Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Faith Grace    28/08/2015    6 recensioni
{Au - malattie terminali, tematiche delicate, uso di droghe, tentato suicidio, prostituzione minorile}
Nella stanza di Roxas, poco sopra la marea di fotografie che sormontano la testata del suo letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera, risaltano tre paroline bianche. Viva la Vida è un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. E mentre Roxas combatte le sue battaglie, Axel cerca di salvarlo.
Act 1 - Knowing Roxas: the kid without fear (1-9)
Act 2 - Reminiscences about Xion: the sad girl with big bue eyes (10-11)
Act 3 - Xemnas' silent scream: shut your eyes and pull the trigger (12-20)
Act 4 - Veridis Quo: No Heroes Allowed (21~)
Genere: Angst, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Axel, Cloud, Roxas, Sephiroth, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Viva la Vida or Death and All His Friends'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Viva la Vida
Act. 4
Veridis Quo: No Heroes Allowed



#21. Who will survive and what will be left of them

Roxas aveva sempre pensato che i ricordi rimanessero intatti, passando dal tedio all’estasi, dall’illusione all’amarezza. Li amava e li disprezzava allo stesso modo, come amava e disprezzava se stesso, e senza neanche accorgersene egli aveva costruito casa tra le reliquie delle sue reminescenze, tra le luci e le ombre del suo giardino interiore. Spesso pensava a Xion. Ai suoi occhi, ai suoi capelli e al suo incarnato. Senza saperlo l'abbelliva nei suoi ricordi, faceva di lei una principessa, irraggiungibile come una femme fatale, una poesia triste e commovente. La custodiva come un tesoro prezioso e inaccessibile, a cui nessuno era concesso venirne a conoscenza.
E Xion era sempre stata con lui, anche dopo la morte, come un ricordo ostinato, l'ombra di una vita insolente. Era una presenza reale al suo fianco.
"Prep?"
Xion non era affatto cambiata, con grazia lei indossava i suoi eterni 14 anni mentre gli rivolgeva uno sguardo carico di affetto.
"Sono felice che sei ritornato da me, prep" sussurrò avvicinandosi e appoggiò la fronte sulla spalla di lui "Per lungo tempo non mi hai cercato"
Roxas racchiuse la ragazza tra le braccia e appoggiò il mento sul suo capo, senza dire niente, perché era questo che faceva quando era con lei. In quel momento non c'erano emozioni o sentimenti, passato o futuro, Roxas era un guscio vuoto e la sua esistenza era finalizzata in funzione di quel preciso attimo. Era normale che Xion fosse tra le sue braccia, era normale che si trovassero in una cattedrale. Non aveva bisogno di alzare lo sguardo per ammirare il soffitto altissimo e ricco di affreschi o la navata centrale costeggiata da colonne di marmo decorate con motivi dorati o ancora le enormi vetrate in stile gotico che emanavano fasci di luce colorati. Non era mai stato lì ma sapeva di conoscere già quella chiesa. Tutto per lui era cosi normale e scontato.
"L'ho fatto" rispose Roxas dopo un lungo silenzio "Tu sei sempre stata con me. Anche quando volevo dimenticarti ti vedevo ovunque, ma quando ti parlavo tutti pensavano che fossi pazzo. Ero stanco, ho tentato di raggiungerti ma non ce l'ho fatta. Io ho dovuto smettere di cercare il tuo nome per far felici loro" immerso com'era non si era accorto che a un certo punto aveva iniziato a parlare con maggior foga e si era allontanato dalla ragazza, le aveva preso i polsi e la scrutava con sguardo bisognoso di certezze "Xion, secondo te cercare una persona importante significa essere pazzi?"
"No prep, è da pazzi frapporsi, ma anche quello che hai tentato di fare è imperdonabile. Non puoi porre fine alla tua vita con tanta leggerezza"
Ma Roxas la guardò con gli occhi di chi aveva vissuto troppo, di chi aveva detto basta, di chi era stanco di giustificarsi o dare spiegazioni. Non voleva sentire Xion pronunciarsi su quello. Se lui era arrivato sul punto di abracciare la Morte come la più cara delle sue amiche nessuno aveva il diritto di immischiarsi o decidere al posto suo. Non era stato un incidente come tutti credevano, quel giorno era lucido, era nel pieno possesso delle sue facoltà e se lo aveva fatto era perché lo voleva. Neanche Naminé, che era l'unica con cui era sempre stato sincero e si era confidato, era a conoscenza delle sue intenzioni.
Xion però non si crucciò del suo silenzio e gli passò una mano sulla guancia, ne tracciava il profilo mentre amava ogni luccichio nelle pozze celesti dell'altro "Ma questo è stato tanto tempo fa..." sussurrò come se volesse convincere di più se stessa "Adesso sei cresciuto, te lo si legge negli occhi"
"Tu invece non sei cambiata di una virgola"
Xion gli sorrise malinconica ma Roxas le allontanò la mano dal suo viso. Non sopportava la strada che stava prendendo la conversazione, quando loro erano insieme finivano sempre per cadere nella stessa trappola di odio e amore. Inspirò profondamente, lasciando che la sua mente si svuotasse, più di quanto non fosse, e poi parlò di nuovo "Xion dimmi la verità, io sono morto?"
Ci fu un momento di silenzio tra i due ma quella non fu una domanda inattesa, dopotutto era il motivo per cui si tovavano lì. La ragazza dai capelli corvini si umettò le labbra secche ma non si scompose, il suo sguardo non fu mai cosi austero.
"Il tuo cuore ha cessato di battere un paio di minuti fa" questa fu la sua unica risposta e Roxas pronunciò una flebile esclamazione di stupore ma non si sbilanciò più di tanto, era come se in un certo senso se lo aspettasse e che si fosse gia preparato mentalmente.
Era come guardare un condannato a morte che aveva passato i suoi ultimi giorni a pregare per la sua anima e che ora aveva appena ricevuto la sua condanna. Xion si strinse nelle spalle al costante ricordo di come avesse rovinato la vita del biondo e di tutte le volte che lo aveva coinvolto e così, come a voler scappare da tutti i suoi rimorsi, gli rivolse un'ultima volta la parola con voce leggermente tremante “Vieni con me, non c'è tempo"
Roxas la scrutò attentamente mentre lo superava ma non si fece prendere alla sprovvista: iniziò a correre nella sua direzione, veloce, sempre più veloce, e più pensava di avvicinarsi a lei e più la distanza tra loro aumentava. Xion era sparita e con lei anche la chiesa. Senza sapere come, si ritrovò in un corridoio bianco di cui non riusciva a intravedere la fine e udì delle voci confuse e vorticanti ma non era capace di tracciarne la provenienza. Le luci, prima deboli e sfocate, adesso lo abbagliarono e per pochi secondi fu costretto a chiudere gli occhi per non rimanerne accecato.
