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Autore: bloop    29/08/2015    2 recensioni
Cosa succede quando Roma incontra la Romagna? E quando un turista - prendiamone ad esempio uno qualunque, chiassoso ed espansivo - si prende una cotta per una barista, ma ha solo tre settimane di tempo a disposizione da trascorrere con la sua bella?
Aggiungiamoci una piccola migliore amica intenzionata ad evitare cuori spezzati, un silenzioso migliore amico che non riesce a stare zitto davanti ad un'ingiustizia, un ragazzo fin troppo socievole e innamorato e concludiamo con una coppia di gemelli eterozigoti dotati di lingua pungente.
Ventuno cappuccini del buongiorno al Bagno Girasole basteranno ad intrecciare tutte queste vite? Scommetto che avete già intuito la risposta.
«È carino».
«Ninì...»
«Sì?»
«Vacci piano».
«Non vado proprio da nessuna parte, sto solo dicendo che è carino. Non ho intenzione di farci cose né di innamorarmi o di sposarlo o...»
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Come ti sconvolgo la vita in tre settimane -
 

10. Giorno ottavo (seconda parte)

 
La parlantina di Anita quella sera era incontenibile, ad infierire c'erano da un lato il ritorno di Giovanni, dall'altro l'appuntamento con Sebastiano – inutile dire che non aveva creduto nemmeno per un istante che lui l'avesse invitata solo per permettere a Leonardo di vedere Agnese. Era così felice, insomma, che mentre sedeva davanti allo specchio per passare il mascara sulle ciglia chiare non faceva che parlare e parlare e parlare.
Intanto la sua amica sedeva sul letto che un tempo apparteneva a Federica Paraboschi e aspettava lei che finisse di prepararsi, le gambe che si accavallavano, poi stendevano, si incrociavano di nuovo per poi cambiare posizioni ogni pochi secondi. Entrambe erano agitate a causa dell'appuntamento che avrebbe avuto luogo di lì a poco, ma ognuna lo dimostrava in maniera diversa: Anita con un'allegra logorrea e continui ripensamenti su ciò che aveva intenzione di fare, mettere, dire e via discorrendo; Agnese con lunghi silenzi carichi d'ansia e un perenne movimento volto a nascondere il tremore delle gambe.
«Sei sicura che il solito pub sia un bel posto in cui mangiare?» chiese Anita, osservando criticamente il trucco allo specchio – no, ancora non era equilibrato: tornò al lavoro.
Agnese rimase in silenzio qualche lungo istante, e solo quando la sua amica fece per ripetere la domanda si decise a rispondere: «Sì, credo».
«Ma non è...», sospirò, « insomma, è sempre il solito pub. Potremmo...»
Agnese prese un respiro profondo e strinse le mani l'una nell'altra. «Ninì...» la richiamò a mezza voce. Era già tutto deciso, perché cambiare i programmi qualche minuto prima di uscire?
«Dico solo che non è il locale ideale per un primo appuntamento».
A quelle parole la morsa allo stomaco di Agnese si strinse. Per lei non era affatto un appuntamento: avrebbe dovuto accompagnarla solo per facciata, per dare l'impressione che Sebastiano non stesse correndo troppo.
Anita strabuzzò gli occhi notando l'espressione afflitta della sua amica attraverso lo specchio. Socchiuse gli occhi, respirò a fondo e si voltò, intenzionata ad infonderle il coraggio necessario per affrontare la serata.
«E dai, Agne» la chiamò in tono più pacato; «Non fare quella faccia. Non sarà diverso dalle altre sere, andrà tutto bene».
Agnese prese a mordicchiarsi la guancia come al solito, guadagnandosi così un'occhiata di rimprovero da parte dell'altra.
«Scusa» farfugliò dunque, intuendo l'invito a smettere di torturarsi da sola. «Sono solo un po' nervosa» ammise, e se non elencò tutti i possibili risvolti negativi che aveva previsto fu solo per non smorzare l'entusiasmo dell'altra. Avrebbe dovuto pensare positivo, si disse, magari anche rendersi utile. Prese un respiro profondo e «Potremmo andare alla piadineria vicino al bagno Marconi, se preferisci» propose, sforzandosi di sorridere.
 
Alle otto e sette minuti, Sebastiano Castelli e Leonardo Calicchia giunsero di fronte alla piadineria vicino al bagno Marconi; avevano entrambi lo sguardo smarrito di chi non sa di essere al posto giusto e si guarda attorno alla ricerca di un punto di riferimento. I loro, però, sembravano non essere ancora arrivati.
«Se mi hai fatto perdere...» bofonchiò Sebastiano contrariato, affondando le mani nelle tasche dei pantaloncini. Era fermamente convinto che avrebbero dovuto svoltare alla traversa precedente, ma Leonardo aveva insistito e ora eccoli lì, tra tappeti elastici e un trenino che correva su una rotaia dal percorso circolare.
«La piadineria è quella» lo smentì Leonardo, accennando al piccolo locale dalla parte opposta delle giostre.
Sebastiano non si dava per vinto: «E come lo sai?»
L'altro alzò gli occhi al cielo, prima di svelargli il suo segreto: «Google Maps».
Difatti non furono costretti ad aspettare molto, perché dopo appena sette minuti Anita e Agnese sbucarono dall'altra parte della strada. Sebastiano trattenne il fiato per qualche istante sia a causa dell'imbarazzo, sia perché se la stava facendo sotto, ma soprattutto perché Anita aveva indossato un altro vestito che le lasciava scoperta gran parte delle gambe e la faceva apparire ancora più abbronzata e bella.
Leonardo invece prese ad osservare Agnese nei minimi dettagli, cercando anche il più piccolo particolare che gli facesse capire che non voleva essere lì, ma non lo trovò. Era carina e imbarazzata e teneva la testa bassa, ma lui non riusciva a non sorridere come un ebete, perché in fondo la capiva: erano stati messi in mezzo a quell’appuntamento senza che nessuno avesse chiesto il loro parere, ma non riuscivano ad essere scontenti di quell’invito.
Sebastiano si portò una mano tra i capelli, indeciso se aggiustare il ciuffo verso l'altro o scompigliare tutto come al suo solito; l'entusiasmo iniziava a farsi strada tra le sue viscere, donandogli una scarica di adrenalina che non sapeva bene come sfogare. Ridacchiò tra sé e prese a muovere qualche discreto passo avanti e indietro, senza davvero allontanarsi dal posto. «Buonasera!» esclamò a gran voce quando finalmente le ragazze furono a pochi passi da loro, l'una impacciata e l'altra semplicemente radiosa.
