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Autore: Glaudrung    30/08/2015    0 recensioni
Era una notte buia e gelida, e in una piccola e desolata casa nella campagna di Birmingham, viveva una famiglia, la famiglia Powell. Essa era composta dal padre Peter, la madre Alice e il piccolo Peter, il figlioletto di Peter e di Alice. In quella notte fredda il piccolo Peter decide di coricarsi presto, e incomincia a sognare. Fa il suo primo incubo, nel quale sogna di essere torturato dal demonio, ma alla fine si sveglia, piangendo. Da questo avvenimento il bambino incomincia ogni notte a fare sogni sempre più paurosi, ma assieme alla sua paura si incomincia a contrapporre una sensazione di fascino verso il mondo dell'incubo. I genitori sono molto preoccupati per il piccolo Peter, per via dei sogni a che si ripetono ogni notte e per l'atteggiamento che dimostra a scuola e dallo psicologo dove viene frequentemente mandato. Quindi il bambino vive la sua infanzia all'insegna dell'incubo, fino al punto di diventare onironauta dei suoi stessi sogni, e quindi di essere cosciente di sognare all'interno di questi, ma la sua passione per l'incubo lo trascinerà in un paradosso onirico tra la realtà e l'Incubo stesso...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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IX
 


Era già Marzo, e il piccolo Peter ormai conosceva soltanto la sua stanza e i suoi incubi: Non aveva più contatti col mondo esterno; non era neanche andato al funerale di sua madre il giorno dopo del  suicidio. Tutto il vicinato parlava soltanto della famiglia Powell, in particolar modo del bambino, che funo a qualche messe prima era conosciuto come il bambino silenzioso, tenero e intelligente, ma che era oramai diventato un mostro a tutti gli effetti, un demone dentro il corpo di un fanciullo. Ogni notte il piccolo Peter riscontrava paralisi Ipnopompiche o ,in alcuni casi, ipnagogiche, e tutte le volte che si verificavano si sentivano urla e tonfi tanto forti che i vicini delle case attigue si svegliavano e si chiedevano tra loro se fosse per davvero Peter Powell Junior a fare quei tumulti assordanti, infatti, in quelle poche volte in cui il padre si faceva vedere, chiedevano lui se la notte suo figlio facesse per davvero tutto quel baccano e lui rispondeva di sì, dicendo anche che ormai per lui erano diventati quotidiani tutti quei sintomi del figlio durante il sonno.
Presto, il vicinato smise di discutere e fare pettegolezzi sulla famiglia Powell, ma il trambusto tornò quando spuntò una Vermorel rossa del 1913, dalla quale scese una donna anziana, alta, dai capelli neri corti, vestita con un cappotto rosso bordò e con un foulard rosso e nero di seta indiana avvolto attorno al lungo collo della donna stessa. Questa si diresse verso il portone della casa Powell, al quale bussò tre volte, e poi altre tre volte in maniera più insistente.
Dopo pochi secondi Peter Powell le aprì la porta e disse: << Ciao Margaret >>.
<< Ciao Peter, sembri sofferente, cosa ti è successo? >>, chiese Margaret Powell.
<< Margaret, Alice è morta >>, disse Peter.
<< Alice? Chi è Alice? >>, chiese la donna.
<< Alice era mia moglie, non ricordi? >>, disse lui.
<< Ah, sì, adesso ricordo… l'ho sempre odiata quella donna >>, disse con fare presuntuoso e arrogante.
<< Ma come è morta, se posso permettermi? >>.
<< Adesso te lo spiego, intanto entra a casa >>, disse Peter.
Allora la donna entrò, si tolse il cappotto e il foulard e si sedette sul divano assieme al fratello Peter, il quale riprese a parlare: << Alice si è suicidata…>>.
<< Perché? >>, chiese allora lei, strizzando gli occhi.
<< Mi disse urlando che non aveva più ragione di esistere, mi disse che ormai la sua vita non aveva più un senso, dato che suo figlio non le voleva più bene e…>>.
<< Per l'appunto, dov'è tuo figlio? >>, domandò Margaret Powell interrompendo il discorso del fratello.
<< Se non vado errando hai un figlio, vero? >>.
<< Sì, ho un figlio di 6 anni, si chiama Peter, come me. Forse te lo ricorderai come un bambino silenzioso, solitario, intelligente, solerte… da un bel po' è diventato un demonio, da quando ha incominciato a fare incubi, ai quali ha iniziato a sviluppare una passione morbosa. Lo abbiamo portato dallo psicologo, il quale diceva che questa passione sarebbe progredita fino al punto da fargli diventare la realtà stessa un incubo. Inizialmente io non gli credetti, pensavo fosse un pazzo eretico, ma poi notai che mio figlio stava diventando una cosa orribile: ha incomincato a non uscire più dalla sua stanza, a studiare gli incubi, e soprattutto, a non amare più, a non provare empatia più per alcuna persona, nemmeno per mia moglie, Alice, la quale si è suicidata proprio per questa ragione >>.
La sorella Margaret stese in silenzio, dopo emise una piccola risata, dicendo: << Non raccontarmi frottole, Peter: un bambino di 6 anni che si rinchiude nella propria stanza per studiare i suoi incubi
e che non riesce più ad amare la sua made, questa è proprio una bella storia, ma non ci credo >>.
Peter disse allora: << Fai come vuoi, io ti ho raccontato le cose come stanno >>.
<< In ogni caso voglio vedere questo "mostro" di 6 anni >>, disse Margaret in modo ostinato.
<< Va bene >>, disse rassegnato Peter senior, il quale andò lentamente verso la camera del figlio Peter junior, e bussando alla sua porta gli chiese di uscire.
Non vi fu risposta, quindi fu costretto ad aprire la porta,ed appena l' aprì, vide il bambino avvolto tra le lenzuola sudice.
Si avvicinò al letto, tappandosi il naso per l'odore nauseante della camera, sporca e trasansata, e bisbigliò al bambino: << Vieni Peter, è arrivata la zia >>.
Non disse niente, quindi il padre decise di togliere le lenzuola, e vide il piccolo, accovacciato, il quale stringeva forte l'orsacchiotto bianco.
Aveva gli occhi serrati, bianchi, sbavava incessantemente sul letto e agitava bruscamente: tutto ciò poteva far intuire che il figlio era ancora nella fase onirica.
Notò anche che il diario dove prendeva nota dei suoi sogni era stato posato sul comodino, lo prese e diede un'occhiata alle ultime pagine:
 
