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Autore: whitemushroom    26/08/2015    5 recensioni
"My friends are my power!"
Una raccolta di flashfic sui numerosi personaggi che viaggiano tra i mondi, amano, giocano, sorridono e sperano. Figure maggiori e minori, importanti o poco degni di nota, ma che anche con poco sono riusciti a rendere magico ed indimenticabile il videogioco che ci ha stregati per la sua purezza e la gioia di credere nell'amicizia. Questa raccolta origina dal contest Storytime organizzata per festeggiare il quinto anniversario del nostro fantastico forum, il xiiiorderforum, che è sempre pronto ad accogliere tutti coloro che si sono smarriti tra luce ed oscurità e cercano amici con cui condividere storie e magia.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Personaggio: Pimpi
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: verde andante sul giallo
Avvertenze: questa storia può essere considerata il seguito della one-shot su Tappo. Ah, in caso, non lo avessi già detto, vorrei carbonizzare il Bosco dei Cento Acri.


Ritorno a casa

Respira piano. Respira piano. Respira piano.
Per quanto di solito i consigli di Uffa funzionino, adesso l’unica cosa a cui riesce a pensare è il battito del suo cuore. Insieme al cigolio.
Quel sinistro cigolio.
Ed anche il tintinnio, quello che viene sempre quando il vento apre la finestra.
Ma la cosa peggiore sono le urla.
Ci devono essere altri prigionieri in quel posto. Strillano in ogni momento, sbattono oggetti e poi ogni tanto qualcosa si rompe: Uffa dice sempre che i fantasmi non esistono, ma quelli lì fuori sono chiaramente dei Fantaspiritelli e se entreranno lì dentro lo legheranno e gli metteranno un sacco di Spinarcermi nelle orecchie. E saranno anche molto arrabbiati, perché i Fantaspiritelli se ne vanno solo quando si dà loro una fetta di torta alle fragole, ed in quel posto non c’è un dolce, nemmeno un biscotto, soltanto una scodella con quella che sembra una minestra di verdure abbandonata lì da qualche giorno.
“Sniff …”
Quanto vorrebbe essere intelligente come l’orsetto Pooh: lui a quest’ora sarebbe già uscito di lì. O anche saltellante come Tigro, lui senza dubbio con un salto si sarebbe almeno liberato. Pimpi prova a fare un saltello, poi un secondo, ma al terzo la gabbietta in cui è stato rinchiuso oscilla in aria e cade sul legno schiacciandosi anche la coda. “Sniff …” sospira di nuovo, asciugandosi l’ennesima lacrima della giornata. Ecco, adesso vorrebbe tanto che Kanga sia accanto a lui, magari con una bella fetta di torta alle fragole per i Fantaspiritelli: tutte le volte che ha paura è sempre andato da Kanga, perché quando lei parla e cucina le ombre vanno tutte via e persino le furiosissime Nottole vanno ad infastidire qualcun altro. Gli sarebbe sempre piaciuto avere una mamma come lei, perché Uffa dice sempre che le mamme hanno dei poteri magici che scacciano via tutti i mostri.
Pimpi non vuole vedere l’uomo cattivo. La sua risata è spaventosa, molto più di quella delle Nottole: dice sempre che deve fare “esperimenti”, “esperimenti”, tantissimi “esperimenti” con lui ed ha lasciato sul tavolo dei coltelli e degli strani oggetti con delle punte che non vuole vedere, non vuole vedere e che di sicuro appariranno non appena la gabbietta oscillerà di nuovo.
Clak.
È arrivato.
Clak.
Quanti giri di chiave occorrono per aprire una porta?
Due, nella sua casetta ce ne vogliono due. Quattro per aprire la cantina di Tappo, ma Tappo chiude sempre tutto a chiave per non far entrare l’orsetto Pooh. Se solo potesse …
Clack.
“A-aiuto …” mormora. Persino la minuscola lampadina appesa al soffitto tremola, poi con un ultimo scintillio scompare. Ecco, deve pensare che è un po’ come giocare a Tigri di Mezzanotte, bisogna nascondersi nel buio e vince l’ultimo che viene trovato … se non fosse che lui odia giocare a Tigri di Mezzanotte, perché è tutto nero e ci sono i passi, il pavimento cigola e Tigro si diverte sempre a fare il verso dei fantasmi per farlo spaventare e trovarlo prima degli altri.
