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Autore: Love Your Sin    30/08/2015    1 recensioni
Niall/Harry
Conteggio: 10.5K
FosterBrother!Niall
[In cui Niall e Harry sono migliori amici e ad un tratto si ritrovano ad essere fratelli ed infine innamorati. Il tutto rivissuto tra foto, pugni, baci e risate.]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo offendere nessuno, in alcun modo. I personaggi non mi appartengono (purtroppo, ma non ancora per molto).



A Francesca, che mi ha tanto ossessionato per avere una Narry,
al punto di essere costretta a scriverne una,
nonostante io, insieme, non li possa vedere.
A Martina, che ha sclerato per mesi nell' attesa
che finalmente pubblicassi questa maledetta fanfiction.
Vi voglio bene, anche se shippate Narry!

 

I THINK WE MIGHT BE OUTLAWS
 

“Sono memorie di ghiaccio le nostre, sono quei ricordi
che non dimentichiamo mai perché ci riscaldano
nonostante il freddo dolore che ci riportano.
Sono ricordi congelati quelli che ci uniscono, le notti
e i giorni passati per nasconderle, per proteggerle, e poi finiti così,
ricordi lasciati così in un silenzio di novembre.
 Sono memorie di freddo e di caldo, di amore e di odio,
sono memorie della nostra vita insieme.
Sono quei ricordi che ci legano nel profondo, quelle lacrime
che ci siamo asciugati a vicenda e quelle ferite che abbiamo curato insieme,
aprendone altre, facendoci male, costruendo quella vita
che oggi viviamo, che oggi portiamo avanti.
Sono quelle memorie di noi, fotografie di qualche anno fa
accanto a fotografie nuove, sorrisi persi e sorrisi tornati,
mani intrecciate, cuori rotti e curati.
Sono loro, sono quei ricordi che ci hanno unito, quelli che noi
abbiamo unito, due vite e ricordi diversi, diventati una sola vita
e ricordi uguali, i miei sono i tuoi e i tuoi sono i miei, perchè ci apparteniamo.
Perchè le nostre sono memorie di ghiaccio."

 
Harry era seduto sul divano del suo appartamento, con solo i boxer, rigorosamente neri, addosso, e un album fotografico appoggiato sulle ginocchia. La pagina era aperta su una sua foto da bambino. Aveva forse cinque o sei anni. I ricci ribelli gli ricadevano scomposti sul viso in un ciuffo che copriva leggermente gli occhi, che brillavano alla luce del sole, gli angoli della bocca alzati verso l’alto, in un grande e fiero sorriso. Le piccole mani affusolate ai fianchi e un pallone sotto il piede. I vestiti, la sua divisa da calcio rosso spento, sporchi di erba e fango. Harry si ricorda benissimo il giorno in cui Anne, sua mamma, gli aveva scattato quella foto. Era appena tornato dal suo primo allenamento e il suo nuovo allenatore aveva passato ben cinque minuti a dirgli che era un bravissimo giocatore. Naturalmente, aveva passato la settimana successiva girando per casa e ripetendo milioni di volte gli elogi che gli erano stati posti dall’insegnante, scatenando l’ilarità generale tra i suoi genitori.
Perso nei suoi pensieri, non si rende nemmeno conto dell’arrivo del suo ragazzo fino a quando, dopo avergli lasciato un bacio sul collo scoperto, gli sussurra, con voce non poco seducente, un ‘Che stai facendo?’. Il moro rabbrividisce, il corpo che si irrigidisce e subito dopo rilassa al tocco dell’altro. ‘Sto guardando vecchie foto’ dice soltanto, ottenendo in risposta solamente un mugugno di assenso. ‘Eri proprio carino. Altezzoso come ora, vedo’ le labbra di Niall vibrano su quelle di Harry al suono della sua debole risata. ‘Non sono affatto altezzoso’ il riccio si allontana dal bacio, contrariato. Un ‘Fidati, ti conosco abbastanza’ lascia le labbra gonfie per i troppi baci dell’altro, che viene poi interrotto dal suo fidanzato. ‘Sai, penso di avere ancora quella foto che mamma ci ha fatto la prima volta che ci siamo incontrati, al parco. Ricordi?’ a Harry luccicano gli occhi mentre ripercorre quel momento, passato da così tanto, ma ancora vivido nella sua mente.
 
