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Autore: Eeri    27/08/2015    3 recensioni
E' estate quando Eli vede la propria vita andare in fumo.
In poche ore si ritrova lontana da casa e dai suoi amici, costretta a frequentare un college che i suoi genitori ingenuamente credono sia per 'adolescenti problematici'.
Peccato che i coniugi Bentel non sappiano la verità; altrimenti non ci avrebbero mandato la figlia che considerano 'irrecuperabile'.
Neanche Eli la conosce.
Non ancora perlomeno.
Non finchè non oltrepassa i cancelli della Manchastry Academy.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO 1

 

-Jed! Stai calmo! Sto arrivando- dico al telefono con un tono di voce basso per non farmi sentire da Dhora, la signora delle pulizie.
Sono stressata. E non va bene. Prima di fare le mie, chiamiamole 'uscite notturne', con Jed e gli altri devo liberarmi dalla tensione che quasi sempre aleggia nel mio corpo e diventare cinica, indifferente e fredda. Ma come puoi mantenere la calma se stai cercando da venti minuti la scarpa destra degli anfibi, che sembra sparita nel nulla? Ed è nera come la pece, non rosa come la camera. Dovrebbe notarsi facilmente.

-Cosa stai cercando?- mi chiede Jed spazientito.

-Prova a indovinare?- rispondo. Facile essere seccato quando non stai rivoltando l'intera camera per una scarpa nera.

-Jeans neri?-
-Già addosso-
-Felpa?-
-Ce l'ho-
-Scarpa sinistra degli anfibi?-
-Ci sei andato vicino. La destra- dico mentre apro le ante dell'armadio e comincio a lanciare i vestiti sul letto. Alcuni cadono sul pavimento. Non importa, ci penserò dopo.
Quando ho svuotato metà armadio noto, a destra e nascosto sotto un mucchio di vestiti, qualcosa di nero. Infilo il braccio e, con aria trionfante, estraggo la scarpa.
-Trovata!- dico compiaciuta al telefono mentre mi siedo sul tappeto per metterla.

-Bene, ora da brava, sbrigati a prepararti e raggiungici. E...Eli?- chiede Jed prima di chiudere la telefonata.
-Si?- domando con voce falsamente sorpresa. So già cosa mi dirà, lo fa sempre, prima di ogni 'uscita notturna'.
-Pay attention-
Sorrido al suono di quelle parole tanto famigliari che ormai hanno un effetto calmante sul mio corpo e, finito di allacciare la scarpa, afferro lo zainetto ed esco dalla finestra. Dopo aver appoggiato i piedi sull'erba del giardino mi muovo attraverso il prato, attenta a stare nell'ombra.

Non sarebbe il massimo farsi beccare da Dhora.

Arrivata alla siepe inizio a tastarla per trovare il varco da cui uscire. L'avevo fatto circa tre anni prima insieme a Jed, quando avevamo incominciato le nostre 'uscite notturne'. Mi serviva un passaggio privato e poco conosciuto, da poter usare in ogni momento per uscire dalla villa.
Avevamo impiegato una settimana per crearlo e un'altra per renderlo invisibile agli occhi curiosi e non graditi degli altri, come quelli di Emma.

Una volta trovata la mia porta d'uscita verso la notte, attraverso la siepe ed inizio a correre nel campo di grano che circonda la villa della mia famiglia.
L'aria mi colpisce il viso, le spighe si spostano al contatto con le mie gambe per poi richiudersi dietro di me. Sorrido godendomi la forza di tutte queste sensazioni e traendone coraggio per affrontare la serata e i giorni a seguire.
Jed e gli altri mi aspettano alla fine del campo con l'auto.
Sempre tre anni fa abbiamo trovato un parcheggio abbandonato dove, se si procede solo in linea retta all'uscita del varco, una persona può arrivare velocemente senza perdersi tra le spighe.
Basta uscire dalla siepe e continuare a correre. Certo, se cadi e perdi la direzione, sei fregato e la serata salta. Ma di solito gli errori che posso commettere non sono così stupidi e comunque, io non faccio mai errori. Me la cavo sempre così come Jed e gli altri.