"Valori in diminuzione"
"Preparate le sacche per le trasfusioni"
"La sala operatoria è pronta"
Roxas sussultò quando si accorse che quelle voci si avvicinavano a gran velocità e si girò giusto in tempo per adocchiare un gruppo di infermieri che trasportavano delle barelle. Era in un ospedale. La situazione doveva essere critica, si disse, a giudicare dalla foga con cui tutti correvano. Cercò di raggiungerli e gettò un'occhiata giusto per curiosità. Sulla prima barella c'era Axel, la sua divisa di basket era coperta di sangue e un infermiere stava cercando di fermare l'emorragia con scarso successo mentre gli altri lo trasportavano, non sembrava che se la stesse passando tanto bene. Subito dietro di lui adocchiò Kairi, lei era sveglia e si teneva la gamba destra insanguinata tra le mani. Adocchiò anche un'altra ragazza che non conosceva ma spostò poi lo sguardo su un'altra barella che stava arrivando di gran corsa, aggrottò la fronte quando si accorse che il ragazzo su quel materassino era lui stesso vestito da pirata.
"Arresto cardiaco" Xion lo affiancò e gli prese una mano, la strinse forte e incrociò le dita con quelle del biondo.
"Non ho una bella cera"
"Direi proprio di no" sussurrò e con dolcezza lo portò davanti la finestra che dava dentro una stanza. C'era una gran foga all'interno, i medici stavano cercando di riportarlo in vita col defibrillatore. Ormai lo avevano usato così tante volte su di lui che gli erano rimaste anche delle piccole cicatrici sul petto. Per qualche strano motivo le mani gli pizzicavano alla vista di sé stesso lentamente cedere davanti alla morte, non riusciva a capire neanche lui cosa provava in realtà.
"Xion?"
"Uh?" la ragazza si strinse a lui ma non spostò lo sguardo dalla scena.
"Fa male morire?"
"No prep" sussurrò con voce flebile "Non si sente niente, è quello che c'è prima che fa male"
"Perché mi stai facendo vedere tutto questo?"
Roxas fu perforato dallo sguardo penetrante di Xion ma non ricevette mai risposta alla sua domanda. Così entrò nella stanza e si avvicinò al letto dove giaceva il suo corpo privo di vita. Era così pallido e i suoi capelli avevano perso la loro solita brillantezza; forse era una cosa stupida da dire ma gli piacevano i suoi capelli, anche se erano sempre ribelli e non riusciva mai a sistemarli a dovere. Ogni mattina lui e Sora facevano delle vere e proprie battaglie per cercare di assumere un aspetto di minima decenza, ma alla fine a scuola sembrava sempre che si fossero svegliati pochi minuti prima. Sora era sempre quello più in difficoltà a causa dei suoi capelli selvaggi e così Roxas finiva per doversene occupare. Gli scappò una leggera risata a quel pensiero, poi però si rabbuiò perché sapeva che adesso non avrebbe potuto più vivere quei momenti felici con suo fratello.
"Sai Xion" mormorò ad un certo punto, continuando però a fissare con commozione il suo corpo terreno "Mi sono sempre chiesto come sarebbero state le cose una volta che me ne fossi andato"
La ragazza si era seduta sul bordo del letto ed era intenta ad accarezzare un braccio del Roxas defunto, il biondo si sentì strano ad assistere a una scena del genere - dopotutto non era da tutti i giorni vedere la protagonista del tuo interesse platonico morta da anni, accarezzare il tuo corpo mentre tu ti trovi dall'altro lato della stanza e non in quel letto.
Xion non alzò il volto, neanche per rispondere “Perché ti poni queste domande invece di smaniare il ritorno tra i vivi?"
Il biondo inarcò un sopracciglio e si lasciò scappare una risata sarcastica, come poteva lei tra tutti fare una domanda cosi ovvia?
"Mi stai prendendo in giro? Guardami! Guarda il mio corpo rinsecchito sotto tutti quei tubi e fili, circondato da quei monitor e quelle attrezzature, in quel letto fin troppo grande" anche se non poteva sentirla davvero, si sentì quasi assalire da una sensazione di panico e angoscia e si portò le mani strette al petto "Ormai con la mia malattia contavo i giorni in cui il mio corpo continuava a trascinarsi avanti per inerzia. Non ce la facevo più, Xion. Ogni volta che venivo ricoverato d'urgenza o quando leggevo gli sguardi avviliti dei medici o dei miei genitori mi dicevo sempre "spero che questa sia la mia volta, spero che questa sia la mia volta", ma poi puntualmente venivo rimandato a casa, sempre con qualche diagnosi negativa in più e qualche accessorio ad ornarmi il corpo... Secondo te questa può chiamarsi vita? Biasimi ancora le mie scelte?"
Se Xion avesse sostenuto il suo sguardo sapeva che presto avrebbe ceduto alle lacrime. Ma non era quello il posto, non era quello il momento, adesso era lì per un altro motivo "E tutte le persone che ti vogliono bene allora? Non pensi a loro?"
"Ho causato già fin troppi problemi. Io sapevo che non dovevo lasciarmi coinvolgere più di tanto... come uno stupido ho usufruito della loro compagnia perché avevo paura... adesso senza di me tutti potranno continuare le loro vite"
"Tu credi che lasciandoli così vivranno meglio?"
"Sì"
Xion esitò alla fermezza della risposta dell'altro ma si ricompose immediatamente.
"Allora seguimi, forza"

L'ultimo luogo in cui Roxas si sarebbe immaginato di ritrovarsi era il giardino di casa sua, più precisamente davanti le due altalene solitarie che pendevano da un grosso albero.
"Scendi da lì" quello del biondo risultò come un atono richiamo ma in realtà era una vera e propria ammonizione "Quello è il posto di Sora"
"Pensavo che io godessi di un trattamento di favore" Xion rise e continuava dondolarsi, senza prestare attenzione alle occhiate fulminanti dell'altro. Da parte sua, Roxas stringeva i genti per non risultare scortese, perché su quelle altalene non poteva sedersi nessuno oltre a lui e Sora, era una legge che aveva imposto quest'ultimo quando erano piccoli - anche se un paio di volte il castano aveva trasgredito la regola e aveva fatto salire Riku sulla sua altalena... a Kairi invece non l'aveva mai permesso.
"Su queste altalene non sono ammesse concessioni o trattamenti di favore" liquidò Roxas affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e si voltò per fronteggiare la sua casa che sorgeva imponente in mezzo a una distesa di verde, l'erba era tagliata e curata meticolosamente cosi come tutti i cespugli fioriti che contornavano il perimetro dell'edificio, il cielo invece era plumbeo.
"Certo che sei molto geloso delle cose di tuo fratello" cinguettò la moretta scendendo con un agile salto, Roxas la ignorò e continuò a lasciarsi cullare dalla nostalgia che l'aveva assalito.
"Cosa facciamo qui?"