Era aprile. Harry se lo ricorda ancora benissimo. Come se fosse ieri. Come se non fossero già passati poco più di tredici anni. Aveva sette anni. Era aprile e faceva caldo. Come sempre in primavera. Il sole era alto in cielo e picchiava forte. Illuminava i granelli di sabbia che ricoprivano il terreno del parco, quello dietro l’angolo, dove i bambini erano soliti ritrovarsi dopo la scuola, per giocare. Era aprile e il prato era sommerso da fiori e il loro profumo si levava alto nel cielo. Nell’aria di quella piccola cittadina a sud di Londra rimbombavano le loro urla. Le risate forti e allegre risuonavano come la migliore delle melodie, accompagnate dal dolce cinguettio degli uccellini che, dal ramo più alto di una maestosa quercia che si imponeva a lato del marciapiede, osservavano tutto. Era aprile, e nonostante il forte sole, Harry ancora ricorda che c’era un leggero venticello. Il classico venticello primaverile, che solleva i granelli di sabbia dal terreno, diffondendoli nell’aria. Si dondolava sull’altalena, muovendo le gambe al giusto ritmo per darsi una spinta e volare sempre più in alto. Ogni tanto urlava e con la mano salutava sua mamma, seduta su di una panchina poco più avanti con una macchina fotografica tra le mani, alternando il gesto a risate forti e commenti in cui esternava quanto fosse bello toccare il cielo e volare tra le nuvole. Dopo una spinta ancora più potente delle altre, Harry aveva iniziato a guardarsi intorno. Alcuni bambini della sua età stavano giocando a calcio poco più in là, mentre alcune ragazze chiacchieravano animatamente sedute sulle panchine, e dei ragazzi facevano jogging con le cuffie nelle orecchie. E poi, poco più in là, seduto sotto la grande quercia, da solo, c’era un bambino paffutello, che giocava con un pupazzo di pezza, a volte sbuffando perché questo si era sporcato con la terra, altre sorridendo perché era veramente un pupazzo ammirabile. Il dolce bambino dai ricci ribelli era balzato giù dall’altalena con un abile salto, quando questa aveva raggiunto il terreno, e si era avvicinato all’altro. ‘Ciao’ aveva soffiato, osservandolo con sguardo curioso. ‘Ciao’ gli aveva risposto quello, alzando per un attimo la testa e riportando poi immediatamente l’attenzione al pupazzo che teneva in mano. ‘Mm...come ti chiami?’ Harry era sempre stato intraprendente, non mollava mai la presa. Non gli importava se quello strano bambino non avesse voluto intavolare una conversazione con lui, perché lo avrebbe fatto comunque. ‘Niall’ aveva accennato semplicemente quello. ‘Io sono Harry! Mi piacciono gli orsetti!’ aveva poi esclamato con un sorriso stampato sulla faccia. Quelle parole avevano illuminato il piccolo Niall che, con gli occhi che brillavano, aveva emesso un flebile ‘Davvero?’ che Harry aveva davvero fatto fatica a capire, ma a cui aveva risposto qualche secondo dopo con un cenno del capo, per poi ‘Ti va se giochiamo insieme?’. E gli occhi di Niall erano diventati lucidi, perché mai nessuno aveva voluto giocare con lui o anche solo gli si era avvicinato. Era sempre stato un bambino chiuso e spaventato dal mondo e da tutto ciò che lo circondava, nonostante i suoi sette anni. Ed anche a quella domanda, aveva annuito. Così Harry si era seduto con lui sotto l’albero, fianco a fianco, mentre Anne scattava una foto ai due bambini, dalla panchina su cui era seduta.


