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Autore: deborahdonato4    27/08/2015    1 recensioni
Ade è annoiato per via dell'assenza di Persefone.
Apollo si trova negli Inferi come punizione.
Cosa mai potrebbe accadere tra i due?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ade, Apollo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ade inspirò profondamente e guardò Zeus seduto sul suo trono, e disse quello che doveva dire da moltissimi anni.

«Amo suo figlio Apollo, e voglio divorziare da Persefone.»

Zeus si grattò il mento, a disagio. «Lo sai che mio figlio è anche tuo nipote, vero?»

Ade scrollò le spalle. «Lo sai che Era è nostra sorella, vero?»

Zeus fece una smorfia. «Grazie per avermelo ricordato.»

«E che anche Persefone è mia nipote..?»

«Basta, basta, ho capito.» sbuffò Zeus, guardandosi attorno. «Va bene, puoi divorziare da Persefone. Ma.... Davvero le tue intenzioni con Apollo sono così serie?»

«Molto serie, sì.» sorrise Ade.

«Allora... fai quello che devi.»

Ade annuì, inclinò la testa e scomparve con un viaggio ombra.

Ade si ritrovò nella camera di Apollo. Il dio della musica dormiva nudo a pancia in giù sul letto, un cuscino tra le braccia. Ade notò che era il suo cuscino. Probabilmente Apollo lo stava abbracciando perché portava ancora il suo odore.

Si avvicinò al dio e gli diede un bacio sulla testa. Erano passati tre giorni da quando aveva deciso di lasciare Persefone. Lo avrebbe fatto anche prima, ma Apollo lo aveva tenuto con la forza nel suo letto, e Ade non aveva avuto alcuna intenzione di scappare.

Apollo bofonchiò qualcosa nel sonno e si voltò supino. Ade lasciò scorrere gli occhi sul suo corpo nudo, poi si fece forza e lasciò la stanza. Doveva parlare con Persefone a quattro occhi, senza Apollo gongolante al suo fianco pronto a stappare lo champagne in faccia alla figlia di Demetra.

Ade arrivò nella sala del trono, e lo trovò vuoto, le anime in attesa. Ade finse di non averle viste e si diresse verso le stanze della moglie. La individuò mentre usciva dalla sua stanza, sistemandosi la spallina di un corto abito nero. Affianco a lei, una valigia.

«Finalmente, Ade!» esclamò la donna, vedendolo. «Sono giorni che ti cerco. Mi spieghi cosa ci fa Ermes legato a testa in giù nelle segrete?!»

«Cos...? Merda.» Ade si passò le dita tra i capelli. Sapeva di essersi dimenticato qualcosa! «Dopo vado a liberarlo. Ho bisogno di parlare con te.»

«Sei tornato con Apollo, vero?»

«Cosa te lo fa pensare?!»

Persefone guardò il succhiotto che spuntava dal colletto di Ade. «Intuito femminile.» disse, sarcastica.

Ade si sistemò il colletto. «Ma devo parlarti anche di altro.»

«Allora muoviti. Dovrò andare da mia madre a minuti.»

«Voglio il divorzio.»

Il silenzio calò nel corridoio. Non si udivano nemmeno più le anime che imploravano perdono e pietà nella sala del trono.

«Erano... secoli... che aspettavo queste parole.» mormorò Persefone, ansante, fissando torva Ade. «E tu ora vuoi divorziare da me solo per quello?»

«Per quello?» ripeté Ade, perplesso.

«Apollo!»

«Ah. Sì, esatto. Voglio stare con lui, non con te.»

«Pensavo che mi amassi.»

«L'amore che provo per lui è molto più forte.»

«Sono condannata a vivere per sempre qui. Lo sai, vero?!»

«E cosa vuoi da me?» Ade fece un debole sorriso. «Perché dovrei continuare a definirti mia moglie, se il nostro amore è spento?»

«Le cose tra di voi non funzioneranno.» sbottò Persefone, rossa in viso. «Lo conosci, Apollo. Sai quante relazioni ha avuto. Avrà altre donne, avrà altri uomini... e tu ti troverai solo.»

Ade inspirò profondamente. «Lo sopporterò. Dico davvero. Ora vattene da tua madre, e parla con tuo padre.»

«Lo farò.»