"Siamo in attesa"
Proprio nel momento in cui Roxas stava per chiedere cosa stessero aspettando udì una voce fin troppo familiare che lo chiamava e si girò di scatto. Sora correva verso di lui a gran velocità e in viso indossava un sorriso luminoso, sotto braccio aveva un piccolo cesto con un guantone e delle palle da baseball. Istintivamente il biondo abbozzò un sorriso di rimando, felice di rivederlo.
"Ti va di fare qualche tiro?" chiese il castano preso da una febbrile eccitazione.
Roxas annuì e si mise in posizione, divaricò le gambe in attesa che l'altro gli lanciasse la palla, ma il tiro non andò a buon fine perché la palla finì incastrata sull'albero.
"Tiro lungo" esclamò Sora, stupito come se fosse la prima volta che gli capitava "Scusa, errore mio, adesso te la rilancio!".
Sora si chinò nella cesta a prendere un'altra palla e si preparò al lancio. Il secondo tiro fu molto più rettilineo e deciso del secondo e Roxas era certo che l'avrebbe presa, ma proprio quando allungò la mano davanti a sé la palla sfuggì dalla sua presa e trapassò il suo busto da una parte all'altra.
"Cosa?" fece sbigottito il biondo guardando la pallina che adesso rotolava a terra come se l'avesse bruciato.
"Che ti prende, prep?" lo richiamò Xion da poco dietro.
"La palla" tentennò ancora scioccato da quello che era appena successo "La palla mi ha trapassato"
La ragazza inarcò un sopracciglio "E cosa ti aspettavi? Che rallentasse e ti aggirasse?" ironizzò con una risatina.
Il biondo sentì una strana sensazione all'altezza dello stomaco e udì andora una volta la voce di Sora.
"Dai Rox, questa era facile. Se manchi anche questa però non sarò io l'unica schiappa!"
Un'altra palla passò attraverso il ragazzo, che si spostò subito di lato per non essere 'colpito' ancora dai prossimi tiri. Era senza parole. Sora era davanti a lui, gli parlava e giocava con lui eppure la palla lo aveva oltrepassato e lui non aveva battuto ciglio - a dirla tutta la cosa aveva stupito più Roxas che Sora - anzi ora che ci faceva caso il castano stava ancora parlando e lanciando palle. Sembrava che giocasse... da solo?
"Xion, che diavolo sta succedendo qui?" chiese allarmato mentre si avvicinava all'amica che aveva assistito agli eventi sotto l'albero delle altalene.
"Non capisco perché ti sorprendi tanto, prep. Sei un fantasma, la gente non può vederti o sentirti"
"M-ma prima Sora...io..."
Roxas lasciò morire la frase a mezz'aria e continuò a guardare suo fratello che continuava a giocare e a parlare tranquillamente da solo, poi lo vide interrompersi di colpo e scoppiare a piangere e singhiozzare senza sosta. Non era possibile, cosa diavolo stava succedendo?
Poco più in là, seduto sulle scale del portico, adocchiò Riku che guardava con scarno interesse la scena. Sul suo volto si leggevano solo noia e disinteresse, come se fosse stufo di tutto ciò. Roxas si sentì il sangue ribollire nelle vene, o almeno metaforicamente parlando, e senza pensarci due volte percorse il giardino a grandi falcate e si piantò davanti al ragazzo dai capelli argentei.
"Che cavolo stai facendo?" sibilò a denti stretti "Vai da Sora! Perché te ne stai qui senza far niente?"
Riku però non sembrò vederlo o sentirlo, si limitò a passarsi una mano tra i capelli per ravvivarli e trasse un pesante sospiro. Seguì Sora con lo sguardo per un paio di minuti, sembrava quasi indeciso se raggiungerlo o no ma poi alla fine si alzo e si diresse verso la sua macchina. Roxas poté giurare di averlo sentito mormorare sottovoce un addio con un velo di nostalgia.
"Riku aspetta, dove stai andando? Sora ha bisogno di te... il tuo ragazzo ha bisogno di te" senza accorgersene si era ritrovato a rincorrerlo e ad alzare la voce ma l'argenteo non si era mai fermato, in men che non si dica era sparito dalla sua vista "Riku perché fai cosi?" l'ultima frase fu un mero sussurro.
"Loro ormai non stanno più insieme" Xion lo affiancò con flemma e alzò lo sguardo al cielo nuvoloso, presto la pioggia avrebbe lavato via le lacrime dei due ragazzi e non ne avrebbe lasciato più traccia.
"Perché... perché è finita così? Loro erano anche più uniti di me e Axel... perché Riku-"
"Riku ha fatto di tutto pur di salvare la relazione, Sora invece non si è preoccupato più di tanto. Ha iniziato a trascurare Riku sempre di più, da quel giorno ha perso ogni interesse...il desiderio di quello che non c'è più l'ha portato a perdere qualcosa di molto importante"
Roxas sentì l'aria bloccarsi in gola, i pugni stretti ai suoi fianchi avevano preso a tremare. Era la stessa cosa che stava accadendo con Axel. Avrebbe voluto dire tanto ma neanche un suono uscì dalle sue labbra, c'erano solo tanta delusione e tristezza per la sorte di suo fratello e del più stretto dei suoi amici.
"Avanti Rox" annunciò Xion circondandolo con un braccio "Andiamo dentro"
Roxas ne aveva già abbastanza ma non oppose resistenza e si lasciò guidare attraverso il giardino e la porta di ingresso, ancora con quella sgradevole sensazione che gli attanagliava l'animo, scrutava ogni più piccolo dettaglio come se fossero delle antiche reliquie: le fotografie che ritraevano quattro facce sorridenti con il mare o le montagne alle spalle, il salone completamente bianco che dava un senso di pace ultraterrena, il pavimento di marmo sempre perfettamente lucido e i gigli nei vasi sembravano appena colti, le tende erano appena tirate e sul tavolo di cristallo era poggiato quello che Roxas aveva riconosciuto essere un suo vecchio album di disegni. Anche se non era bravo come Naminé, gli piaceva provare a ritrarre le persone o i paesaggi.
La sua attenzione però fu ben presto catturata dalla voce incrinata di suo fratello che proveniva dalla cucina.
"Che stai dicendo? Ti ricordo che sto all'ultimo anno, i reclutatori quest'anno inizieranno ad esaminarmi. Il coach ha detto che la settimana prossima verrà uno da Providence apposta per me, non posso perdere quest'occasione!"
Ci fu un breve silenzio e Roxas immaginò che dovesse essere a telefono oppure qualcuno aveva semplicemente risposto a voce molto bassa, cosi senza perder tempo si affacciò nell'altro ambiente e vide Sora seduto all'isola della cucina e di fronte a lui c'erano suo padre a braccia conserte e sua madre che tentava di tenersi occupata con un bonsai.
