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Autore: Cassie Forbes    30/08/2015    1 recensioni
Partiamo da un momento dopo la morte di Valentine per mano dell'Angelo Raziel e l'inizio dell'addestramento di Clary per diventare shadowhunters a tutti gli effetti, in un momento di calma appartente.Sappiamo che ci sono creature di ogni sorta al mondo: angeli, nephilim, stregoni, fate... E, se come negli antichi mii greci, i nostri eroi avessero bisogno di un aiuto diverso, di qualcuno che ha un potere particolare per trovare un oggetto magico che si è perso da secoli? Se avessero bisogno di una veggente, che è legata per qualche strano motivo a qualcuno di loro in particolare? Non ci resta che scorprirlo!
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualche giorno dopo l’avventura con i Dimenticati e l’incontro con il fratello di Clary c’è qualcosa di strano nell’aria. Non c’è un rumore nel loft di Magnus, non un sospiro. Gli altri sono all’Istituto da stamattina e non sono ancora rientrati, benché sia ormai quasi sera. Sta arrivando l’autunno: lo sento nell’aria frizzante, lo vedo nei colori del cielo, lo annuso nell’aria. Mi avvicino al tavolo del salotto con in mano una tazza di the, attirata dal librone che abbiamo esaminato la sera prima. E’ antico, come sospettavo; odora di incenso e pergamena. Subito mi torna in mente il mio sogno, quello con il santuario che bruciava. Lì c’era qualcosa che dovevo prendere, qualcosa di importante. Non so se sia un oggetto o un’arma, non ricordo di averlo visto nel mio sogno, ma so che era importante. Se solo riuscissi a capire dove si trova il santuario e annesso cimitero… Frustrata, comincio a fare su e giù a piedi scalzi.
«Samara. »- mi sento chiamare, ma quando mi volto non c’è nessuno.
«Samara. »
«Samara. ». «Samara. ». «Samara. ».
E’ come un mantra, un richiamo continuo, giro più volte su me stessa, quasi al punto di cadere per terra, quando, finalmente, vedo un riflesso in un bicchiere d’acqua lasciato sul tavolo. Mi avvicino, il riflesso è dorato e luminoso, sembra vivo. Quando sono abbastanza vicina, vedo che effettivamente è vivo: il riflesso è di un viso, un viso che ricordo anche se l’ho visto una sola volta. «Lucas! »- esclamo sottovoce, ricordando il mio viaggio astrale all’Inferno e alle porte del Paradiso durante la prova della Spada dell’Anima.
«Ciao, Samara. »- sembra sorridere- «Potresti prendere qualcosa di più grande, per favore? E’ importante che tu veda bene cosa voglio mostrarti. »- annuisco, spostandomi velocemente in cucina. Apro la credenza, bianca da ieri, e cerco un piatto fondo. Poi torno in salotto e, delicatamente, travaso l’acqua in cui è riflesso il mio angelo custode.
Una volta finita l’operazione, lo vedo meglio: è esattamente come ricordavo. Ma in effetti gli angeli sono eterni, perciò non potevo aspettarmi di trovarlo cambiato.
«So che avete avuto la profezia. E so che il figlio di Valentine è venuto a trovarvi ieri. Ha scoperto di non poterti toccare per via del suo sangue e del tuo. »- dice con tutta calma.
«Non mi sembrano domande… ».
«Volevo fare un riassunto. »- sembra sorridere ancora, anche se non ne sono certa: non ho mai visto un angelo sorridere, né piangere. Chissà se amano anche loro come noi.
«Certo che amiamo, Samara. In un modo diverso, ma sempre amore è. Così come amiamo il Creatore, ci amiamo gli uni gli altri e amiamo voi, sangue del nostro sangue. Amiamo gli umani. Amiamo coloro che proteggiamo. ». Resto sbigottita, non sapevo che gli angeli leggessero anche nel pensiero! O forse, più correttamente, nell’anima. Interrompo il flusso di pensieri per tornare a mettere a fuoco la questione: «Hai detto che c’è qualcosa che volevi mostrami vero? Che cosa? »- chiedo curiosa, facendomi più vicina.  «Questo. »- sembra quasi sussurrare Lucas, mentre nell’acqua esplode la Luce.
