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Autore: The Lady of His Heart 23    26/08/2015    0 recensioni
Sasha e i suoi pensieri. Sasha e i suoi sogni. Sasha e il suo mondo.
Sbagliato, complesso e pieno di giocattoli difettosi.
Ma forse è lei stessa uno di quei giocattoli.
E forse lo è anche Alex.
E forse lo sai anche tu.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente mi alzo mezza rimbambita e dato che la sveglia non ha suonato sono costretta a chiedere un passaggio a mio padre. Con un permesso entro alla seconda ora e con trovo un insegnate tutto abbottonato e rigido dietro la cattedra. Inizialmente penso che sia il prof di diritto e invece, con mio grande stupore, è il mio professore di italiano. Un uomo leggermente grassoccio dai capelli e la barba bianca con un completo beige e una cravatta azzurrina. Porta degli occhiali e mi fissa senza dire nulla. Mi ricorda il bianconiglio di Alice nel paese della meraviglie. Timidamente mi avvicino alla cattedra e gli do il permesso che mi aveva fatto la bidella al piano di sotto. Inutile dire che fu un incubo. Dovetti pronunciare il mio nome circa otto volte prima che la tipa dietro il bancone imparasse a scriverlo correttamente.
“Sasha” ripete il professore e io annuisco sorridendogli appena
“Come mai questo nome?”
“Piaceva ai miei” rispondo io.
Onestamente non ho idea del motivo per cui i miei abbiano scelto quel nome e, anche se mi piace tanto, mi sembra abbastanza ingiusto che le persone non possano scegliersi da sole il nome da darsi. Siamo liberi di fare quello che vogliamo ma non di avere il nome che vogliamo. Certo si può sempre andare all’anagrafe e farselo cambiare, ma chi si scomoda tanto. Credo che questa sia una delle infinite ingiustizie della vita.
C’è chi ha infatti la fortuna di avere un bel nome, insolito o esotico addirittura, ma c’è molta altra gente che becca nomi orribili e senza senso. Non capisco neanche questa storia che una persona non possa avere un nome straniero insolito nel proprio stato. Oppure che debba avere per forza il nome di un santo se si battezza in chiesa. E’ insolito trovare in Italia qualche ragazza che si chiami Ashley ed è altrettanto insolito andare in altre parti del mondo e trovare nomi Italiani o Tailandesi, almeno che tu non ti trovi in Italia o Tailandia.
Una cosa altrettanto sciocca secondo me è chiamare i figli con i nomi dei nonni. Capisco che si voglia mantenere viva la tradizione, ma alla volte sarebbe meglio evitare. Esattamente come quella strana indecisione cronica che hanno le donne incinte nei nove mesi di gravidanza che le portano a dare tre o quattro nomi al nascituro.
Avete idea della coda che si possa formare alle poste per avere una loro firma completa?
Alle medie un mio compagno di classe aveva cinque nomi e non scherzo era atroce, soprattutto ogni volta che doveva firmare il programma. Si chiamava Carlo Alberto Vittorio Enrico Emanuele e lasciamo stare il cognome, che è un’altra interminabile tragedia. Ogni volta che lo pronunciava tutto rimaneva a corto di saliva. La gente alle volte non si rende proprio conto delle cavolate che fa. Magari lui avrebbe preferito non so avere un nome semplice e veloce come Ugo invece di tutta quella tiritera.
Una cosa molto interessante riguardanti i nomi nel mio paese è la netta divisione che si scava tra Italia nord e Italia sud. Al nord si è un tantino più aperti, mentre al sud si è più attaccati alle tradizioni. In entrambi i casi resta sempre una cosa odiosa non poter scegliere da soli come chiamarsi. Il nome fa parte di noi, ci caratterizza in pratica. Molte volte si finisce per attribuirne uno a un bambino nella speranza che abbia quelle caratteristiche, ma poi si finisce per rendersi conto di aver fatto una cazzata.
E’ come se una persona depressa si chiamasse Felice e una di nome Assunta venisse sempre licenziata.
Altri invece sono proprio orrendi. Per carità adoro il mio nome, ma sono stanca di vedere gente che mi fissa strana pensando che sia di origine cubana ogni volta che gli dico come mi chiamo. Quanto vorrei urlargli contro che il mondo è di tutti è qualcosa di internazionale, certo bisogna salvaguardare le tradizioni del proprio paese per non perderle ma bisogna anche essere aperti alle molteplici sfumature del mondo e della vita. Se potessi rinascere o scegliere il mio nome penso che mi chiamerei Francesca. Mi sembra un bel nome italiano, dato che un nome straniero già lo porto e dato che sono italiana, sceglierei uno italiano, ma per mia libera scelta e non per salvaguardare nessuna strana decisione. Se un domani avrò mai dei figli (cosa che non credo proprio accadrà, perché diciamocela tutta chi mai mi prenderebbe) penso che chiamerò mio figlio Andrea e mia figlia Daiana.
Si con la i, non me ne frega niente se non va ma a me Diana non piace, mi sa di qualcosa che si spezza. Se potranno essere liberi di cambiare il loro nome? Certo, ma con i loro soldi, fino a che vivranno in casa mia e sotto le mie dipendenze avranno quei nomi. Alla fine gli piacerà, in fondo non sono dei brutti nomi. E poi ci si abitueranno e magari applicheranno il loro di nome preferito ai loro figli un futuro. Perché è così che va a finire, ciò che non puoi avere tu, speri lo abbia tuo figlio. E poi la scelta di un nome fa parte di un momento di onnipotenza dei figli, perché privare i genitori di questo loro compito.