6 Marzo 1920,
Questa notte ho sognto.
Ho sognato il corridoio - che è scuro.
Dalla fine del corridoio si avvicina Nightmare, lentamente.
Nightmare mi guarda, e io guardo lui.
Dico allora: << Parla >>.
E lui esegue il mio ordine: << Tu sei il piccolo Peter >>.
<< Parlami di quello che sarà >>, ripeto.
<< Ti dico che sarà tragedia il futuro >> risponde.
<< Ti porterò meco nelle terre dell'Incubo >>.
<< Ti porterò meco nell'Incubo più terrificante >>.
<< Ti porterò meco nell'Incubo >>.
<< Giacché io sono: l'Incubo Assoluto >>.
<< Portami teco nelle lande sperdute dell'Incubo dove i comuni mortali viaggiano >>, dico io.
<< Portami teco nella terra tua dell'Incubo, la mia Patria >>.
<< Portami teco nella terra dell'Irrealta per sfuggire dalla fastidiosa realtà >>.
<< Portami  teco nell'Irrealtà, sono stanco della fastidiosa realtà >>.
<< Giacché io sono: Il tuo discepolo >>.
<< Allora seguimi nelle terre dell'Incubo, seguimi nelle terre dell'Irrealtà, dove troverai l'Irreale nella sua forma più pura e mistica >>, conclude Nightmare
<< Irrealtà >>, ripeto.
 