Anita era bellissima e imbarazzatissima, ma lui comunque non riusciva a staccarle gli occhi di dosso: ancora non riusciva a credere che lei fosse uscita insieme a lui quella sera.
«Buonasera» mormorò lei, arrossendo e sistemando il vestito che indossava nel tentativo di spianare una piega inesistente.
Un silenzio denso e pesante calò su di loro per qualche istante, finché Leonardo non si schiarì la voce e Sebastiano si decise a prendere l'iniziativa: si voltò verso la piadineria e annunciò di avere fame; l'istante dopo tutti si incamminarono, dividendosi senza nemmeno accorgersi a coppie.
Il loro tavolo era minuscolo e starci seduti intorno senza far scontrare continuamente le gambe non fu semplice. In un primo momento fu un continuo scusarsi e arrossire, ma poi semplicemente smisero di farci caso. Anita e Sebastiano, seduti vicini, non facevano che guardarsi e sorridere, mentre nessuno dei due accennava a voler smettere di straparlare. Nel loro silenzio ogni tanto Agnese e Leonardo ridevano, scambiandosi occhiate d'intesa come a dire che, già, quei due formavano davvero una bella coppia (di chiacchieroni).
Gli argomenti che venivano affrontati erano vari e non sempre collegati tra di loro, ma nessuno sembrava farci caso, ipnotizzato dal fiume di parole che riempiva il silenzio.
«Andiamo in spiaggia?» propose Anita, seguendo chissà quale filo logico. Agnese la guardò sorridendo: le faceva tenerezza, raramente l'aveva vista così e per una volta smise di pensare a come sarebbe andata a finire quella storia. Inutile dire che la proposta di Anita venne accolta di buon grado da tutti, chi perché non vedeva l'ora di potersi rilassare e smettere di scusarsi per i continui scontri fra ginocchia e chi perché non aspettava altro che allontanarsi e provare a fare una cosa che sperava gli riuscisse.
 
Così si trovarono ai limiti della spiaggia, le scarpe in mano e lo sguardo attento ad individuare eventuali ostacoli. Sebastiano circondò i fianchi di Anita con un braccio e la scortò cautamente alle altalene. Il cuore della ragazza batteva come quello di un topolino spaventato ed era certa che anche lui se ne fosse accorto, anche se non sapeva esattamente come. Ognuno di loro occupò un sedile e prese a dondolarsi lentamente, in religioso silenzio, mentre Leonardo seguiva attentamente Agnese fino al trenino di legno poco lontano.
«C'è un sacco di gente in giro» buttò lì Sebastiano, interrompendo quell'unico momento di silenzio che si era creato. Anita dapprima annuì, poi ridacchiò quando si ricordò del buio che li circondava e mormorò un flebile «Sì». Cos'era tutto quell'imbarazzo? Aveva forse finito le parole durante la cena? Il buio la metteva a disagio, non riusciva a vedere Sebastiano in faccia e non poteva immaginare i suoi pensieri e questo la destabilizzava. Poi lui cominciò a spingersi sempre più forte sull'altalena e allora anche lei lo imitò, senza però riuscire a raggiungerlo.
«Non vale, tu hai iniziato prima!» protestò, ridendo poi forte. Sebastiano si unì alla risata e prese a dondolare ancora più veloce, scatenando altre proteste e prese in giro.
«Ora si uccide» preannunciò Leonardo a voce bassa, per non farsi sentire da altri che Agnese, accovacciata accanto a lui sul trenino di legno.
Lei lo guardò interrogativa, mentre Sebastiano si spingeva sempre più forte, sfidando a gran voce Anita a raggiungere l'altezza –quasi pericolosa, avrebbe detto Agnese– a cui arrivava il suo seggiolino durante la salita.
«Preparati» aggiunse Leonardo dopo un istante; parlava a voce bassa –bassa in tutti i sensi, per la gioia della sua interlocutrice– come se gli schiamazzi di Sebastiano fossero abbastanza per tutti.
Se lo avessi chiesto ad Agnese, avrebbe risposto che loro due quella sera erano due fantasmi: due spettatori silenziosi, addetti a controllare che le cose non precipitassero.
Ma andava bene così, ci si trovavano bene nei panni degli osservatori di poche parole; una volta tanto quel ruolo non li faceva sentire soli, erano l'uno compagnia dell'altra. Quella sera, poi, l'atmosfera era diversa dal solito: pervasa da un senso di attesa ed aspettativa, era inevitabile che sarebbe successo qualcosa da un momento all'altro e nessuno dei due sapeva quale coppia ne sarebbe stata la protagonista.
Agnese sorrise nel buio, lasciando definitivamente perdere per quella sera il pessimismo che bussava alle porte della sua mente. Continuò invece a guardare l'allegra coppietta che dondolava nella penombra, appena illuminata dai lampioni della strada vicina.
Il moto di Sebastiano stava poco a poco rallentando, mentre lui rideva troppo per potersi spingere forte come poco prima. Rideva, rideva, e Anita con lui. «Mo' salto!» annunciò lui all'improvviso.
«Non farti male!» lo ammonì Anita, pur senza smettere di sghignazzare, contagiata dall'incontenibile allegria dell'altro.
E fu così, sotto lo sguardo attento di Leonardo e quello divertito di Anita, che Sebastiano saltò via dall'altalena, piombando sulla sabbia un paio di metri più avanti.
Agnese non riuscì a trattenersi e ridacchiò, trascinando anche Leonardo nell'ilarità; Anita invece si precipitò al fianco del biondo e si inginocchiò vicino a lui.
«Ti sei fatto male?» chiese concitata, ma appena scorse nel buio il sorriso ampio di Sebastiano tirò un sospiro di sollievo e gli schiaffeggiò leggermente la spalla. «Mi hai fatto prendere un colpo, scemo» lo riprese, senza però riuscire a trattenere un piccolo sorriso.
Il ragazzo le fece una linguaccia e, senza pensarci due volte, la prese per la vita e la trascinò con sé sulla sabbia. A quel punto la risata della bionda fu talmente forte che avrebbe potuto farli scoprire dal bagnino.
«Sei un marpione» lo apostrofò sorridendo, si alzò da terra e si scrollò la sabbia di dosso, lanciandola volutamente addosso a Sebastiano.
