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Autore: SuperGoat    30/08/2015    2 recensioni
Camelot, otto anni prima dell'arrivo di Merlino. Un sogno profetico mostra a re Uther Pendragon una spada conficcata in una roccia. Colui che la estrarrà dalla roccia, viene rivelato al re, sarà destinato ad unificare i regni d'Inghilterra e regnare su tutto il mondo conosciuto, accompagnato però da un maledizione.
Solo un Pendragon può estrarre la spada dalla roccia, non avendo altri parenti se non due figli piccoli, Uther si convince di essere lui il prescelto.
Una storia dedicata a quelli che, come me, sono rimasti leggermente interdetti nel vedere Excalibur, la mitica spada dalla leggenda. ridotta dalla serie "Merlin" ad un inutile trucchetto di magia. In occasione della messa in onda della puntata 4x12, indignata per la poca importanza data a questa parte della leggenda, creai questa storia ambientata nella Camelot del passato che conferirà ad Artù l'opportunità di estrarre, per conto suo, la spada dalla roccia, pur senza creare contraddizioni con la trama della serie TV (o almeno si spera).
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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La corte era riunita, Uther aveva già saputo da Leon che la missione che aveva affidato ad Artù aveva avuto esito positivo ma la procedura voleva che il principe si presentasse a suo cospetto per riferire i dettagli davanti all'intera corte. Uther non aveva ancora visto il ragazzo, immediatamente dopo il suo ritorno era andato a cambiarsi, non aveva detto parola, ma forse era per via della fretta, non era accaduto nulla si strano al villaggio druido, Leon lo aveva assicurato. 

Le porte si aprirono e Artù entrò seguito da due guardie, marciò fino alla metà della sala per fermarsi davanti a lui "Allora, Artù" iniziò "Come è andata la missione" suo figlio aveva una strana faccia, non riusciva a parlare "E' andata..." disse piano, Uther si allarmò, sperava che il ragazzo non desse in escandescenze davanti all'intera corte, sarebbe stato terribile "Sei riuscito nel tuo intento?" disse venendogli incontro, suo figlio chinò la testa, non avrebbe dovuto "si..." disse, Uther non sapeva come cavarsela, suo figlio non poteva limitarsi a dire questo, Artù sollevò la testa e Uther si accorse con orrore che aveva le guance rigate dalle lacrime "Volevo dire no" si corresse il principe, Uther lo guardò sconvolto, sapeva per certo che la missione era riuscita, "Noi..." Artù si bloccò, Uther strinse i pugni preoccupato nel vedere il viso del figlio contrarsi in una smorfia "no" sussurrò pianissimo il re, ma non poteva evitarlo, il principe scoppiò a piangere, piangeva forte, come un bambino, l'intera corte faceva silenzio e ascoltava, Uther non osava alzarsi o parlare, il pianto di Artù era disperato, rotto dai singhiozzi, sempre più insistente, sempre più forte. 
Sembrò fosse infinito, solo Gaius ebbe il coraggio di muoversi, Leon e Geoffrey azzardarono qualche timido passo in avanti, Gaius afferrò la spalla del principe e lo scosse, ma il ragazzo non accennava a calmarsi, Uther distolse lo sguardo, Gaius strinse più forte il principe, fece per trascinarlo via, Leon e Geoffrey si strinsero attorno a lui, per la sala si diffuse un lieve bisbiglio ma Artù continuava a piangere, Uther non vide altra scelta si alzò e se ne andò. 