Così finiva la pagina di diario.
Non appena lo ripose sul comodino, il bambino si destò, si levò la bava dalla bocca e, vedendo il padre che lo osservava, chiese a lui in modo brusco: << Che devi dirmi? >>.
<< La zia Margaret è arrivata e vuole vederti >>.
<< Non mi interessa niente della zia, lasciami fare gli incubi >>, disse il piccolo Peter, ritornando sotto le lenzuola sporche e ingiallite.
<< Vieni o ti levo il diario per un mese! >>, disse ad alta voce il padre.
Il piccolo non rispose, e allora Peter senior gli levò le coperte e lo prese per il braccio, scortandolo in soggiorno dalla zia Margaret.
<< Questo bambino è molto maleducato >>, disse la donna.
<< Saluta la zia, Peter! >> sgridò il padre.
<< Saluta la zia! >>, ripetè.
Il bambino allora disse: << Ciao >>
<< Ciao, piccolo Peter >>, salutò Margaret.
<< Cosa hai sognato? >>, chiese la zia.
<< un mostro >>, rispose il fanciullo
<< che mostro? >>, chiese interessata Margaret
<< un mostro che fa molta paura, ma non ha forma, non è niente: fa solo Paura >>.
<< Si chiama Nightmare >>, continuò.
<< Come fa a fare paura se non è niente? >>, chiese ancora una volta la donna, questa volta con un tono più sfrontato.
<< fa paura perché lui è la Paura >>, disse il ragazzino.
<< Tutto ciò non ha senso! >>, rispose Margaret con fare prepotente.
<< Cosa vuoi da bere Margaret? >>, Chiese il padre Peter, giusto per cambiare argomento
<< Del tè caldo >> rispose lei.
<< E tu che vuoi? >>, chiese Peter al figlio.
<< Nulla >>, rispose il figlio col broncio sul viso.
Dopodiché venne il silenzio, un silenzio che si fece imbarazzante, l'unico rumore che si sentiva era il tè che bolliva, poi nient'altro.
Dopo qualche minuto, la donna potettè sorseggiare il tè, e quando lo finì, riprese a parlare: << Sarebbe meglio che io me ne torni a Warwick, a casa mia, perché qui mi sto sentendo a disagio in questa atmosfera deprimente e lugubre >>.
Il fratello Peter, arrabbiatosi, si alzò repentinamente e disse alla sorella Margaret: << Mia moglie è morta, mio figlio è un demonio omicida e io sono un povero disgraziato trascinato da tutte queste faccende. Io non so più come vivere, Margaret, la vita è orribile, è una tragedia, una tragedia! Tu non hai la minima idea di cosa voglia dire fare una vita così, tu fai la vita di una borghese in mezzo al lusso che ha ottenuto tutto dalla vita, famiglia e soldi, io ho perso tutto, famiglia e un bel po' di soldi spesi qua e là, quindi non credere che la mia sia una vita rose e fiori solo perché apparteniamo alla stessa famiglia >>.
<< Non credere che la mia vita sia tanto allegra >>, disse lei << Anche la mia vita è una tragedia: Mia figlia di 21 anni Emilee non guadagna più una sterlina, quindi è dovuta tornare a vivere sotto il mio tetto e ho dovuto di conseguenza calibrare le spese, a mio marito le cose vanno molto male, gli operai hanno deciso di scioperare ogni giorno, e lui, che è imprenditore, si è arrabbiato parecchio, e nessuno fa niente a questa gentaglia che non ha voglia di lavorare, e…>>.
<< Margaret, tu pensi solo ai soldi…>>, disse piangendo Peter, << Tu non pensi alla famiglia, io ho perso la famiglia, tu potresti anche perderla ma alla fine per te non cambierebbe nulla >>.
Lei, offesa, si alzò, si rimise il cappotto e la sciarpa di seta, e disse: << Ciao Peter, non voglio più rivederti! Parli solo di frottole! Frottole! Mi prendi per i fondelli! Tu pensi che a me importi solo dei soldi, ma non è così, io mi curo anche della mia famiglia! >>.
<< Addio a te, e al tuo figlio maledetto >>, disse infine.
<< Addio >>, Singhiozzò Peter tra le lacrime.
Lei allora si precipitò verso la macchina e andò via.
Il bambino era rimasto a guardare la lite, indifferente, mentre suo padre ora piangeva assiduamente e ripeteva fra sé e sé << Non ho più niente, non sono più niente >>.
Dopo molti minuti di vagito e piagnistei ininterrotti, levò lo sguardo verso il bambino che era rimasto indispettito e infastidito da quanto era successo (soprattutto per il fatto di essere stato svegliato dal padre mentre dormiva), e rimase ad osservarlo per un po' di tempo, notando una totale indifferenza negli stati d'animo del padre. La cosa che lo stupiva era che il figlio non si curava minimamente della tristezza del padre, non lo consolava, non gli importava più niente di lui. Ma scrutandolo con più attenzione, si rese conto anche di una differenza fisica rispetto a come era una volta, ora era diverso: dagli occhi sembrava che portasse con sé un fardello pesante, dal quale non poteva liberarsi, ma allo stesso tempo sembrava torturato, tormentato da qualcosa.
Era strano. Continuandolo a guardare, pensò a tutto ciò che era successo grazie al bambino, e gli venne in mente ancora una volta il suicidio di Alice.
Lui era stato la causa di uno dei suoi più grandi problemi, gli aveva recato uno dei più grandi lutti di tutta la propria vita.
<< Tu…>>, disse Peter, indicando Peter junior.
<< Tu sei la causa di tutte le disgrazie >>, ripetè.
<< Tu… >>, perseverò con più amarezza.
<< Devi andare via, e non farti più rivedere >>, disse, prendendo il figlio per il braccio.
<< Adesso ti chiudo nella tua stanza e torni a relazionarti con i tuoi amatissimi incubi, ritorna nello sterco da dove sei venuto fuori,  brutto mostro! >>.
Lo scortò fino alla sua stanza, e, prendendo un catenaccio, lo rinchiuse con quest'ultimo.
<< Non uscirai più da qui >> disse infine.
 
Il fanciulletto, allora, non volle addormentarsi subito, decise di guardare com' era diventata la stanza, e notò subito la sporcizia annidatasi in ogni angolo della camera. Tutto quello che una volta era lindo e tenero, pulito e candido, ora era sporco e pauroso, imbrattato e terrificante.
Poi decise di specchiarsi nello specchietto poggiato sul comodino, ma non appena vide sé stesso, buttò lo specchiatto per terra: Era troppo cambiato, vedere questo cambiamento radicale gli faceva fin troppo male dentro.
Poiché non voleva più procurarsi alcuna afflizione, si mise sotto le coperte e ritornò a sognare
 
Peter ritorna nel sogno, rientra nella camera dove Nightmare lo stava aspettando.
<< Eccomi >>, dice il piccolo Peter.
<< Dove eravamo rimasti? >>, chiede Nightmare.
<< Stavo decidendo di entrare nell' Irrealtà >>, dice Peter.
<< Ah, ebbene >>, dice Nightmare, << entrerai nel regno dell'Incubo, la tua realtà diverrà finalmente l'incubo >>.
<< Va bene >>, dice infine il bambino
<< Così sia >>, conclude Nightmare.
   
 
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