza, quasi avesse paura, quasi avesse un segreto. Lo intristiva la possibilità che lui avesse un segreto di cui lo teneva all'oscuro, perché lui parlava sempre, sempre, le parole fluivano allegre fuori dalla sua bocca, veloci come i proiettili di una mitragliatrice e limpide come il canto di un fringuello. Parlava, e lui lo ascoltava, ma perdeva quasi subito il filo del discorso da quanto andava spedito. Non si stancava mai di rilanciare il pallone, né dava il minimo cenno di annoiarsi… Era incredibile.

Silver, dopo essersi fatto un po' di coraggio, interruppe la sua frettolosa parlantina durante il quale stava raccontando per filo e per segno ogni singola cosa che aveva fatto quella mattina a scuola. «Yellow.»

Lui lasciò completamente perdere ciò che stava dicendo. Silver non parlava mai, a meno che non fosse inevitabile, perciò non si era ancora abituato al suono flebile e soffiato della sua voce. «Sì?» chiese, banalmente, sollevando gli occhi per guardarlo.

Silver attese un po' prima di rispondere, perché non era sicuro di ciò che voleva dire, neanche un po', ma ormai aveva parlato ed era troppo tardi per farsi prendere dal panico e borbottare uno strascicato “niente”, come avrebbe fatto fino a poche settimane prima di conoscerlo. «Perché non ti togli mai il cappello?»

Yellow, che si stava preparando ad un ennesimo tiro, rimase con il piede fermo a mezz'aria. Avrebbe dovuto aspettarselo. Lui aveva l'aria di essere sveglio, più sveglio degli altri, come se a quelle sue iridi argentee, scattanti come quelle di un gatto, non potesse sfuggire nulla. Storse la bocca in una smorfia e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

Era una visione quasi surreale: per la prima volta da quando Silver lo conosceva, Yellow non stava parlando. Il buonumore e la freschezza che portava con sé erano svaniti nel nulla.

Il vento, approfittando forse di quel suo momento di fragilità, tornò alla carica, rapido e furtivo, trascinando con sé il cappello paglierino. Una cascata di capelli biondissimi andò a ricadere liscia sulle esili spalle di Yellow. Rimase paralizzata, senza osare muoversi di un millimetro, e stavolta era lei ad avere paura, una paura folle che le stringeva il cuore in una morsa.

Il cappello, con estrema delicatezza, ricadde sul terreno, e fu proprio quel fruscio quasi impercettibile a riscuotere Silver. Capelli lunghi. Rossore sulle guance. Gentilezza, timidezza. Certo, tornava tutto. «Sei… Una femmina?»

Yellow annuì e deglutì, prima di sussurrare: «Non dirlo a nessuno, ti prego.» Stavolta era lei a non riuscire a guardarlo in faccia, per la vergogna, la vergogna di avergli detto un'amara e sciocca bugia soltanto per timore di non essere accettata. Si aspettava un aspro “Io non gioco a calcio con le femmine”, come avevano sempre fatto tutti, chissà poi per quale motivo.

Silver, invece, le si avvicinò. Non sembrava affatto arrabbiato. All'inizio, lo ammetteva, si era sentito crollare il mondo addosso, ma solo perché nella sua lista di ipotesi c'era davvero di tutto, tranne quello. «Perché li nascondi?» chiese, allungando velocemente la mano per sfiorare una sua ciocca bionda e lucente, che gli riportava subito alla mente un ampio campo di grano. «A me piacciono i tuoi capelli.»

Yellow rimase senza parole. Nessuno le aveva mai fatto un complimento, benché meno sui suoi capelli, che tante volte si era trovata ad odiare guardandosi allo specchio, ma anche quando era sul punto di tagliarli, alla fine le mancava sempre il coraggio e posava le forbici. Adesso, quello che aveva sempre considerato il suo più grande difetto, qualcuno l'aveva definito un pregio. Era così contenta che le erano venute le lacrime agli occhi. «Grazie, Silver…»

 



 

Angolo Autrice
Hola! Se ho prodotto questa shot il merito è di Cheche e della mia mania di scaricare troppe sigle dei cartoni animati sul cellulare, in questo caso Holly e Benji.
Non sarà granché, ma a me è piaciuto scriverla :3
Alla prossima!
-H.H.-

 
   
 
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Blue Eich