Quando Ade rientrò in stanza, trovò Apollo steso sul tappeto, nudo, intento a suonare il Valdezinator.

Ade sorrise, ricordando com'era cominciato quell'idillio amoroso tra loro. Apollo stava suonando proprio il Valdezinator quando era entrato nella sua stanza per controllarlo. Aveva promesso a Zeus che lo avrebbe trattato bene, per come si potesse trattare bene qualcuno segregato negli Inferi per i futuri cinquant'anni.

Ricordò le numerose volte in cui era entrato in quella stanza. Sorridendo, ricordò quella volta in cui era entrato mentre Apollo si divertiva da solo.

«Ehi, Ade.» lo salutò Apollo, interrompendo la musica dolcissima e sorridendogli. «Sei stato da Zeus?»

«E da Persefone.»

«Ah... Ti ho detto che volevo esserci...»

«Ho preferito parlarle da solo.»

Apollo si alzò in piedi e gli si avvicinò. «Hai dell'icore sulla maglietta.»

Ade abbassò lo sguardo. «Ah, deve essere...» Si interruppe, imbarazzato. Forse era meglio non dirgli che Ermes aveva passato gli ultimi tre giorni appeso come un salame nelle segrete e, quando Ade lo aveva liberato, aveva perso un po' di icore dai polsi.

Apollo lo guardò curioso e Ade gli passò le braccia attorno al collo, cancellando le distanze e baciandolo con energia. Apollo ricambiò con lo stesso entusiasmo, e Ade si sentì spingere verso il letto.

«Quindi?» domandò Apollo, sedendosi su di lui e arruffandogli i capelli. «Cos'è successo con Zeus e Persefone?»

«Zeus mi ha lasciato il permesso di divorziare, e l'ho comunicato a Persefone.»

«Come l'ha presa?»

Ade alzò le spalle.

«Immagino che sua madre trasformerà tutto il cibo in cereali...» mormorò Apollo, tetro.

«Possibile.» Ade rise e lo baciò. «Non mi interessa dei cereali se posso mangiare te.»

Apollo sorrise entusiasta, arrossendo, e ricambiò il bacio.

*

«Ade, guarda! Un'altra foto di Kurt!»

Ade finì di parlare con un'anima, appena condannata ai Campi della Pena, e si voltò verso Apollo, seduto sul vecchio trono di Persefone.

«Cosa?» domandò, perplesso.

«Nico ti ha mandato un'altra foto di Kurt. Quelle guanciotte paffute sono così adorabili!»

Ade prese la foto e studiò il piccolo Kurt. Aveva da poco compiuto i due anni. Nella foto, sedeva sulle ginocchia di un Nico adulto e sorridente, con le occhiaie e un braccio al collo.

«Che si è fatto al braccio?» domandò Ade, curioso.

«Ah, nella lettera dice di essere caduto da cavallo...»

«Che stupido idiota.»

Apollo ridacchiò. «Dai, non parlare così di tuo figlio!»

«Ma se è uno stupido idiota rimane tale anche se è mio figlio.»

Apollo rise forte.

Ade continuò a guardare il piccolo Kurt. I capelli rossi e le lentiggini gli davano un'aria cattivella. Immaginò che le occhiaie di Nico fossero dovute proprio al bambino.

«E perché tuo figlio non lo ha curato?» chiese Ade.

Apollo scorse veloce la lettera con lo sguardo. «Qui dice che Will lo ha giù guarito, ma visto che Nico si è fatto male ad una festa di lavoro, deve fingere di avere ancora male.»

«Capisco. Be', resta un po' idiota.» Ade tese la foto ad Apollo, che la riprese, infilandola nella busta azzurra.

Apollo squadrò la fila di anime in attesa. Guardò Ade fare cenno ad un'altra di avvicinarsi, e venne spedita negli Asfodeli.

«Tutto bene, Apollo? Sei silenzioso. E mi inquieti da silenzioso.»

Apollo sorrise dolcemente ad Ade. «Ti sto solo guardando mentre svolgi il tuo lavoro.»

Ade tacque per qualche secondo, poi chiese: «E lo sto facendo bene?»

«Non bene quanto mi coccoli dopo l'amplesso, ma nel complesso sì.»

Ade rise di cuore. «Non mi abituerò mai a queste tue frasi.»