«C’era, tanto tempo fa, una coppia di angeli che, amanti com’erano della Luce cui il Creatore aveva dato vita, scelsero di condividerla con ogni cosa ed essere esistente. Dio vide che era intento puro e cosa buona e aprì loro dei portali che gli permettessero di giungere ovunque a portare questo dono. Giunsero in molte, moltissime delle dimensioni esistenti fino a che, trovata una che piaceva loro moltissimo, pensarono di fermarsi. Il Re della Luce li vide gioiosi e loro videro Lui gioioso, così si stabilirono lì. Decisero di erigere un piccolo tempio in onore del loro Padre, che fungesse anche da portale per collegarli con Lui e con le altre dimensioni, così che potessero andare e venire. Il Portale fu creato in modo da essere aperto con una piccola offerta: una goccia del loro icore. Con il passare degli anni e dei secoli, angeli e altre creature condivisero la vita lì e così il tempio si è ingrandito, diventando un santuario. Accanto al santuario, sul retro, c’è un cimitero: lì gli angeli ricordano i loro morti in battaglia, i loro caduti, i loro uccisi dal male. Come Valentine fece con mio fratello Ithuriel. E ti dirò il nome che porta in verità questa dimensione: Itìa. E’ una parola greca che significa salice. Tutto sembra polvere ormai a Itìa, bruciato dall’odio e dalle guerre, ma il sale e l’Acqua della Vita possono dare nuova linfa a far rinascere ogni cosa delle ceneri. Se le ceneri non verranno attizzate con nuovi fuochi, si intende.» - la voce di Lucas è calma, melodiosa mentre mi racconta questa storia e sull’acqua scivolano le immagini di Itìa: man mano che lui descrive qualcosa, questa immagine si dipinge sull’acqua per poi svanire e lasciar comparire la successiva. Mi sembra quasi come di esserci già stata, ma è impossibie.
«E’ bellissimo. Ed è così strano perché mi sembra lontanissimo ma allo stesso tempo in qualche modo familiare. Ma perché mi stai raccontando tutto questo? » - chiedo confusa e con un gorgoglio di emozioni che si annodano le une alle altre. Sono così concentrata sul racconto da non accorgermi che tutti si sono svegliati e sono alle mie spalle, con i colli lunghi a osservare il mio angelo custode riflesso in un piatto. Tranne Magnus: lui è accanto a me e le sue pupille da gatto scintillano più del solito. Mi guarda con un mezzo sorriso, tra il felice e il triste, prima di parlare e rispondere alla mia domanda.
«Perché, biscottino, tu vieni da lì. E’ casa tua: dove le Veggenti sono state create. ».
Lo fisso e non mi accorgo di trattenere il fiato fino a quando Lucas, dall’acqua, non mi dice di respirare. Aggiunge poi di guardare bene l’immagine del santuario e del cimitero, cercando di mettere da parte qualsiasi cosa che non sia quello, per qualche istante.
Seguo il suo consiglio e guardo con più attenzione questa volta. Ora capisco perché era così importante, perché voleva mostramelo! Non solo perché rappresenta le mie radici, ma perché è lì che succederà tutto. « E’ questo! E’ il posto del mio sogno! Il santuario, il cimitero, le statue, perfino la consistenza dell’erba! E’ il luogo del sogno, in cui tutto bruciava e c’erano sangue e spade!»- quasi grido tutto d’un fiato, eccitata e spaventata insieme.
«E quindi è lì che si trova la Chiave dell’Angelo di cui parla la profezia. »- conclude Alec, ricordandosi ogni dettaglio.