Harry sorride, perché sembrano passati davvero secoli da quei giorni, in cui la spensieratezza e l’ingenuità fanciullesche avvolgevano i due bambini. Due bambini che non ne sapevano niente della crudeltà, della cattiveria, dell’amore. Due bambini che non immaginavano nemmeno che, dopo ben quindici anni, si sarebbero ritrovati insieme, sullo stesso divano, a guardare vecchie foto e a ricordare. Due bambini, che allora, pensavano fosse normale non riuscire a fare a meno l’uno dell’altro. Perché, nonostante avesse solo otto anni, senza Harry, Niall si sentiva perso. Niall, con Harry, nonostante fosse persino più piccolo di lui, si sentiva protetto. Perché quando era con Harry, riusciva a non pensare alle urla che riempivano la sua casa tutti i giorni, quando il suo papà, l’uomo che avrebbe dovuto fargli da modello, tornava dal lavoro. Riusciva a non pensare ai piatti che si infrangevano contro le finestre, ai liquidi scuri delle bottiglie scagliate addosso ai muri, che macchiavano le pereti intatte e bianche della cucina, ai brividi che correvano su per il corpo quando sentiva la chiave girare nella porta d’ingresso, alla voce, più dolce possibile, di sua mamma che gli diceva di chiudersi nella sua camera con il fratello e di non uscire fino a quando non fosse arrivata lei, alle sue gambe che, come inchiodate al pavimento, non riuscivano a compiere il minimo movimento. Non pensava alle lacrime che scorrevano sul viso candido della madre, a quando scendeva dopo aver sentito nuovamente il tonfo della porta che si richiudeva dietro la figura traballante di sua mamma, e raccoglieva le sue gocce di pianto con le sue piccole mani da bambino, con gli occhi lucidi, pieni di lacrime. Non pensava al viso stravolto della donna, nascosto tra le mani rovinate dal lavoro, ai lividi che spiccavano scuri sulla sua pelle nivea, alla sua voce tremante e insicura, al suo sguardo che esprimeva solo sofferenza. Niall, quando era con Harry, riusciva a non sentire tutto quel dolore e quella paura che contraddistinguevano le sue giornate. Poi, circa tre anni dopo, Niall aveva temuto di perderlo, di perdere il suo unico amico. Lo volevano portare via dalla sua casa, dalla sua famiglia, dalla sua complicata vita da bambino di dieci anni, via da Harry. Suo padre troppo pericoloso per poter restare con lui, sua madre troppo instabile per potersi prendere cura di suo figlio. E aveva pianto tanto quel giorno, in cui lo aveva detto al suo migliore amico. Aveva pianto, la testa appoggiata sulla spalla di Harry, che sussurrava lentamente parole senza senso, mentre qualche lacrima gli scappava al controllo. Perché Harry non poteva permettersi di perdere Niall, di abbandonarlo, di trascurare le sue promesse, i suoi ‘resteremo sempre insieme, non ti preoccupare’. Come poteva farlo? Come poteva lasciare quel bambino così fragile, che non aveva fatto altro che sopportare e sopportare, portare pesi sulle spalle, passare notti insonni ascoltando le urla animate dei suoi genitori? Un bambino che era cresciuto con la dimostrazione che l’amore non era altro che un finto teatrino costruito per portare avanti un qualcosa di importante, e che prima o poi il palchetto sarebbe caduto a pezzi, troppo esile e frangibile per poter sopportare un così grande carico. Harry doveva distruggere quel presupposto di amore che Niall si era costruito. Perché, a dieci anni, un bambino, quando gli veniva chiesto di rappresentare l’amore, doveva poter disegnare un grande cuore rosso che riempiva l’intera pagina, e non colorare malamente il foglio con un pastello nero. Doveva disegnare una famiglia felice, lui, suo fratello e i suoi genitori che si tenevano per mano, con colori accesi e vivaci, ma Niall questi colori non li conosceva.