Però sì, deve fingere che sia un gioco dove poi la luce si accende e ricompaiono i suoi amici, deve fingere che sia un gioco dove poi la luce si accende e ricompaiono i suoi amici, deve fingere che sia un gioco dove poi la luce si accende e ricompaiono i suoi amici, deve fingere che sia un …
Clack.
No, non è un gioco!
Si copre gli occhi con le orecchie, ma anche così il cigolio dei cardini lo raggiunge e l’interno della stanza viene illuminato per un istante da una strana luce verde che viene dalla finestra.
Passi.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque.
Sei. Sette.
Il vento apre la finestra con un solo colpo. Pimpi grida e subito dopo si pente di quello che ha fatto perché adesso l’uomo che ghigna verrà da lui e farà tutti quegli “esperimenti”. Uno scroscio lieve, la lampadina rotta viene svitata.
Click clack, l’interruttore si accende.
La luce funziona e lui lo vedrà. Ha gridato, è sempre stato una frana a Tigri di Mezzanotte, dovrebbe essere coraggioso ed aprire gli occhi, ma lui non è coraggioso, non è mai stato coraggioso, non sarà mai coraggioso, cosa ci può fare se …?
“Ciao! Sei tu il piccoletto che è saltato fuori dalla pagina?”
Non è l’uomo cattivo. “Poverino … ti sei preso un bello spavento, vero? Spaventarsi per davvero non è una bella cosa”.
Pimpi scosta leggermente un orecchio, lasciando filtrare uno spiraglio della luce della lampadina sotto la pelle: la voce è carina, anche tanto gentile, ma fuori ci sono ancora i Fantaspiritelli che sghignazzano e non è sicuro che non possano entrare dalla finestra. La persona appena entrata si allontana, poi un rumore proprio accanto a lui gli segnala che la sua gabbietta è stata aperta e qualcosa viene fatto scivolare verso di lui ed è anche qualcosa con un profumino invitante ed il suo minuscolo pancino gli ricorda che è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ha assaggiato anche solo un biscotto. Per essere una fetta di torta … beh, è una fetta di torta. E anche alle fragole, se quelle cose viola e quasi ammuffite fossero fragole. La glassa è tutta nera, però forse i Fantaspiritelli stavolta si accontenteranno e lo lasceranno in pace.
“Hai la faccia di uno che è passato in un mare di guai, eh? Tranquillo, ci penserò io a te”.
Va bene, è il momento di essere coraggiosi.
Uno.
Due.
Tre.

Solleva entrambe le orecchie e si decide a guardare.
In effetti sembra un po’ Kanga, la voce è quasi uguale e forse è per questo che ha deciso di guardare. È una ragazza umana, ed in effetti è anche molto carina: è alta –ma sono tutti più alti di lui, quindi ormai ci è abituato- ed ha degli occhi grandissimi, più grandi persino di quelli di Uffa e che adesso lo osservano mentre con cautela assaggia una briciola di quella torta un po’ strana ma molto profumata.
È buona.
Però la signorina sembra tanto triste. Forse anche lei è prigioniera di quell’uomo orribile, pensa Pimpi, osservandola mentre si avvicina al tavolo ingombro di strumenti e sospira mentre prende in mano la ciotola di minestra ancora intatta. Forse mangia poco, perché è tanto magra ed è pallida come la luna. “S-scusi, signorina …” prende fiato, cercando di trasformare il filo di voce che gli esce dalla bocca in delle parole che lei possa udire. “N-non è che lei ha visto i miei a-amici? Si ch-chiamano Pooh, T-Tigro, T-Tappo, e poi … e poi a-anche la s-signora Kanga e Roo, e poi ci sono Uffa, I-Ih-Oh ed il signor De Castor. E-eravamo andati a casa di T-Tappo per fare merenda, ma poi siamo u-sciti fuori e c’era … e c’era …”
E poi c’era stata quella cosa spaventosa. Avevano sentito un rumore stranissimo e si erano voltati, credendo che provenisse dalla tana di Tappo. Ma la casa del loro amico era sparita.