Raggiunta la fine del campo scorgo un'auto con i fari spenti e una persona in piedi accanto ad essa. E' Jed che mi da le spalle perchè sta osservando il piccolo display del suo cellulare. Grazie alla poca luce che esso produce riesco a scorgere la sua sua mascella serrata. E' teso, molto probabilmente per quello che sta leggendo. Lo raggiungo in silenzio e, una volta arrivata vicino a lui, gli salto sulla schiena cogliendolo di sorpresa. Le sue spalle si irrigidiscono ma, dopo aver riconosciuto il mio corpo esile, si rilassano.
Jed mi afferra e mi lancia per aria per poi abbracciarmi.
-Buongiorno Eli- sussurra al mio orecchio mentre mi appoggia a terra.
-Ciao Jed. Comunque è notte ora. Dovresti dire buonanotte.- Gli tiro un pugno debole sul fianco.
-Ma buonanotte è solo una precisazione. La notte fa parte del giorno, quindi buongiorno si può ancora dire- risponde mentre iniziamo a dirigerci verso la sua auto.

Una jeep nera, come il nostro abbigliamento e come la notte che ci circonda.

Sbuffando teatralmente per la sua precisazione, ma sorridendo quando non può vedere il mio volto, apro la portiera e mi siedo sul sedile.
Jed è figlio di due professori universitari. Ma, come me, viene ignorato dai suoi genitori.
Se però io sono stata cacciata nello stanzino delle 'persone non sufficientemente meritevoli per portare il cognome Bantel' a causa dell'innaturale splendore di mia sorella, per lui ha giocato a suo sfavore la passione per la chitarra elettrica che è andata a sostituire il pianoforte, lo strumento tanto amato dalla sua famiglia.
Dopo continui litigi e tentativi di allontanarlo da 'quella sottospecie di scatola plastificata' i genitori hanno deciso di chiudergli la porta di casa in faccia. Letteralmente.
Ora vive in un piccolo appartamento alla periferia della città e lavora part-time da Wendy's.
L'ho conosciuto quando aveva diciotto anni e stava frequentando l'ultimo anno di scuola.
Io ero in prima e mi trovavo nell'ufficio del preside a causa di uno scambio di parole, non molto civili, con un'amica di mia sorella. Quando ero uscita e l'avevo visto seduto sulla panca di fronte alla porta gli avevo detto, con tono ancora seccato dopo la chiacchierata con il preside, che poteva entrare perchè avevo finito. Lui allora si era alzato, aveva fatto scrocchiare il collo e, dopo avermi squadrato con la testa inclinata, mi aveva chiesto se volevo saltare insieme a lui il resto della giornata di scuola.
Al mio perchè aveva risposto che era stufo della scuola e degli insegnanti e che non aveva voglia di incontrare un'altra volta 'il vecchio Cory'.
Avevo accettato subito, fidandomi di quegli occhi neri.

Da quel giorno siamo diventati migliori amici: passiamo i pomeriggi a guardare film, ad organizzare le 'uscite notturne' e a suonare; o perlomeno, lui suona la chitarra elettrica, io lo ascolto e qualche volta mi ritrovo a canticchiare delle canzoni sulla sua base musicale, sdraiata sul divano grigio del suo piccolo appartamento di periferia.

-Melissa e Paul non ci saranno stasera. E' il loro anniversario- dice Jed mentre entra con l'auto in una strada secondaria non molto lontana da dove si sta svolgendo la festa. Ecco perchè era teso prima, quando stava fissando il cellulare. Aveva appena ricevuto un messaggio da Mel e Paul.

-Anniversario?! Ma non era il mese scorso?- inizio a giocare con il polsino della felpa, mentre sento l'agitazione crescere. Se siamo solo in due è più difficile spartirsi il lavoro, soprattutto quando il piano prevede una lunga serie di scherzi.
-Sì, il mese scorso hanno festeggiato i tre anni di fidanzamento, oggi invece la prima volta in cui l'hanno fatto- mi guarda sogghignando, aspettando la mia reazione.

Chiudo gli occhi e rivolgo il viso verso il tettuccio della jeep, respirando profondamente.

'Sta calma. Tu e Jed avreste fatto comunque la maggior parte del lavoro' mi dico.

Jed mi pizzica la guancia, facendomi aprire gli occhi.

-Ehi, non preoccuparti! Ce la caviamo benissimo anche da soli!-dice mentre scende dall'auto e apre lo zaino.

