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Autore: Piperilla    29/08/2015    1 recensioni
[Dal Capitolo 3]
«Lei è una Sibilla?» ripeterono in coro Giovanni e Sofia. In tutti i viaggi che avevano intrapreso, non ne avevano mai incontrata una.
«Proprio così. Tuttavia non credo di potervi aiutare. Noi Sibille possiamo predire il futuro solo alle persone normali... i Portatori sfuggono in gran parte alla nostra Vista. Dovete rivolgervi altrove...ma questo lo sapete già» disse Samaah.
«Però lei sa perché siamo qui. Sa cosa vogliamo sapere» insisté Giovanni.
«Lo so benissimo, ma voi non comprendete i misteri della Vista e della Verità. Ci sono segreti che possono essere rivelati solo se si domanda, e misteri che possono essere svelati solo se a domandare sono i giusti» cantilenò la vecchia.

Dopo la tregua costata tanto sangue, Giovanni e Sofia si ritrovano per un nuovo viaggio: quello che li porterà a scoprire la verità sul quel legame così potente e misterioso che impedisce loro di separarsi.
[Per capire la storia, è necessario leggere "I Testimoni del Fuoco"]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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«Sei sicura di non sapere nulla?»
   «Mi dispiace, ma non ne ho la minima idea».
   Dispiaciuta, Sofia fissò il suo amico. Da quando Ambrosine aveva ripetuto a lei, Gregory e Giovanni quello che aveva detto a Laurence riguardo alle proprie percezioni, i cinque avevano rivoltato la biblioteca per ben due giorni, purtroppo senza risultati. I poteri di Ambrosine restavano privi di spiegazione.
   Giovanni si passò una mano sugli occhi, massaggiandosi le occhiaie.
   «Non dormiamo da due giorni. Come possiamo partire in queste condizioni?» chiese a Sofia, che lo guardò alzando un sopracciglio.
   «Come mai tanta fretta? Dal tuo atteggiamento mi era sembrato che non ti importasse granché di scoprire cosa ci è successo» replicò.
   L’uomo le rivolse una smorfia. «Non credevo ci fosse un modo. Non avrei mai pensato di cercare un Custode».
   «State cercando un Custode della Verità?» indagò Gregory con gli occhi fuori dalle orbite. I due annuirono. «Be’, allora siete pazzi» decretò lui.
   «Custodi della Verità? Ma cosa sono?» domandò Laurence.
   Rapidamente, gli altri tre dissero a lui e ad Ambrosine il poco che sapevano al riguardo. Quando tacquero, il volto di Laurence s’illuminò.
   «È così che faremo. Porteremo Ambrosine da un Custode della Verità e lui ci dirà da dove viene il suo potere e di che natura è» decretò.
   Guardandolo in modo strano, Sofia gli lasciò a stento terminare la frase.
   «Non hai sentito quello che abbiamo detto? Da secoli nessuno riesce a ottenere risposte da un Custode. Nel migliore dei casi, degli interroganti resta a stento un mucchietto di cenere. Tu faresti correre un rischio simile ad Ambrosine? Senza contare che non sappiamo cosa sia, ma di certo non è una Portatrice, e si dice che i Custodi posseggano la Verità solo riguardo ai Portatori. C’è la possibilità che neanche loro sappiano che tipo di potere sia quello di Ambrosine. No, Laurence, dovremo trovare un altro modo per scoprirlo».
   «Non puoi decidere tu, Sofia». Laurence s’inalberò di fronte al suo rifiuto.
   «No, ma posso consigliarti. Inoltre, se vogliamo essere precisi fino in fondo, la decisione dovrebbe essere di Ambrosine, mentre a me sembra che questa scelta sia stata solo tua. Lei non ha detto una parola al riguardo».
   Tutti si voltarono verso la donna che, in silenzio, rifletteva.
   «Non so, Laurence» disse infine «a me è sufficiente averti ritrovato. Non m’interessa scoprire perché so tutte queste cose».
   Sentendosi isolato, l’uomo si rivolse di nuovo a Sofia.
   «Secondo me non dovresti andare neanche tu. Stando a quello che hai detto, è un suicidio!»
   «Te l’avevo detto, che era un proposito folle» bofonchiò Giovanni alla ragazza. Lei li ignorò entrambi.