Lui scoppiò a ridere a sua volta, mentre le mani volavano a proteggere gli occhi chiari da quell'attentato. «Ehi, così m'offendi!» protestò in tono divertito, per poi alzarsi goffamente in piedi di scatto, con tanto impeto da rischiare di sbilanciarsi in avanti.
Fu più o meno a quel punto che, «Te l'avevo detto», si sentì parlare Leonardo nel –relativo– silenzio; allora Sebastiano, ricordandosi della sua presenza, corse verso il trenino e gli si sedette in braccio. «Vi divertite, piccioncini?» lo prese in giro sfoderando un sorriso sornione.
Agnese arrossì di colpo, si morse l'interno della guancia per non tossire e spostò la sua attenzione su Anita che si stava avvicinando a loro tre.
«Molto, voi?» rispose Leonardo, poi diede uno scappellotto a Sebastiano.
Dopo aver mugulato per il dolore, quello gli abbracciò il collo e mise il broncio. «Nini pensa che io sia un marpione» confessò, sussurrando in quel modo volutamente rumoroso, per essere certo che tutti i presenti lo udissero.
Leonardo alzò gli occhi al cielo e soffiò un sorriso. «Chissà come mai!»
A quel punto Sebastiano si sentì autorizzato ad alzarsi e ad atteggiarsi a drama queen offesa: «Ma come! Ce l'avete tutti con me! Povero Castelli!» gridò in maniera teatrale. Dopodiché, soddisfatto di averli fatti ridere tutti, si arrampicò sullo scivolo per concludere in bellezza la sua sceneggiata; non giunse nemmeno a metà della scaletta, però, ‘ché picchiò violentemente la testa contro l'arco in legno che ne delimitava l'entrata. E a questo punto, davvero, era improbabile che una sola persona in tutta la spiaggia non lo avesse sentito inveire in romanesco stretto contro non si sapeva bene cosa.
Tra gli improperi di Sebastiano solo Leonardo si accorse della luce che si accese allo stabilimento, così prese la mano di Agnese e corse verso lo scivolo.
«Dobbiamo andare via di qui, stanno arrivando a controllare» disse solo, trascinando via un'inerme e muta Agnese, rimasta paralizzata dal gesto del ragazzo.
«Seba! Daje!» lo richiamò ancora, per poi incamminarsi tra le file di ombrelloni, senza mai smettere di lanciare occhiate indietro per controllare che gli altri li stessero seguendo.
Sebastiano non si era fatto pregare: massaggiandosi la testa dolorante con una mano, come se la pressione potesse attutire il dolore acuto, aveva porto la mano ad Anita e poi aveva seguito gli altri due.
Mentre camminavano verso il bagnasciuga, intrecciò le sue dita con quelle della ragazza. «Giuro, non sono coatto come sembra» si sentì in dovere di mormorare, come scusa per la magra figura appena fatta. Prima di uscire dal b&b, Elisabetta si era raccomandata con un sorrisetto derisorio: «E ti prego, Castelli, tieni a freno lo zoticone che c'è in te».
Anita si girò a guardarlo, il cuore che accelerava i battiti per via della stretta delicata della sua mano calda sulla propria; rimase in silenzio qualche istante per poi rendersi conto che la paura di Sebastiano era sincera. Le venne da ridere: non aveva nemmeno pensato di considerarlo grezzo, non avrebbe saputo cosa dire per smentire quel timore. Come unico incoraggiamento, quindi, si avvicinò per lasciargli un morbido bacio sulla guancia. «Tranquillo» mormorò sorridente.
Se Sebastiano avesse potuto scegliere un modo per morire, quello sarebbe stato di certo il migliore di tutti. Aveva il cuore a mille e la testa piena di pensieri, progetti, domande, dubbi; voleva baciarla ma voleva essere sicuro che lei non lo avrebbe respinto e voleva dirle una miriade di cose, ma riuscì solo a sorridere da ebete e accelerare il passo verso la riva.
«Secondo te ci dicono qualcosa se ci sediamo qui?» chiese, fermandosi di fronte ad un lettino dell'ultima fila di ombrelloni. Anita si voltò verso l'entroterra e scrollò le spalle, sedendosi sulla plastica fredda e umida, subito imitata da Sebastiano. Rimasero in silenzio per qualche secondo, giusto il tempo perché Leonardo e Agnese si allontanassero, poi la biondina si voltò con tutto il corpo verso di lui e incrociò le gambe.
«Ti sta piacendo la serata?» gli chiese, accarezzandogli un braccio con la punta delle dita.
Quel contatto mandò Sebastiano in brodo di giuggiole e lo fece sorridere come uno scemo, mentre annuiva con vigore.
«Moltissimo» confermò, poi la guardò con la testa leggermente inclinata a destra e prese la sua mano, «A te?» le chiese a voce bassa, quasi come se le stesse chiedendo di rispondere di sì, che anche lei era stata bene e si stava divertendo.
«Ora che siamo da soli mi piace anche di più» confessò lei, spostando lo sguardo sulle loro dita intrecciate e sorridendo appena.
Quanto avrebbe voluto vederla! Avrebbe davvero voluto che il buio non celasse il volto di Anita, che gli fosse possibile vederla arrossire, sorridere, parlare. Invece il buio gli lasciava quel piccolo margine di dubbio che lo divorava dentro, non gli permetteva capire fino in fondo quello che stava pensando la ragazza.
«Secondo te ad Agnese è piaciuta la serata?» domandò, anche se le avrebbe tanto voluto chiedere se aveva capito che la sua era stata solo una scusa, che non era vero che Leonardo voleva uscire con Agnese e lo aveva coinvolto.
Anita guardò nella direzione in cui si era diretta l'altra coppia e soffiò un sorriso intenerito.
«Secondo me mi odierà per almeno tre settimane», ridacchiò; sentì un tocco leggero sul braccio e impiegò una manciata di secondi per capire che Sebastiano le stava accarezzando la pelle con una dolcezza e una lentezza che la mandavano fuori di testa.
«Non le interessa Leo?»
La voce di Sebastiano le giunse dannatamente più vicina di prima e questo voleva dire che si era avvicinato a lei. Forse troppo per i suoi ormoni impazziti.
Boccheggiò un istante, poi rise nervosamente e scrollò le spalle. «Forse le interessa, ma è tremendamente timida» mormorò imbarazzata.