«La Chiave dell’Angelo. E’ importante per la battaglia, figli degli Angeli. Ancor più importante, però, è la fiducia e l’amore che avete gli uni per gli altri. Shadowhunters e Nascosti. La lealtà, la purezza d’animo e il sangue angelico sono il vostro lascia passare per Itìa. Sapete che il Cielo non interferisce nelle battaglie per l’equilibrio. Ma, se l’inferno dovesse mettere in campo qualche grosso giocatore, sappiate che il Paradiso non starà a guardare. »- sembra sorridere ancora, quasi divertito, prima di mandare un bagliore inteso e sparire con poche parole.
«Arrivederci, Samara. Magari ci incontreremo a Itìa.» - la sua voce ormai è lontana, ma è chiara e delicata come la carezza di una piuma.
 
 
 
«Quindi ci rimane da capire come possa il sale essere collegato all’Acqua della Vita, capire dove trovarla e infine come arrivare su Itìa. Una volta lì bisogna trovare la chiesa, cercare la Chiave dell’Angelo e capire cos’è. Sarà un libro? O un’arma? O una cosa magari, una pozione? Potrà essere davvero banalmente una chiave? Quanto vorrei che per una volta una chiave fosse solo una chiave! »- sospira e sbuffa Samara, abbandonandosi sul divano accanto a me. Sbuffo a mia volta, appoggiandole la testa sulla spalla e chiudo gli occhi. I miei capelli neri e i suoi si confondono, benché i miei siano parecchio più lunghi. E’ stato strano con lei: da quando sono diventata amica di Clary, riesco a essere amichevole nei confronti di altre ragazze. A volte forse non sembra, ma è così. E poi Samara mi piace, è una tosta: ricordo come è stata disposta ad affrontare la prova con la Spada dell’Anima. E’ in gamba. Alec e Jace si sono legati molto a lei. E’ evidente che fossero un trio predestinato: se, come ha detto Magnus, a ogni coppia di parabatai era destinata una Veggente, lei non può che essere la loro. Non ne abbiamo mai parlato, ma sono sicura che tutti la pensiamo allo stesso modo. Intanto, Samara ha cominciato ad accarezzarmi i capelli, con dolcezza e lentezza, come se fosse un rito. Ricordo quando mia madre lo faceva qualche volta, quando ero bambina. Mi ricordo che lo faceva Alec, ma lui lo fa ancora, non ha mai smesso. Anche Simon fa questo gesto, qualche volta, nei rari attimi in cui gli concedo di vedere un po’ della mia vulnerabilità. Solo un po’. Solo qualche volta. Ripenso alle volte in cui ero io a carezzare i capelli a Max. Max. Solo pensare il suo nome è una fitta al cuore; parlare di lui fa uno strano effetto, migliore e peggiore: spezza il cuore e allo stesso tempo lo rimette insieme. Anche per Alec è così. E Jace. Immagino sia doloroso anche per i nostri genitori, ma loro non ne parlano. Perciò io, Alec e Jace ne parliamo tra di noi: ricordiamo insieme. E questo fa male, ma, qualche volta, è quasi abbastanza. Sento rumoreggiare intorno a noi e, quando apro gli occhi, vedo tutto appannato ma capisco che siamo rimaste solo Samara e io. Non capisco perché sia tutto appannato e mi senta la faccia bagnata, ma quando lei allunga un dito a raccogliere una piccola cosa luccicante, comprendo. Sono lacrime e io sto piangendo. Samara mi guarda, senza smettere di accarezzarmi i capelli; senza lo sguardo di pietà e compatimento che tanto odio, ma solo estrema dolcezza ed empatia. Io mi lascio coccolare, stranamente, e mi avvicino, richiudendo gli occhi e facendomi cullare dalla sua voce, morbida e leggera come una piuma: «Quanto siamo fortunati ad avere qualcosa che ci rende dire “arrivederci” e “addio”, così difficile e straziante.».
  
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