Harry correva il più velocemente possibile, le lacrime salate ancora a scorrergli lungo le guance paffute, solitamente ornate da un paio di adorabili fossette, le gambe gracili da bambino che tremavano leggermente e a volte cedevano a causa della fatica, il petto che si sollevava velocemente, sia per i continui singhiozzi dovuti al pianto sia per il fiato, che pian piano diminuiva.
La notizia datagli da Niall lo aveva realmente destabilizzato, per quanto un fanciullo di nove anni potesse esserlo. Non aveva mai nemmeno immaginato, né tantomeno sognato, che il suo amichetto di sempre, o almeno da quando ne aveva memoria, avrebbe dovuto lasciarlo, prima o poi. La sola idea gli era sempre parsa folle. Ora, invece, si ritrovava a precipitarsi a casa, per fare in modo che la sua dolce mamma potesse aiutarlo. Era sempre stata una sorta di eroina, meglio di Batman e Superman messi insieme; Harry glielo diceva sempre, quando gli capitava di ritrovarsi davanti ad uno dei loro film con lei. Ed era sicuro che anche quella volta sarebbe riuscita a compiere il suo piccolo miracolo, anche se ancora non sapeva come. Arrivato a casa si era semplicemente fiondato tra le braccia accoglienti di Anne e le aveva raccontato, parola per parola, ciò che l’amico gli aveva detto quel pomeriggio. Lo aveva rassicurato e, dopo cena, lo aveva mandato nella sua cameretta, imponendo alla sorella maggiore, Gemma, di restare a giocare con lui. Ogni tanto, dalla cucina, Harry riusciva a sentire le voci dei suoi genitori scontrarsi mentre litigavano, cercando invano di mantenere i toni i più bassi possibili per fare in modo che i loro figli non sentissero. Ad un certo punto il riccio, esausto, era caduto in un sonno profondo, dimentico di Niall e del litigio al piano inferiore. Il giorno dopo, prima di portarlo a scuola, Anne gli aveva riferito che la sera precedente aveva parlato con papà di Niall e che avevano trovato un modo per fare in modo che nessuno lo avrebbe mai portato lontano da lui.

 
‘Grazie per tutto, Anne. Non troverò mai un modo adatto per ringraziarti davvero per quello che stai facendo per me e per mio figlio.’
‘Non ti preoccupare, Maura. È il minimo che posso fare. Niall è un bambino fantastico, non si merita di soffrire ancora.’
‘Già…voglio solo il meglio per lui. E so che con te lo troverà.’

Circa due mesi dopo, all’approssimarsi delle feste di Natale, Harry si era ritrovato un piccolo Niall sulla porta di casa, circondato completamente da valigie e scatoloni quattro volte più grandi di lui, con i capelli biondi ricoperti di leggeri fiocchi di neve. Aveva sorriso ampiamente quando il riccio era comparso, salutandolo quasi timidamente con la mano, nemmeno fosse uno sconosciuto. Nonostante i suoi dieci anni, Niall sembrava più piccolo di Harry stesso. ‘Harry, da oggi Niall resterà qui con noi, così non dovrà mai andare lontano da te. Sei felice?’ Il bambino si era letteralmente illuminato a quelle parole, uscite con estrema dolcezza e delicatezza dalla bocca della madre. Aveva poi rivolto lo sguardo verso di lei per ‘Non lo portano più via?’ dire. ‘No, Harry! Adesso è come se siamo fratelli!’ aveva esclamato l’amico in risposta, ancora fermo nella medesima posizione. Harry si era messo a ridere, felice, ed era corso a braccia aperte ad abbracciare Niall, mentre Robin, suo padre, cominciava a portare i bagagli del nuovo arrivato nella camera del più piccolo.


‘Oh Harry! Guarda questa!’ La risata di Niall riempie la stanza, mentre il viso del riccio si corruccia leggermente alla vista di quella foto, raffigurante i due bambini l’ultimo giorno di scuola elementare per il biondo. ‘Non potrò mai dimenticare la tua scenata, Haz! Non andrò a scuola senza Nì l’anno prossimo, ecco. – dice scimmiottando la voce del più piccolo – con tanto di braccia incrociate e piedi sbattuti per terra! Eri proprio un bambino!’ Il viso di Harry si scioglie lentamente in un sorriso per poi ‘Non potevo vivere senza te, già ti amavo’ dire e ricevere un dolce bacio dall’altro, seguito da un melenso ‘Aaaw Haz. Mi farai venire il diabete, amore.’

