DIETRO IL VELO
(Le parole non servono)
Primo giorno
Sono al sicuro, qui nella mia casa, mentre da
una finestra guardo il cielo farsi scuro.
Sta per piovere. Si sentono lampi in
lontananza.
Il temporale si avvicina, ma io non ho paura
adesso.
Non ho mai avuto paura dei temporali, neanche
da bambina. Mi placavano più che inquietarmi.
I pensieri vanno a ritroso e corrono altrove:
Parigi, ieri notte.
La paura… io non sapevo cosa fosse davvero…
Ora non mi sembra vero, ma è già passato un
giorno. Poco meno in realtà.
Eppure ho ancora la forte sensazione che sia
stato tutto irreale.
Anche questa calma apparente è irreale.
Io sono tranquilla mentre sorseggio la mia
cioccolata.
Un attimo fa ridevo e facevo battute di
spirito con la governante per non palesare la mia inquietudine.
Quello che è accaduto a Sant Antoine a
distanza di ore mi sembra un sogno, solo un orribile sogno: la folla inferocita
che attaccava la nostra carrozza, l’istante in cui ci hanno divisi e trascinati
fuori nella notte scura, quelle urla disumane unite a quelle di André. Nella
sua voce, la mia stessa disperazione e la sensazione precisa e fortissima, che
mi stessero staccando un pezzo di cuore.
Quell’odio cieco che avrebbe dovuto essere
solo mio, perché io ne rappresentavo l’oggetto, si accaniva anche su di lui,
per colpa mia.
È sempre colpa mia… Perché io sono nobile, un
delitto ai loro occhi.
Perché io sono sbagliata e sono il nemico che
vive nel lusso e li affama. Che deforma le loro facce in espressioni contorte e
furiose. Ho sognato il loro ghigno urlante e vedevo me stessa urlare di
terrore, davanti a un cappio destinato a lui. Ma nessuno pareva sentirmi,
urlavo e neppure io potevo sentire la mia voce.
Come ieri notte…
Non bastava che io gridassi che lui non è un
nobile, cercando di attrarre la loro furia si di me.
Era impossibile difenderci da quella rabbia
disumana, che ci investiva di calci e pugni, tentavo di fuggire ma ero come
stordita e le mie gambe parevano pesanti come piombo.
Riuscivo solo a vedere la nostra carrozza data
alle fiamme.
La fine, la morte. Sentivo che non avevo più
scampo.
Pochi momenti e tutta la vita ti passa
davanti, come se la vedessi dall’esterno e non sai se avrai il tempo di
chiedere perdono per i tuoi peccati.
Poi in un vicolo è bastato un attimo di
lucidità, a svelarmi in un baleno il senso di un’esistenza intera condivisa con
lui dal primo istante.
Solo e sempre lui. Indivisibili, fino a quel
momento.
Fu terribile l’istante in cui realizzai che
forse non lo avrei rivisto vivo.
Mai più. Impossibile.
La mia mente non poteva accettarlo, ma nel
cuore ho avvertito una scossa violenta e lancinante.
Mi sentii quasi lacerata.
Non posso continuare a mentire a me stessa, i
segni che porto addosso me lo impediscono. Mi marchiano la pelle e sono
arrivati fino al cuore.
Gli stessi segni sulla pelle di André. Quelle
ferite che ora mi rammentano ogni istante la realtà, hanno squarciato un velo
che oscurava il mio cuore.
Il velo dietro cui erano nascosti i miei veri
sentimenti per André.
Il mio amore per lui camuffato dall’amicizia.
Mi sono ingannata e ho ingannato lui per anni.
Un attimo terribile, in cui la paura ha
ghermito il mio cuore in una maniera atroce, è bastato a sbriciolare la falsità
dietro cui mi nascondevo.
Io amo il mio amico, mio fratello, lo amo come
non dovrei, come non potrei, come una colpa, con disperazione e accanimento.
Io amo André… il mio André… è così chiaro
adesso.
Chiaro come questi lampi che adesso squarciano
l’oscurità.
E ora sto qui, con la mia cioccolata e rimetto
in discussione tutte le scelte che ho fatto fino ad oggi, il mio voler vivere
come un uomo, credevo di aver finalmente soffocato il mio cuore di donna, ma mi
accorgo che non è mai stato così. Questo sentimento è forte e prepotente, lo
sento con chiarezza e temo che non potrò soffocarlo.
I temporali passano, ma non questa tempesta
che si è scatenata adesso nel mio cuore.
Che sconvolge tutto. Non so se voglio
soffocarla.
Questa consapevolezza è così forte che mi
sembra di sentirmi libera.
Mi sento libera e mi sento in gabbia. Respiro
forte a pieni polmoni, sento una strana energia che mi attraversa. Se non mi
concentro su qualcosa potrei esplodere nel tentativo di trattenerla. Certamente
non mi ero mai sentita così, prima di questo momento.
Non ho mai avuto così netta la percezione
delle mie emozioni e sensazioni.
La paura… cos’è veramente?