   «Questo pone un altro problema. Se troveremo un Custode e subiremo lo stesso destino dei Portatori che ci hanno preceduti, al Centro non ci sarà un Maestro del Fuoco che possa continuare ad addestrare gli allievi» disse a Giovanni, che abbassò lo sguardo.
   «Non ci avevo pensato» ammise «ma sono certo che Jackson e Tsukiko troveranno un rimpiazzo, come stanno facendo per Prudencia».
   Al nome della donna che aveva ucciso, lo stomaco di Sofia si strinse, ma non durò che un istante; Laurence, infatti, reclamò di nuovo la sua attenzione.
   «Hai parlato del Centro... ma noi come faremmo, se un Custode dovesse ucciderti?» le chiese.
   «Voi avete Costa... non ci sarebbero problemi» rispose la ragazza.
   «Costa è potente e ben addestrato, ma non è te» precisò Gregory. «Inoltre sei una degli unici tre Testimoni viventi... se tu e Giovanni doveste morire, il vostro immenso potere andrebbe sprecato».
   «Questa è una decisione che non riguarda nessuno se non noi» s’intromise Giovanni, facendo fronte comune con Sofia.
   «In ogni caso» disse la ragazza, afferrando il cellulare «c’è un Maestro del Fuoco che potreste chiamare, se dovesse capitarmi qualcosa. Vi basterà dirgli che vi ho detto io di contattarlo. Questo è il suo numero» aggiunse, scribacchiando rapidamente un numero di cellulare su un pezzo di carta. Poi ci ripensò e aggiunse altri tre numeri, scrivendo accanto a ognuno un nome. «Questi sono i numeri di tre mie carissime amiche... se dovesse capitarmi qualcosa, chiamale e avvertile» concluse, rivolgendosi a Laurence e consegnandogli il foglio.
   «Allora sei proprio sicura?» insisté Gregory, guardandola con aria quasi implorante. La ragazza annuì.
   Giovanni, intanto, scriveva frenetico. Dopo aver riempito due fogli, li ripiegò accuratamente.
   «Allora, vogliamo andare?» gli chiese Sofia, alzandosi in piedi.
   «Perché tutta questa fretta? Pensavo che prima ci saremmo riposati» si lagnò lui.
   «Smettila di lamentarti... non ti si addice» replicò la ragazza, dandogli una spintarella. Giovanni si alzò.
   «Prima di andare ad Akasha, dobbiamo passare un attimo al Centro» disse, mentre a un cenno di Sofia Nabeela entrava dalla finestra.
   «Va bene» rispose lei con un’alzata di spalle. Si aggrapparono alla Fenice e svanirono.

*

«Come mai scegli sempre questo posto?» chiese Giovanni a Sofia, alzando lo sguardo sui folti rami dell’ippocastano.
   «Perché è l’unica cosa del Centro che ricordo con piacere» replicò lei. «Avanti, sbrigati. Io ti aspetto qui».
   Superati gli alberi che lo separavano dal prato Giovanni iniziò a correre, risalendo il pendio. Arrivato sotto le finestre dell’Ala Sud, sfruttando l’ultima aria che aveva nei polmoni, iniziò a chiamare Jackson a gran voce. L’uomo uscì meno di due minuti dopo.
   «Giovanni! Ma dove accidenti eri finito?» esplose.
   Piegato a metà nel tentativo di riprendere fiato rapidamente, l’italiano gli fece cenno con la mano di aspettare. Un minuto più tardi, riuscì a parlare.
   «Sono partito, devo fare una cosa. C’è la possibilità che io non ritorni...»
   «Che significa, che c’è la possibilità che non torni?» ruggì Jackson.
   «Non ho tempo di parlare adesso, devo andare... mi stanno aspettando. Prendi questi» disse Giovanni, mettendogli in mano i fogli piegati «leggili, ti spiegheranno tutto»
   «Giovanni, non puoi fare così!» gli gridò dietro Jackson, mentre l’altro si allontanava correndo come un pazzo.
   «A quanto pare l’ho già fatto!» gli urlò in risposta l’italiano, un attimo prima di sparire.

*

L’aria bollente si richiuse sulle figure appena apparse come se fosse stata solida.
   Boccheggiando, Giovanni si allargò il collo della maglia con due dita.
   «Si può sapere dove siamo?» chiese, osservando il nulla che lo circondava.