L’assenza di Niall tra i corridoi della scuola era stata una vera tortura per Harry. Non poter più passare con lui l’intervallo, non poterlo più salutare dalla porta della sua classe mentre il biondo si allontanava per raggiungere la sua, non uscire più insieme dal portone al suono dell’ultima campanella, non fare più a gara su chi riusciva ad arrivare prima a casa, nonostante le lamentele di Anne che urlava ai due di non correre per strada. Spesso la mattina il riccio si svegliava, sotto richiamo della madre, e se ne usciva subito con un ‘oggi a scuola non ci voglio andare. Non è divertente senza Nì.’ Il peggio veniva quando si impuntava e non c’era verso di farlo scendere dal suo letto. Anne stava cominciando ad esasperarsi: era come se il figlio avesse sviluppato una sorta di vera e propria dipendenza dall’amico. Una dipendenza che sostanzialmente già esisteva, ma che si era fatta sempre più intensa da quando il biondino era andato a vivere a casa Styles.
Per Niall, invece, l’arrivo alla scuola media era stata una vera e propria rinascita. La possibilità di poter respirare finalmente un’aria diversa, di poter abbandonare luoghi in cui i ricordi erano fin troppo vividi e che portavano la nostalgia della sua famiglia a limiti inimmaginabili, cambiare amici, costruire nuove relazioni, incontrare persone diverse, persino allontanarsi per poco da Harry lo stavano pian piano aiutando a lasciarsi alle spalle un passato tormentato e difficile, un passato che non gli piaceva di certo rivivere, un passato che lo aveva segnato e purtroppo rovinato.
Un giorno aveva portato a casa degli amici per lavorare su un progetto di gruppo che era stato loro assegnato. Ad un certo punto, appena tornato da scuola, Harry era irrotto nella sua camera con un ‘Niall! Andiamo a giocare a calcio! Gemma mi ha regalato un pallone nuovo!’ urlato a tutta voce, con l’esaltazione tipica di un bambino che ha appena ricevuto un regalo. Il biondo lo aveva guardato torvo, mentre i suoi amici ridacchiavano, e lo aveva lasciato con un semplice ‘Harry sto facendo i compiti con i miei amici, va via.’ Il riccio se l’era presa molto per quella risposta e se ne era andato a sguardo basso, con le lacrime a riempirgli gli occhi e un  ‘okay, scusa’ sussurrato, mentre dei ‘ma cos’ha, quattro anni?’ ironici riempivano la stanza.



‘Dio eri proprio uno stronzo in quel periodo, ho sempre voluto dirtelo’ ride Harry, ricordando. ‘Eddai ti avrò chiesto scusa un milione di volte, Haz! Ero solo esaltato per la nuova scuola e i nuovi amici, te l’ho detto. –sorride, il biondo- E poi eri tu che avevi frainteso e hai cominciato a non parlarmi più. Il solito testardo. E comunque l’anno dopo è tornato tutto alla normalità, no?’ il riccio annuisce, in accordo. ‘Resta il fatto che sei stato comunque stronzo!’ esclama infine, tirando un debole pugno sulla spalla del compagno e scoppiando a ridere, seguito a ruota dal fidanzato.