Artù fu portato nelle stanze di Gaius, Leon lo mise seduto sul tavolo, il ragazzo non accennava a calmarsi, "Artù!" lo chiamò Gaius scuotendolo, il principe piangeva, non sapendo che altro fare Gaius decise di abbracciarlo, lo tenne stretto, se non altro il rumore era soffocato dal corpo del medico, lentamente il pianto finì "li hanno uccisi tutti" si sentì infine dire la voce del ragazzo, Gaius allentò la presa per guardarlo in faccia, le lacrime scendevano ancora grosse e pesanti "si, li ho uccisi tutti, Gaius" Artù singhiozzo "non se lo aspettavano" disse "erano disarmati quasi tutti, c'erano donne, bambini" Gaius si era aspettato qualcosa del genere, del resto i villaggi druidi non erano diversi dai villaggi di contadini, ma sentirlo dire così era un'altra cosa "sono tutti morti" disse il principe tremante "su mio ordine" il ragazzo singhiozzò "merito di morire per ciò che ho fatto...io...sono il più spietato degli..." Gaius lo bloccò, era una situazione seria "Vi è stato ordinato di farlo" era la migliore cosa che gli veniva in mente di dire "Nessuno mi ha ordinato di uccidere donne e bambini!" urlò Artù in risposta, poi riprese a piangere più piano "Voi non volevate, di questo sono sicuro" aggiunse il medico "Non importa" disse Artù in una smorfia di dolore "Loro sono morti e sono io la causa" Gaius non sapeva come rispondere e perciò tacque, Artù pianse ancora "Sai, Gaius" diceva "Io lo avevo detto, lo avevo detto ai soldati di risparmiare donne e bambini" Leon fissò il pavimento dispiaciuto "non mi hanno ascoltato, ma la colpa è mia" Artù era disperato "non valgo niente come principe!" gridò "non valgo niente come nulla! Voglio solo...voglio solo..." il ragazzo parve accasciarsi e Gaius lo sorresse, adesso era ancora  più preoccupato, temeva che il principe volesse addirittura morire "Un giorno sarete un grande re, Artù" cercò di dire "crescerete" il ragazzo digrignò i denti ma non rispose "sotto il vostro regno non avverrà mai più quello che è accaduto oggi e voi avete tutta la vita per rimediare, promettetemi che..." il bambino pareva essersi addormentato, cosa piuttosto insolita, forse era svenuto "prendilo Leon" fece Gaius allo scudiero "Leon!" chiamò di nuovo, il ragazzo fissava ancora il pavimento ed era molto pallido "Leon?" "Non era lui al comando" disse semplicemente lo scudiero "il re mi aveva dato precise disposizioni, non lasciare anima viva" Leon tacque "prendilo" disse Gaius e Leon eseguì "portalo nelle sue stanze e per il momento non dirgli che il re aveva affidato a te la missione, forse peggiorerebbe le cose" Leon annuì e fece per uscire "non vorrei lasciarlo solo" disse Gaius "ma adesso devo parlare immediatamente con Uther".
 
Quando Gaius raggiunse le stanze del re lui stava preparando l'armatura con gesti veloci e violenti, Gaius lo capiva quando era arrabbiato ma quella volta sentiva di essere ancora più arrabbiato lui, Uther, lo conosceva da quando era appena un bambino, aveva il cuore duro ma non era un uomo cattivo, la sua follia contro la magia era ben altra cosa, comunque adesso stava esagerando, aveva rovinato Camelot con la sua violenza, aveva rovinato giovani come Leon e stava distruggendo il piccolo Artù. 
"Partite, sire?" chiese con un velo di rabbia nella voce, Uther alzò un attimo la testa dalla cotta di maglia che aveva appena posizionato sul letto, si era accorto solo allora della presenza di Gaius "Artù mi ha fatto vergognare dinnanzi all'intera corte" ribattè lui duro, non era il caso di discutere con Uther arrabbiato ma quella volta Gaius non poteva evitare "E' questo che vi preoccupa?" chiese arrabbiato, Uther non ebbe il tempo di rispondere "Avete mandato un bambino di dodici anni a trucidare degli innocenti!" gli urlò contro il medico. Uther parve andare su tutte le furie "Mi ha chiesto lui una missione!" "Si, ma lui ha dodici anni!" urlò Gaius altrettanto forte "Anche io credevo fosse fin troppo giovane, Gaius" ammise Uther sbrigativo "ma sono stato orgoglioso nel constatare questo precoce interesse per il comando" "ma voi..." Uther non lo lasciò continuare "prima o poi Artù avrebbe dovuto farlo, essere re comporta questo genere di cose..." Gaius scosse la testa disperato, non c'era modo di far ragionare Uther "ma come vi è passato per la testa..." iniziò a dire "credevo di potergli affidare una missione simile già da ora, ma avevo preso precauzioni, avevo detto a Leon..." "Si, lo so" lo interruppe il medico "In uno, due anni, avrei voluto affidargli una vera missione ma se solo la vista lo ha turbato così tanto..." il re crollò seduto sul letto "mio figlio è talmente debole da non potere nemmeno assistere a ciò che deve essere fatto" Gaius non sapeva cosa aggiungere, Uther era suo amico, per quanto fosse impossibile capirlo a volte "voi adesso" disse tremante "andate da vostro figlio" Uther scosse la testa "come vedi sto partendo" disse, Gaius non ebbe bisogno di chiederne il motivo "il motivo per cui sto partendo è quella storia della spada" Gaius era ancora confuso "Ho cercato di dirtelo, nel bosco la settimana scorsa ho incontrato il figlio di Herbert" Gaius trasalì, Herbert era morto poco dopo Ygraine "Di Herbert, sire?" "Si chiama Galvano" spiegò Uther "Non ha mai conosciuto il padre, ha una voglia identica alla sua e gli assomiglia come una goccia d'acqua" Gaius annuì "la maledizione investe anche lui" "E anche lui potrebbe estrarre la spada dalla roccia, è un'arma potente, devo farlo io e subito" Gaius capiva "ho anche tentato di ucciderlo, Galvano" spiegò Uther, Gaius spalancò gli occhi "ma voi sapete quanto vale una vita umana?" non potè che chiedere, Uther lo ignorò "l'ho indirizzato verso le terre perigliose, spero ci rimanga, tolto lui resto solo io" "E Artù" specificò Gaius "Artù" disse Uther "Artù è un fallimento". 

