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Autore: LadyCInNeverland    30/08/2015    0 recensioni
Era mora, aveva gli occhi scuri ma si chiamava Aurora. Viveva a Roma, la città in cui vedi turisti felici di trovarvisi ma lei non lo era, si il suo sogno era quello di lasciare quella città, non perché non le piacesse, ma semplicemente perché non era sicura fosse quello il suo posto, in realtà non sapeva se per lei ce ne fosse uno. Non era ricca, non aveva niente, niente quantificabile in denaro, voleva vedere il mondo e vivere di avventure e da li a poco avrebbe vissuto la sua avventura più grande, non in Africa o in un’isola deserta, nemmeno a Roma…. Quel posto non era segnato sulle mappe, non tutti lo potevano raggiungere e per giustificare il loro insuccesso dicevano che non esiste.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era sulla mensola vicino la scrivania quella sera, lo aveva comprato nel 2003 appena uscito, era il suo film preferito ed era finalmente uscito anche nella sua città e lei non aveva perso tempo a chiedere alla sua mamma di comprarlo. Prese il suo telefono e lesse un messaggio che la sua amica Eva le aveva inviato pochi minuti prima: Rory, stasera c’è una festa alla discoteca, metti un vestito e vieni. Le bastò alzare gli occhi e vedere il DVD per dare una risposta breve e concisa: No, non posso. Sarà per un’altra volta. Non amava scrivere messaggi e rispondere al telefono, infatti era quasi sempre spento e alcune volte preferiva restare a casa piuttosto che uscire con gli amici, non era asociale però aveva un mondo tutto suo, un mondo che gli altri non conoscevano e che avrebbero definito infantile, a 17 anni sperare che Peter Pan bussi alla finestra e ti porti all’Isola che non c’è è infantile, eppure lei ancora ci sperava anche se sapeva che non sarebbe potuto succedere ed era sicura che non sarebbe riuscita a spiegare il perché agli altri per lei così immensamente razionali e che avevano dimenticato come si sognava. Prese il DVD che era sulla mensola e lo inserì nel lettore del computer, conosceva tutte le scene a memoria come se avesse scritto lei stessa la storia, il telefono squillò di nuovo ma questa volta lei non rispose, della discoteca, delle serate e dei ragazzi che ti girano intorno a lei non importava, una ragazza strana, così veniva definita e così lei si definiva solamente perché aveva molto da imparare, a 17 anni non si sa tutto della vita e forse lei non aveva chiaro il concetto di avventura che le ronzava per la testa, cercava orizzonti lontani e posti inesplorati da scoprire.”Aurora è pronto” disse sua madre, aprì la porta della sua stanza e scese in cucina dove c’era suo fratello Cristian, moro occhi chiari ed era il tipo che tutte le ragazze avrebbero voluto al loro fianco, sua sorella Giulia, bionda occhi chiari, alla quale il nome Aurora sarebbe stato sicuramente meglio e i suoi genitori, Maria e Angelo. Era una sera come tutte le altre, suo padre seduto a capotavola che mangiava come se non ci fosse un domani, sua madre che la squadrava ogni quattro secondi, sua sorella che si sistemava i capelli e suo fratello che guardava la tv sperando di sentire qualcosa che riguardasse la Roma, la sua squadra del cuore. “Non esci?” disse sua madre, mostrando tutto ciò che aveva in bocca; “No, oggi no” mentre si guardava intorno per incontrare gli sguardi della sua famiglia. Finiva di mangiare sempre per prima e era costretta a rimanere a tavola per non sentire sua madre dirle che fosse poco educata, per non sentire nessuno parlare, se c’era una cosa che Aurora odiava era sentire le persone che parlassero di lei alle spalle; quando vide sua sorella Giulia alzarsi se ne andò anche lei, sua sorella era una figura importante per lei, le voleva molto bene e se avesse dovuto scegliere all’interno di quella famiglia chi portare con se per un’avventura avrebbe scelto lei. Aprì la porta della sua camera, si sedette sulla sedia della sua scrivania e ripromette il tasto PLAY sullo schermo e continuò a vedere il film, era a metà quando sua madre entrò nella sua stanza e si mise seduta sul suo letto fissandola senza dire una parola per poi andarsene cinque minuti dopo, era sempre così non riuscivano a parlarsi eppure ne avevano tante di cose da dirsi, davvero tante. Il film era finito anche quella sera, Aurora si era emozionata, anche quella sera. Scoperse il suo letto e si mise sotto le coperte con il suo telefono vicino, lo afferrò e vide dal blocca schermo la notifica di chiamata persa e non era solo una, poi un messaggio su WhatsApp, un video della sua amica Eva che beveva in discoteca sentendosi chissà chi, normale, ma così immensamente inutile; spense il Wi-fi e si mise a dormire. Erano le 6:30 del giorno dopo e doveva andare a scuola, l’autobus passava alle 7:15 e aveva paura di non riuscire a fare in tempo, si fece la doccia e uscì immediatamente di casa per andare alla fermata dove l’aspettavano dei suoi amici: Andrea, il secchione, Mattia, il musicista, Eva, una delle classiche ragazze che non sa cosa fare della sua vita e Marta, la nuova arrivata.