Da quando anche Harry aveva cominciato quel nuovo percorso, la situazione si era nuovamente stabilizzata. Niall aveva presentato a Harry i suoi amici, Louis e Zayn, tipici ragazzi che stavano attraversando in pieno la loro fase di ribellione adolescenziale, e lo stesso aveva fatto il riccio con lui, introducendo in quello che era diventato un gruppo molto affiatato Liam, il primo della scuola. I cinque erano letteralmente inseparabili. Spesso capitava che nei weekend si ritrovassero tutti a casa di uno e facessero dei mega pigiama party. Ed era proprio durante una di queste serate, durante l’ultimo anno del biondo in quella scuola, a casa di Zayn, che tutto aveva realmente avuto inizio.
Liam era seduto per  terra, con la schiena appoggiata ad una poltrona, sulla quale era comodamente spaparanzato il giovane padrone di casa; entrambi ridevano, lo sguardo puntato sulla televisione; Louis era in cucina, a riempire una ciotola gigante di patatine di ogni tipo, mentre canticchiava la canzoncina commerciale del momento; Harry era sdraiato sul divano, un joystick in mano e il gatto di Zayn sulle sue gambe; Niall, che lo stava sfidando, era invece seduto a gambe incrociate su un costoso tappeto che non voleva nemmeno sapere da dove provenisse, un controller in una mano e una merendina nell’altra. Un ‘Oh avanti Nì! Fai proprio schifo a questo gioco! Harry ti sta strabattendo!’ si librò in aria, proprio mentre il riccio esultava per il goal appena segnato,  che aveva decretato la sua vittoria. ‘Sta zitto Liam! Avrei vinto io se avessi giocato con due mani!’ sbuffò il biondo in risposta, incrociando le braccia al petto. Gli altri erano scoppiati in una risata fragorosa a quelle parole e poi Harry se ne era uscito con un ‘Owh Ni, sarà per la prossima volta…quando giocherai contro una pippa come te!’ che aveva davvero irritato Niall, il quale, dopo aver rivolto uno sguardo omicida al riccio, aveva chiuso la conversazione con un ‘Farai meglio a scappare, Harry Styles’ piuttosto autoritario. Il più piccolo aveva cominciato a correre per tutta la casa, finendo a girare intorno al tavolo in cucina e poi su per le scale, mentre l’amico lo rincorreva. Una volta arrivato al piano superiore aveva provato a chiudersi dentro la camera di Zayn, ma il piede di Niall, che lo aveva raggiunto, non gli aveva permesso di chiudere la porta. Il riccio aveva tentato un’ultima impossibile fuga, ma il biondo non gliel’aveva permesso e aveva invece cominciato a fargli il solletico, cosa che Harry odiava più di ogni altra al mondo. Alla fine, mentre cercava di far cessare l’amico, in un miscuglio di braccia, schiaffi e gambe che tiravano calci all’aria cercando di colpirsi a vicenda, la bocca di Harry era andata a finire su quella di Niall, in un leggero bacio che era parso un soffio. Harry non riusciva a capire di preciso che cosa stesse succedendo, si era semplicemente paralizzato. Le guance avevano cominciato a surriscaldarsi, colorandosi di un rosso accesso, i piedi si erano essenzialmente incollati al pavimento e le sue mani avevano cominciato a tremare, per quale motivo bene allora non lo sapeva. Non era riuscito nemmeno a realizzare il tutto, se non il fatto che il suo stomaco aveva probabilmente deciso di farsi un giro sulle montagne russe, perché Niall si era allontanato velocemente, le guance ormai bordeaux, gli occhioni azzurri spalancati. Aveva aperto e richiuso le labbra all’incirca trenta volte, indeciso sul dire qualcosa riguardo quello che era appena accaduto o meno, e alla fine si era passato una mano sulla bocca, in un gesto rapido e distratto, correndo giù per le scale. Harry era restato immobile, sempre nella stessa identica posizione, fino a quando Liam lo aveva raggiunto, chiedendogli se andasse tutto bene. Al che aveva solo annuito.

 

‘Ero solo- ero terrorizzato Harry! Avanti che avrei dovuto fare? Fino al giorno prima ero lì a sbaciucchiarmi con tutte le mie compagne di classe e il giorno dopo mi ritrovo a baciare un ragazzo!’ il biondo cerca di farsi valere, ma sa già benissimo che alla fine il fidanzato l’avrà vinta anche quella volta. ‘Terrorizzato? Sul serio Ni?’ Harry scuote la testa, amareggiato, perché non riesce sul serio a capire come sia possibile che ogni volta che ricordano quel giorno il ragazzo debba uscirsene con stupide scuse come quelle. ‘Avevo a malapena dodici anni, avevo baciato il mio amico di sempre, avevo sentito qualcosa che, Dio, a quell’età neppure sapevo cosa significasse e nonostante questo ho sempre cercato di non permetterti di uscire dalla mia vita, cosa che invece tu cercavi costantemente di fare.’ Harry incrocia le braccia, mentre permette a quelle parole di inondare l’aria della stanza per l’ennesima volta. ‘Lo so Haz, lo so, ma mi sembrava davvero la cosa migliore, allora.’