Artù guardava fuori dalla finestra, lo faceva sempre quando era triste, guardava fuori dalla finestra e non pensava a nulla, se avesse pensato a qualcosa di certo si sarebbe voluto buttare dalla finestra. 
Suo padre, in armatura completa, sellava il cavallo, Artù lo guardava con rabbia e tristezza, avrebbe voluto che lo consolasse, avrebbe voluto che gli desse spiegazioni, ma suo padre, a quanto pareva, non gli voleva bene quanto lui gliene voleva, questo pensiero, se possibile, lo faceva stare ancora più male di quanto gli era successo, non solo non valeva nulla, ma non aveva più nemmeno nulla, non aveva più suo padre.
Artù distolse lo sguardo dal re e tornò a guardare più in alto, gli alberi oltre le mura di Camelot e si sentì meglio. La porta si spalancò dietro di lui, Artù si voltò lentamente, non era interessato a chi fosse entrato, Morgana era lì, davanti a lui, era trafelata, Artù si incuriosì solo un po' "Uther morirà!" annunciò Morgana ansimante, ci volle un po' perchè Artù capisse "m-mio padre?" chiese piano "come?" "L'ho sognato, come ho sognato te! non lasciarlo andare!" in un attimo Artù ricordò il sogno di Morgana e si pentì di non averla ascoltata, subito dopo spiccò in una corsa per il castello, sperando con tutto il cuore di riuscire a fermarlo prima che partisse. 

"Padre!" urlò Artù lanciandosi giù per le scale del cortile, il re lo guardò con rabbia, aveva giù un piede nella staffa "Padre, non andare!" gridò lui raggiungendolo, il re si tirò in sella "Torna nelle tue stanze, Artù, parleremo al mio ritorno" disse "e non voglio un'altra parola in proposito" Artù afferrò le redini del cavallo per impedirgli di andare "no, ascoltami, è importante!" insistette "Decido io cosa è importante" ruggì il re "morirai se vai!" gridò Artù, il re smontò da cavallo, Artù sperava che gli stesse dando retta "Tu non puoi avere questi sfoghi davanti al popolo" disse, Artù doveva insistere "continuerò se non mi dai retta" disse "non posso lasciarti morire" Artù non vide arrivare il rovescio che gli appioppò suo padre, con la mano guantata di ferro gli lacerò il viso prima ancora che lui si accasciasse a terra, afferrandosi la faccia per il bruciore lancinante Artù cercò di sollevare la testa dai gradini, vide suo padre montare a cavallo e sparire verso il ponte levatoio. 

Nessuno osò avvicinarsi a lui, era meglio così, suo padre non voleva che desse al popolo spettacolo di se e Artù non lo avrebbe fatto, doveva salvare suo padre, e lo avrebbe fatto da solo. Si alzò e corse alle scuderie, lo stalliere, Simeon, stava spalando il letame "Un cavallo" ordinò "immediatamente" Simeon lo fissò "vostro padre ha dato ordine di non darvi ne cavalli ne armi" "e io ti ordino di darmelo" Simeon impallidì "no, mio signore" disse, Artù tirò un pugno alla parete della scuderia, non aveva alcun potere, non aveva veramente alcun potere, ma avrebbe salvato suo padre, anche a costo di morire, uscì dalle scuderie correndo con gli occhi appannati dalle lacrime, non potette evitare di andare a sbattere contro una persona, "Ginevra" disse riconoscendo la ragazza "Qualcosa non va?" chiese lei, Artù non sapeva da dove iniziare "Devo salvare mio padre e non ho nè un cavallo nè una spada" la ragazza sorrise "io ce l'ho una spada" disse. 