   «Deserto della Nubia» rispose Sofia, girando su se stessa. «Guarda, a tre chilometri in quella direzione c’è il Nilo... dovremo attraversarlo, per raggiungere Akasha» disse, puntando un dito verso Est.
   «Se Akasha è di là, perché hai detto a Nabeela di portarci qui?» indagò Giovanni, osservando la giovane che aveva accanto come se fosse pazza.
   «Per due motivi» fu la risposta. «Innanzitutto non possiamo apparire dal nulla, con una Fenice, in prossimità di un centro abitato. Si scatenerebbe il finimondo»
   «Giusto. E il secondo motivo?»
   «Prima di andare, volevo farti vedere quelli» disse Sofia, facendolo voltare verso ovest: in lontananza, una strana luce si diffondeva nell’aria rarefatta dal calore. Si incamminarono in quella direzione e dopo pochi minuti si bloccarono. A duecento metri da loro, dei cerchi di luce azzurrina del diametro di venti metri comparivano a intervalli regolari dal nulla a circa venti metri d’altezza, ricadendo verso terra come se fossero dotati di una massa solida e allargandosi in ogni direzione per venti metri, prima di sparire. Dopo averli osservati per un paio di minuti, Giovanni parlò.
   «Interessante. Compaiono a venti metri d’altezza, hanno un diametro di venti metri e si allargano tutt’intorno per venti metri prima di sparire» notò.
   «Già. Sembra un modulo fin troppo preciso» aggiunse Sofia. «Inoltre, non riesco a capire di cosa siano fatti quei cerchi. Non credo sia semplice luce, devono avere una precisa utilità»
   «Credi che costituiscano una difesa?» le domandò l’uomo, distogliendo finalmente lo sguardo dai cerchi di luce per posarlo sulla ragazza.
   «Non vedo a cos’altro possano servire» rispose lei.
   Al centro dei cerchi si levava una grotta in pietra giallina, sbiadita dal sole.
   «Non è strano che ci sia una caverna così, in mezzo al deserto?» chiese Sofia, affascinata.
   «Decisamente insolito» convenne l’altro. «Credi sia il rifugio di un Custode della Verità?»
   «Ne sono quasi certa. Ma ora andiamo ad Akasha... il sole tramonterà presto» disse lei, voltando le spalle alla grotta e incamminandosi verso il Nilo.
   Arrivarono ad Akasha quasi due ore dopo. Trovare il punto migliore per attraversare il fiume si era rivelato più difficile di quanto immaginassero. Giunti nella piazza della cittadina, avvicinarono un gruppetto di uomini che li osservava di sottecchi.
   «Buonasera» disse vivacemente Sofia in inglese, sfoderando un’aria ingenua e il suo sorriso migliore. Nessuno rispose; continuarono a osservarla con sospetto. Un paio di uomini indietreggiarono di qualche passo, stranamente a disagio.
   Per nulla intimorita dal loro silenzio, la ragazza proseguì. «Abbiamo sentito parlare degli strani cerchi di luce nel Deserto della Nubia, e ci chiedevamo se qui c’è qualcuno che possa parlarci di quell’interessante fenomeno».
   Di nuovo, non ottenne risposta; ora gli uomini la guardavano con aperta ostilità.
   «Ecco un altro paio di stupidi turisti ficcanaso che vogliono farsi ammazzare» disse sarcastico un uomo al suo vicino, in arabo; rapida come il fulmine, Sofia lo arpionò al collo con una corda incandescente e lo attirò a sé.
   «Sono certa di non aver capito bene» disse soavemente all’uomo, in arabo «ma ho avuto l’impressione che tu mi abbia chiamata stupida ficcanaso».
   Gli altri uomini, impietriti, fissavano la scena; un paio di loro scattarono in avanti, espandendo le Aure, ma Giovanni si frappose tra loro e la ragazza, espandendo a sua volta la propria Aura fino a sospingerli indietro.
   «Non pensateci neanche» li ammonì.
   «Allora» insisté Sofia, fissando con sguardo duro l’uomo che aveva di fronte e costringendolo in ginocchio «mi dici a chi posso chiedere di quei cerchi di luce, o devo incenerirti?».
   Sentendo il calore intorno al proprio collo aumentare sensibilmente, l’uomo si decise a parlare.