Oh, lo so cos’è… la paura che accelera il
sangue, toglie il respiro e annulla la mente.
Dopo, sola in quel vicolo, ho avuto il tempo
di pensare.
Ma c’è ben altro che turba il mio cuore: mi
sono resa conto per la prima volta in vita mia, che ho avuto davvero paura non
per me, ma per lui.
In quel momento di me, neppure mi importava.
Ma di ciò non mi sorprendo… mi stupisce
pensare e capire senza alcun dubbio, che in quell’attimo non mi importava
neppure di Fersen, che era venuto a salvarmi. Non lo vedevo nemmeno. Non mi
sarei data nessuna pena per lui…
Un unico lucido pensiero attraversava come un
lampo la mia mente, André era in pericolo!
Solo questo contava, nient’altro aveva
importanza.
Per una strana ironia della sorte, proprio
Fersen era testimone della mia disperazione e del mio spavento. Tentava di
trattenermi, mentre io gli gridavo in faccia di lasciarmi andare. Mentre lo
scuotevo e cercavo di sottrarmi al suo abbraccio, come un animale prigioniero
tenta di liberarsi da una trappola.
André è in pericolo… Devo salvare il
mio Andrè… ho urlato questo davanti a Fersen!
Egli capì all’istante il senso delle mie
parole e lessi nei suoi occhi il mio stesso stupore, la mia incredulità per
quella frase incredibile, che era uscita senza esitazione dalla mia gola.
Fersen! L’uomo per cui ho sofferto invano, che
credevo di amare!
Adesso mi chiedo se era
vero amore quello che ho nutrito verso di lui, per anni. Certo, ho temuto che
potesse morire sul campo di battaglia, ma l’ansia di quei giorni passati non
aveva nulla in comune con ciò che ho provato ieri, quando ho visto l’odio di
quella gente travolgerci.
L’angoscia di ieri
notte era oscura, profonda e terribile. Era qualcosa di cui non vedevo il fondo
e devastava la mia anima; mi rendeva cieca e furiosa, credo che sarei stata
capace di uccidere per salvarlo.
Per salvare il mio
André.
Mio!
Mio da sempre, mio
come una parte di me, mio nell’anima, come la mia pelle, il mio sangue e il mio
cuore.
Mio, mio, mio come
ciò che mi appartiene, come il mio nome e i miei pensieri più segreti.
Se le forze non me
lo avessero impedito sarei andata io a salvarlo. Sarei corsa fuori da quel
vicolo, senza curarmi del rischio di farmi uccidere da quella gente. Non avrei
esitato un attimo.
Invece è stato
Fersen a riportarlo a me sano e salvo. Gli devo molto.
No…gli devo più
della vita perché André è la vita stessa e senza non vivrei.
Ne sono pienamente
consapevole ed è sconvolgente cosa questa certezza mi faccia sentire dentro.
Come ho potuto
nascondere un amore così totale, per tanto tempo, senza rendermene conto?
Quando è nato? Forse
nel momento stesso in cui André una sera, disperato mi gettò sul mio letto e io
sentii per la prima volta la sua virilità di uomo? Non può essere nato di
colpo!
Ma l’ho scoperto di
colpo! Esso c’era già nel mio cuore, sordo al suo richiamo perché distratto da
mille chimere lontane. Fersen che io credevo di amare, il mio sentimento per
lui era così pallido in confronto. Adesso lo sento tutto, questo amore che mi
divora, che mi agita le viscere e non mi fa dormire la notte, mentre il
desiderio per la prima volta sconvolge i miei sensi. Non sapevo neppure cosa
volesse dire, desiderare qualcuno, tanto da volerlo sentire sotto la pelle, per
avere la certezza di essere vivi.
Ieri sera ci siamo
abbracciati per sostenerci a vicenda e non avrei voluto lasciarlo andare
neanche dopo, quando ormai eravamo al sicuro, lontani da lì.
Mi chiedo che razza
di persona sono: ho ignorato per lungo tempo, quello che provava André per me,
esattamente nello stesso modo, ignoravo ciò che provavo io.
Come si può essere
tanto ciechi anche verso se stessi? Ripenso a quando Alain mi chiese come avrei
reagito al matrimonio di André con sua sorella Diane. Ero tranquilla in quel
momento e finsi indifferenza.
Ma avvertivo un vago
turbamento, come un senso di oppressione sul cuore.
Se André vuole
questo per me va bene, dissi. Avevo in bocca il sapore amaro della menzogna.
Dicevo una cosa e ne pensavo un’altra.
Se lo amavo già in
quel momento, come ho fatto a dire una cosa del genere?
Nella mia
presunzione ero così certa che non potesse essere vero, André mi apparteneva
comunque, qualunque cosa avessi fatto, nessuna donna avrebbe mai preso il mio
posto nel suo cuore.
La certezza del
nostro legame inscindibile, bastava a rendermi forte, a farmi credere che lui
per me ci sarebbe sempre stato. Fino a ieri sera.