Uther si sentiva libero mentre cavalcava nella foresta, il sole era tramontato ma lui rimaneva convinto che lasciare immediatamente Camelot fosse stata una buona idea, non si trattava solo dell'estrarre la spada dalla roccia, un dovere che intendeva compiere al più presto, la discussione con Gaius lo aveva innervosito ed era lieto che fosse finita, certo,  faceva già buio e sarebbe stato costretto a fermarsi a dormire alla taverna di Mary, non troppo lontana dal castello, quindi il vantaggio temporale era minimo, ma almeno avrebbe rilassato i nervi, Uther spronò il cavallo per andare più in fretta. 

"Questa è la spada migliore che mio padre abbia mai forgiato" disse Ginevra abbassandosi a prendere qualcosa sotto il letto "l'unica che non abbia mai venduto" aggiunse "la tiene per ricordo" da un drappo bianco abbastanza sporco estrasse una spada effettivamente magnifica, Artù era imbarazzato, se fosse successo qualcosa alla spada come avrebbe fatto? voleva esprimere la sua preoccupazione e invece disse solo "Quale idiota nasconderebbe un oggetto così di valore sotto il letto?" la ragazza lo guardò male "noi non abbiamo una stanza del tesoro in cantina" disse, Artù trasalì, la stanza del tesoro doveva essere tenuta segreta al popolo "E' una spada bellissima" disse afferrando l'arma, un po' per sviare la conversazione "E' fondamentale che me la restituiate" fece Ginevra "naturalmente" rispose lui "non dire a nessuno che mi hai visto uscire" disse poi e accennò ad andarsene ma la ragazza lo trattenne per una manica "Come farete a trovare vostro padre con il buio, senza cavallo e senza sapere dove è diretto?" chiese, Artù non era uno stupido "E' buio ormai, ovunque mio padre sia diretto si fermerà alla taverna di Mary, a cavallo sono due ore, a piedi potrei impiegarne quattro se mi sbrigo" spiegò "devo fermarlo alla taverna, mio padre rischia la vita ma nessuno mi crederebbe" "Leon?" azzardò Ginevra "Morgana" Artù scosse la testa "Morgana non sta bene e Leon penserebbe per prima cosa a mettermi in salvo, no Ginevra, devo andare da solo" la ragazza sospirò "allora, io?" Artù stava per rispondere che quella era un'assurdità però era commosso dal coraggio della ragazzina, era l'unica che volesse aiutarlo "Ti prego" disse "vai da Morgana e dille di dire a Gaius che non voglio essere disturbato, poi entra nelle mie stanze, chiudi la porta dall'interno, esci dalla porta della servitù e chiudi quella dall'esterno, è chiaro?" la ragazza annuì "grazie" disse Artù lanciandosi fuori dalla casa del fabbro.
 
Uther aveva raggiunto la taverna di Mary senza troppi intoppi, era anche in anticipo, smontò da cavallo e lasciò l'animale nelle stalle e allacciò bene il mantello per non mostrare la cotta di maglia che portava sotto, tirò su anche il cappuccio, non erano molti fuori dalle mura di Camelot che avrebbero potuto riconoscerlo ma era meglio essere prudenti. 
Uther si sedette a un tavolo appartato e ordinò una birra, avvicinandosi la taverniera lo riconobbe e spalancò la bocca meravagliata prima di afferrare i lembi della gonna per fare la riverenza, Uther la fulminò con uno sguardo e calò maggiormente il cappuccio sugli occhi per farle capire che era in incognito, la donna parve comprendere perchè non aggiunse altro ma si allontanò con un'espressione estasiata sul viso. 