-O forse non benissimo-continua. Richiudo gli occhi ancora più preoccupata.

-Cosa non abbiamo?- domando, pronta al peggio.

-I passamontagna. Li ho lasciati a casa di Paul martedì. Cazzo, mi sono dimenticato!-Jed tira un pugno alla macchina. Il suono squarcia il silenzio della notte, riscuotendomi.

Apro la portiera e scendo dall'auto.

-Calmati. Lo facciamo senza- gli dico mentre mi lego i capelli in una coda, utilizzando l'elastico che porto sempre al polso.
-Sicura?-mi domanda, una volta che si è calmato.

-Sì- Lo fisso negli occhi. -Le feste dei Tancer sono sempre troppo perfette-

Mi metto lo zaino in spalla ed inizio ad attraversare il piccolo bosco che ci separa dal luogo della festa: una villa fin troppo grande con un giardino altrettanto enorme.

Man mano che ci avviciniamo all'abitazione la musica si fa più intensa. Dovrebbe essere liberatorio o, come dicono le amiche di mia sorella, 'veeery cool' ascoltare canzoni ad alto volume ad una festa. Sì, dovrebbe. Il punto è che i Tancer amano usare come sottofondo nei loro party la musica classica. E tra la musica classica prediligono particolarmente le melodie che ricordano le ninna-nanne. Bello, eh?
Più volte ho rischiato di addormentarmi ad una loro festa però non sono mai riuscita a mandare totalmente in stand-by il cervello a causa dei pizzicotti che mia madre mi faceva per tenermi sveglia. E quindi per non rovinare l'immagine della famiglia.
Mentre attraverso il bosco l'umidità, unita al caldo di fine estate, si appiccica sul mio viso. Non mi è mai piaciuto questo clima perchè sembra sempre rallentare i movimenti. Ti rende pigro, calmo e lento. Troppo. In modo anormale.
I passi che faccio attraverso il bosco sono rallentati sia dal terreno discontinuo che dal clima e lo stesso accade a Jed, che cammina davanti a me. Qualche volta la sua gamba rimane impigliata nei numerosi cespugli verde scuro, tipici del sottobosco, e per liberarsi deve tagliare con un coltellino i rami che, come braccia e mani in cerca d'aiuto, si sono legati e aggrappati alle sue gambe. Per attraversare il bosco ci stiamo impiegando il doppio del tempo ma, fortunatamente, lo avevamo già calcolato seguendo il detto 'meglio prevenire che curare', uno dei nostri preferiti.
Dopo trenta minuti i cespugli non sono più così fitti e inizio a intravedere qualche pezzo di terreno qua e là. Ormai manca poco alla casa. Supero Jed e procedo più velocemente.
Arrivata alle ringhiere che separano il prato dei Tancer dal bosco circostante, mi nascondo dietro un cespuglio, aspettando che lui recuperi gli strumenti per la prima parte del piano: bagnare gli ospiti. In mezzo al giardino della villa c'è una grande fontana bianca, attorno alla quale gli invitati parlano tra loro, tenendo in mano le loro bevande, ignari di cosa succederà da lì a pochi minuti.

Quando Jed mi raggiunge, rivolgo le spalle alla festa per prendere le pistole d'acqua che mi sta porgendo.

-Allora senti. Visto che Paul e Melissa non ci sono dobbiamo separarci- mi dice velocemente a bassa voce. Di solito lavoriamo a coppie: io e Jed insieme in un luogo, Melissa e Paul nell'altro.

-Io faccio la parte con le pistole- sussurro decisa.

-No, Eli. E' troppo rischioso. I tuoi sono qua, se ti beccassero finiresti veramente nei casini. Lasciala fare a me- Cerca di prendermi le pistole dalle mani, ma io le allontano velocemente.

-E tu finiresti in prigione. Un'altra volta. Quante volte ancora devi essere arrestato prima che ti mandino dentro definitivamente?- gli chiedo. Pochi mesi prima Jed era stato arrestato per una rissa che si era svolta a causa mia. Eravamo in discoteca e uno aveva cercato di approfittare di me, sbattendomi contro il muro del locale e bloccandomi i polsi con una mano, mentre incominciava a baciarmi.