Sebastiano non riuscì a trattenersi e le baciò leggermente una spalla, per poi strofinarci lentamente la punta del naso, inspirando silenziosamente il suo profumo delicato e fruttato.
«Ma se provassi a baciarti, ti scanseresti?» chiese a bassa voce, cercando di guardarla nonostante l'oscurità. La sentì trattenere il fiato e tremare appena, così le lasciò un altro bacio sulla pelle e attese in silenzio.
«Potresti provare» sussurrò lei, per poi avvampare esageratamente e avvertire una forte stretta allo stomaco.Sebastiano sorrise apertamente e si mise dritto, avvicinandosi ad Anita e accarezzandole una guancia.
«Spero tu non mi abbia illuso» scherzò e senza aspettare la risposta della ragazza appoggiò leggermente le labbra sulle sue, trattenendo l'emozione e le grida di gioia che rischiavano di fargli esplodere il petto.
Anita si sentì arrossire a livelli disumani e abbracciò il collo del ragazzo, come a confermargli che no, non si sarebbe assolutamente scansata.
La felicità di Sebastiano poteva essere quasi paragonata a quella degli Americani dopo lo sbarco sulla Luna; circondò i fianchi della biondina e se la trascinò sulle gambe, per poi interrompere il bacio per sorridere. «Posso riprovare?» chiese ironico e quando sentì la risata divertita ma non canzonatoria di Anita gonfiò il petto e strinse la presa sulla sua vita, per poi baciarla di nuovo, questa volta con più coraggio, a labbra leggermente schiuse. Lei chiuse gli occhi e si lasciò andare, perché il calore che si diffuse nel suo corpo la travolse e la spinse a rispondere lentamente al bacio, provando emozioni che nemmeno lei pensava esistessero. Era tutto quello che aveva sperato, si stava avverando ogni suo desiderio con quel ragazzo arrivato per caso a sconvolgerle la vita.

 
A qualche metro di distanza Leonardo interruppe il flusso di parole e si sporse verso il posto in cui ricordava essersi fermato Sebastiano.
«C'è troppo silenzio» mormorò, trovando alquanto insolito il fatto che lui, Leonardo Calicchia parlasse di più di Sebastiano Castelli, logorroico di natura e al primo vero appuntamento con la sua cotta.
Agnese tese l'orecchio e constatò che, sì, effettivamente i loro amici avevano smesso di parlare e non sembravano nemmeno essere ancora in spiaggia. «Dici che...» azzardò, ma non proseguì per colpa dell'imbarazzo. Anita era grande e poteva fare quello che voleva, non sarebbe di certo stata lei a dirle di non baciare quel ragazzo.
«Allora ce l'ha fatta!» esultò il ragazzo, guadagnandosi un'occhiata scettica da parte dell'altra.
«A fare che cosa?» chiese scioccamente, con una vena di preoccupazione nella voce.
«A baciarla, mia cara Ese», sorrise apertamente, felice che il suo amico fosse riuscito a concludere qualcosa con la sua biondina.
«Perché ne sei così felice?» continuò Agnese, cercando di ignorare lo strano turbinio che le si era agitato nella pancia al sentire quel nuovo soprannome datole da Leonardo.
«Per due motivi» cominciò lui: «Uno: Seba non ha mai avuto grande successo con le ragazze, ma si merita qualcuno che gli voglia bene», sorrise con tenerezza, che presto si trasformò in divertimento; «Due: almeno la smetterà di lagnarsi e chiedere a noi se Anita è interessata o no».
A quella rivelazione le risate diventarono due, spontanee e divertite, che andarono a fare da colonna sonora a Sebastiano e Anita, sdraiati sul lettino a scambiarsi timide ed impacciate effusioni di due ragazzi alle prime armi, con ancora quella curiosa titubanza che influenzava le mani di lui sul corpo di lei e le reazioni di lei a quelle nuove attenzioni.
Non fu necessario proporre di allontanarsi per lasciare ai piccioncini un po' di privacy: l'eco della risata non si era ancora estinto, ché Leonardo ed Agnese si incamminarono di nuovo, diretti nemmeno loro sapevano bene dove.
La spiaggia era immersa nell'oscurità, affetta da una fastidiosa umidità che incollava la sabbia ai piedi e impregnava i vestiti; ma mai, mai, Agnese l'aveva vista più bella. La luna si rifletteva in una lunga scia di luce bianca sull'acqua, il cielo era pieno di stelle. L'aveva vista all'alba, al tramonto e in tutte le sue fasi intermedie, ma di notte acquistava una magia che nessun altro momento del giorno le conferiva.
«Hai mai fatto il bagno di mezzanotte?» domandò sottovoce, quasi timorosa di rompere l'atmosfera incantata in cui erano immersi.
Quella domanda colse impreparato Leonardo, che fece una smorfia e ridacchiò con auto-ironia: «No, non so nuotare».
La ragazza sgranò gli occhi. «Oh» commentò solamente, incredula. Era così legata a quell'ambiente che a volte dimenticava che non tutti erano cresciuti sguazzando in mare. L'idea, oltre tutto, la lasciava interdetta: «Non hai mai nuotato» realizzò, in tono leggermente più acuto di prima.
Quello stupore causò un nuovo spontaneo moto ilare in Leonardo. «No, mai» le diede conferma. «Di solito non entro nemmeno in acqua, non mi piace».
Non gli piaceva! Agnese sgranò gli occhi e gli rivolse un'occhiata scandalizzata. «Come fa a non piacerti?!»
A quella specie di accusa Leonardo rispose scrollando le spalle e ridacchiando nervosamente.
«C'è sempre una prima volta» mormorò più a se stesso che ad Agnese, che nonostante fosse stato solo un sussurro colse alla perfezione quello che aveva detto il ragazzo.
«Ti fidi di me?» gli chiese a bruciapelo.
Seguirono attimi di indecisione, nervosismo e timore da un lato; di dubbio, incertezza e pentimento dall'altra –o forse da entrambe. Leonardo era una persona razionale, era sempre stato in grado di arginare le proprie paure utilizzando la ragione, analizzando le situazioni per renderle il più possibile semplici e chiare. In quel momento, però, non sarebbe stato nemmeno capace di spiegarsi perché avesse pronunciato quelle parole: era ovvio che Agnese avrebbe avanzato quella implicita proposta, gliel'aveva servita su un piatto d'argento. La verità era che, sì, si fidava di lei; era disposto a mettersi in gioco, voleva raggiungere la sua lunghezza d'onda e vedere il mondo dal suo punto di vista. Voleva capirla.