Artù non vedeva quasi nulla, camminava da un'ora circa, forse anche di più, non era nemmeno a metà strada, aveva creduto di poter procedere molto più veloce ma quando il bosco si era fatto più fitto era diventato impossibile non inciampare sulle pietre, la foresta sembrava molto più popolata di notte di quanto non fosse di giorno, i versi degli animali selvaggi suonavano come delle urla, Artù si era voluto convincere non avere paura ma la verità era che non era riuscito ad infilare la spada nella guaina, sebbene appesantito con l'arma in mano avrebbe potuto reagire ad ogni attacco, più che gli animali temeva le persone che avrebbero potuto nascondersi nella foresta. 
Doveva procedere in fretta, Artù spesso correva, si fermava solo ogni tanto preso dal terrore di essersi perso e procedeva ancora non appena riconosceva un punto di riferimento, potevano anche essere passate tre ore, si rese conto con orrore, la situazione era molto più critica di quanto avesse mai potuto immaginare, represse un singhiozzo pensando che comunque non sarebbe morto lì, certo, ma forse sarebbe morto suo padre, Artù riprese a correre. 

Uther aveva finito da un pezzo la sua birra ma era rimasto seduto al tavolo in silenzio, incapace di andare a dormire, pensava a ciò che era successo a Camelot, voleva comprendere suo figlio ma non ci riusciva, ricordava se stesso a dodici anni, era molto più intraprendente di Artù, era stato più o meno allora che i barbari avevano invaso il territorio dei suoi antenato, saccheggiando i villaggi, annientando l'esercito, Uther non voleva fuggire, era stato Gaius, il giovane medico, a trarlo in salvo e costringerlo a seguirlo verso nord, Bruta, il generale Bruta, li aveva raggiunti pochi mesi dopo con ciò che rimaneva dei suoi uomini "ho promesso a tuo padre in punto di morte che ti avrei protetto" gli aveva detto "dovevo proteggere la mia gente" aveva risposto Uther, era solo un bambino ma lo aveva fatto senza un pianto "quelle persone erano innocenti" disse, gli era sembrato che Bruta capisse, era gravemente ferita perchè lei aveva resitito ad oltranza, gli mise una mano sulla spalla "Enea scappò da Troia in fiamme" raccontò "e fondò Alba Longa" Bruta aveva sospirato "In Britannia ci sono ancora dei nostri" aveva detto poi "da lì partirà la nostra riconquista". 

Artù aveva il fiato corto, aveva superato la metà della strada senza intoppi, non si sarebbe arreso ma doveva sbrigarsi, intanto pensava a cosa avrebbe detto suo padre nel vederlo, senza dubbio si sarebbe arrabbiato, non era un porblema, si era arreso ormai al fatto che suo padre lo disprezzasse, l'importante era solo ed unicamente salvarlo, era suo dovere e non solo, a suo padre voleva anche bene. 

Era seduto a quel tavolo forse da due ore, era tempo ormai di alzarsi, mentre Uther pensava questo il rumore della porta che si spalancava lo dissuase, entrò nella taverna un ragazzo, un ragazzo giovane, evidentemente ferito, Uther balzò in piedi, non poteva essere Artù, suo figlio non sarebbe mai arrivato fin lì a piedi, senza dire una parola si accovacciò sul ragazzo e lo voltò, la sua preoccupazione svanì all'istante, come la settimana prima quello che aveva scambiato per suo figlio Artù non era altri che Galvano, il giovane figlio di Herbert. 

Artù aveva dimenticato la paura, aveva dimenticato tutto, aveva riconosciuto il sentiero che portava alla taverna di Mary, mancavano forse due chilometri, l'alba era ancora lontana ma si mise a correre ugualmente, presto la sua missione sarebbe stata conclusa, avrebbe fermato Uther. 

"Tu?" disse Uther sorpreso "Voi?" disse sorpreso il ragazzo "Lontano da me!" disse poi saltando in piedi, tutti lo guardarono stupiti "Quest'uomo" disse il ragazzo a tutti gli altri "Ha tentato di uccidermi" Uther non poteva negarlo ma dubitava che qualcuno avesse creduto ad un ragazzo invece che ad un re "Non dire sciocchezze" disse sbrigativo "le terre perigliose" disse il ragazzo arrabbiato "ci sono stato una settimana nelle terre perigliose" raccontò "prima di venirne fuori ho rischiato la vita ottantuno volte" Uther si chiese se non fosse il momento di rivelare la sua identità "Allora è vero" disse un energumeno seduto al bancone "hai tentato di uccidere Galvano" "incredibile" commentò un altro "quale mostro farebbe una cosa simile a Galvano?" era evidente che il ragazzo godeva di una certa fama lì dentro "un nemico di Galvano è nostro nemico!" sentenziò un altro uomo estraendo il pugnale , Uther pensò che forse non era il caso di rivelare la sua identità, prima che altri uomini si armassero lasciò la taverna e montò a cavallo, avrebbe raggiunto la spada nella roccia di notte. 

