Libri > Il Labirinto - The Maze Runner
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Autore: Stillintoyou    28/08/2015    1 recensioni
{Sequel di Benvenuta nella radura}
Non sapevo nulla di tutto quello, e non sapevo come poteva essermi utile.. Ma erano informazioni interessanti. E, in un certo senso, non mi erano nemmeno nuove.
Che pensiero stupido... era ovvio che non potevano essermi poi del tutto nuove!
‹‹ Spero solo che nessuno dei soggetti si ammali gravemente durante la fase due ›› mormorò, riportando la sua attenzione sul fascicolo che gli avevo passato poco fa.
Prima che potessi aprire bocca per chiedere qualche informazione riguardante questa fantomatica “fase due”, entrò qualcuno in stanza. La solita dannata assistente di mio padre, quella che portava gli occhialoni ed aveva un naso più lungo di un becco d'anatra.
‹‹ Signor Richard... sono qui. Sono arrivati ››
Mio padre annuì, tornando a sedersi sulla sua sedia e schioccando la lingua ‹‹ Bene. Cominciamo, allora ››
Genere: Avventura, Fluff, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Sembrava tutto normale. Tranne per il fatto che all'improvviso erano tutti dannatamente interessati a ciò che succedeva nell'ala esterna della base.
“Sono qui. Sono arrivati.”
Chi era arrivato?
Non ne sapevo nulla. Non potevo sapere nulla, come al solito.
Era passato un giorno ormai da quando ci avevano chiamato. Un giorno... forse due. Ormai da quando stavo lì dentro non avevo più la cognizione del tempo... O almeno, non era esatta.
Cominciavo a sospettare che una delle scienziate mettesse qualche calmante nel mio cibo, o qualcosa di simile, perché ogni volta che mi portava il cibo della mensa aveva un sorrisetto da “so tutto io” che provocava solo la voglia di sbatterle in faccia il vassoio.
Aveva dei capelli simili ad uno spaventapasseri in piena crisi post-sbornia (non ricordo nemmeno com'è fatto uno spaventapasseri): biondicci e sparati. E se aveva veramente trent'anni, come sosteneva mio padre, allora lei, come altre, doveva esserseli fatta tutti in contromano.
‹‹ Beh, ci hanno messo un po' ad arrivare. Rispetto al gruppo B, dico ›› disse quella scienziata, appunto, mentre beveva il caffè seduta accanto a mio padre, che aveva l'ennesimo fascicolo sotto il naso. Stavano leggendo i dati.
Decisi di non leggere... O meglio, non potevo farlo sta volta perché la biondina maledetta non voleva.

Mio padre annuì in sua risposta ‹‹ i risultati sono anche differenti. Non dico che sono deludenti, ma... Sono inferiori. Meno sopravvissuti, condizioni lievemente più scarse... ma c'è da dire che il colpo di scena del sacrificio finale mi ha particolarmente colpito. ›› continuò papà.
Tesi le orecchie, improvvisamente interessata a ciò che stavano dicendo.
Sacrificio? Di che parlavano?
‹‹ In effetti in questo gruppo ci sono legami differenti rispetto all'altro. Sembrano tutti più uniti, in un certo senso, soprattutto rispetto a prima... Probabilmente è anche per questo che la loro cianografia è stupefacente. ››
‹‹ È differente dall'altro gruppo ››
‹‹ Mi chiedo se lo saranno anche al loro risveglio, quando vedranno i tatuaggi della marchiatrice.
I titoli affibbiati a loro›› la biondina rise. Una risata così falsa da farmi accapponare la pelle ‹‹ Sicuramente il soggetto A7 sarà soddisfatto. L'ultima volta ha detto che voleva qualcosa di “figo” ››
‹‹ Probabile.››
‹‹ La marchiatrice è stata fantastica questa volta, ha tatuato tutti in tempo record e senza un minimo rumore o errore ››
‹‹ Sì, lo so, ho visto ›› mio padre cominciava a spazientirsi, rivolgendole occhiatacce brevi, ma intense.
‹‹ Janson è già lì. Tra poco cominceremo con la fase due. Non vedo l'ora! Secondo me da questi ragazzi avremmo seriamente degli ottimi risultati. In fondo non ci hanno deluso. L'élite aveva ragione su di loro. Hanno dell'ottimo potenziale. ››
‹‹ Marie... Basta parlare di questo ›› sussurrò, facendole segno di fare silenzio e che avrebbero continuato a parlarne dopo.
Sicuramente perché io ero lì...
Ora sì che volevo sapere cosa stava succedendo.