   «A Sud... a Sud della città, poco fuori gli ultimi insediamenti, c‘è una casetta isolata. Ci vive una vecchia... dicono sia una fattucchiera o roba simile, è strana, tutti hanno paura di avvicinarsi» guaì.
   «A Sud, hai detto» ripeté la ragazza; la sua vittima annuì freneticamente, mentre il Fuoco che lo cingeva seguiva i suoi movimenti.
   Sofia fece svanire il Fuoco; il malcapitato non ebbe il tempo di tirare il fiato che la ragazza lo agguantò per il colletto della camicia e lo lanciò verso i suoi amici con forza insospettabile.
   Giovanni, intanto, fremeva. Moriva dalla voglia di attaccare i due Portatori che aveva di fronte. Sofia affiancò l’italiano e guardò il gruppetto con aria seria. Poi socchiuse gli occhi e si sporse leggermente in avanti.
   «Bu!» disse. Incespicando, il gruppo si serrò e corse via a gambe levate. «Patetici» commentò la ragazza, afferrando Giovanni per un braccio. «Dai, andiamo».
   Quando arrivarono alla casa che cercavano era ormai buio pesto; dietro le finestre brillava, solitaria, una piccola luce ovattata. Dopo essersi guardati per un attimo, i due bussarono. La porta si aprì quasi immediatamente.
   «Ahhh» disse una donna. Era molto vecchia; aveva il volto bruciato dal sole e gli occhi neri sprofondati tra le pieghe della pelle. Non c’era un solo angolo del viso che non fosse coperto di rughe, così come le mani, che erano secche e nodose.
   Non sapendo come interpretare quell’esclamazione, i due rimasero immobili.
   «Giovanni, Sofia... vi stavo aspettando. Sapevo che sareste arrivati» proseguì la vecchina, fissando il suo sguardo lucente da uno all’altra e spostandosi. «Entrate».
   Accogliendo l’invito, seguirono la donna in casa; si accomodarono su due sedie, fianco a fianco, mentre la donna chiudeva la porta e si sistemava di fronte a loro.
   «Io sono Samaah» si presentò la vecchia, togliendo un bollitore dal fornello e riempiendo tre tazze. Il profumo del the alla menta si diffuse nell’aria.
   «Come sapeva chi siamo e che saremmo venuti da lei?» chiese Sofia dopo aver bevuto un sorso di the. La vecchia scoppiò in una risata un po’ affannosa.
   «Bambina mia, io sono una Sibilla... come potevo non saperlo?» disse infine.
   «Lei è una Sibilla?» ripeterono in coro Giovanni e Sofia. In tutti i viaggi che avevano intrapreso, non ne avevano mai incontrata una.
   «Proprio così. Tuttavia non credo di potervi aiutare. Noi Sibille possiamo predire il futuro solo alle persone normali... i Portatori sfuggono in gran parte alla nostra Vista. Dovete rivolgervi altrove...ma questo lo sapete già» disse Samaah.
   «Però lei sa perché siamo qui. Sa cosa vogliamo sapere» insisté Giovanni.
   «Lo so benissimo, ma voi non comprendete i misteri della Vista e della Verità. Ci sono segreti che possono essere rivelati solo se si domanda, e misteri che possono essere svelati solo se a domandare sono i giusti» cantilenò la vecchia.
   «Allora ci dica... dei cerchi di luce. Quelli nel Deserto della Nubia, a pochi chilometri da qui» disse Sofia.
   «Bambina, quelli non sono gli unici cerchi. Ce ne sono altri, sparsi per il mondo, più potenti e meno potenti» rispose la donna.
   «Sono la protezione dei Custodi della Verità?» chiese Giovanni. Samaah annuì, prendendo un altro sorso di the.
   «Non tutti i Custodi sono uguali. La Verità non si può apprendere e custodire tutta insieme: deve essere posseduta per gradi» spiegò lei.
   «Come si può interrogarli senza correre il rischio di essere uccisi?» domandò Sofia.
   «Questo nessuno lo sa. Io posso solo consigliarvi di conoscere meglio la storia dei Custodi della Verità, prima di tentare un contatto»
   «Abbiamo cercato informazioni» disse Sofia sconsolata «ma non abbiamo trovato nulla».
   La vecchia si alzò e iniziò a frugare dentro un baule.