Quando Artù spalancò la porta della taverna di Mary si stupì di trovarla stranamente agitata per essere notte "Era re Uther Pendragon" diceva qualcuno "era re Uther quel bastardo" Artù non li sentì nemmeno "Padre!" gridò, la locandiera gli fu vicina in un attimo, "se ne è appena andato" disse piano, Artù era sgomento, nessun cavallo era a vista, come avrebbe fatto "i reali non sono i benvenuti oggi" aggiunse la donna accennando agli uomini che affilavano i coltelli "non sono i benvenuti mai!" le fece eco un ragazzo che Artù aveva già visto "Tu sei Galvano" disse "voi siete tutti dei bastardi" Artù non lo ascoltava, non avrebbe mai potuto raggiungere suo padre in tempo "un cavallo" disse "mi serve un cavallo" "scordatelo" era stata la risposta di Galvano. 

Balinor non si sentiva a suo agio fuori dalla caverna, non più da quando Uther si era mostrato vicino Ealdor, mentre i suoi compagni si scaldavano attorno al fuoco si alzò in piedi "io torno a casa" disse, gli altri lo fissarono "è ancora presto" disse uno di loro "pensavo che anche tu volessi uccidere il re come noi" indicò appena qualche metro avanti a loro "non appenna passerà il confine di Camelot" Balinor scosse la testa "certo" disse "ma quante probabilità ci sono che lo faccia oggi?"

Le gambe di Artù dolevano, con gli occhi appannati non riusciva a distinguere la strada, nè aveva ide di come tornare a casa, il ragazzo crollò su una roccia e scoppiò a piangere, cosa stava facendo? perdendo tempo avrebbe certamente condannato a morte suo padre, lo aveva detto Morgana e Morgana aveva avuto ragione sulla strage del giorno prima, chiudendo gli occhi Artù poteva sentire le urla di terrore dei druidi disarmati quando i balestrieri avevano scatenato su di loro i dardi, poteva vedere i bambini più piccoli messi sotto dagli zoccoli dei cavalli, un ragazzino annegato nel pozzo, una donna sgozzata, lui, Artù, era il loro assassino e non era nemmeno riuscito a salvare suo padre. 
Singhiozzando, Artù, sollevo la testa dalle braccia, la luna aveva fatto capolino dalle nuvole e illuminava la valle, era la valle dei re caduti, il suo inizio, Artù la riconosceva solo in quel momento, riconosceva le due statue che sormontavano il suo ingresso, lentamente, Artù si alzò e stringendo in mano la spada di Ginevra si avvicinò alla statua più a destra, quella di Bruta, si sentiva molto più sicuro adesso e sapeva che dopo sarebbe stato ancora meglio...arrivato ai piedi della gigantesca statua Artù piantò la spada nel terreno e si inginocchiò, non si credeva un grande oratore ma, nel bosco di notte, parlo ad alta voce "Bruta" disse tremante "Io sono un assassino, per colpa mia tantissime persone hanno perso la vita e questo è successo non per ciò che ho fatto ma per quello che non ho fatto, avrei dovuto oppormi a mio padre, avrei dovuto comandare i cavalieri e non l'ho fatto, sono rimasto fermo a guardare mentre gli innocenti morivano" le lacrime scendevano lungo le guance ma Artù non piangeva "io qui giuro che non accadrà mai più" disse "non mi tirerò mai indietro, io combatterò per ciò che è giusto ad ogni costo, ogni qual volta ciò che è sbagliato accadrà davanti i miei occhi, ogni volta io saprò la cosa giusta da fare e la farò incurante delle conseguenze perchè non esiste crimine peggiore di quello di lasciar morire,  sarò sempre pronto a dare la mia vita per quella di chiunque altro, per Camelot o anche solo per dovere ma sopravviverò sempre quando posso, sopravviverò solo per diventare re e fare sempre di meglio, sempre di meglio per il resto della mia vita" Artù sospirò "manterrò tutte le promesse, tutti i giuramenti, ma più di tutti osserverò quello che faccio davanti a te oggi, ti vorrei chiedere di salvare mio padre, ti vorrei chiedere di darmi la forza di farlo ma non  serve" Artù afferrò la sua spada "me l'hai già data" c'era una sola direzione in cui dirigersi nella valle dei re caduti, Artù si asciugò le lacrime con una manica e si alzò in piedi. 