«Lo so. È per questo che mi ami.»

«Già, è per questo che ti amo.»

*

Apollo si sedette sulla poltrona e guardò Ade dormire. Avevano da poco finito di fare l'amore, e Ade era crollato subito dopo averlo abbracciato.

Nelle ultime settimane si erano amati parecchio, e allo stesso modo avevano passato tempo senza toccarsi o guardarsi in modo malizioso. Ade lo ascoltava suonare il pianoforte, a volte aggiungendosi anche lui. Apollo restava seduto sul trono di Persefone - ormai era divenuto suo - e guardava Ade smistare le anime. Era divertente, dopo qualche settimana.

Con un sospiro, Apollo tornò sul letto e accarezzò la schiena di Ade. Era ricoperta dei suoi succhiotti, e si divertì a fargliene un altro sulla scapola, visto che dormiva.

«Apollo...» borbottò Ade, aprendo gli occhi e cercandolo.

Apollo gli si coricò affianco, tenendogli la mano con fare possessivo sul sedere. «Sono qui.» gli sorrise.

Ade lo baciò sul mento e gli posò la testa sul petto. «Ho sonno.» brontolò.

«Lo so.»

«Allora perché mi baci?»

«Non c'è scritto da nessuna parte che non lo possa fare.»

«Allora te lo dico a voce. Non mi baciare mentre dormo.»

Apollo ridacchiò, tirandogli all'indietro una ciocca di capelli. «E come mai?»

«Perché voglio essere sempre sveglio quando mi baci, per poterti restituire il bacio.»

«Ma quanto sei dolce!» esclamò Apollo, e iniziò a baciarlo avido.

Ade ricambiò il bacio, sorridendo, e non ebbe più modo di dormire.

Quando ebbero finito, Ade restò steso nel letto. Accarezzò i capelli dorati del dio, pensieroso. Apollo gli accarezzava la gamba poggiata contro di lui, e si divertì molto a sentire i lievi sussulti di Ade.

«A cosa stai pensando?» domandò infine Apollo, rigirandosi tra le sue braccia e dandogli un bacio sul petto.

«A me e a te.» disse Ade, guardandolo con il volto oscurato da ombre.

«Mmh.» Apollo lo guardò serio. «Non mi sembrano belli pensieri.»

«Lo sono, invece. Voglio portarti da qualche parte.»

«Da qualche parte dove?»

«È questo che non so.»

«Aspetta... stai organizzando un appuntamento?»

Ade sospirò. «Esatto.»

Apollo lo guardò commosso.

«Ma sono una frana in queste cose.»

«No, non lo sei.» Apollo si allungò su di lui e lo baciò sulla bocca. «Possiamo andare in Giappone.»

«Giappone?»

«Esatto. Mi piacerebbe visitarlo con te.»

«D'accordo...»

«Magari nella stagione dei fiori di ciliegio.» sorrise Apollo, mordicchiandogli la pelle.

«Magari.»

Ade lasciò che Apollo lo accarezzasse e lo baciasse, e quando capì dove intendeva andare a finire il dio della musica, scese in fretta dal letto e si rivestì.

«Lavoro.» sorrise.

«Uffa.» sbuffò Apollo, mettendosi seduto, e Ade lo trovò irresistibile con i capelli tutti scompigliati.

«Mi dispiace.» Ade lo baciò teneramente e lo lasciò da solo. Apollo si limitò ad abbracciare il cuscino con le guance in fiamme. Era felice che tutto fosse tornato alla normalità, tra di loro.

*

La settimana successiva, si ritrovarono in un parco giapponese. Apollo raccolse un petalo di ciliegio dalla strada, e sorrise guardando Ade.

«Qui è meraviglioso.» gli disse.

«Lo so.» disse Ade, dandogli un bacio sulla guancia. «Ma siamo venuti qui per pranzare.»

«Giusto.»

Si presero per mano e si avviarono tra i prati. Erano nascosti dalla Foschia, ma a nessuno dei due importava di essere visti.

«Che bello, un picnic in Giappone!» esclamò Apollo, guardandosi attorno emozionato. «Molto più di quanto mi aspettassi!»

«Lo immagino.» Ade si fermò, stese una coperta nera e vi sedettero sopra. Recuperò i tramezzini dal cestino e glieli porse.