   «Forse ho qualcosa per voi» disse, continuando a cercare. Alla fine trasse dal baule due rotoli di spessa pergamena. Si rialzò faticosamente e tornò al tavolo. «Qui c’è qualcosa che potrà esservi utile. In questo manoscritto troverete una serie di informazioni sui Custodi della Verità e l’elenco dei segni rivelatori della loro presenza» disse indicando il primo rotolo, tenuto insieme da un largo nastro azzurro. «Qui, invece, è riportata un’antichissima leggenda su un Custode della Verità» proseguì, indicando il secondo rotolo: aveva l’aria vecchia e consunta e i due nastri che lo legavano – che un tempo dovevano essere stati uno nero e uno rosso scuro – erano sbiaditi. «Nessuno ha mai dato importanza a questa vecchia storia, ma io vi consiglio di leggerla ugualmente. Abbandonate i pregiudizi, quando studierete queste pergamene e vi recherete dai Custodi: perché il pregiudizio è l’unico, vero, insormontabile ostacolo tra l’uomo e la Verità» concluse Samaah.
   Calò il silenzio; comprendendo che la donna non avrebbe detto loro altro, Giovanni si alzò.
   «È stata molto gentile, Samaah. Ci scusi per il disturbo» disse l’uomo, insolitamente cortese.
   La vecchia scoppiò di nuovo a ridere.
   «È inutile reprimere la propria natura; riemerge sempre, qualunque cosa si faccia per cambiarla» gli disse con un ghigno. Poi fece loro strada verso una porta. «In casa mia non c’è posto, per voi» disse, conducendoli all’esterno «ma in quel vecchio fienile potrete dormire. C’è della paglia, così starete più comodi» aggiunse, indicando una piccola capanna che sembrava dovesse crollare al primo soffio di vento.
   «Veramente noi...» esordì Giovanni, ma Sofia lo bloccò.
   «È molto gentile da parte sua, Samaah. Grazie» rispose con energia.
   Mentre Giovanni le guardava stupefatto, Samaah fissò attentamente la ragazza.
   «Passare la notte sotto le stelle del deserto può essere illuminante» le disse, strizzando un occhio.
   Il tonfo della porta che si chiudeva scosse le due figure immobili dai propri pensieri.
   «Andiamo va’» disse Giovanni, entrando nella capanna con aria scontenta. Sedette sulla paglia, cercando di sistemarsi il più comodamente possibile. Si sdraiò ed emise uno sbuffo irritato. «Il tetto è pieno di buchi» annunciò.
   Sofia entrò nella capanna, chiuse la porta e si sdraiò sulla paglia senza fare troppe scene. Aveva affrontato di peggio di una notte di sonno su un giaciglio improvvisato.
   «Non hai sentito Samaah? Passare una notte nel deserto, sotto le stelle, può essere illuminante» disse divertita, sistemando le due pergamene dietro la propria testa.
   «Proprio non capisco perché siamo ancora qui. Chiamiamo Nabeela e torniamo in Irlanda!» sbottò l’uomo. La ragazza lo guardò, esasperata.
   «Di’ un po’, Giovanni, da quando sei così tardo? Samaah è una Sibilla, sapeva che saremmo venuti da lei e di certo sa anche come siamo arrivati. Ci sta facendo dormire qui perché questo ci aiuterà a capire molte cose».
   «Senti un po’, Sofi» replicò Giovanni, offeso dall’insulto della ragazza «Samaah sarà anche una Sibilla, ma secondo me in fondo non è che una vecchia. L’età l’ha resa un po’ svitata. Cos’è che dovremmo capire, dormendo qui?»
   «Sei più stupido di quanto pensassi. Ti dico la prima cosa che dovresti capire: stando qui abbiamo iniziato questa conversazione e abbiamo appurato che tu hai una mente chiusa dai pregiudizi, e Samaah ci ha detto che il pregiudizio è l’unico ostacolo verso la Verità. Ragionando e comportandoti in questo modo, sta’ sicuro che il primo Custode che incontreremo ti ridurrà in polvere senza neanche permetterti di aprire bocca» replicò Sofia.
   Sempre più arrabbiato, Giovanni si mise a sedere, scrutandola con aria torva.
   «Non osare mai più parlarmi così» disse in un ringhio. Sofia sghignazzò.
   «Ecco un’altra cosa che potresti capire, stanotte: Samaah aveva ragione, quando diceva che la propria natura non può essere repressa. In questi giorni hai cercato di essere gentile, diplomatico e accondiscendente, ma è bastato contraddirti e non fare quello che volevi tu perché tornassi a essere il solito iracondo, violento bastardo di sempre» disse con aria di sfida.