La guardò in silenzio, poi spostò lo sguardo sulla massa d'acqua, così scura ed immensa, e rabbrividì. Si diede del cretino –non poteva che essere cretino, se si era messo da solo in quella situazione. D'altra parte, però, era troppo orgoglioso per ammettere di avere paura, non accettava nemmeno l'idea di dover rinunciare a qualcosa per timore.
Quella lunga pausa spinse ad Agnese ad una precisazione: «Non ho il costume», frase che però suonava decisamente sbagliata, in quelle circostanze. Arrossì e boccheggiò, turbata dalla dubbia interpretazione che quella scelta di parole suggeriva, per poi chiarire subito dopo, accompagnata dalla risata trattenuta di Leonardo: «No, cioè– Non voglio spingermi tanto in là. Insomma, non dobbiamo allontarci dalla riva, ci bagnamo i piedi» borbottò nel più totale imbarazzo.
Quella spiegazione, assieme al palese disagio di Agnese e al divertimento che non riuscì a contenere che qualche secondo di più, lo tranquillizzò. Non era necessario inoltrarsi nell'uscurità, sarebbero rimasti a riva, magari ne sarebbero usciti in fretta. Prese un lungo e silenzioso respiro, poi annuì: «D'accordo».
Un sorriso di gioia e sorpresa sorse spontaneo sul viso di Agnese, che aveva rinunciato in partenza a quell'eventualità. «Sicuro?» domandò, sentendosi un po' in colpa per aver insistito; non era un comportamento da lei insistere per piegare gli altri alla propria volontà. D'altra parte, poche cose al mondo erano magiche come la spiaggia di notte e non poteva proprio credere che qualcuno non ne cogliesse appieno l'incanto.
Leonardo cercò di farsi coraggio, esplorando già mentalmente i passi che sarebbe andato a percorrere di lì a poco. Avrebbe potuto rispondere di no, ma non lo fece. «Abbastanza», anche se non del tutto. «Fammi strada».
Così Agnese sistemò la borsa in spalla, strinse la presa delle dita sulla fascetta posteriore dei sandali e si incamminò. In un primo momento la sensazione della sabbia bagnata che si attaccava ai piedi la infastidì, ma la voglia di immergerli ebbe la meglio su ogni altra sensazione; sopportò con un piccolo sobbalzo le conchiglie pungenti sotto le piante, trotterellò un po' più in fretta ancora più avanti, dove finalmente poté camminare sulla sabbia liscia, l'acqua tiepida e scura, ma trasparente, a massaggiarle le caviglie.
Leonardo sussultò al contratto con l'acqua –per lui sempre troppo fredda;  imprecò sottovoce, quando le conchiglie gli graffiarono i piedi; gli venne la pelle d'oca nel vederli sparire sotto la superficie scura.
Agnese non si fermò: camminò ancora, fino a bagnare i polpacci e poi le ginocchia, per poi decidere che forse bastava così, se non voleva inzupparsi i pantaloni. Lui la seguì con diligenza, un po' a disagio, inquietato dall'impossibilità di vedere il fondale e dagli strani guizzi argentati che di tanto in tanto increspavano la superficie di cerchi concentrici.
«Sono i pesci» osservò Agnese dal nulla, rivolta un po' a se stessa e un po' a lui.
Leonardo affondò una mano nella tasca dei pantaloni, mentre con l'altra reggeva le scarpe da ginnastica. "E ora?" avrebbe voluto chiedere, nella speranza di un ritorno immediato alla terraferma; invece disse: «È più calda del previsto», muovendosi piano sul posto, come a testare la solidità del terreno, ancora poco fiducioso.
Agnese sorrise; era sinceramente soddisfatta di quella piccola vittoria: si era fidato di lei. «Non sono mai riuscita a convincere Ninì ad entrare» gli raccontò, immersa nei propri pensieri; l'atmosfera era irrealmente intima e il buio ammortizzava la timidezza. «Ma l'acqua di notte è meravigliosa. C'è qualcosa di speciale». Rise: forse Leonardo l'avrebbe presa per pazza, sentendola parlare come una bambina, intrigata da qualcosa di tanto semplice e naturale come la notte. «È una delle poche cose per cui sono grata a Davide: se non mi avesse costretta non avrei mai messo piede in acqua nemmeno io, dopo il tramonto». Poi si voltò ad indicargli la luna: «Guarda com'è bella!»
Leonardo la affiancò e sorrise, beandosi di quello spettacolo: aveva visto scene del genere tante volte nei film e forse anche dal vivo, ma, doveva ammetterlo, starci dentro con tutte le scarpe –letteralmente– era un’altra storia. La consapevolezza che fosse stato quel Davide a rendere possibile quel momento di fiducia e condivisione però lo infastidì. «Ti ha costretta?»
Agnese si strinse nelle spalle: tutto d'un tratto gli sembrava così piccola!
«Non gli piace sentirsi dire di no e io non sono brava a farmi valere».
Il groppo che Leonardo dovette mandare giù fu quasi doloroso, ma alla fine riuscì a trovare un nome a quello che provava, anche se non voleva ammetterlo a se stesso: era gelosia.  «Ti ha costretta a fare altre cose?» indagò, sperando di non sembrare troppo indiscreto.
Il silenzio che li avvolse era quasi irreale, assordante ed inquietante, ma poi Agnese sospirò e si voltò verso Leonardo, fronteggiandolo nel buio. «Non quello che pensi» lo freddò, avviandosi poi verso la riva. Lui rimase un attimo muto, poi la chiamò e la seguì velocemente.
«Aspetta» la implorò, fermandola per un polso e raggiungendola alle sue spalle, talmente vicino da poter sentire il suo respiro tremante e delicato, «Non ti stavo chiedendo se ti ha costretta ad andare a letto con lui» precisò. «Hai detto che quello è stato uno dei motivi per cui vi siete lasciati. Mi chiedevo se avesse forzato la mano su qualcosa oltre alla paura del bagno di notte».
Agnese sospirò e trattenne un sorriso: l'interesse di Leonardo la lusingava, non era abituata ad essere al centro dell’attenzione di un ragazzo. Tra Davide e Leo, poi, non c'erano paragoni; se solo avesse conosciuto prima il ragazzo della Capitale, probabilmente non ci sarebbe nemmeno stato un Davide di cui parlare o di cui ingoiare le gesta goliardiche e prepotenti.