  • Rory non sai che ti sei persa ieri.
  • Posso immaginarlo, e non so se sia stata una grande perdita.
  • La prossima volta pretendo che tu ci sia. Non si accettano scuse sorella.
  • Ok…
  • Promesso?
  • L’autobus.
Era ovvio che non sarebbe andata, odiava più di qualunque altra cosa le feste fatte per mettersi in tiro e strusciarsi l’uno con l’altro, non ci trovava niente di divertente. Afferrò con la mano un bastone e le cadde la tessera dalla tasca, si chinò per prenderla, ma non era l’unica ad averlo fatto, anche un ragazzo lo fece, lei lo guardò per cinque secondi prima di ringraziarlo; biondo, occhi azzurri e ascoltava i Green day un gruppo musicale che lei stessa adorava, le sorrise e si voltò. L’auto era arrivato alla fermata e Aurora scese di corsa, aveva un compito e doveva mettersi davanti al cancello se avesse voluto avere un posto buono e strategico. Non ricordava l’ultima volta che aveva corso così velocemente, sapeva che se avesse corso così anche il volto a ginnastica sarebbe stato sicuramente più alto di quanto fosse, si era l’unico voto che le abbassava la media. Si mise al terzo banco della fila vicino alla porta con Eva che sicuramente non si ricordava nemmeno da dove venisse vista la quantità di alcool che aveva bevuto il giorno prima, per fortuna aveva pensato a tutto portandosi gli appunti con se, dove, negli stivali, possono guardarti le tasche, le maniche, ma gli stivali, quelli mai. Entra la professoressa che aveva con se le bacchette per fermarsi i capelli e la sua borsa da banchiere londinese con dentro le verifiche. Le consegnò e Aurora in fretta e furia mise i suoi bigliettini nell’astuccio. Il compito era iniziato e la professoressa era seduta alla cattedra, passavano i secondi e Eva chiedeva ogni trenta secondi una domanda come se fossero sufficienti per Aurora a rispondere alle sue. Il compito finisce e Eva consegna quasi in bianco, non le avrebbe più parlato, era quello che diceva sempre, ma a Aurora poco le importava. Andò a salutare Clara, la signora alla portineria della sua scuola, quella donna conosceva il nome degli studenti dell’istituto, uno per uno, un angelo e che Aurora adorava. La campanella suonava e passò davanti il gabbiotto il ragazzo dell’autobus, salutò Clara e anche Aurora che dovette limitarsi a rispondere con un solo “ciao” non conoscendo il suo nome. Uscì con i suoi amici nel cortile, era un ragazzo riservato si vedeva lontano un miglio. Tre secondi dopo arrivarono delle ragazze che si avvicinarono a lui e al suo gruppo, molto carine e spontanee cosa che Aurora non lo era. Lui girò lo sguardo verso il gabbiotto e lei girò la testa velocemente, stava andando nel panico. La ricreazione era finita e lei stava andando in classe quando sentì dei passi veloci e sempre più vicini fino a che qualcuno le prese il braccio, vide lui dietro di lei ed era solo in quel momento:
  • Piacere, Alex.
  • Aurora. – sorridendole.
  • Stai andando in classe?
  • Si, certo, tu no?
  • Si, che domanda stupida. Ci vediamo all’uscita.
  • Ok.
Dietro l’angolo c’era Eva che l’aspettava e che aveva visto la scena. Sapeva che Aurora non era il tipo di ragazza avvicinabile, 17 anni e ancora aspettava che qualcuno come Peter Pan venisse e la portasse via, non aveva mai avuto una storia con qualcuno. Mentre la guardava sospettosa, Aurora la guardò in silenzio e le sorrise. Il tempo scorreva e la campanella suonò la fine della giornata. Eva e gli altri se ne erano andati e Aurora aspettava l’autobus e girando lo sguardo vide Alex vicino a lei. Assomigliava moltissimo a Jeremy Sumpter, l’attore che interpretava Peter Pan e lei ne era molto affascinata. Stava nascendo un legame e non si conoscevano nemmeno da cinque minuti.
   
 
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