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Autore: Ligan    26/08/2015    0 recensioni
"Credo che mi scuserò parecchie volte durante questa... questa cosa. E... sì, mi scuso anche di questo. Non so bene come raccontarmi, in effetti. Non sono mai stato amante della scrittura. “Uno spreco di tempo”, ecco cosa mi ha sempre detto la testa a riguardo. Eppure sento che... che devo. Devo. Ora o mai più. Devo dire a qualcuno di me... prima di dimenticarmene io stesso. Sempre che non sia troppo tardi."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gone

 

Sono stato investito.

 

Credo che mi scuserò parecchie volte durante questa... questa cosa. E... sì, mi scuso anche di questo. Non so bene come raccontarmi, in effetti. Non sono mai stato amante della scrittura. “Uno spreco di tempo”, ecco cosa mi ha sempre detto la testa a riguardo. Eppure sento che... che devo. Devo. Ora o mai più. Devo dire a qualcuno di me... prima di dimenticarmene io stesso. Sempre che non sia troppo tardi.

 

Tutto è cominciato quando ero molto piccolo, io credo.

Sentivo i bambini giocare nel parchetto vicino a casa. Potevo vederli... o meglio, avrei potuto vederli se mi fossi affacciato alla finestra del soggiorno. La scuola mi stava dando problemi. Avevo preso un'insufficienza, credo, e ricordo che mi avevano sgridato a lungo per questo. In classe... non ero fra quelli ben voluti. Non ero... non venivo invitato a giocare con gli altri, o chiamato quando c'erano da fare le squadre e cose del genere, diciamo.

Comunque stavo camminando per casa. Stavo camminando e non so a che stessi pensando, ma quando feci per attraversare l'arcata della porta, picchiai il dito più esterno del piede contro lo spigolo dell'anta. Lo so, lo so, è una cosa che capita di frequente, capita a tutti... e infatti è questo che pensai, mentre cercavo di trattenere le lacrime dal dolore. E pensavo: “Avrò calcolato male le distanze” e “Son troppo distratto!”. Forse era vero. Allora, almeno. E cose simili mi capitarono ancora molte volte.

 

Poi successe, quando ero ragazzino, che ero molto teso.

La mia fidanzata di allora (la mia prima fidanzata, in effetti) mi aveva lasciato, in un modo anche parecchio infelice (per la precisione, mi inviò un messaggino con scritto che lei era maturata e cercava qualcos'altro in un ragazzo, e che quindi era meglio finirla lì invece che aspettare il giorno in cui l'avrei inevitabilmente delusa), e io ci stavo veramente, ma veramente male. Continuavo a pensare “È perché non l'ho accompagnata a quella festa?”, “Si vergogna di me, perché i ragazzi delle sue amiche sono più grandi e non mi trova più interessante in confronto?”, “È perché ci tengo al parere che i miei genitori hanno di me e non trasgredisco alle loro regole quando lei vorrebbe che lo facessi?”, come un tornado caotico di dubbi ed emozioni, che mi facevano sentire pesante come mai prima di allora. Ero per strada, per la “mia città”, una città che a soffermarsi a guardarla è molto bella; tanta storia pare essere passata di qui. Svoltai ad un bivio e presi dentro il muro con la spalla, con una tale decisione da farmi fare una piroetta su me stesso e farmi barcollare frastornato. Ricordo perfettamente quel momento. Ricordo di essermi fermato, ricordo la confusione, di aver tastato un po' la spalla e poi aver toccato il muro, quel freddo muro che di certo non si sarebbe spostato di una virgola anche se altri cento idioti come me vi si fossero scontrati. E ricordo lo shock... ricordo di essermi chiesto: “Ma come posso aver picchiato contro un muro in questo modo? Come faccio a non averlo visto? Ma dove ho la testa?”. Tuttavia, come era stato per il piede, pensai che stessi esagerando ad allarmarmi tanto. Infondo... son cose che capitano... no? Troppi pensieri. Troppi pensieri sicuramente. E cose simili continuarono a capitarmi anche in seguito.

 

E infine eccoci qui, ad oggi. O meglio, a qualche giorno fa, giacché il fatto è già accaduto.