Apollo mangiò il primo sorridendo, passandogli la bottiglia di tè verde. Ade la sorseggiò guardando il panorama che li circondava.

«Grazie per questo appuntamento.» mormorò Apollo, guardandolo con le guance arrossate.

«Non devi ringraziarmi. Tu fai così tanto per me, tutti i giorni. E io ti regalo un appuntamento ogni tanto.»

«Dai, anche tu fai tanto per me. Mi massaggi nella vasca, mi trascini per la stanza dalla caviglia quando dormo fino a tardi... Fai tanto per me. E sono serio.»

Ade annuì, giocherellando con il sandwich al prosciutto. Apollo lo guardò intensamente, poi si mosse verso di lui e lo baciò.

«Ti amo, Ade.» gli disse Apollo, sorridendogli. «Ti amo, e voglio che non te lo dimentichi.»

«Ti amo anch'io.» annuì Ade, inspirando a fondo. «E non voglio che te lo dimentichi.»

Ade si frugò in tasca e Apollo ridacchiò. «Non me lo dimenticherò, dico davvero. Infondo, abbiamo tutta l'eternità davanti.»

«Ecco, appunto, parliamo un momento di eternità e futuro.» Ade lo scrutò con attenzione. «Vuoi sposarmi?»

Apollo annaspò e lo fissò con gli sbarrati, lasciando cadere il tramezzino che teneva tra le mani.

«C-Cosa hai d-detto?» balbettò.

«Ho chiesto se vuoi sposarmi.»

«Ma c-cosa...»

«Apollo, vuoi sposarmi?»

Apollo inspirò profondamente e cercò una scappatoia.

Ade arrossì notando il suo sguardo.

«Porco Crono.» balbettò Ade, rinfilando l'anello in tasca. «Cioè, io credevo che tu... insomma... pensavo che, per sottolineare il nostro rapporto, servisse qualcosa di... ecco, qualcosa di duraturo, per questo ti ho portato qui, per... per farti la proposta di matrimonio. Ma se... se non vuoi... capirò, e... Be', in effetti, non è poi così importante sposarci. Possiamo stare insieme per sempre anche senza questo stupido anello al dito...»

«Ade...»

«Non è poi così importante! Io lo volevo solo per farti capire quanto ti amo, e quanto ti desidero ogni giorno. Ma possiamo anche farne a meno.»

Ade riprese l'anello e lo lanciò verso il laghetto. I due lo osservarono affondare in acqua, e per qualche minuto il silenzio regnò tra di loro.

«Perché cazzo lo hai gettato in acqua?!» esclamò Apollo, scosso.

«Be', tanto mica lo posso riportare in negozio. L'ho fatto io.»

«L'hai fatto tu?»

«Sì. Era fatto di ossa.» Ade si voltò a guardarlo con il volto arrossato. «Possiamo far finta che non sia mai accaduto?»

«Che tu mi abbia fatto una proposta di matrimonio?»

«Esatto.»

«Una proposta a cui stavo per rispondere di sì?»

Ade aprì la bocca e la richiuse, stordito. Sembrava un pesce fuor d'acqua.

«C-Cosa hai d-detto?» balbettò Ade.

Apollo si guardò le mani. «Ho detto che, se quella di prima era una proposta di matrimonio, avrei risposto di sì. Che ti sposo.»

Ade restò per qualche secondo a fissare la superficie dell'acqua, ormai completamente piatta. Non sembrava che avesse gettato un anello poco prima.

Balzò in piedi, corse fino all'acqua e si tuffò. Impiegò cinque minuti buoni a trovare l'anello, incastrato sul fondale. Lo prese e tornò su.

«APOLLO!» urlò Ade, dall'acqua, tenendo alzato l'anello. «VUOI SPOSARMI?»

Apollo ridacchiò, e gli andò incontro. «CERTO CHE TI SPOSO, IDIOTA!» urlò.

«BENE!» gridò l'altro, uscendo dall'acqua, e quasi inciampando. Gli infilò l'anello al dito, e lo guardò.

«Sei così imbranato.» rise Apollo, scompigliandogli i capelli bagnati.

Ade lo afferrò per il braccio e lo spinse in acqua.

Apollo strillò divertito e lo trascinò in acqua con sé.

   
 
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