Jed era intervenuto in tempo, allontanandolo dal mio corpo e iniziando a picchiarlo. Lo avrebbe ammazzato di botte se non fosse intervenuta la polizia.

Lo avevano lasciato uscire dalla stazione di polizia con un 'la prossima volta non ti andrà così bene' che lo aveva preoccupato, anche se cercava di nasconderlo.

-Sei sicura?- mi fissa, cercando di scorgere i miei veri pensieri. I miei occhi gli trasmettono determinazione. Lo so perchè la sento, in tutto il mio corpo. Mi invade, mi rende forte e sicura. Mi protegge.
-Si, sono sicura- rispondo.

-Bene. Le regole rimangono le stesse. Se uno viene beccato, l'altro scappa ok?-Vuole essere sicuro che io non esca allo scoperto nel caso lui venga visto. Abbiamo deciso questa regola dopo aver valutato numerose alternative. E' la più semplice: se ti fai beccare, finisci solo tu nei casini e non fai la spia sui tuoi compagni. Ma non sono sicura che lui la seguirebbe se io venissi presa.

-Ok- dico. Ci guardiamo per alcuni secondi negli occhi.

Un soffio di vento scompiglia i miei capelli, liberando una ciocca bionda dalla coda. Jed avvicina la mano al mio viso e, dopo aver sfiorato la mia guancia con le dita, sposta la ciocca dietro il mio orecchio. Poi, improvvisamente, mi bacia. Le nostre labbra si incontrano così velocemente che mi chiedo se non mi sia immaginata tutto. Mi tocco le labbra e, sentendole formicolare ancora dopo quel leggero contatto, capisco che è tutto vero.

L'azzurro dei miei occhi incontra il nero dei suoi e gli chiede silenziosamente perchè ha fatto quel gesto. Perchè ora e non ieri. Perchè non domani. Perchè si è limitato a questo.
Jed apre la bocca per parlare, ma la richiude subito. Ritira la mano e si allontana alzandosi in piedi. Poco prima di voltarsi, sussurra
-Dopo ti devo parlare-

Lo guardo inoltrarsi negli alberi e, quando non riesco più a vederlo, rivolgo la mia attenzione alla festa. 'Concentrati e smettila di pensare a quello che ha fatto' mi dico. Ci penserò dopo. Ci devo pensare dopo altrimenti rischio di impazzire ora; e un cervello danneggiato crea solo altri danni.
Allora.

Devo trovare un albero robusto, i cui rami entrino nel giardino, così da poter arrampicarmi su di esso. Poi dovrò solo mettermi comoda su un ramo e aspettare il momento in cui l'acqua della fontana bagnerà tutti gli invitati. A quel punto entrerò in gioco, bagnandoli ulteriormente con le pistole d'acqua. Semplice.

Se sto attenta e non mi faccio vedere la prima parte del piano è fatta.

Mentre mi immagino la scena un sorriso affiora sulle mia labbra.

Guardandomi attorno, vedo una serie di alberi adatti che, però, non mi convincono del tutto. Visto che Jed è da solo vorrei avere una visuale anche sulla sua zona, così da tenerlo sotto controllo quando manometterà l'acqua della fontana. La zona in cui mi trovo è troppo laterale.
E' meglio se mi sposto verso la parte sud del giardino, in modo tale da raggiungere il luogo opposto a quello di Jed.

Devo fare attenzione a dove metto i piedi perchè, oltre ad essere in un bosco, mi trovo vicino alla festa quindi a portata d'orecchio.

Un passo, un'altro. Un'altro ancora. Ferma per sette secondi.

Continuo così finchè non arrivo ad un'albero che risponde a tutti i miei requisiti: i rami invadono una parte del giardino e hanno abbastanza foglie da poter nascondermi agli occhi degli invitati. Senza contare poi la buona visuale sulla zona di Jed.
Inizio ad arrampicarmi lentamente, tastando tutte le parti dove andrò a mettere i piedi. La corteccia non è umida quindi l'arrampicata dovrebbe essere semplice.
La mia sicurezza aumenta con l'aumentare della distanza dal terreno e, quando mi siedo sul ramo, un sorrisetto compiaciuto affiora sulle mie labbra. Perfetta, l'arrampicata è stata perfetta.

