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Autore: Damon94    27/08/2015    1 recensioni
Può soltanto un estate cambiarti la vita?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La fresca brezza primaverile aveva ormai lasciato il passo al caldo secco e appiccicoso dell'estate, il cielo perennemente azzurro e limpido non veniva mai chiazzato dalle nuvole grigie che lo avevano caratterizzato in inverno. I prati fioriti avevano lasciato lo scenario agli immensi campi di grano, che avevano caratterizzato le mie estati infantili. Nonostante avessi abbassato i finestrini, l'abitacolo era una fornace. Ormai indossavo solamente un paio di pantaloncini quasi inguinali e una canottiera avvolta a mo' di top, nell'impossibile speranza di soffrire di meno quell'afa claustrofobica. La radio aveva perso il segnale da un po', per questo avevo messo l'unica cosa che mi poteva allietare il viaggio, il cd che mi aveva composto Freddie, dove vi erano registrare tutte le mie canzoni preferite. Sebbene fosse un regalo fatto nel tentativo di conquistarmi, cosa inutile, l'avevo molto gradito, per questo non ebbi molti problemi ad ascoltarlo anche dopo avergli comunicato esplicitamente che non era il mio tipo. La colonna sonora di Top Gun, Take my breath away dei Berlin, risuonava a tutto volume nell'abitacolo del mio Pick Up Chevy del '73, che era tutto ciò che avevo ereditato da mia madre essendo l'unica cosa di cui le importasse davvero. Aveva passato anni a cercare quella macchina, e altrettanti a capire perché non andasse e cosa andava rimesso a posto, non avevo mai capito il vero motivo di tutti questi problemi per una semplice macchina quando se ne poteva comprare una nuova con tutti i soldi che aveva ottenuto dal divorzio con mio padre. Essendo stato lui a tradirla, il giudice, una femminista dichiarata, non aveva esitato a fargli spendere un patrimonio per mantenere me e mia madre, non che a mio padre fosse fregato più di tanto, era uno dei miliardari più in voga di Seattle. Tra mio padre e mia madre il matrimonio non era mai stato un granché, eccetto i primi mesi quando mia madre stava bene e mio padre non era ancora miliardario, con l'arrivo dei soldi però era andato tutto perduto. Mio padre aveva iniziato a lavorare fino a tardi, e ad avere un numero infinito di donne, mia madre invece aveva iniziato a soffrire di depressione per l'infedeltà del marito. La situazione era andata sempre degenerando, a tal punto che si consideravano due estranei resi solo comuni dalla mia presenza. Nonostante mia madre avesse sempre voluto dimostrarmi il contrario, aveva sempre sofferto per la fine brutale del suo matrimonio, anche se non voleva ammetterlo per non privarsi di quella poca dignità che aveva acquisito mantenendomi usando solo i propri soldi. Tutti l'avevano derisa e etichettata come "la moglie depressa del miliardario", per mio padre era diventata una macchia nera del suo passato, tant'è che nelle interviste non parlava mai di lei e, se ne veniva costretto, ne parlava in generale definendola una ragazza solare ma problematica. Ovviamente tutte queste dichiarazioni e l'imminente matrimonio con Yvelise, una modella bulgara dieci anni più piccola di lui, avevano portato mia madre ha un livello di disperazione così alto da, una sera durante un attacco di depressione acuta, togliersi la vita buttandosi dal balcone del suo appartamento a Phoenix. Inutile dire che da quel giorno la mia vita non fu più la stessa, i giornalisti iniziarono ad inseguirmi ovunque, a scuola ero denominata come "la figlia della depressa", e i professori mi facevano sconti sui compiti e sulla lezione per casa, cosa che face infuriare i miei compagni ancora di più. Per questo e altri motivi, decisi di trasferirmi dai miei nonni in una cittadina sperduta nel Tennesee, mettendo un bel po' di chilometri di distanza dal mio inferno. I miei nonni materni, quando li dissi che venivo, avevano fatto letteralmente i salti di gioia, dal momento che non mi vedevano da più di due anni, sia per colpa della distanza sia per colpa del peggioramento di mia madre. Sebbene vedessi questo viaggio come una liberazione dal mio inferno, ero anche preoccupata di come sarebbero andate le cose laggiù. Speravo che nessuno facesse caso a me, e che mi emarginassero come avevano fatto senza problemi i miei coetanei a Seattle fino alla morte di mia madre. Cosa però impossibile in una cittadina dove l'unica scuola superiore registrava l'iscrizione di quasi quattrocento studenti, più me: la figlia del miliardario e della depressa suicida che scapparono da quella cittadina sposandosi a Las Vegas e mettendo subito dopo al mondo una bambina. Ciò mi sconfortò ancora di più, già nelle estati in cui ritornavo per fare visita ai miei nonni ero su tutte le bocche delle casalinghe più pettegole, non volevo immaginare cosa sarei stata di li a poco. Sebbene i miei nonni mi avessero tranquillizzato affermando di non averlo detto a nessuno, cosa improbabile essendo mia nonna una delle principali ragioni del perché le notizie si diffondevano così velocemente. Il viaggio in aereo durò otto ore, fu particolarmente intenso dal momento che ero stata accanto a un signore che puzzava di pesce e che aveva russato per quasi tutto il tempo. Nonostante tenessi le cuffie a palla, il suono che produceva rimbombava nelle mie orecchie impedendomi di ascoltare per bene le canzoni che mi ero