C’era stato solo buio, un buio nerissimo, un buio ancora più buio della notte più buia. C’era stato di nuovo quel suono simile ad una pagina strappata ed aveva gridato con tutte le forze, ma alla sua sinistra l’orsetto Pooh e Tigro erano spariti. Il buio, era stato il Grande Buio ad esserseli mangiati in un sol boccone. Si era guardato intorno per cercare la strada che portava da Kanga, ma ovunque, a destra e a sinistra, sopra e sotto c’era solo un nero senza alcuna luce. Forse era finito nella pancia di un mostro gigante senza accorgersene e … Pimpi non fa alcuno sforzo per nascondere una lacrima. Anzi, per sicurezza ne fa uscire anche un altro paio, seguite da altre che si trasformano in un pianto dirotto. Forse è un’avventura di quelle che racconta Uffa, ma a lui non piacciono le avventure, le detesta le avventure perché sono piene di brutti mostri e di nemici spaventosi che non hanno e non avranno mai timore di un minuscolo maialino di pezza. La ragazza lo solleva e lo fa uscire dalla gabbia; lo appoggia sul tavolo mentre lui continua ancora a piangere, anche perché quegli strani oggetti con le punte gli fanno ancora più paura adesso che sono vicini e scintillano.
“No, piccolino, mi dispiace … quando il dottore ha usato la sua nuova invenzione su questa pagina ne sei uscito soltanto tu” dice, e gli indica uno strano oggetto che sta proprio sulla scrivania. Non ci aveva fatto tanto caso prima perché c’erano cose molto più spaventose, ma adesso anche quello gli incute un certo timore perché è tutto fatto di metallo, di fili e di strane lampade che adesso sono spente. C’è anche un’enorme … cosa … di vetro, tutta riparata tante volte un po’ come la coda di Ih-Oh: dalla finestra entra una luce che entra e se ne va quanto basta per illuminare di nuovo quell’oggetto sinistro. “Forse i tuoi amici si trovano in altre pagine. Vieni, ti rimetto a posto prima che il dottore se ne accorga. Questo non è un posto per dei tipini come te”.
“P-pagine? Non ca-capisco, io …”
Lei lo solleva di nuovo e lo fa sedere bene proprio sopra la pagina. Prova a dirle qualcosa, ma la ragazza gli fa cenno di rimanere fermo mentre inizia a toccare lo strano oggetto.
Adesso può vedere bene questa famosa pagina: c’è scritto qualcosa –non ha idea di cosa sia, sono tante righe e lui non sa leggere- ma il disegno al di sotto lo conosce. Lo conosce molto bene.
Una sensazione di sollievo lo attraversa mentre osserva i contorni della sua casa disegnati con un pastello marrone; l’erba alta, con i fili tracciati uno ad uno, l’amaca e la porta aperta come se stesse aspettando qualcuno. Fa scivolare la zampa lungo la carta e la sente ruvida, porosa, come una di quelle dei libri del suo amico gufo, ma più calda. C’è un sole disegnato in alto, proprio dietro alle scritte, che sorride come se avesse sconfitto il Grande Buio proprio come gli eroi delle favole.
La ragazza mette in azione l’oggetto, che si accende con una cacofonia di rumori.
Eppure, in quel momento, Pimpi si accorge di non aver paura. Non più di tanta, almeno.
“S-signorina?”
“Sì?” risponde mentre posiziona l’estremità in vetro proprio sopra di lui.
“Q-questo è solo un b-brutto sogno, vero? N-non vedrò più quell’uomo c-cattivo, g-giusto?”
“Tranquillo, puoi anche pensare che sia un sogno. Succede a tante persone di fare un incubo la notte di Halloween, sai?”
Il macchinario lo illumina, e la ragazza gli mette saldamente la pagina tra le mani. “Non preoccuparti, ho in mente il nascondiglio giusto per questo foglio. Il dottor Finkelstein non ti troverà tanto presto”.
Pimpi osserva di nuovo la pagina, le scritte e la casa. Poi guarda di nuovo la signorina dagli occhi tristi, e lei gli appoggia un bacio proprio sulla testa. Porta la mano su una leva, e tutto lo spazio intorno a lui si riempie di strane luci azzurre e gialle. “Buon ritorno a casa, piccolino”.
  
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