Niall aveva cominciato davvero, senza alcun tipo di fraintendimento da parte del riccio,  ad allontanarsi da quel mondo che era stato per anni la sua normalità, la sua quotidianità, quel mondo fatto da Harry, Harry e ancora Harry, quando aveva cominciato le superiori. Dopo l’incidente avvenuto a casa di Zayn, aveva preso ad essere ogni giorno sempre più distante e freddo.
Se ne era accorto una mattina, quando, ormai in ritardo per prendere il bus, stava aspettando che Anne lo portasse a scuola. Aveva sentito il riccio dire che a scuola non ci voleva andare, perché non voleva parlare con nessuno che non fosse lui e quindi era sempre solo e non aveva alcun compagno con cui passare il tempo libero. Niall, benché avesse, alla fine, solo quattordici anni, aveva capito che quel rapporto che aveva fondato con Harry stava diventando semplicemente
troppo. Troppo dipendente, troppo stretto, troppo appiccicoso, troppo morboso. E non andava bene, no.
Così aveva semplicemente deciso che sarebbe stato meglio fingere che le cose non fossero mai state così, che lui ed Harry quasi nemmeno si conoscessero, che quell’innocentissimo bacio non fosse mai sfuggito, che quel groviglio nello stomaco che non gli permetteva di riflettere lucidamente in quel momento fosse stato solamente un sogno, che per tutti quei mesi non avesse fatto altro che pensare ad Harry, alle sue labbra posate docilmente sulle sue e ai suoi ricci che gli sfioravano gli zigomi. Aveva cominciato a stare costantemente fuori casa, andando da un compagno per studiare o al parco dall’altra parte del paese con Louis, passando il tempo tra una sigaretta e l’altra perché voleva sperimentare.
Harry aveva preso quell’allontanamento improvviso peggio di quanto il biondo potesse in realtà anche solo immaginare. Si era chiuso in se stesso, come mai aveva fatto prima d’ora. Inizialmente si era persino rifiutato di rispondere alle chiamate di un Liam che non riusciva a comprendere la causa di tanta disperazione. ‘Non capisco, Haz. Non capisco perché stai così male. Sai benissimo come è fatto Niall. Sai, ora che ha cominciato il liceo e ha conosciuto nuova gente. Vorrà solo approfondire la conoscenza, come ha già fatto in passato quando ha incontrato Zy e Lou. Perché questa volta reagisci così esageratamente?’ gli aveva chiesto poi un giorno, mentre le scene dell’ultimo film di Harry Potter scorrevano una dopo l’altra sul grande schermo della televisione. Harry aveva sospirato, aveva abbandonato la testa sullo schienale del divano, i ricci a ricadergli sugli occhi verdi, poi si era voltato verso l’amico e aveva deciso che non c’era niente di meglio che la verità. Aveva quindi raccontato a Liam del piccolo incidente di percorso, che lui incidente non considerava affatto, a casa di Zayn, delle emozioni inspiegabili che aveva provato in quel momento, del fatto che poi, a distanza di mesi, non aveva ancora smesso un attimo di pensare a Niall, al suo sguardo terrificato quando si era allontanato, agli occhi azzurri completamente spalancati che si guardavano intorno come per controllare se qualcuno avesse assistito, alle sue guance leggermente colorite per l’imbarazzo, ai suoi capelli biondi che gli si appiccicavano alla fronte a causa del sudore che gli imperlava la pelle per l’agitazione. E alla fine di quel monologo infinito aveva soffiato un ‘Penso che mi piaccia, Lee’ che aveva lasciato entrambi a bocca aperta. Era rimasto sorpreso dalle sue stesse stupidissime parole, perché mai avrebbe pensato di dirle ad alta voce a qualcuno che non fosse la sua mente, perché farlo avrebbe significato renderlo definitivamente reale ed Harry non era semplicemente pronto ad un tale sconvolgimento nella sua vita, come se già il distacco dell’amico non bastasse. Poi le lacrime avevano cominciato a fare autonomamente il loro corso, giù lungo le guance paffute del riccio, lentamente, fino a sparire tra le sue labbra rosse. Liam l’aveva stretto tra le sue braccia e quando l’altro, con l’innocenza di un tredicenne, aveva emesso un leggero ‘Ho paura e mi manca’ aveva aumentato la presa. Il pianto si era spento dopo una quindicina di minuti, durante i quali nessuno dei due aveva fiatato. Dopo di che erano tornati a rivolgere la loro attenzione al film, come se nulla fosse.



‘Ti giuro Ni, ero completamente devastato’ Harry chiude gli occhi, ripercorrendo con il pensiero quei mesi di sofferenza, quella sofferenza che ti blocca il respiro e ti lascia in affanno anche nei momenti meno opportuni, la sofferenza del primo amore. Niall appoggia delicatamente la testa nell’incavo del suo collo, inspirando profondamente il suo odore forte e presente. ‘Sinceramente, non capisco sul serio come sia possibile che non me ne sia accorto” risponde poi, e Harry rabbrividisce quando il suo soffio caldo arriva a contatto con la sua pelle. ‘Non eri mai in casa, come potevi accorgertene?’ una nota d’accusa poco percepibile nella voce, mentre sfoglia le pagine dell’album, fermandosi poi a guardare una foto. Lascia un bacio sui capelli del biondo, che a quel gesto alza lo sguardo, posandolo sull’immagine che occupa la pagina ormai ingiallita. ‘Ricordo questa foto! - la risata cristallina risuona nella stanza – Ce l’aveva scattata Liam, giusto? Vi siete riappacificati, questo giorno è da memorizzare’ conclude infine, scimmiottando la voce dell’amico.