scaricata sul mio cellulare. La signora col carrellino pieno di zuccheri e grassi, si fermò solo la prima volta da noi rimanendo disgustata dal rutto del signore e dalla mia apatia nei confronti del suo sorriso falso. Fu una sollevazione atterrare, e poter respirare odore di libertà. Mio nonno mi aspettava sulla sua Range Rover del 96 blu oltremare, l'aveva comprata un estate quando c'ero anch'io, infatti ero stata la prima passeggera. Appena mi avvicinai alla macchina, lui scese e venne verso di me, avvolgendomi con le sue braccia robuste. - Cassy, che bello! Come sei cresciuta! - esclamò allontanandosi da me e prendendo il mio trolley nero. - Sono felice di rivederti nonno. - esortai, seguendolo e sedendomi sul sedile davanti, accanto a lui. - Mi dispiace che non rivedrai il Pick Up di tua madre fino alle vacanze natalizie, se vuoi posso provare a fartelo arrivare in qualche modo. - propose una volta che si fu sistemato accanto a me, ed ebbe acceso il motore. - No, non ti preoccupare... per un po' mi farà bene staccare. La nonna come sta? - chiesi, mentre guardavo l'aereoporto farsi sempre più piccolo alle nostre spalle attraverso lo specchieto retrovisore. - Bene, beh sai com'è, è indaffarata a fare le faccende... penso ti abbia cucito qualcosa, ma non t'ho detto niente. - Risi, ricordando gli orribili maglioni che mi cuciva ogni volta che scendevo per ricordarmi di lei durante l'inverno, nessuno aveva il coraggio di dirle che non era opera sua per questo ogni anno insisteva col darmeli. - Mi ha detto che a settembre andrai al college di New York, giusto? - mi domandò, guardandomi di sottecchi. - Già, ho preso un piccolo monolocale vicino al dormitorio quindi non dovrei essere troppo lontana. D'altronde non penso di portarmi il Pick Up di mamma, forse non lo rivedrò nemmeno mai più dal momento che non ritornerò mai più a Seattle o a Phoenix. - ammisi, guardandomi mani. - Oh. - sospirò, facendo calare il silenzio. Non era un silenzio imbarazzante, anzi, entrambi eravamo persi nei nostri pensieri, quasi non ce ne accorgemmo. Il viaggio fu abbastanza breve, nessuno dei due aveva più parlato, per questo a metà tragitto mio nonno aveva acceso la radio. Appena vidi il cartello di benvenuto a quella cittadina minuscola, mi salirono le lacrime agli occhi, anche lì avevo più ricordi di quanti potessi immaginare. - Con la preside ci siamo messi d'accordo che non inizi domani la scuola, ma giovedì... sai, per farti riposare...- affermò mio nonno cercando di iniziare un discorso, benché fosse difficile. - Certo, grazie mille. Sai per caso se ci sarà pure Sam? - chiesi curiosa. Io e Sam eravamo sempre state molto amiche, ogni estate che venivo stava sempre con me. A differenza mia, lei aveva dei lunghi capelli biondi e la pelle diafana, era solare e sempre allegra. Ogni pomeriggio prima della mia partenza, facevamo una cavalcata sui cavalli di suo padre, io salivo sempre su Puma, lei sul suo cavallo Spirit: era bellissimo. Qualche estate, soprattutto nelle ultime, per la prima parte del tragitto ci seguiva pure suo fratello maggiore Stefan, anche lui era biondo come lei ma meno estroverso, era più un tipo timido e chiuso come me. Stefan aveva tre anni in più di noi, eppure quando si stava insieme questa differenza non si sentiva, eccetto forse nelle ultime due estati quando i suoi amici facevano battutine stupide mentre mi aiutava a montare a cavallo, o quando lo prendevano in giro poiché stava sempre con me e Sam, escludendo tutte le ragazze che si "poteva portare a letto". La risata calda di mio nonno mi riscaldò, facendomi sentire per un attimo protetta. - Non vede l'ora di vederti, appena nonna le ha chiesto di stare con te i primi giorni ha letteralmente saltato per la gioia. Anche Stefan era molto contento di rivederti, si è proposto di accompagnarvi a scuola giovedì con la macchina che gli hanno regalato i suoi per Natale, una bellissima Chevrolet Camaro del '67, era l'auto di suo nonno Pietro, è morto l'altra estate ... sai quanto erano legati lui e suo nonno. - la voce di mio nonno lo tradì, lasciando intendere il dolore che provava nell'aver perso un suo caro amico. Pietro Smith era la persona più buona che avessi mai conosciuto, ogni volta che andavo nella sua stalla mi regalava un biscotto e mi allietava con dei suoi bellissimi ricordi. Mio nonno e Pietro erano praticamente cresciuti insieme, essendo stati anche i genitori molto amici, questo è uno dei motivi per cui mio nonno non vide subito di buon occhio mio padre: aveva sempre immaginato che mia madre si sposasse col figlio di Pietro, William. Eppure mia madre non era mai riuscita a vedere Will come qualcosa di più, poiché era sempre stata innamorata dello straniero proveniente da Seattle. L'odio che mio nonno provava nei confronti di mio padre, con la morte di sua figlia è andato sempre aumentando. - Arrivati? - domandai, vedendo la familiare casa dei miei nonni. Essa era praticamente uguale alla Carter House, solamente che era a due piani, poiché in principio avevano immaginato che mia madre sarebbe andata ad abitare nel secondo piano. Infatti all'interno era ancora rimasto a mo' di condominio, reso poi come un'unica casa da tutti gli addobbi e i quadri che mia nonna aveva attaccato alle pareti. - Yes. - rispose facendomi l'occhiolino e scendendo dall'auto. Quello era il mio nuovo inizio.
   
 
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