 

Tic, tic, tic...con l'indice picchietto il tronco marrone scuro, contando i secondi.
Quando sono arrivata a centonovantadue picchiettii l'acqua della fontana inizia a cambiare: i getti sono più distanti dal bordo bianco e più vicini all'angioletto che dovrebbe rappresentare Cupido, 'il Dio dell'Amore' anche se non ci metterei la mano sul fuoco. Mia sorella lo sa di sicuro; sarebbe capace anche di dire quando la statua originale è stata costruita, da chi e perchè, collegandosi poi alla vita dello scultore, ovviamente.
A volte sembra più un'enciclopedia ambulante che un essere vivente.
Tic, tic, tic...quarantacinque secondi dopo il getto si affievolisce ancora di più ma gli invitati sembrano non notarlo, troppo impegnati a comportarsi come persone che non sono.
Ormai è questione di poco tempo prima che Jed lo faccia aumentare e aumentare fino a far arrivare l'acqua su tutti gli invitati.
Inizio a impugnare la pistola, pronta a entrare in azione.
L'adrenalina scorre sempre più nel mio corpo, rendendomi più vigile.


Ultimi secondi.
Tic...tic...


L'acqua esplode con un getto fortissimo.
Le urla sovrastano la musica. La gente corre spintonandosi, cercando di salvare la poca stoffa che miracolosamente è rimasta asciutta.

Ai miei piedi sta regnando il caos.

Inizio a spruzzare acqua contro gli invitati meno bagnati, ridendo ogni volta che colpisco una borsa, una collana o il viso truccato di una signora.
Quando l'acqua nelle pistole sta per finire mi interrompo, cercando con gli occhi mia sorella.
Voglio bagnarla per ultima.
La trovo dall'altra parte del giardino, troppo lontana dai miei spruzzi e troppo vicina alla zona di Jed che sceglie quel momento per uscire dai cespugli.
Ed essere visto. Da mia sorella.
I loro corpi si irrigidiscono mentre si fissano negli occhi.
'Scappa' vorrei urlagli 'Jed, scappa'.
Ma non posso, non mi sentirebbe.
Si muove troppo tardi, iniziando ad arrampicarsi sulla ringhiera quando ormai Emma l'ha riconosciuto.
E quando ormai ha iniziato ad urlare agli invitati di voltarsi.
Vedo le teste degli ospiti muoversi a rallentatore verso la ringhiera e vedo passarmi davanti agli occhi l'immagine di Jed dietro le sbarre. Mi dispiace Jed, ma non posso permetterlo. Non voglio vederti finire in prigione. Non voglio farti subire anche questo.
Con un salto scendo dal ramo, atterrando sul prato, in mezzo a tutti.
Gli invitati mi stanno fissando: sono riuscita a creare il diversivo, a portare l'attenzione su di me. Jed ha superato la ringhiera e mi osserva arrabbiato da dietro un albero. Lo fisso, chiedendogli di andarsene. Sembra indeciso ma alla fine prende la decisione giusta e si inoltra nel bosco.
Rivolgo l'attenzione alle persone che mi hanno formato un cerchio attorno e osservo mia mamma farsi spazio tra la folla e raggiungermi con uno sguardo stupito e incredulo. Ma soprattutto furioso.
-Tu!- mi urla puntandomi contro l'indice con fare accusatorio.
-Io?- domando dopo essermi guardata attorno con finta tranquillità. Meglio divertirsi un po' ,visto che sono comunque nei casini.
-Sì, tu! Elline Bantel! SEI – fa un passo avanti -DECISAMENTE- ne fa un altro raggiungendomi- IN CASTIGO A VITA!- finisce di urlarmi davanti alla faccia. Mi afferra il braccio e incomincia a trascinarmi per il giardino verso il luogo in cui immagino ci sia la macchina.
In lontananza sento la signora Tancer dire a mio papà con una voce un po' alterata ma soprattutto falsa di non preoccuparsi, che sono una ragazzina e in quanto tale è normale voler superare i limiti.
Certo, non preoccuparti. Farà solamente sapere a tutta la città quanto i Bentel non sappiano educare i figli.
Quando arriviamo davanti alla portiera dell'auto mia madre la apre e mi chiude dentro la macchina. Poi aspetta papà ed Emma mettendosi al posto del guidatore. Non dice niente. Credo che sia ancora infuriata; lo vedo da come stringe il volante, le nocche sono diventate bianche. In un certo senso posso capirla, vorrebbe scappare dalla festa in cui si è resa ridicola davanti ai suoi amici e alle persone che la stimano. O comunque, che la stimavano.
Vorrebbe allontanarsi e cercare di dimenticare cosa è accaduto stasera. Anche cancellarlo, se possibile.

