Quella mattina di fine agosto un ragazzo di sedici anni stava aspettando l'autobus. Lui era seduto sotto la pensilina e attraverso gli occhiali da sole guardava le macchine passare veloci; chinò un po' la testa all'indietro per far si che la luce solare lo avvolgesse in pieno e chiuse gli occhi per sentire il calore del sole mattutino sulla pelle. Si accese una Marlboro e butto fuori il fumo molto lentamente, come se quella nuvoletta fosse la sua unica protezione verso il mondo intero. Sentiva un ape ronzare in sottofondo, probabilmente stava impollinando qualche fiore nella piccola aiuola colma di fiori di campo dietro alla panchina. La sua camicia e i suoi pantaloni neri attiravano ancora di più la luce e lo scaldavano in quella fresca mattinata. Teneva un piede davanti all'altro e si mise a guardare le sue gambe perfette, erano sempre state il suo orgoglio: lunghe e affusolate ma allo stesso tempo muscolose; forgiate da anni di nuoto e karate. La sigaretta ormai era quasi finita e in lontananza scrutava scintillante il pullman che lo avrebbe portato alla stazione della città. Li avrebbe preso il treno con i suoi cari amici; e sapeva che insieme avrebbero vissuto una nuova fantastica giornata