La lezione prosegue tranquilla mentre io continuo a farmi le mie pippe mentali sui nomi. Pensandoci, Pippa? Che nome … lasciamo stare. Ogni tanto scrivo qualcosa sul mio quaderno, ma sono per lo più scarabocchi e non appunti. Ad un tratto il prof si mette a fare delle domande sull’argomento che stava spiegando. Ovviamente nessuno risponde o alza la mano e … indovinate un po’ chi è la sua vittima?
Così mi indica e io gli chiedo gentilmente di ripetere la domanda. In sostanza, voleva avere una semplice spiegazione personale da parte mia sulla concezione del concetto di apparenza che caratterizzava parecchi scrittori snob materialisti di quel tempo, e di come tutto ciò si ripeta e influisca la nostra società odierna. Resto qualche minuto il silenzio per riflettere e infine gli dico la mia.
“Be, non trovo niente di così poi sconvolgente. Certo sono passati secoli d’allora, ma la mentalità umana è sempre la stessa”
E a questo punto lui mi fa “In che senso sempre la stessa?”
E allora io gli faccio “Ottusa”e tutti ridono. Tutti tranne il professore ovviamente che invece di rimproverarmi sembra incuriosito da cosa io abbia da dirgli.
“La prego continui”dice incitandomi a procedere con un gesto della mano. Ispiro a fondo. Ma quant’è difficile spiegarsi davanti a una classe che ti fissa come se fossi un dinosauro resuscitato dai ghiacci.
“Be ottusa nel senso meno aperta. E’ come se molta gente si rifiutasse di comprendere che l’apparenza non è tutto. Ma purtroppo i media non fanno altro che ripeterci quanto questo sia un fattore dominante nella nostra società, basti pensare alle modelle … auto condizionano la mentalità delle ragazza convincendole che se non si ha quel fisico non si è belle, quando non c’è niente di più sbagliato. E poi influisce anche il fatto che molti di quegli artisti non pensano davvero con la loro testa ma appoggiavano il movimento in cui vivono perché gli sembra la cosa più giusta in quel momento e così fa molta gente ora, non pensa, ma si aggrega. Così gli anni passeranno ma noi non cambieremo mai davvero, e siamo così morbosamente attaccati al passato da non renderci conto che forse alcuni concetti vanno cambiati per migliorare effettivamente e quindi bisogna distaccarsene.”
“E secondo lei, cosa conta davvero?”mi chiede il prof.
“La speranza”dico io.
“La speranza?”domanda lui scettico.
“Si, la speranza”dico io.
“In che senso la speranza?”mi domanda lui.
“La speranza che le cosa possano cambiare. Che l’uomo decida e capisca soprattutto che pensare in autonomia è la cosa migliore da fare, si risparmierebbero molti errori inutili. Prenda Hitler per esempio, viene ricordato il pazzo folle dello sterminio e unico e solo responsabile, ma secondo me la responsabilità dell’accaduto non è solo sua, ma anche di tutti quei miliardi di soldati nazisti che obbedivano ai suoi ordini pur sapendo che quello che facevano era sbagliato, ma lo facevano ammaliati dalla figura di onnipotenza che Hitler stesso rappresentava.
Finché l’uomo si lascerà ammaliare da falsi e benevoli artisti non sarà in grado di pensare da solo e soprattutto non sarà in grado di cambiare. Siamo così attaccati a queste figure quasi divine dei grandi artisti di un tempo da prendere per oro ogni loro concetto. Non dico che tutti gli artisti di un tempo hanno sbagliato, ma molti di loro sicuramente lo hanno fatto, perché è umano e se ciò è vero allora l’umano sbaglia e lo fa proprio perché non riesce a realizzare se stesso e di conseguenza a riscoprire il proprio io.”
Il professore mi fissa qualche istante e solo dopo mi rendo conto che tutta la classe è voltata verso di me e mi fissa con altrettanto stupore. Alla ricreazione tutti escono di classe urlando come pazzi, ma io resto in classe con il mio panino al prosciutto crudo e formaggio Emmental in mano. Il prof si avvicina al mio tavolo e toglie gli occhiali dal naso per pulirli con il bordo della giacca beige.
“Frequentava per caso qualche corso avanzato nella sua vecchia scuola?”mi chiede e io scuoto la testa facendogli segno di no.
“Dovrebbe.”mi risponde. E io annuisco appena. Davvero la cosa non mi interessa più di tanto.
“Purtroppo non presiedo io quel corso pomeridiano, ma un altro collega, se vuole le do i suoi nominativi”
“Mi piacerebbe, ma devo mettermi in pari con il programma”mento accollando velocemente una scusa. “sarebbe bello se provasse. Non partecipa mai nessuno di questa classe. La sezione B ci batte ogni anno con il suo studente migliore.”dice e io annuisco.
“Mi spiace signore, ma ho il mio programma da studiare”dico io mortificata e al tempo stesso sollevata.
“Come preferisce”dice ed ecco la campanella suonare.
Onestamente non ho pensato molto a quella proposta, ma qualcosa continuava a fischiarmi nelle orecchie e una vocina fastidiosa nella testa continuava a ripetermi che dovevo ripensarci ma, dato che è la stessa vocina che continua a ripetermi che i biscotti spezzettati fanno ingrassare meno di quelli interi, non gli ho dato ascolto.
   
 
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