"No. Mi rifiuto categoricamente di assecondare la tua richiesta!" parlò di nuovo il castano rivolto verso Cloud, c'era dell'astio nel suo tono e nel suo sguardo, qualcosa che non gli aveva mai visto in dosso, ma l'altro lo sosteneva con impassibilità.
"Ci sono tante altre attività più sicure che potresti praticare-"
"Io non abbandonerò il calcio solo perché ora sei fissato che io possa avere qualcosa"
"Il qt è molto difficile da individuare, potrebbe presentarsi in qualsiasi momento, dovresti saperlo, e i soggetti più a rischio sono proprio gli sportivi. Quanti giovani sono morti in campo perché non sapevano di averlo... io non voglio che a te possa capitare qualcosa"
Roxas sgranò gli occhi e si avvicinò con titubanza agli altri una volta ricevuto un cenno da Xion. La sua famiglia non poteva vederlo ma questo non toglieva che lui non potesse vederli o sentirli e l'ultima cosa che avrebbe voluto era vederli discutere di queste cose, ora che lui era morto che motivo avevano di parlarne ancora? Perché non erano felici invece?
"Questo non è il mio caso" ribatté Sora indurendo il tono "Mi avete fatto fare mille test in condizioni sempre diverse e non è mai uscito niente perché sto bene!"
"Questi test individuano il problema solo quando si presentano certe condizioni, bisogna riprovarli nelle occasioni più disparate-"
"È da quando avevamo 15 anni che abbiamo iniziato a fare esami su esami e io sono sempre risultato negativo. Mamma diglielo anche tu! Non può farmi lasciare la squadra per capriccio, lo sapete benissimo che sono sano"
Aerith per la prima volta alzò il naso dalla sua piantina e rivelò la sua espressione afflitta, non si era intromessa apposta "Sora a dire il vero anche io sono un po' preoccupata-"
"Cosa-" se il ragazzo fino a quel momento era sembrato stanco e angosciato piuttosto che realmente arrabbiato, adesso il suo sguardo era diventato infuocato e sul suo volto apparve una smorfia di sarcasmo "Ah, ma certo, che stupido che sono... dovevo immaginarlo che foste alleati"
"Sora, tesoro, aspetta" disse alzandosi dallo sgabello e si avvicinò pericolosamente a Roxas, anche se non poteva vederlo. Adesso Sora era diventato molto più alto rispetto a prima, il biondo gli arrivava appena alla spalla, e per un momento si chiese se sarebbe mai cresciuto come lui se non fosse morto.
"Non ti avvicinare!"
L'ammonizione di Sora lo fece trasalire dal suo fiume di pensieri e lo vide scansarsi da sua madre che cercava di andargli incontro.
"Noi lo stiamo dicendo per il tuo bene"
"Il mio bene? Vi rendete conto che la vostra è un'ossessione? Siete convinti che debba sempre succedere qualcosa di spiacevole. Sempre. Sempre. Sempre! E ora volete segregarmi in casa proprio come facevate con lui. Ma io non sono lui e non lascerò che facciate della mia vita quello che volete voi"
"Adesso basta" questa volta fu Cloud a intervenire e Roxas lo vide erigersi in piedi, lui rimaneva sempre più alto rispetto a Sora "Abbiamo provato a dirtelo in tutti i modi con le buone, vorrà dire che adesso parlerò io col coach e-" incominciò a parlare con voce che non ammetteva repliche, ma fu prontamente interrotto dallo stesso Sora.
"Papà ti rendi conto di quello che dici? Sei convinto che tutti debbano fare come dici tu, ma solo perché hai qualche gruppo di sottoposti che pende dalle tue labbra non significa che tu debba decidere la vita degli altri. Il mondo non ruota attorno a te. Io ora ho 18 anni sono grande abbastanza da prendere da solo le mie decisioni!"
"Bada a come parli, Sora, se non vuoi finire in punizione. Tu adesso non sei nessuno, siamo io e tua madre a decidere per te. Tu lascerai quel dannato club di calcio oggi stesso!"
"È così che reagisci quando ti senti minacciato, vero? Ora capisco perché Roxas vi odiava ed è scappato di casa!"
A quel nome tutti ammutolirono e impallidirono, compreso Sora. Nessuno nominava mai il nome di Roxas, da quel giorno lui era come un taboo, come una cosa che non era mai esistita. E Roxas si era accorto di come abilmente sviavano sempre il suo nome.
Sora era in preda al panico e guardando i volti stravolti dei suoi genitori si sentiva ancora più colpevole per quello che aveva detto, ma ormai il loro rapporto era incrinato da troppo tempo "Non aspettatemi" sussurrò prima di prendere le chiavi della macchina e chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.
Roxas afferrò nelle mani il petto che minacciava di esplodere da un momento all'altro, e le gambe fallivano a reggerlo.
Non ce la faceva ad assistere a scene del genere.
Non capiva... quella non era la sua famiglia, non poteva esserlo. Sora adorava i loro genitori, non avevano mai litigato, e non si sarebbe mai immaginato di alzare la voce.
"Sora non è più tornato" Xion lo prese per mano per sorreggerlo e si specchiò nel cielo infinito delle iridi del biondo "L'unica colpa di tuo padre è stata la paura. La troppa paura di perdere anche Sora gliel'ha fatto perdere comunque"
Tutte quelle cose che Xion gli aveva fatto vedere, a Roxas sembrava di ripercorrere gli errori che aveva commesso lui stesso. Il troppo attaccamento a Xion lo aveva allontanato da Axel e il loro rapporto ne era uscito minato da tutta quella situazione.
"Dai andiamo" mormorò dolcemente conducendolo attraverso il salone. Quando però Xion aprì la porta di vetro fuori non c'era il cortile di casa, non c'erano più la serra di Aerith o il lago. I due ragazzi si ritrovarono a passeggiare in un giardino apparentemente deserto; l'erba era curatissima, c'era qualche albero qua e là e in lontananza si sentiva il mare infrangersi contro gli scogli. Roxas però non domandò dove si trovassero perché sapeva che presto l'avrebbe scoperto, e infatti non passò molto tempo che intravide in lontananza sua madre in piedi in religioso silenzio davanti quella che sembrava una lapide di marmo bianco. Si trovavano in un cimitero e lì doveva essere dove giaceva lui.
Xion gli diede una pacca dietro la schiena per esortarlo ad avvicinarsi, ma lui era timoroso di sapere. I suoi passi erano lenti, sempre più lenti e rimase a distanza di sicurezza, come se avesse paura di rimanere ferito, e scorse Leon accanto a lei. I due stavano parlando a voce bassissima e Roxas non riusciva a capire cosa dicessero, così prese coraggio e li affiancò, andando a posizionarsi sulla sua lapide.