Quando Emma e mio papà arrivano, le sue nocche sono ancora bianche. Mia sorella fa appena in tempo a sedersi accanto a me ed a chiudere la portiera, che l'auto parte, sgommando sulla strada asfaltata.
 

 

***

 

-Pazzi- dico tra me e me mentre salgo le scale che portano alla mia stanza.
-Siete tutti pazzi.- Mia sorella mi insegue, correndo sui gradini delle scale con le sue ciabatte rosa confetto.
-Eli, fermati!- Mi afferra per il gomito, facendomi voltare.
Guardo quel viso identico al mio, non trovando però alcun segno di somiglianza: lei ha votato. A mio sfavore, decidendo di mandarmi via.
-Mollami- Le sussurro, troppo arrabbiata anche solo per urlare.
Non mi lascia, anzi, stringe ancora di più la presa sul mio braccio.
-Non arrabbiarti, Eli. Mamma e papà lo fanno per il tuo bene. E' solo per un po' di mesi, finchè non tornerai a posto-mi spiega, con voce calma.
-Tornerai a posto? Ma hai idea di quello che stai dicendo? Io non sono una stupida marionetta che è stata ridotta a brandelli! Io sono tua sorella Emma e sono anche figlia di quei due la sotto!-urlo mentre sento le lacrime negli occhi. Non osate uscire stupide, non mentre sono davanti a lei.
-Non intendevo quello e lo sai bene. Devi solo allontanarti un po' dalla tua cerchia di amici e ritornare sulla buona strada. Diana ha detto che la Manchastry Academy è un college bello, immerso della natura. Suo fratello è lì da quattro anni e si trova benissimo, pensa che ha anche deciso di prolungare il soggiorno dopo un anno! Inoltre potrebbe darti una mano ad ambientarti quando arrivi-
-Jonathan l'ubriaco? Mi state mandando in un'accademia per ragazzi problematici?- Questo i miei genitori non me lo avevano detto. Ma che senso ha non informarmi? Tanto nel college mi ci mandano comunque. Potrebbero almeno dirmi di più, potrebbero dirmi che mi considerano rotta e mi vogliono mandare in un centro riparazioni. Emma l'ha fatto.

-Non è mica un riformatorio e ti ci troverai bene! Poi tra un mese passiamo a trovarti! Dai Eli non fare così- continua a insistere mia sorella.
-Non hai risposto. E' un'accademia per ragazzi problematici?- chiedo ancora, fissandola negli occhi.
Dopo alcuni secondi di silenzio Emma sposta lo sguardo e sussurra 'Sì'.
Do uno strattone al mio braccio, liberandolo dalla sua mano e mi volto verso la porta della mia stanza, dandole le spalle.
-Emma, fai qualcosa per fermarli. Se tu dici che è assurdo loro non mi manderanno, loro ti ascoltano. Ti prego Emma- le lacrime iniziano a rigarmi il viso.
-Eli, mamma e papà hanno ragione...-inizia a dire. Ed è proprio in questo momento che l'ultimo barlume di speranza si spegne. Che ne è stato della nostra complicità? Del nostro essere inseparabili? Che ne è stato di noi? Non lo so e forse non lo voglio nemmeno sapere, tanto non servirebbe a nulla. Ci siamo allontanate fino a diventare due complete estranee.
-Non farti più viva con me. Ti prometto che io non lo farò-le dico con la voce spezzata e il viso inondato di lacrime. Resto immobile per pochi secondi, sperando di sentire un 'aspetta' o anche solo un minimo suono.
Silenzio.
Addio.
Apro la porta della mia camera e mi ci chiudo dentro, buttandomi sul letto per piangere silenziosamente nel cuscino. Addio Emma.

Addio mamma e papà.