Uther era ormai vicino al confine col regno di Cenred, era un posto pericoloso per lui, solo una settimana prima aveva sentito in quel luogo un certo numero di banditi complottare contro di lui, non era strano, lui li aveva banditi e loro stavano appena fuori dal confine a complottare, Uther rimpiangeva di non averli condannati a morte, superò il confine guardingo, si chiedeva quanto ci avrebbero messo i banditi a prenderlo di mira, in quel momento un dardo solcò il cielo, mancando per un pelo la sua testa. 
Uther si gettò di lato, faticando per rimanere in sella, lo avevano già individuato. Piegato sul cavallo Uther sterzò bruscamente a destra, era da lì che era provenivano le frecce ma era anche l'unica strada che gli avrebbe consentito di raggiungere la spada, i banditi continuavano a mirarlo implacabili, Uther sentì il suo cavallo nitrire con forza e capì che era stato colpito, saltò a terra prima che l'animale crollasse a terra immobilizzando anche lui, approfittò di quel piccolo vantaggio per raggiungere l'unico ponte, a ridosso di Ealdor, che consentiva di superare il torrente particolarmente impetuoso in quel punto. 
Era un ponte fatto di pioli e corde, quando Uther mise un piede a terra si voltò a guardare chi lo inseguisse, erano solo due uomini, gli erano sembrati di più, entrambi gli uomini correvano sul punte nel tentativo di raggiungerlo, senza attendere oltre Uther afferrò le funi che reggevano il ponte e le recise con la spada, il ponte crollò immediatamente e gli uomini sparirono in acqua urlando. 
Uther restò un attimo di troppo a fissare il suo lavoro soddisfatto, un'altra freccia tagliò l'aria e lo trafisse all'altezza del ginocchio, passandogli la gamba da parte a parte. Uther gridò con orrore, non si era accorto dei quattro uomini che lo attendevano sull'altra sponda del fiume. 
Incapace di alzarsi Uther sollevò tremante la spada, pronto a combattere fino alla fine, bastarono pochi colpi del primo di loro a disarmarlo, Uther vide con orrore la sua spade scivolare nel fiume, l'uomo caricò un colpo dall'alto, Uther riuscì a schivare rotolando su un fianco, con uno sforzo riuscì ad alzarsi in piedi, la spada nella roccia era vicinissima, appena dietro l'angolo, Uther riuscì a spostarsi pur con il dardo che gli attraversava la gamba destra, la spada era lì, poteva vederla luccicare alle prime luci del sole, sebbene fosse ancora lontana Uther tese la mano in avanti, uno degli uomini dietro di lui mulinò la mazza ferrata colpendolo alla schiena. 

Era mattina quando Artù superò il confine, sulle sponde del torrente si era aspettato di trovare un ponte, invece quello sembrava crollato, alcuni pezzi di legno erano incastrati tra le rocce sul fondo del fiume e accanto a loro, noto Artù, brillava una spada. "Padre" sussurrò preoccupato, ma suo padre non poteva essere caduto nel fiume, no, lo aveva certamente superato, lui però non poteva raggiungerlo, si guardò in fretta attorno, non c'erano altri ponti, ma c'erano due ragazzi che raccoglievano legna non troppo lontano, avevano delle asce. 
"Quindi stai dicendo che potresti raccogliere legna anche senza questa?" stava dicendo uno mostrando l'ascia al suo amico, Artù riconobbe quello che aveva parlato come uno dei bambini rapiti che lui aveva salvato, quello che era svenuto "voi!" gridò nella loro direzione "dovete prestarmi la vostra ascia" il ragazzo che gli doveva la vita lo guardò male, altrettanto fece il ragazzino bruno che stava con lui "perchè dovremmo?" chiese il primo, Artù non aveva tempo da perdere, avrebbe potuto rispondere che era il principe di Camelot, ma l'esperienza in taverna gli aveva insegnato che non era sempre una buona cosa, "mio padre morirà se non lo fate" il bruno fece per tendergli la sua ascia ma l'altro ragazzo lo fermò "chi è tuo padre?" chiese "Uther Pendragon" disse Artù con tono di sfida "per me quelli possono morire tutti" rispose il ragazzo "ma...Will..." fece l'altro, Artù sfoderò la spada "molto bene" disse con una certa rabbia che mascherava la paura "abbatterò questo albero con la mia spada" spiegò "mi creerò un ponte" con tutta la sua forza menò un colpo verso il troncò dell'albero. 