   Perdendo il controllo, Giovanni le saltò addosso; lei rotolò via un attimo prima che lui la bloccasse e si alzò in piedi. Anche l’uomo si alzò, scagliandosi di nuovo contro Sofia. Non gli era neanche venuto in mente di evocare del Fuoco o dell’Energia per colpirla: era tanto furioso da aver dimenticato di possedere altre armi oltre al proprio corpo.
   Con un grugnito le afferrò un braccio, torcendoglielo dietro la schiena; lei gli assestò una gomitata nello stomaco col braccio libero e si divincolò. Fece appena in tempo a girarsi che Giovanni le fu di nuovo addosso, schiaffeggiandola; Sofia lo colpì con cattiveria alla gola, spezzandogli il fiato e facendolo cadere a terra. Fulmineo, l’uomo l’afferrò per una caviglia e la trascinò al suolo, inchiodandola col peso del proprio corpo; dimenandosi, lei cercò di scappare. Lui le ghignò in faccia.
   «Cosa vorresti fare, Sofi? Sono più forte di te, non puoi liberarti!».
   Proprio in quel momento la ragazza riuscì a ripiegare una gamba, portandosi un ginocchio al petto; aiutandosi con le mani allontanò Giovanni da sé e gli diede un violento colpo di tacco al diaframma, lanciandolo indietro. Boccheggiando, con una mano sullo stomaco, l’uomo si tirò su, mettendosi in ginocchio; Sofia arrivò come una furia e gli sferrò un calcio ancor più violento sotto la mandibola, rispedendolo a terra a sputare sangue. Si mise a cavalcioni sopra di lui, lo afferrò per la maglietta e portò il naso a un centimetro dalla sua faccia.
   «E adesso, Giovanni, dimmi cos’hai intenzione di fare: vuoi continuare ad attaccarmi e costringermi a ucciderti, oppure cerchi di trattenere questa tua brutta abitudine di assalire gli altri e ti comporti da persona civile?» ringhiò. Lui la spostò.
   «Non mi sembra che tu ti sia comportata più civilmente di me...» iniziò, alzandosi in piedi, ma lei lo interruppe, alzandosi a sua volta.
   «Io mi stavo difendendo. Allora, cos’hai deciso?» gli chiese di nuovo, gelida.
   «Se la smetti di insultarmi, magari mi sarà più facile trattenermi» rispose Giovanni, sputando altro sangue sulla paglia. Sofia continuò a scrutarlo con rabbia; cercando di calmarsi, decise di lasciar stare.
   «Siediti che ti sistemo la faccia» gli disse, posandogli una mano sulla spalla e cercando di spingerlo giù. Lui fece resistenza, poco convinto. «Oh andiamo, voglio solo guarirti» sbuffò lei.
   Un minuto dopo, Giovanni si tastava cautamente il volto. Non gli faceva più male e la bocca aveva smesso di sanguinare.
   «Quando hai imparato le tecniche di guarigione?» le domandò.
   «Dopo aver conosciuto Gregory. Me le ha insegnate lui» rispose Sofia con una scrollata di spalle.
   «Come ha potuto insegnartele? Quando sei stata con lui eri troppo debilitata per imparare alcunché»
   «Veramente mi sono ripresa in meno di tre mesi. Il resto del tempo l’abbiamo trascorso allenandoci: volevo che mi addestrasse». Il tono noncurante con cui aveva risposto alla prima domanda non l’aveva abbandonata.
   Controllando la rabbia che sentiva nuovamente montare dentro di sé, Giovanni mosse un’altra obiezione alla versione della ragazza.
   «Anche così, cinque mesi sono troppo pochi per imparare quelle tecniche. È impossibile»
   «Hai ragione» convenne lei «ma dato che io e Gregory abbiamo continuato a vederci di nascosto, dopo il mio ritorno al Centro, e anche piuttosto di frequente, ho avuto tutto il tempo per impararle»
   «Che cosa hai fatto?» gridò l’uomo, scattando in piedi. Sofia gli puntò un dito contro.
   «No, Giovanni. Non ricominciare!» lo ammonì.