Detestavo non sapere nulla. Erano passati un paio di giorni ed io, ancora, non sapevo niente di niente.
Janson per un po' era sparito dalla circolazione. Sapevo solo che si trovava nell'ala esterna della base... che non era altro che una mini base non troppo distante dalla nostra.
Cosa cavolo c'era di così importante in quel posto? Era stato costruito in pochi giorni, o forse era un posto già esistente, ma che nessuno calcolava poi tanto.
Sapevo che c'erano stati dei movimenti negli ultimi giorni, che c'era qualcosa di importante in corso, ma non mi avevano detto cosa e, per quanto avessi provato ad investigare, non avevo ottenuto una singola risposta.
Niente di niente.
Non mi era concesso accedere alle stanze di controllo dell'ala esterna e non era possibile entrare senza essere visti o bloccati.
C'erano un sacco di scienziati che facevano avanti e indietro in quella stanza ed erano tutti dannatamente sommersi di lavoro.
Parlavano di quanto si stava svolgendo tutti secondo i piani, di come le cose andavano tutte nel verso giusto, per il momento.
‹‹ La telepatia è interrotta. O meglio, quasi. Diciamo che possiamo comunque controllarla, in un certo senso ›› disse una delle scienziate ad un'altra. Di quelle due, sapevo solo che erano di due progetti simili, ma diversi. Si aggiornavano di continuo, ormai i due reparti, dedicati ai progetti simili, si erano uniti e si scambiavano informazioni.
Era diventato tutto un progetto unico, o qualcosa del genere.
Mi sentivo esclusa.
Sapevo che era un bene, perché voleva dire che ora non ero ufficialmente più parte di tutta quella struttura malsana, spacciata per buono.
Perché “C.A.T.T.I.V.O. è buono”. Sì, certo.
Era frustrante. Ero stressata. Volevo sapere il motivo di così tanta segretezza e silenzio.
E volevo tornare nella radura. Almeno lì non ero chiusa tra quattro mura giorno e notte.
O meglio... sì, lo ero, ma almeno ero al verde e a prendere dell'aria fresca. Ed almeno non ero sola...
Quel posto cominciava ad essermi dannatamente stretto.
Ogni corridoio era uguale. Bianco, spoglio, senza una minima finestra che permettesse di guardare fuori o di far entrare un minimo di luce. Non che il paesaggio esterno fosse esattamente bello, perché a dire il vero era piuttosto deprimente, ma sempre meglio della dannata luce artificiale accesa 24h su 24.
Solo gli uffici ai piani alti, come quello di mio padre, aveva una finestra o al massimo due, con vetri temperati per evitare che il caldo soffocante riuscisse ad entrare.
Per il resto, nei corridoi, il massimo di arredamento che c'era era un vetro che permettesse di guardare gli esperimenti nei laboratori, scrivanie in metallo e qualche pianta qua e là (finta o comunque fatta in laboratorio nella speranza, un domani, di ricreare in modo artificiale tutta la flora ed eventualmente la fauna). Nient'altro. Solo persone con camici lunghi fino ai piedi. Silenzio totale, fatta ad eccezione per qualche brusio di parlantine continue proveniente dai laboratori. Anche le stanze erano insonorizzate, e questo dava solo la sensazione di tristezza assoluta.
Poi, dal nulla, ecco il rumore di passi veloci. Qualcuno correva nei corridoi.
Che fosse qualche spaccato? Ma sarebbe scattato l'allarme. Non poteva essere...
‹‹ Prendetemi se ci riuscite! ›› gridò qualcuno. Una voce familiare che mi causò i brividi.
‹‹ Fermati, dannazione! ›› gridò Terrance, uno degli scienziati addetti all'analisi della cianografia.
Erano veramente a pochi passi da me
‹‹ Mai! Non mi prenderete mai! ›› e, poco dopo, sbucarono fuori dal corridoio accanto e mi passarono davanti.
Il ragazzo che mi passò davanti, era nudo. Completamente nudo.
E capii anche perché la voce non mi era nuova.... perché era Gally.
‹‹ Ciao Elizabeth!... cos... Elizabeth? ›› si fermò, mi guardò con gli occhi sgranati e, ancor prima che potesse nuovamente proferire parola, venne acchiappato da Terrance e buttato a terra di peso.
Erano in tre a tenerlo fermo. Gli fermarono i polsi contro il pavimento.
Cosa ci faceva Gally nella base della C.A.T.T.I.V.O.?
‹‹ Oswald! Il Siero! Porta il dannato siero! ››
‹‹ Il siero? ›› corrugai la fronte. Gally aveva la bocca tappata dalle grosse mani di uno degli scienziati che, se non ricordo male, si chiamava Morley ed era della Transilvania.
Oswald, invece, si alzò dal corpo di Gally e corse dentro uno dei laboratori non troppo lontani, tornando poco dopo con una grossa siringa in mano, accompagnato da Marie, che mi rivolse il suo solito sorrisone.
‹‹ Elizabeth, vuoi un goccio d'acqua? ›› domandò con un tono cordiale. Corrugai la fronte. Ero confusa, non avevo mica sete. Schiusi le labbra per declinare la sua offerta, ma non uscii un solo suono dalle mia labbra. Perché mi sentivo così stanca all'improvviso? Non era la prima volta che provavo quella brutta sensazione.
‹‹ Non deve sapere nulla, adesso. Bella mossa usare una marchiatrice per iniettarle il siero, Marie. Così saremo sicuri che non ricorderà questa bella esperienza. ›› disse Terrance, mentre pungeva il braccio di Gally con la grossa siringa portata da Oswald.
Sentii le mie gambe cedere ed abbandonarmi al suolo. Dalla mia spalla, scese una delle marchiatrici. Dannati affari talmente leggeri da non accorgerti nemmeno di averli addosso.
‹‹ Ti prego, non farmi dimenticare tutto. Non voglio dimenticare tutto... Non voglio dimenticare niente... ›› mormorai, come se stessi parlando ad un esterno, quando invece mi appellavo semplicemente a me stessa.
Fu tutto ciò che riuscii a dire prima di addormentarmi e veder sparire tutti i volti delle persone che avevo davanti. Tutti.
Vidi solo le tenebre, che mi circondarono in poco tempo come delle vecchie compagne appena ritrovate.
Non volevo dimenticare. Non volevo dimenticare la radura. Non volevo dimenticare i radurai.
Non ora che stavo lentamente rimettendo insieme i pezzi del puzzle.
Non volevo dimenticare nessuno.
Non volevo dimenticare la mia famiglia.
Non volevo dimenticare Newt.


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