«Ha sempre cercato di darmi tempo e spazio» mormorò, per poi aggiungere un maliconico «Più o meno».
Non sapeva perché si sentisse così felice di avere Leonardo lì, dietro di lei, così dannatamente vicino. E non sapeva nemmeno perché avesse un'irrefrenabile voglia di abbracciarlo, ma decise di non ascoltare le varie domande e insinuazioni della sua testa e fece un minimo passo indietro, appoggiando la schiena al petto del ragazzo. In un primo momento lo sentì irrigidirsi, poi però i suoi muscoli si rilassarono e le circondò il corpo con le braccia, in una stretta che sembrava più una coperta calda in una notte di inverno che non un gesto affettuoso nel mezzo della bassa marea estiva.
Rimasero in silenzio; nessuno dei due voleva parlare per paura di dover dare una qualche spiegazione, razionale o meno. Agnese mandò al diavolo la logica e la sua indole timida e riservata e sorrise apertamente, perché la verità era che stava aspettando un momento così da fin troppo tempo e aveva sperato invano che Davide fosse capace di una cosa anche solo lontanamente simile. Le braccia di Leonardo le fasciavano il busto e la tenevano stretta al suo petto, mentre lui aveva appoggiato la tempia alla testa di lei ed entrambi erano in contemplazione della Luna, la loro unica spettatrice.
Quell'apparentemente infinito momento di pace venne interrotto dal guizzo di un pesce argentato, più grande di quelli che avevano già visto, che saltò fuori dall'acqua e ricadde proprio accanto a loro. Agnese sapeva bene che cosa fosse e che non c'era nessun pericolo, ma ciò non le impedì di prendere per mano Leonardo e trascinarlo fuori dal mare urlando a squarciagola nel buio, sinceramente divertita, mentre lui la seguiva ridendo a crepapelle perché nemmeno si era accorto del motivo per cui la ragazza fosse scappata così.

 
Sebastiano sorrise sulle labbra di Anita, quando un grido non troppo distante giunse alle sue orecchie; non riuscì ad impedirsi di ridacchiare: «Ragazzini!» commentò divertito.
Anita stiracchiò un sorriso emozionato e impacciato al tempo stesso, senza davvero interessarsi al rumore che aveva a malapena udito. Il cuore martellava con entusiastica urgenza nel suo petto, mentre le farfalle mettevano sottosopra lo stomaco; era tormentata da così tante diverse sensazioni da non riuscire a distinguerle tra il groviglio che le ottundeva la mente. Avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma si limitò a mordersi il labbro inferiore, concentrnadosi sulle mani che ancora indugiavano sulle sue gambe. Così sorrise di più, gioiosa, senza sapere che Sebastiano stava osservando –e vedendo, nonostante l'oscurità– le linee lattee con con cui i raggi lunari definivano i suoi lineamenti.
Le accarezzò con delicatezza una guancia, percorrendo uno di quelle pennellate di luce. Se avesse avuto la chitarra, le avrebbe volentieri suonato una canzone: era consapevole della propria totale incapacità nel dire la cosa giusta; solo cantando, pensava, sarebbe stato capace di emozionarla come lo era lui. Ma con o senza il suo strumento, perché non provarci? «Sto per fare una cosa sciocca» preannunciò sottovoce, prima di stendersi sul fianco accanto a lei.
Anita inarcò leggermente le sopracciglia, senza saper bene cosa aspettarsi, poi lo imitò e appoggiò la testa al braccio piegato pronta a cogliere qualsiasi iniziativa con l'aspettativa che pulsava nelle tempie. Il suo cuore perse un battito, poi, quando Sebastiano prese a cantare sottovoce, mormorando con la quella voce profonda e ormai familiare le parole di una canzone che a quanto pareva piaceva ad entrambi.
E non so perché quello che ti voglio dire poi lo scrivo dentro una canzone; non so neanche se ti rivedrò o se resterà soltanto un'altra fragile illusione. Se le parole fossero una musica potrei suonarle ore, ore e ancora ore e dirti tutto di me. Ma quando poi ti vedo e c'è qualcosa che mi blocca e non riesco a dire neanche come stai; come stai bene con quei pantaloni neri, come stai bene oggi, come vorrei non cadere in quei discorsi già sentiti mille volte e rovinare tutto. Come vorrei parlare senza preoccuparmi, senza quella sensazione che non mi fa dire che mi piaci per davvero anche se non te l’ho detto, perché è squallido provarci solo per portarti a letto […]”.
Fin dalle prime battute Anita aveva smesso di pensare a qualsiasi cosa che non fosse Sebastiano –la sua voce, le sue labbra e i suoi occhi– e presto si sorprese ad essersi distratta anche dalle parole della canzone che lui le stava dedicando. Per cercare di non darlo a vedere lo fissò nel buio e fece scontare i loro nasi in una tenera richiesta di attenzione.
Sebastiano accolse quel gesto con un ampio sorriso, mentre le parole gli morivano sulle labbra, sempre più vicine a quelle di Anita. Ancora non poteva crederci che lei fosse lì su quel lettino, le loro gambe ancora aggrovigliate e la voglia di baciarsi come se non ci fosse un domani.
Le accarezzò la mandibola con la punta delle dita e la baciò morbidamente, come se avesse paura di farla scappare. Aveva ormai la certezza che non se ne sarebbe andata tanto facilmente, ma non si era mai fidato troppo del suo istinto e aveva imparato dalla vita ad aspettare il momento giusto.
Il problema era che con Anita non gli sembrava mai il momento giusto ma sperava sempre che lo fosse. Viveva in un limbo, tra la voglia di agire e la paura di essere respinto. Quando però lei fece perno sul gomito e si sdraiò su di lui, in quel momento esatto Sebastiano capì che per loro non ci sarebbe mai stata una fine, che avevano cominciato una cosa destinata a durare nel tempo. L'afferrò per i fianchi e la baciò con più foga e passione, come se stesse per esplodere il mondo sotto di loro. Non gliene importava più di niente, perché lui aveva lei e si sentiva così felice che aveva voglia di ridere, cantare, correre, saltare e fare l'amore con lei.