"Non si sistemerà nulla. Ho provato a contattarlo più volte, ma quel suo amico Tidus ha detto che non vuole sentirmi"
"È giovane, lascialo sfogare. Vedrai che prima o poi tornerà"
"Dimmi, Leon, che cosa ho sbagliato? Ho dato tutta me stessa per loro, cercavo di incoraggiarli a seguire i loro sogni, a essere buoni e giusti col prossimo. Io sono umana, ho fatto anche tanti sbagli, ma come potevo fare? Nessuno ti insegna a essere una madre"
Roxas era sempre rimasto con il volto fisso su quella lastra di marmo bianco sulla quale erano incisi il suo nome e la data di nascita e di morte, non ce la faceva a sostenere lo sguardo di sua madre poco dietro di lui, ma quando lei interruppe bruscamente il suo monologo Roxas si voltò di scatto e la vide piangere. Erano rare le volte che si lasciava andare così davanti agli altri, solitamente preferiva farlo di sera tardi quando tutti andavano a dormire e lei si rinchiudeva in bagno. Roxas lo sapeva perché quelle notti rimaneva sveglio, seduto dietro la porta della sua stanza in attesa che sua madre decidesse di andare a letto. Lei era stata quella che aveva sofferto di più della situazione di Roxas, e ora con Sora doveva essere lo stesso.
"Quando Sora e Roxas sono nati erano così piccoli e fragili che avevo quasi paura di romperli quando li tenevo in braccio... All'epoca avevo 25 anni, ero una stilista emergente e i miei maggiori problemi all'ordine del giorno erano scegliere tra una festa o una cena di beneficenza. Anche Cloud non era messo meglio, lui era un SOLDIER, cosa vuoi che ne sapesse di bambini? Lui con Tifa e io con le mie questioni irrisolte con Zack... non eravamo pronti per fare i genitori... però... però quando guardavamo le loro faccine sorridenti..." Aerith si fermò un attimo e fu scossa da un singhiozzo, prima di riprendere mormorò una flebile scusa "Sora e Roxas erano la cosa più preziosa che avessimo mai potuto avere"
"Lo so, lo so" Leon le passò una mano tra i capelli ma lei scosse il capo "Non puoi saperlo... tu non puoi capire" Aerith si asciugò invano le lacrime con una mano e alzò lo sguardo sull'uomo "Se ti muore una madre, sei un'orfana. Se ti muore un marito, sei una vedova. Ma se ti muore un figlio... se ti muore un figlio cosa sei? Non sei nulla"
Nessuno parlò più. Leon l'aveva presa tra le sue braccia e le carezzava dolcemente la schiena mentre Roxas invece si era girato di nuovo verso la sua tomba e non accennava ad alzare lo sguardo dal terreno sotto i suoi piedi, pesanti lacrime solcavano le sue guance e niente le avrebbe più fermate. Ormai aveva capito, non c'era più felicità nelle vite dei suoi cari, sapeva che c'era sempre qualcosa di peggio che Xion gli avrebbe presto mostrato. E con estrema puntualità, lei gli si era avvicinato e aveva racchiuso la sua mano tra le sue.
"Cloud è sempre assente. Da quando sei morto è stato sopraffatto dai sensi di colpa perché non è riuscito a salvarti e ha scaricato la sua apprensione su Sora. Quest'ultimo è andato via e ora non vuole vederli, ma proprio come i genitori anche lui è tremendamente infelice" spiegò sfregando dolcemente la mano dell'altro "E Aerith... lei è rimasta sola e distrutta dalla perdita di entrambi i figli e ha cercato conforto tra le braccia di un altro" Xion si fermò e attese giusto qualche istante per permettere all'altro di assimilare tutte le informazioni "Anche Leon dopo quel giorno non è più riuscito ad andare avanti, ha lasciato il suo lavoro e la sua ragazza Rinoa"
"Basta così" la interruppe Roxas, non ce la faceva più a sentire e venire a conoscenza di quel circolo vizioso di disperazione però c'era solo un'ultima cosa che gli premeva di sapere. Ormai non aveva grandi aspettative, però non facendo parte della sua famiglia sperava che almeno a lui le cose andassero meglio "Dimmi solo di Axel... non voglio sapere nient'altro"
Xion sospirò e, dopo aver scrutato a fondo l'espressione stravolta di Roxas, con un dito indicò un punto dietro di lui. Il biondo si girò e aguzzò la vista. Quello che vedeva erano lande desolate e macerie, doveva essere quello che rimaneva di un piccolo edificio e di una camionetta ma Roxas non capiva cosa significasse.
"Dopo quel giorno Axel non è più tornato a scuola" chiarificò Xion con voce piatta e distaccata "Ha lasciato il basket e si è arruolato"
Un improvviso bagliore di realizzazione illuminò lo sguardo di Roxas, che si girò di scatto verso la ragazza e la afferrò per le spalle "Dimmi che non è quello che sto pensando. Ti prego Xion, dimmi che non è così"
Ma la moretta aveva il volto basso e sperava che quello bastasse per capire.
"Un'autobomba è scoppiata nella base proprio il giorno prima in cui lui avrebbe terminato la sua missione e sarebbe potuto tornare a casa. Non ci sono stati sopravvissuti"
Quello fu troppo. Roxas cade sulle ginocchia, la gola era secca e non gli permetteva di articolare alcun suono. Lui credeva che una volta morto tutti sarebbero stati più liberi, più felici perché non avevano più un peso sulle spalle, e allora perché? Perché il mondo doveva fare così schifo? E perché tutte le persone buone dovevano soffrire?
Proprio come se lo avesse letto nel pensiero, Xion si accovacciò davanti a lui "Questo è il mondo, prep. Credi che sia migliore?" chiese non staccando mai un secondo lo sguardo dal viso in lacrime del biondo, sapeva che non le avrebbe mai risposto per questo riprese quasi subito a parlare, con una mano gli alzò il mento per assicurarsi di avere la sua attenzione "Ricordi come sei morto?"
Roxas scosse il capo in un cenno di diniego, ora che ci pensava non aveva idea di come mai si trovasse li. Senza che potesse accorgersene, erano di nuovo in quella grande cattedrale che aveva visto prima.
"E sai dirmi perché sei morto?" riprovò di nuovo, mantenendo sempre lo sguardo fisso su di lui.
Roxas fu scosso da un fremito e ci mise un po' per riprendersi, ma alla fine rispose un flebile "Arresto cardiaco... me l'hai detto tu"
"Ti sbagli" sussurrò con una leggera scossa del capo "Roxas tu sei morto perché hai smesso di lottare. Un sacco di volte ti sei trovato in questa situazione, l'unica differenza è che questa volta ti sei lasciato andare... tu volevi morire ma non hai pensato agli altri" il suo tono era dolce ma risultava quasi come un rimprovero, e alla mancata risposta dell'altro, lo chiamò di nuovo "Roxas?