Spero di trovarmi bene come Jonathan l'ubriaco così da non dover tornare qui, in quest'inferno. Lo spero con tutto il cuore.
 

Alcune decine di minuti dopo, quando le lacrime sono ormai finite, mi alzo dal letto e recupero dall'armadio la valigia.
Come un automa raccolgo tutti i vestiti sul pavimento e prendo quelli che sono rimasti nell'armadio, iniziando a piegarli per poi metterli in valigia.
Voglio parlare con Jed. Ho bisogno di parlare con Jed ma i miei mi hanno confiscato il cellulare, il computer, tutto. E visto che il casino è successo ieri notte, lui si farà vivo solo stasera, aspettando che i miei si siamo calmati. Ma stasera io sarò in autostrada, seduta sull'auto dello stato e diretta verso la Manchastry Academy. E non posso neanche uscire dalla finestra perchè la staranno tenendo sott'occhio, immaginando già che io esca da lì.
Proverò a contattarlo dall'accademia. Poi lui troverà un modo per farmi uscire, mi convinco.

Vado in bagno per recuperare il beauty case e chiudo la valigia.
Mi guardo attorno nella stanza rosa.
La mia presenza si vede ancora, nei poster attaccati sui muri, nei libri di scuola impilati sulla mensola bianca e negli spartiti che ho lasciato sul pavimento, dopo aver selezionato quelli da portare via con me.
Non voglio lasciare più un segno. Loro hanno deciso di cancellarmi dalla loro casa e io lo farò, per non fargli credere, quando passeranno davanti alla mia stanza, che tornerò, perdonandoli e dimenticandomi di tutto quello che mi hanno fatto. Voglio cancellarmi da qui.
Inizio a strappare i poster, uno ad uno, impilando poi i resti in un mucchio al centro della stanza. Faccio lo stesso con gli spartiti musicali e con le pagine dei libri. Le coperte le taglio con un coltellino svizzero, che avevo comprato anni prima durante un'escursione in montagna.
Concludo con le foto di famiglia strappandole in piccoli pezzi.
Quando sento suonare il campanello, ho appena finito di distruggere il mio passato.
Mia mamma mi chiama dall'ingresso urlandomi: 'E' arrivata l'auto del Signor Holden'
Senza provare alcuna emozione tiro giù la valigia dal letto, spingendola verso la porta bianca.
Prima di oltrepassarla mi volto indietro. Non riconosco più la stanza che fino al giorno prima era mia. I muri sono spogli. Il letto non ha più le coperte.
E al centro spicca un grande ammasso di carta e tessuto.
Sembra la camera di un pazzo.
Forse sono pazza. Forse i miei hanno ragione ad allontanarmi.
In fondo, i pazzi non sanno mai di esserlo.
E in fondo, dopo tutto quello che è successo, dopo le ore passate a sentire mia mamma urlare, dopo aver scoperto di dover andare alla Manchastry Academy, non mi pento di quello che ho fatto.
Vedere tutte quelle persone ipocrite bagnate, con il trucco colato e i capelli senza piega mi ha fatto sentire bene. Mi ha fatto sentire nel giusto.
Inzuppandoli ho solo tolto gli strati di ricchezza che avevano addosso e li ho portati allo stesso livello di tutti gli altri, al livello dei bambini che giocano nella fontana in piazza e del barbone che dorme sulla panchina sotto la pioggia.
Se tornassi indietro lo rifarei. Nonostante tutte le conseguenze, lo rifarei.

 

 

 

 

 

*Angolo dell'autrice*

Ciaoo a tutti! Finalmente sono riuscita a pubblicare il primo capitolo:D Ora avete scoperto cosa è successo e perchè i genitori di Eli hanno deciso di mandarla alla Mancastry Academy:D non credo fosse quello che avevate in mente ma spero vi sia piaciuto comunque! Non vedo l'ora di farvi leggere come sarà la scuola:) come ho già detto nel prologo se avete dei consigli o critiche da farmi no problem, mi servono per migliorare:) e se invece volete dirmi qualcosa di positivo ancor meglio, è carburante per la mia fantasia.
Infine volevo ringraziare cuffiette, Flavia, in rotta per il paradiso e BlackHawk per le recensioni che mi hanno fatto:D Grazie mille;)
Alla prossima,

Eeri
 

  
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