Quell'ultimo pensiero gli fece partire una scarica di adrenalina e il cuore prese a battere ancora più veloce, a tal punto che temette che lei potesse sentirlo. Sorrise sulle sue labbra e le accarezzò furtivamente una natica, sperando di non guadagnarsi uno schiaffo.
Invece di dargli una sberla Ninì nascose il viso nel collo del ragazzo e ridacchiò, rossa come un peperone ma dannatamente felice.
«Sei curioso, eh?» lo prese in giro, baciandogli la pelle in una carezza a fior di labbra. Sebastiano, animato da quella reazione tutt'altro che avversa, si fece coraggio e strinse leggermente la presa sul sedere della biondina e sorrise quando la sentì rabbrividire e rannicchiarsi ancora di più sul suo petto.
Si poteva essere più felici di così? Anita era certa che non fosse umanamente possibile, no.
Ci si poteva sentire più completi di così? Sebastiano arrivò alla conclusione che no, era inimmaginabile essere più completi di così.
Erano accoccolati l'una sull'altro in perfetto silenzio ormai da un po', tanto che lui si era convinto Ninì si fosse addormentata. Osservava la luna e le stelle, ascoltando il respiro leggero e regolare di lei, la mente che correva senza essere diretta da nessuna parte, tornando sempre indietro all'attimo che stava vivendo. «Sei mai stata a Roma?» le chiese sottovoce nella speranza di non svegliarla, in caso si fosse appisolata.
Anita però non stava affatto dormendo: prestava attenzione ad ogni suo più piccolo movimento sorridendo tra sé, la testa appoggiata al suo petto che si alzava e abbassava ritmicamente, accompagnata dal battito emozionato del suo cuore.
«Una volta, in gita scolastica» rispose.
Sebastiano sorrise appena, perché si aspettava quella risposta ed era perfetta per quello che stava pensando di dirle.
«Dovrai tornarci» mormorò, accarezzandole lentamente le spalle lasciate scoperte dal vestito che portava quella sera.
«Mi farai da guida turistica?» gli domandò lei, strofinando il naso sulla mandibola del biondo, che sorrise ancora più apertamente e prese a giocare con i suoi capelli lisci.
«Ovviamente!» confermò, premendo le labbra sulla fronte di Anita.
«Ti porterò a vedere la via dei Fori Imperiali e Villa Borghese. E il Pincio... Piazza Navona! E il Gianicolo». Sebastiano ridacchiò, pregustando la meta successiva: «Qui ce l'avete il Magnum Store? Perché se non ce l'avete ti ci devo portare. Oh, e poi c'è Pompi, che è tipo il paradiso del tiramisù!»
Anita gli depositò un leggero bacio sulla mandibola. «Pompi, il paradiso del...tiramisù?», si morse l'interno della guancia per non ridere di quell'ambiguo accostamento di nome e prodotto. Quando anche Sebastiano capì il motivo di quell'osservazione scoppiò in una fragorosa risata alla quale si unì anche la voce di Anita, salvo poi trasformarsi in una raffica di baci sulla pelle liscia del collo del ragazzo sdraiato sotto di lei.
Sebastiano percepiva tante leggere scariche elettriche attraversargli il corpo ad ogni contatto tra le labbra della ragazza e la propria pelle, amplificate, se possibile, da quel malizioso doppio senso a cui si stava sforzando di non pensare. In preda ad un nuovo moto di energia, alimentata da un misto di imbarazzo ed eccitazione, ricominciò a parlare: «Ti porterò alla villa, poi. I ragazzi ed io ci passiamo ogni weekend libero; ogni tanto c'è mia nonna, ma non dà fastidio. Ci abbiamo fatto le migliori feste laggiù, quella casa ha visto di tutto e di più». La villa in questione, come si premurò di specificare subito dopo, altro non era che una vecchia abitazione di campagna appartenente alla famiglia Castelli, ma disabitata ormai da anni, visto che tutti i parenti si erano ormai trasferiti in città. Sebastiano ci faceva le feste di compleanno da piccolo, perché sua madre mal sopportava il disordine in casa, e da quando aveva preso la patente –per primo tra i suoi amici, ci tenne a sottolineare– appena poteva si rifugiava laggiù, luogo che aveva eletto a suo rifugio personale.
Non passava il suo tempo lì spesso come avrebbe voluto, essendo la villa piuttosto fuori mano, ma una cosa era certa: quando qualcosa nella sua vita andava storto e non riuscivi a trovarlo, Sebastiano era di certo nascosto laggiù, intento a svuotare scatoloni di cianfrusaglie in garage, a suonare la chitarra o a passeggiare per i campi –magari assieme alla nonna.
Anita sorrideva tra sé, mentre lo ascoltava. Le piaceva pensare che lui si fidasse di lei a tal punto da raccontargli del luogo in cui scappava dal mondo e in cui portava solo gli amici più stretti. Che avesse detto che avrebbe mostrato quella casa anche a lei la faceva sentire importante. Quando Sebastiano tacque, poi, non esitò a condividere con lui qualcosa di sé.
Si schiarì la voce e si preparò ad affrontare un discorso serio e possibilmente di senso compiuto. «Quando voglio evadere dal mondo scendo in spiaggia a correre. Niente foto, niente compagnia. Solo io e i miei pensieri da cancellare. Correre mi aiuta a scaricare i nervi, sai? Non sento niente se non il mio cuore che batte e il mare accanto a me», sospirò, «Però da un paio di anni ho cambiato questa abitudine e invece di scendere a fare jogging mi nascondo alla Piazza delle Conserve: ci sono delle enormi cisterne scavate, sono abbastanza profonde però ci si può calare dentro senza troppa difficoltà. Ho scoperto quel posto quando i miei mi hanno detto che si sarebbero separati», deglutì lentamente e ricacciò giù le lacrime che le scaldavano gli occhi. «Sono rimasta lì fino all'alba e quando sono tornata a casa Agnese mi ha insultata in tutti i modi», ridacchiò e si asciugò una guancia. Sebastiano l'ascoltava in silenzio e le accarezzava lentamente un braccio, rapito da quelle parole e da quel pianto silenzioso e nascosto.«Non ho mai detto a nessuno dove mi ero andata a cacciare, è sempre stato il mio segreto e ogni tanto torno là, quando litigo con mia mamma o quando il suo compagno passa la notte da noi» continuò a voce talmente bassa che ad una manciata di centimetri più in là Sebastiano era certo che non l'avrebbe sentita. «Ultimamente capita spesso, perché stanno facendo le prove per vivere insieme, tutti sotto lo stesso tetto. Per questo non vedo l'ora di tornare a Bologna». La voce le si incrinò sull'ultima parola e il ragazzo la strinse forte in vita, per farle capire che lui era lì e che con lui poteva sfogarsi. La luce della Luna le faceva brillare le lacrime che scendevano lentamente lungo le guance di Anita e Sebastiano ne catturò una con il pollice.