"Che egoista..." vociò con voce rotta e si appoggiò con la fronte sulla spalla dell'amica, in un gesto confidenziale come faceva quando era più piccolo, quando era impaurito e voleva delle rassicurazioni "In tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a me stesso. Io li ho fatti soffrire ma ho continuato a pensare solo a me... mentivo ai miei genitori quando dicevo loro che andava tutto bene è che stavo bene, li illudevo mentre dentro di me attendevo la morte...e mi sono approfittato di Axel, gli ho mentito e tenuto nascosto tutto il nostro passato solo per non essere lasciato. Se solo potessi fare qualcosa per loro..."
"Errare è umano, nessuno è perfetto"
"Ma perseverare è diabolico"
"Sapevo che avresti risposto così" Xion sorrise e allontanò il volto dell'altro, con un braccio gli asciugò le lacrime e gli rivolse un sorriso di conforto "Roxas, tu sei ancora in tempo per evitare tutto questo"
Il biondo batté più volte gli occhi e scosse il capo, nel timore di aver capito male quasi balbettò "C-cosa? Posso...posso scegliere di tornare?"
"Se vuoi sì" confermò Xion mettendosi in piedi "Ma devi volerlo. Devi desiderare di vivere... non avrai più opportunità del genere"
L'altro la seguì a ruota, si alzò subito e l'afferrò per le spalle, ora animato da una vitalità che quasi gli era estranea.
"Devo tornare assolutamente" esclamò il biondo "Io- io devo mettere tutto a posto, non posso lasciare che anche loro rovinino così le loro esistenze"
Xion ciondolò la testa di lato.
"E te stesso allora? Sei sicuro di voler tornare e affrontare la tua vita?" e quello che ricevette fu un'occhiata carica di decisione.
"Il mio dolore fisico non è nulla in confronto a quello dei loro animi. Tutti loro tenevano così tanto a me da lasciare che le loro vite andassero in prezzi. Non posso accettarlo. Loro hanno bisogno di me"
A quel punto un sorriso luminoso increspò le labbra di Xion. Roxas non l'aveva mai vista così lieta e beata, sembrava quasi contagiosa e pure lui si ritrovò a sorridere. Aveva dimenticato quella sensazione di pace interiore che riusciva a trasmettergli la ragazza.
Poi si accorse di un piccolo dettaglio.
"Xion... chi sono loro?"
La ragazza lanciò un'occhiata dietro le sue spalle e indietreggiò di qualche passo. Dietro di lei in quella cattedrale c'erano decine, centinaia di persone, adulti e bambini di tutte le età. E tra loro c'era la donna vestita di bianco che sorrideva affabile.
"Noi, Roxas, siamo tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. Per qualche motivo siamo incapaci di lasciare il mondo dei vivi e riposare in pace nell'aldilà"
"Dimmi tutto allora. Farò qualsiasi cosa pur di farvi raggiungere il nirvana"
"Roxas" Xion gli passò accanto e si fermò giusto un momento prima di procedere "Ti prego, sorridi sempre anche quando sembra che ti sta uccidendo. Non dargli la soddisfazione di sapere che ti ha ferito così. Vivi e non rendere vana la nostra morte"
"Di chi stai parlando, Xion?" Roxas si girò verso di lei ma la ragazza era davanti al portone, e quando lui la raggiunse fu investito da una luce accecante.

Quando Roxas riaprì gli occhi era steso a terra e la prima cosa di cui ebbe coscienza fu un soffitto bianco, non era quel bianco nauseante a cui era abituato ma anche questo gli era molto familiare. Il silenzio che lo accolse era quasi assordante e quando si mise in piedi riconobbe i corridoi deserti della scuola.
"C'è nessuno?" fece perplesso mentre si guardava attorno. C'erano zaini e libri sparsi a terra, armadietti spalancati, pezzi di vetro e tracce di sangue. E immediatamente il panico gli invase il petto come un pesante fardello, con timore gettò un'occhiata ai suoi vestiti e notò che indossava ancora il costume da pirata ma non c'era traccia della sua bombola. Il mondo cominciò a girare vorticosamente e assieme ad esso anche i ricordi tornarono come un fulmine che lo investì in pieno. Vaan, le prove dello spettacolo, il litigio con Axel e poi quel colpo di pistola che gli aveva perforato i timpani. Come aveva potuto dimenticare? Come aveva potuto lasciarsi andare così facilmente?
Per qualche strano motivo, anche se non aveva il supporto della respirazione artificiale, Roxas si sentiva perfettamente in grado di muoversi senza problemi, e così, con il cuore in gola, iniziò a fuggire. Corse a perdifiato come non aveva mai fatto, per paura che potesse esserci ancora qualcuno armato a scuola. Ma poi si bloccò di colpo quando sentì delle voci e si appiattì al muro per non essere visto.
"Cerca di calmarti. Vedrai che si sistemerà tutto però metti giù quella pistola"
Era una voce femminile e anche fin troppo familiare ma non riuscì a darle un volto. Quello che comprese però è che era quasi finito nella tana del lupo, c'era qualcuno con una pistola lì a pochi metri da lui. Roxas rimase a boccheggiare per qualche altro secondo ma si sforzò di riguadagnare un po' di coraggio e si affacciò nel corridoio adiacente per dare una sbirciatina. Larxene aveva bloccato Xemnas al muro, lei ansimava e le mani che aveva affondato nel colletto dell'altro erano scosse da violenti tremolii. Aveva paura. Quella non era la Larxene fredda e calcolatrice di sempre. Quella Larxene era terrorizzata... e pure Xemnas non era più lui. Sembravano due persone completamente diverse.
Ecco a chi apparteneva la voce che Roxas aveva sentito... ecco che finalmente ricordò anche chi aveva sparato quella mattina. Tutti i pezzi stavano tornando al loro posto.
"Non c'è più niente da fare, ogni speranza è perduta" farfugliò l'argenteo scuotendo il capo, i suoi occhi erano languidi e trasfigurati da una commozione che male si addiceva alla sua persona sempre così distaccata. Xemnas afferrò i polsi della ragazza e con estrema gentilezza glieli allontanò "Affido tutto a te... sarai tu a doverti occupare di Strife. Posso fidarmi, vero?"
Roxas era senza parole così come Larxene, solo che dagli occhi spalancati di quest'ultima pesanti lacrime avevano preso a rigarle il volto "N-no... tu non puoi davvero... Xemnas riflettici meglio-"
"Ho tergiversato fin troppo, adesso scappa"
"Ma capo, io-"
"Ho detto scappa!" Xemnas alzò la pistola verso la ragazza e aprì il fuoco. La pallottola si era conficcata nel muro, volutamente a pochi centimetri da lei "Mettiti in salvo finché sei in tempo" sussurrò lasciando cadere le braccia ai fianchi.
Larxene era rimasta immobile come una statua, la bocca e le mani fremevano violentemente in cerca di rassicurazioni a cui appigliarsi, ma non c'era assolutamente nulla. Senza lasciargli un ultimo sguardo, a testa alta camminò nella direzione opposta. Si fermò giusto un momento, incerta se girarsi e tornare da lui, ma non lo fece, prese invece a correre il più veloce che poteva finché non sparì dalla visuale di Xemnas e di Roxas che continuava a guardarli.