Merlino credeva che quel ragazzo biondo non forse troppo intelligente, se era una questione di vita o di morte come diceva come poteva sperare di tagliare quel grosso albero in così poco tempo? ma forse lui non aveva mai tagliato un albero. Decise di dargli una mano, si concentrò sulle fronde, doveva esercitare una grande forza per abbattere l'albero con la magia ma lui era forte, lentamente l'albero si inclinò, il ragazzo biondo abbandonò la spada, certamente credeva di essere lui l'autore di quella potenza, povero illuso, ma qualcosa non andava, l'albero invece di cadere sull'altra sponda del fiume, come i ragazzi avrebbero voluto, si stava abbattendo su un lato del bosco, vicino a loro Peter e suo nonno raccoglievano legna e il vecchio era proprio sulla traiettoria della caduta "Il vecchio Simmons!" gridò Will spaventato, il ragazzo biondo invece cercò di fermare la caduta dell'albero con le braccia tese, Merlino dovette raccogliere a se tutta la sua potenza, costrinse l'albero ad alzarsi nuovamente in piedi, non aveva mai fatto nulla di tanto complicato, era come con i cucchiai, solo che era più pesante, poi lasciò che l'albero si abbattesse nel posto giusto. 
Merlino era stanco, la testa gli girava, Will lo fissava a bocca aperta, il ragazzo biondo fissava l'albero, con l'aria trionfante di chi crede di avere fatto tutto lui, Merlino lo vide raccogliere la spada da terra e correre come una saetta sul ponte che insieme avevano appena creato. 

Trafitto in diversi punti dalle lame dei suoi nemici, Uther aspettava il colpo di grazia, non era riuscito a raggiungere la spada e non aveva più modo di combattere, uno dei banditi lo afferrò per un bavero e lo tirò in piedi, senza dubbio intendeva pugnalarlo, Uther costrinse se stesso a non chiudere gli occhi, in questo modo gli fu possibile vedere la pietra che attraversava il cielo e piombava dritta sulla testa del suo assassino, i banditi si voltarono di scatto e lo fece anche Uther, ciò che vide in un attimo gli restituì la speranza e lo riempì di orgoglio, di colpo Uther voleva e poteva sopravvivere, non sapeva come nè perchè ma lui era lì, suo figlio, Artù, armato di spada, pronto a combattere i suoi nemici. 

Artàù fu grato che tutti e quattro gli uomini si concentrassero su di lui, non sapeva come ne sarebbe uscito ma suo padre era vivo, il primo uomo caricò troppo in fretta, Artù parò il suo fendente e si piegò sulle gambe per falciare quelle del nemico con un colpo di spada, l'uomo piombò a terra e Artù gli piantò la spada tra il petto e la spalla, a fatica reagì all'attacco del secondo, erano tanti ed erano veloci, con una gomitata Artù riuscì a spostarsi dal centro della rissa per potere combattere meglio. Il terzo uomo caricò un colpo dall'alto, colpo che Artù parò a difficoltà, l'uomo era forte, Artù provò nuovamente a chinarsi, l'uomo perse l'equilibrio ma un quarto bandito mulinò l'ascia verso di lui, Artù sollevò la spada per proteggere la testa ma questa venne tagfliata di netto. 
Artù fissava la sua spada sgomento, la spada che Ginevra gli aveva prestato era spezzata in due, l'uomo che lo aveva attaccato era caduto a terra ma ne restava uno in piedi alle sue spalle e lui era disarmato "La spada!" sentì gridare suo padre "Artù, la spada!" solo in quel momento Artù vide la spada incastrata nella roccia a pochi metri da lui, saltò in avanti più veloce che mai, tese il braccio, sentiva il fiato del bandito a pochi centimetri da lui, strinse le dita attorno all'elsa, la spada venne via dalla roccia quasi questa fosse fatta di burro e la sua punta, levata al cielo, brillò un attimo al sole prima che Artù, voltandosi, non la conficcasse nel ventre del nemico, l'uomo era riuscito a conficcare il suo coltello nella spalla del ragazzo, ma Artù non sentiva che il calore del sangue che scorreva sulla sua pelle, lui aveva trafitto il nemico da parte a parte, lasciò cadere il corpo al suolo, era il primo uomo che uccideva con le sue mani.
   
 
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