Adesso che i miei
occhi si sono aperti, la verità mi appare davanti con una forza tale da far
crollare tutte le illusioni che avevo costruito col tempo. Davo tutto per
scontato: la presenza di André al mio fianco, la sua devozione e fedeltà, che
non era quella che si deve ad un padrone.
Ma il nostro
rapporto non è mai stato quello di un padrone col suo servo, era qualcosa di
più, questo l’ho sempre saputo, solo che non avevo compreso cosa fosse.
Era amore quello che
ci ha sempre unito André, amore di due ragazzi che vivono costantemente
insieme, quasi in simbiosi, che li fa a volte litigare per poi tornare a
riappacificarsi, che duellano con la spada per cercarsi con gli sguardi e
nell’impeto dell’assalto, poter avere quel contatto che normalmente non sarebbe
permesso.
Contatto che ora mi
scopro a desiderare quasi con paura, vorrei anche solo la tua presenza, perciò
ti ho chiesto di prendere la cioccolata con me. Mi hai detto di no e hai aggiunto
che Fersen era tornato nei suoi alloggi sano e salvo. Che mi importa di Fersen?
Mi importa solo di te.
Vorrei gridartelo,
adesso che ti sei allontanato e mi lasci con questo piccolo dolore. Io ho avuto
paura per te, André, ho avuto il terrore di averti perso per sempre. Il solo
pensarlo, mi fa male da morire, accelera i battiti del mio cuore come se non
riuscissi a respirare. Vorrei dirti di non andartene, restami vicino, cancella
questa angoscia che mi assale e che ora non riesco a dominare. Io che ho sempre
controllato il mio cuore, mantenendo il sangue freddo in qualunque situazione,
facendomene un vanto, ora non riesco a frenare i miei pensieri, le immagini
terribili di ieri notte lasciano il posto a desideri più dolci e femminili.
Desideri di un cuore
di donna, che torna prepotente a farsi sentire e capisco che più nulla potrà
soffocarlo, ne la mia divisa, ne il mio atteggiamento severo verso me stessa.
Cerco di
combatterlo, ma è una lotta impari, è più forte di me e adesso ho paura che
questo sia solo il preludio a qualcosa di più grande.
Sento che prima o
poi esploderà e quando questo accadrà, non sarò più in grado di contenerlo.
Cosa devo fare?
Vorrei saperlo.
Devo seguire gli
impulsi di questo mio cuore combattuto, che mi lascia sempre a metà?
Posso continuare a
vivere come ho fatto fino ad ora, sapendo quello che so?
So che lo amo e che
lui mi ama. Sempre e comunque.
È dolce pensarlo, ma
non mi da pace perché non sono tra le sue braccia, che vorrei sentire attorno a
me e scopro che bramo il semplice conforto di una sua carezza. Farei di tutto
per averla.
Ma non so fare nulla
e il mio desiderio non soccombe e mi tormenta l’anima, che vorrebbe volare.
Ecco sei di nuovo
qui, sei venuto a cercarmi; mi vuoi parlare, forse cogli nel mio sguardo un
turbamento che non avevi mai notato. Magari ti chiedi il motivo del mio stato
d’animo. Capisco che intuisci qualcosa.
I tuoi occhi mi
mettono a nudo, ti prego non guardarmi così, lascia che il mio cuore si plachi
un momento e smetta di tremare. Non sono abituata a sentirmi così di fronte a
te, scossa delle emozioni.
Mi sento percorsa da
un fremito che credevo di aver già imparato a conoscere, eppure è nuovo e
diverso.
Fuori il temporale
infuria; sento il fragore dei tuoni, il rumore non sembra diverso dal quello
del mio cuore.
Cerco di controllare
il mio respiro, aspetto di tornare ad essere padrona di me stessa mentre
attendo una tua parola; aspetto che tu dica qualcosa, perché io adesso non
saprei parlare senza tradirmi.
La tua voce… non mi
è mai sembrata così bella.
“Oscar, volevo
rassicurarti che mi basteranno questi tre giorni per tornare tra i Soldati
della Guardia.”
“Sei sicuro André?
Le tue ferite sono serie… “ quando rispondo, il tono tradisce la mia ansia.
“Sì Oscar, non
preoccuparti. Mi basteranno tre giorni.”
Tre giorni…
Che posso fare io in
così poco tempo? Saranno sufficienti per fargli capire quello che provo?
Il solo tempo che mi
è concesso. Dopo tornerà in caserma e allora non potrò più farlo, non ce ne
sarà il tempo ne l’occasione.
Ma qualcosa devo
fare… devo trovare il modo…
Continua…
Spero che fin qui vi sia piaciuto.
Il racconto è praticamente concluso, posterò gli altri capitoli a breve, devo solo affinarli.
Premetto che non sarà un racconto lunghissimo.
Ringrazio quanti hanno letto e recensito le memorie del nostro simpatico Alain.
Non avendolo fatto prima, ringrazio le persone che hanno messo “E venne la notte” nei preferiti.
Un saluto.