"Ho sempre detto a Larxene che i capelli lunghi le donavano di più, ma lei non voleva ascoltarmi"
Un'improvvisa voce alle sue spalle fece voltare Roxas di soprassalto e per poco non sentì il cuore uscire dal petto. Xion era accanto a lui e sembrava essersi goduta l'intera scena.
"Che ti prende, prep? Hai l'aria di chi ha appena visto un fantasma"
Roxas fu sbalordito di vederla ancora lì ma quello non era il tempo per le chiacchiere "Cos...cos'era quello?"
Xion lo guardò con aria trasognata e piegò la testa di lato.
"Quello?"
"Quello che abbiamo appena visto!"
"Oh... penso che fosse l'ultimo saluto tra Larxene e Xemnas, prima che la strada di quest'ultimo si incrociasse con quella tua e di Axel"
Roxas si sentì quasi preso per i fondelli, sembrava che Xion godesse a fargli vedere tutte quelle cose senza che gliel'avesse chiesto. Quella vita era così dolorosa, perché allora rigirare il coltello nella piaga? Lui era stato male per il gran casino che aveva combinato con Axel e anche Axel aveva sofferto molto per quello che era successo, quest'ultimo aveva messo in pericolo la sua vita pur di salvare quella di Roxas, che a sua volta non aveva fatto altro che piangersi addosso per la morte di Xion. E poi c'era Xemnas che-
"Adesso ti ricordi tutto?" domandò Xion in fondo al corridoio, il biondo non si era neanche accorto che si fosse allontanata così tanto "Tu sai quello che è successo veramente"
Roxas iniziò a correre per raggiungerla ma lei era sempre più lontana. Non riusciva a capire, cosa significava quello che gli aveva detto? Lui sapeva che era stato Xemnas ad aver alzato la pistola su Vaan e poi su Axel, perché gli chiedeva quelle cose, perché...
Roxas si bloccò di colpo quando arrivò in un altro corridoio, il sudore scendeva a fiotti dalla fronte e i polmoni minacciavano di esplodergli in petto, ma gli bastò un'occhiata rapida da costringersi ad alzare il viso verso il soffitto per non vedere ancora.
"Che significa, Xion?" esclamò quasi urlando, ma non gli importava perché in quel momento a terra davanti a lui c'erano il suo corpo, quello di Axel e Xemnas, tutti riversi in un'estesa pozza cremisi "Perché mi stai facendo vedere tutto questo?" le lacrime gli velavano nuovamente gli occhi "Ti prego, lasciami in pace... non voglio più stare qui"
"Roxas, tu sai la verità. Tu sai come sono andate le cose. Devi solo ricordare"
"Io non lo so quello che stai dicendo"
Xion prese il volto dell'altro tra le sue mani e lo guardò dritto negli occhi "Non puoi salvare delle vite innocenti ma puoi impedire che il passato si ripeta. Fidati di chi non ti fidavi prima, Roxas, solo così potrai vendicare la nostra morte"
"Ion non so come fare...è troppo difficile"
"È molto semplice invece" Xion sorrise e avvicinò pericolosamente il volto a quello dell'altro "Devi solo aprire gli occhi" sussurrò prima di poggiare le sue labbra su quelle di Roxas. Fu un bacio casto e tenero, che sapeva di lacrime e sofferenza. Quello fu l'ultimo saluto di Xion prima che diventasse di nuovo tutto nero "Apri gli occhi"

"Apri gli occhi"

C'era un dolore nauseante dietro la nuca e una fitta luce bussava sulle sue palpebre. Roxas non voleva svegliarsi di nuovo, ne aveva abbastanza ormai. Ogni volta che apriva gli occhi, il mondo faceva sempre più schifo. Ma questa volta c'era una voce persistente nella sua testa che gli diceva di farlo. Se non fosse stato per il caldo che lo stava facendo sudare e quell'insistenza assidua, lui avrebbe continuato a crogiolarsi nel suo riposo eterno; evidentemente avrebbe dovuto rimandare i suoi piani, perché lentamente dischiuse gli occhi azzurri e la prima cosa che mise a fuoco fu il rosso cielo del tramonto, macchiato da mille sfumature di rosa e arancione, e davanti a sé c'era il mare che correva fino all'orizzonte, e il sole rosso che era in balia di quelle onde, e un altra ombra rossa che pareva volesse fare invidia al sole.
"Axel?" domandò perplesso mettendosi a sedere, insicuro se fosse davvero lui o se fosse qualche allucinazione. La figura al suo fianco di tutta risposta si girò e rivelò il volto del suo ragazzo.
"Ah sei sveglio" mormorò l'altro inarcando le sopracciglia "Mi chiedevo quando avresti aperto gli occhi"
"Dove...dove ci troviamo?" chiese spaesato il biondo, Axel si appoggiò all'indietro sui gomiti e gli rivolse un sorrisetto malizioso.
"Su una spiaggia paradisiaca. Solo io e te" all'occhiataccia che ricevette dal più piccolo però fu costretto a ricomporsi e alzò le mani in segno di arresa "Okay, la smetto" ridacchiò e si passò una mano dietro la nuca come faceva sempre quando pensava o era imbarazzato "Credo che qui è dove finiscono le anime delle persone vicine alla morte"
"Cavolo, me ne ero dimenticato!" disse Roxas che gli si buttò addosso e lasciò freneticamente vagare le sue mani sul suo petto "Cosa ti è successo? Come stai?"
"Roxy... non che non apprezzi, però preferirei che adottassi un approccio cosi...fisico...quando siamo...uhm...un po' più vivi"
A quel punto Roxas si bloccò, le mani che trafficavano ancora con la stoffa della divisa dell'altro e aggrottò la fronte.
"Siamo morti?"
"No, ma questa è come un'ultima spiaggia"
"Non ricordavo che fossi così squallido" solo Axel aveva la capacità di distruggere quei loro rari attimi di serietà e far infuriare Roxas con un semplice sorrisetto.