   Con uno sforzo, Giovanni tornò a sedersi. Dopo essere rimasto in silenzio per molto tempo, sembrò ricordarsi di qualcosa.
   «Sei stata tu a guarirmi, la notte dopo essere fuggita dal Centro, vero?» le domandò piano.
   Ci fu un attimo di esitazione; poi la ragazza rispose. «Sì»
   «Perché l’hai fatto?».
   Era la stessa domanda che Sofia si era rivolta ogni giorno dal momento in cui era sgattaiolata fuori dalla sua stanza dopo averlo guarito.
   «Non lo so» disse con sincerità. «Di certo non meritavi il mio aiuto».
   «Grazie, sei davvero gentile» sbuffò lui. Rifletté per qualche istante. «Come mai alla Valle non c’era nessuno?» indagò.
   «Li ho rimandati a casa» rispose distrattamente lei, guardando le stelle attraverso uno dei tanti buchi del tetto.
   «Li... li hai rimandati a casa? Quindi non torneranno più?» esclamò incredulo Giovanni.
   «Non lo so, se torneranno. Immagino che faranno quello che ritengono più giusto. Sanno perfettamente che se vogliono tornare e continuare l’addestramento noi saremo là ad aspettarli, e potranno vedere le loro famiglie quando vorranno. Se sceglieranno di riprendere la loro vecchia vita, nessuno dirà loro nulla».
   Esitante, Giovanni decise di porle una domanda a cui non sapeva come avrebbe reagito.
   «E tu... perché non sei tornata da Tamara e Thobias?»
   «Ci sono troppe cose da spiegare. Sicuramente si romperebbero degli equilibri, dicendo loro la verità sulla mia sparizione, e non so se sia giusto. Inoltre la ricerca dei Custodi della Verità potrebbe portarmi alla morte in breve tempo, quindi sarebbe inutile tornare dai miei genitori e restituire loro una figlia solo per vederla morire di nuovo. Non ha senso farli soffrire una seconda volta» spiegò Sofia con voce piatta.
   «Ne sarebbero felici, Sofi. Non passa giorno senza che pensino a te» disse Giovanni in un sussurro.
   «Hanno una vita diversa. Se distruggessi l’immagine che hanno di te, perderebbero la fiducia negli altri, la capacità di legare con le persone... e uno dei loro migliori amici. Non voglio far loro questo»
   «Ma... forse, se spiegassimo loro come sono andate le cose... potrebbero capire» tentò lui.
   «E perdonarti?» aggiunse Sofia. «Se credi che potrebbero perdonarti, perché non mi hai permesso di tornare da loro, cinque anni fa?»
   «Credevo che non saresti più tornata indietro. Che ti avrei persa» rispose Giovanni, sdraiandosi accanto a lei e facendo scorrere lo sguardo sulle travi del soffitto.
   «Sapevi bene che non l’avrei mai fatto» replicò la ragazza «eppure ti sei infuriato lo stesso, e mi hai fatto quello che hai fatto» disse con amarezza.
   «No, Sofi. Non era rabbia; era terrore» la corresse.
   «Terrore? E di cosa?». Il tono di lei esprimeva chiaramente il suo scetticismo.
   «Te l’ho detto: che tu non tornassi da me» ripeté Giovanni, riflettendo. «Ma tu questo ovviamente non puoi saperlo, perché non ti ho mai raccontato cosa mi ha spinto a cercarti con tanta insistenza tredici anni fa»
   «Allora dimmelo adesso» lo incitò Sofia; e il resto della notte trascorse parlando.
   Il cielo iniziava appena a tingersi di rosa quando dei colpi leggeri alla porta li fecero sobbalzare. Samaah li aspettava con un sorriso.
   «Sarà meglio che ve ne andiate ora, prima che qualcuno si svegli e vi veda».
   Seguendo il suo consiglio, i due si alzarono e uscirono all’aperto. Nabeela apparve dal nulla e si appollaiò sulla spalla di Samaah; lei le carezzò il collo, sorridendo.
   «Una Fenice, e anche molto bella» disse. «Da tempo non ne vedevo una».
   «Grazie di tutto, Samaah» disse Sofia, mentre Nabeela si librava sopra di lei.
   «Di nulla, bambina. E ricordate che solo i giusti possono interrogare i Custodi della Verità!» esclamò nell’istante stesso in cui Giovanni e Sofia sparivano in una vampa di Fuoco.
   
 
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