«Grazie per avermi svelato il tuo posto segreto» bisbigliò, per poi accogliere la testa della ragazza nell'incavo del suo collo. Si chiese come mai quell'incastro fosse così naturale e perfetto, anche se con lei tutto era perfetto. era come se nella sua vita ci fosse sempre stato un posto per lei, come se le sue braccia fossero state studiate per abbracciarla, come se la sua bocca fosse stata fatta per combaciare perfettamente con quella di Anita.
Non passarono molti istanti prima che le loro labbra ricominciassero a cercarsi, come a suggellare quello scambio di fiducia appena avvenuto. E c'era tenerezza in quell'incontro, c'erano affetto, speranza, emozione e tanta, tantissima attrazione. Era come se non potessero smettere di sfiorarsi, di accarezzarsi e baciarsi. Niente malizia, niente aspettativa, niente paura. C'era solo spontaneità in loro, pochi pensieri e tanti nuovi sentimenti.
Continuarono a scambiarsi dolci effusioni a lungo, senza mai calcare troppo la mano, senza mai allontanarsi più di qualche centimetro. Poi, non avrebbero saputo dire quando né chi per primo, si addormentarono, sotto il cielo stellato, con le onde del mare a mormorare loro la buonanotte, un vento leggero a spingerli sempre più stretti l'una nelle braccia dell'altro.

 
Lungo la riva intanto Agnese e Leonardo passeggiavano fianco a fianco in direzione della luna, chiacchierando di letteratura e storia dell'arte, di musica, di sorelle minori, di liceo, di stabilimenti balneari e di gusti di gelato o di pizza; le loro mani continuavano a sfiorarsi di tanto in tanto e quando succedeva il cuore dei due accelerava e le loro guance si tingevano di un rosso celato dal buio, ma svelato dal silenzio imbarazzato che scendeva su di loro.
Non si erano più preoccupati di Anita e Sebastiano, che sicuramente stavano pomiciando da qualche parte e nessuno dei due aveva interesse nell’interromperli. Quindi proseguivano senza sosta guidati dallo sciabordio delle onde che si infrangevano sugli scogli poco lontani.
Quella sera anche tra loro era successo qualcosa. Il ghiaccio si era sciolto, le difese erano state abbassate e Leonardo e Agnese si erano concessi l'un l'altro la possibilità di conoscersi. Avevano condiviso poco, forse, per gli standard della maggior parte della gente, ma tantissimo per i loro. Certo, nessuno si illudeva di poter dire di conoscere l'altro, ma si accontentavano per il momento dello sforzo. Si accontentarono di argomenti neutri, che in realtà parlavano molto di loro, di sorrisi scambiati nel buio, di sfioramenti accidentali, di risate divertite o imbarazzate e di conversazioni portate avanti a voce bassa e controllata.
Leonardo si offrì di accompagnare Agnese a casa, in fondo se avevano fatto così tardi era stata anche colpa del suo mogliore amico, e lei non aveva potuto rifiutare l’idea di passare quegli ultimi minuti con lui alla luce dei lampioni della strada. voleva vederlo, voleva ricordarsi quel sorriso ampio e bianco, quegli occhi penetranti e voleva collegare un volto a quella voce che le aveva fatto vibrare l’anima per tutta la sera. sotto casa, poi, lui si chinò su di lei e le lasciò un leggero, quasi impercettibile, bacio sulla tempia e la guardò rientrare in casa svelta e attenta a non fare rumore, perché l’ultima cosa che entrambi avrebbero voluto era finire quella inaspettatamente bella serata con una secchiata di acqua ghiacciata come solo suo padre sapeva regalare.



Bloop's corner:
Buona sera, lettrici! O dovrei dire lettori e lettrici? Mah...BUONA SERA! Prima di tutto grazie dell'immensa pazienza e grazie di essere arrivate fino alle note in fondo alla pagina, sempre che qualcuno le legga. Mi rendo perfettamente conto che tre mesi di attesa siano tanti, ma meglio tardi che mai! E soprattutto abbiamo dei validi motivi per cui siamo sparite. Il primo dei quali si chiama università, ma non parliamone stasera perché se no mi tornano i sensi di colpa per non aver combinato niente oggi. Uh, ma che scema! Qui è Mari che vi parla, spero vi ricordiate ancora che siamo in due (Mich e Mari, Yvaine0 e Aries Pevensie)! Okay, dove questa piccola entrata in scena davvero imbarazzante vorrei parlarvi un secondo di questa storia. Nel senso che rileggendo i capitoli precedenti (e sì, l'ho fatto oggi invece di studiare), mi sono resa conto che non si riesce a capire nemmeno dove scrive una e dove scrive l'altra. Questo non è per vantarci, ma per svelarvi che stiamo scrivendo questa storia su Whatsapp e che scriviamo al massimo 1000 parole a testa prima di lasciare continuare l'altra, ma alla fine viene fuori una cosa talmente omogenea che stupisce anche me. Abbiamo fatto un grande lavoro su noi stesse per scrivere questa storia, ci siamo dovute mettere l'una nei panni dell'altra e nei personaggi da noi inventati, inserirci nei dialoghi cominciati e continuare dei pensieri che chissà dove dovevano portare nella testa di chi li ha instradati. E' un'avventura bellissima e consiglio di provare a chiunque abbia un'amica con la stessa passione per la scrittura. 
Con questo torniamo a questo capitolo lungo ben 11 pagine di word. E' cascata la pera di Sebastiano e Anita, finalmente si sono dati una mossa e hanno concluso qualcosa, ma attenzione! Attenzione perché anche Leonardo e Agnese stanno superando tutti da destra e fanno grandi passi avanti! 
Bene, fateci sapere il vostro giudizio, cercheremo di rispondere alle vostre recensioni in tempi ragionevoli!
Grazie davvero di cuore per tutto quello che fate per noi, lo apprezziamo davvero!
A presto
AP

 
 
   
 
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