"E io non ricordavo che tu fossi così sexy- oddio che dolore!" questa volta il rosso si era guadagnato un pugno sulla spalla e a niente valsero i suoi sguardi languidi e bisognosi, Roxas avrebbe continuato a guardarlo torvo finché non avrebbe ricevuto risposta e così si decise ad accontentarlo "Hai capito quello che intendevo, no? Bisogna risolvere tutto quello che è rimasto irrisolto se vuoi tornare indietro"
Roxas rimase ad ascoltare in silenzio, col capo chino e poi socchiuse gli occhi prima di appoggiare la fronte sul petto del rosso "Ax" sussurrò con sospiro pesante "Sono consapevole che questo è successo per colpa mia... e volevo dirti che mi dispiace per tutto, cominciando dalla faccenda di Xion, finendo poi con quello che ti è capitato..." si fermò un attimo nel tentativo di riordinare i pensieri ma con il caos che si ritrovava in mente non sembrava quasi possibile, così strinse tra le mani i lembi della divisa di basket dell'altro e si avvicinò di più "Io ero spaventato, avevo paura che non mi avresti più guardato nello stesso modo dopo aver saputo di lei... non volevo mentirti...te lo giuro. Il mio unico desiderio è sempre stato solo stare con te"
Axel gli carezzava la schiena mentre lo ascoltava ma poi lo allontanò giusto per guardarlo, meglio negli occhi “Hai ragione Rox, forse avresti dovuto parlarmi prima di tutto" disse passandogli il dorso della mano su una guancia "Ma guarda, il fatto è questo... quando ci si innamora di una persona, ci sono un sacco di cose che ancora non si sanno. Quando ti innamori non sai se l’altro preferisce il mare o la montagna, il ketchup o la maionese, l’alba o il tramonto, se vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Non sai se guarda film romantici o di azione, se segue il basket o il football, se tifa per la tua squadra o quella avversaria, se mangia cioccolato fondente o se magari è un amante del cioccolato bianco... Non puoi sapere se è uno di quelli che la domenica mattina si alza alle sei per andare a correre, o se invece dorme fino a mezzogiorno. Non sai se russa, se spreme il tubetto di dentifricio a metà, se è un maniaco dell’ordine o se lascia il suo letto sfatto... Tutte queste cose si scoprono con il tempo, Rox."
"Ma io-"
"Mentire è un conto ma non rivelare è un altro. Tu non mi hai mai mentito sui sentimenti, e questo è quello che conta. Se ho scelto te è perché ne sono davvero convinto. Per me l’amore è tutto questo. E’ una scommessa. E’ come dire “So ancora poco di te, ma voglio stare con te, anche se dovessi scoprire che hai paura dei temporali". Se tu vorrai, avremo una vita intera per conoscerci completamente"
Roxas lo guardò con la bocca spalancata. Axel si era sempre lamentato che non era bravo con le parole o con le romanticherie, ma questa era la cosa più bella che qualcuno potesse mai dirgli. Era così pieno di tutto che non sapeva neanche da dove iniziare. Neanche un misero 'ti amo' poteva eguagliare tutto quello. Cosi alzò il mignolo della mano sinistra e lo guardò con decisione. Allo sguardo interrogativo del rosso, gli prese la mano destra e legò le due dita.
"Sempre" disse spostando lo sguardo dalle loro mani agli occhi verdi dell'altro "Qualsiasi cosa, sempre. Hai capito?"
"Sempre?"
"Sempre!"
"Sempre" ridacchiò alla fine Axel con accondiscendenza.
"E comunque sei tu che hai paura dei temporali"
"Non è vero!" si affrettò a ribadire arrossendo violentemente.
Il silenzio cadde ben presto su di loro, Roxas aveva il viso rivolto verso il cielo ma gli occhi erano chiusi e si beava di quella dolce brezza che spirava mentre in sottofondo le onde del mare si infrangevano sulla bianca riva.
"Ormai sai tutto, Axel" cominciò Roxas dopo una lunga quiete "Manca solo una cosa. Appena starò meglio te ne parlerò solo se mi prometterai di Non pensare che io sia pazzo e di non farne parola con nessuno. I miei genitori, Leon, Sora, Riku, Naminé. Nessuno. Ma non devi rispondere ora, avrai del tempo per decidere"
Axel sospirò prima di dare un cenno di assenso.
"Vorrei solo un'ultima cosa da te, Ax" vociò il biondo in un quasi inudibile sussurro prima di distogliere lo sguardo dal cielo blu, ormai stava scendendo la sera "Abbiamo studiato tante volte insieme, vorrei che mi citassi Shakespeare... un passo a caso"
Il volto del rosso si corrugò ma non mancò di lasciar spazio a un tragico, malinconico sorriso, splendente però come il primo sole di primavera. Non ebbe bisogno di pensare alla risposta perché le sue labbra si mossero di loro spontanea volontà.
"Vivi per essere la meraviglia e l'ammirazione del tuo tempo"
"Macbeth, eh? Una tragedia... la cosa non mi stupisce, dopotutto non si allontana molto dalla realtà"
"Io sono l'unico che può ucciderti, proprio come Macduff è l'unico a poter uccidere Macbeth. Non lasciarti vincere da altre circostanze"
Roxas stirò le labbra in un lieve sorriso, iniziava a sentirsi stanco e capì che il loro tempo a disposizione si stava esaurendo.
"Allora il nostro tempo è arrivato?" mormorò specchiandosi negli smeraldi del più grande.
"Pare di sì" il rosso gli sorrise teneramente mentre gli accarezzava la schiena ma l'alto sembrava inquieto.
"Ax?"
"Sì?"
"Ci rivedremo, vero?"
"Puoi scommetterci!" Axel sorrise radioso e prese a guardare il mare sconfinato davanti a loro, era consapevole dello sguardo di preoccupazione del biondo e rispose alle sue domande proprio come se lo avesse letto nel pensiero "Mi hanno operato d'urgenza. Il proiettile mi ha perforato l'addome ma non è rimasto dentro. Per pochi centimetri non ha lacerato punti vitali, però ho perso molto sangue...me la caverò, stai tranquillo" fece dandogli un buffetto sul naso "Adesso vai"
Roxas accennò un lieve sorriso e si alzò in piedi "Tu non vieni?"
"Inizia ad andare, adesso ti raggiungo"
Axel lo guardò finché il biondo non sparì verso il mare e si mise in piedi, poi si girò verso una donna dai capelli biondi corti e gli occhi color cioccolato che se ne stava poco più dietro. Gli sorrideva e alzò una mano per salutarlo.
Il rosso stirò le labbra in un sorriso e mimò una tacito sussurro, prima di riprendere il passo e seguire Roxas.
"Grazie, mamma"

•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•

Originariamente il capitolo 21 era pronto da marzo dello scorso anno e doveva terminare la coppia di capitoli sul passato di Roxas e Xion. Perché allora ho scritto tutto ciò? Questo capitolo voglio dedicarlo a tutte quelle persone che non hanno retto alla vita e hanno deciso di farla finita, a tutte quelle persone che piangono di notte perché vorrebbero rivedere le persone scomparse, a quelle famiglie che si sono sfasciate dopo una morte violenta...e a me stessa che, a causa di qualche rimpianto, la notte vengo perseguitata nei sogni da persone che non ci sono più. Ho deciso di scrivere questo perché ho passato gli ultimi mesi a consolare una mia amica,di giorno e di notte, e ho avuto modo di riflettere sia sulle mie vicende personali che su quelle di molte persone a me vicine. La vita va avanti e le persone reagiscono in modi diversi, ma a volte si susseguono anche una serie di reazioni a catena inaspettate.
Spero che il capitolo non vi abbia annoiati.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Faith Grace