Son quello che la società definisce “un giovane adulto”, ora. Quella ragazza là, che mi mollò quando ero ragazzino, l'ho vista, di recente. E ammetto che è stato strano porgerle la schiuma da barba perché lei passasse il codice a barre e proseguisse così con il resto degli articoli della mia spesa. Di certo quel giorno, il giorno in cui mi inviò quel messaggio, non avrebbe mai potuto immaginare che anni e anni dopo mi avrebbe detto il totale della mia spesa e porto lo scontrino, pallida dalla vergogna. Ho come l'impressione che la fortuna non abbia giocato a suo favore, perché a turno finito ho la certezza che nessun bell'uomo d'affari la sia venuta a prendere su una Jaguar fiammante (e in caso qualcuno potesse domandarsi come lo so... ho controllato). Questo fatto, invece che farmi sentire meglio o ripagato di un torto subito, mi ha catapultato nel più totale sconforto. I suoi occhi... erano così tristi... e delusi. È come se, giovane come ancora è, si fosse già rassegnata a passare il resto della sua vita lì, dietro a quella cassa. Ho pensato ai sogni che mi raccontava, così immensi e ambiziosi... ora svaniti... come se non fossero esistiti affatto. Ho pensato alla sua vitalità, contagiosa e travolgente, e a come essa si fosse totalmente estinta in lei. E ho pensato a me e all'ultima volta che l'avevo fatto. Oh, non pensare a me! Chiedo scusa, l'ho detto che io e questa cosa della scrittura non siamo esattamente in sintonia... Intendevo il sognare, ecco. Ho cercato di ricordare... “Qual è stato il mio ultimo sogno, il mio ultimo desiderio?”. Ed è stato come... come allungare la mano nella nebbia, sapendo che c'è effettivamente qualcosa al di là, ma... senza mai raggiungerla... senza mai sentirla. Ho iniziato a chiedermi allora dell'ultima volta che avevo fatto un progetto per me, poi dell'ultima in cui avevo programmato qualcosa per un'uscita, o avevo realizzato qualcosa, qualcosa di tangibile, qualcosa che... che poteva testimoniare la mia presenza. E ho iniziato a piangere. Prima piano, poi sempre più forte, e poi senza controllo. Ho smesso solo quando mi sono girato, mi son ritrovato in mezzo alla strada, e l'auto mi è arrivata addosso e ogni cosa è sparita.

C'è una nota buffa, in un certo senso: stavo camminando in mezzo la strada da chissà quanto. E lo sto rifacendo, chiedo nuovamente scusa... Volevo dire che, stando a quanto mi han detto, non sono mai andato alla mia macchina a lasciare la spesa. Veramente, ad essere più esatti, credo di aver lasciato tutti i sacchetti nel parcheggio, da qualche parte, e ho proseguito a piedi, in mezzo alla strada. Devo aver camminato per parecchio, visto dove dicono che quell'auto mi ha investito. Eppure non ricordo nulla. Non ricordo di aver abbandonato la spesa, non ricordo di aver camminato, non ricordo il rumore delle auto, dei clacson, la gente che mi chiamava e mi diceva di spostarmi da lì, né dei fari dell'auto che poi mi è arrivata addosso. E ancora più strano... non sento dolore.

Forse questo non avrà il minimo senso per nessuno, ma io... io credo che quell'auto non mi abbia visto, e io non abbia visto lei, per ragioni che non hanno nulla a che vedere con la distrazione. Io credo... in effetti già da tempo ne avevo il sospetto... di star sparendo. Penso di non essere più qui, ormai... ovunque “qui” sia. Così, quando quella donna stava guidando, ascoltando la radio e domandandosi se sarebbe riuscita a prenotare quel viaggio in Grecia che da tempo si era ripromessa di fare, e i fari dell'auto hanno puntato proprio quell'esatta frazione di cemento dove, apparentemente, dovevano esservi i miei piedi, lei solo quello ha visto: cemento. Nessuna sagoma. Magari, appena appena, un'ombra, ma nulla di veramente rilevabile, nulla di... di concreto. Perché io non c'ero. O meglio... c'ero e non c'ero. C'era l'ultima parte fisica della mia persona, e credo ormai che non vi sia più nemmeno quella. È anche il motivo per cui io non ho visto lei e non ricordo nulla. Come faccio a ricordare cose avvenute in un posto dove non sono stato, o dove sono stato solo con una microscopica parte del me? Tutto quello che ricordo erano quegli occhi... una volta così brillanti, e ora vacui, desolati, spenti.

Tutto quello che ricordo è che molto tempo fa ho iniziato a scomparire, e prima che me ne fossi reso conto... ero già andato via.

  
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