Circa tre mesi dopo quella confessione fatta a Liam, all’incirca a sei mesi dal bacio con Niall, dopo diciassette settimane da quando il biondo aveva cominciato ad allontanarsi da lui, a inizio dicembre, quando il freddo era ormai una costante sicura di ogni giornata londinese, i camini erano sempre accesi e l’agitazione per l’arrivo delle feste cominciava a farsi sentire, Harry aveva deciso di non voler più lasciare che fossero gli altri a scrivere il copione della sua vita.
Anne e Robin erano fuori città per due giorni insieme a Gemma, che doveva finalmente iscriversi al college. Harry era in casa da solo, la televisione accesa a cui non prestava la minima attenzione e la musica altissima, con le note di una canzone dei Green Day che si diffondevano nel salone. Spaparanzato comodamente sul divano, nel quale si poteva ormai dire stesse sprofondando, forse volutamente o forse no, una coperta a proteggerlo del freddo e dagli sbuffi d’aria che si infiltravano nel minimo spiraglio delle finestre, una tazza di cioccolata bollente con almeno mezzo chilo di panna montata sopra, Harry stava aspettando con ansia il ritorno di Niall, che, tanto per cambiare, era a casa di Louis o qualche suo altro amico
non che lo avesse specificato prima di uscire. Harry si era finalmente deciso, dopo un’infinita e imperterrita insistenza da parte di Liam, a parlargli, perché non aveva più alcuna voglia di sentire quelle dannate vocine ripetergli ogni giorno, tenacemente, quanto fosse stupido a lasciarsi scappare in quel modo il suo migliore amico, il ragazzo di cui si era fottutamente innamorato – e non voleva minimante pensare al fatto che fosse un ragazzo, altrimenti si sarebbe ritrovato davanti al portone anonimo di un manicomio nel giro di cinque secondi. Era stanco di continuare a dare retta alla sua stupida testa e al suo stupido orgoglio e di lasciare che il cuore si frantumasse in milioni di piccoli irrecuperabili pezzetti che andavano perdendosi uno alla volta. Si era ripetuto quel discorso così tante volte che ormai lo vedeva scritto pure sulle pareti di casa e si era giù più volte dovuto sfregare gli occhi per assicurarsi che fosse solo la sua immaginazione, sempre meglio essere sicuri. Eppure quando Niall era entrato, avvolto in un cappotto decisamente troppo grande, una sciarpa a coprirgli le labbra quasi viola, il corpo scosso dai brividi per il freddo e un sorriso spalmato sul volto, gli occhi azzurri lucidi leggermente coperti da un ciuffo biondo e dal berretto, e l’espressione serena per quella ritrovata sensazione di calore, Harry si era dimenticato persino come si chiamava, altro che discorso da Oscar. Era rimasto a fissarlo mentre si toglieva il tutto, per poi dirigersi in cucina e tornare dopo cinque minuti con una tazza alquanto imbarazzante sicuramente piena di tea caldo Harry era sicurissimo fosse tea; conosceva le abitudini e i gusti del biondo meglio dei suoi ed era totalmente certo del fatto che odiasse la cioccolata e il caffè. Vedendolo spostarsi verso le scale e salire i primi gradini, senza ovviamente degnarlo di uno sguardo, aveva capito che di occasioni nella vita ce ne sono poche. O ora o mai più, si era detto, per poi ‘Niall’ emettere in un soffio, lo sguardo costantemente fisso sulla schiena rigida dell’altro. Il biondo si era voltato lentamente, come in una di quelle scene nei film in cui due amanti si rivedono dopo secoli e il tutto viene mostrato al rallentatore. Era rimasto semplicemente fermo, guardando l’amico e aspettando che dicesse qualcosa e, al suo ‘possiamo parlare’ flebile seguito da un ‘per favore’ che era risuonato quasi come una supplica, aveva rilassato le spalle, rimaste tese fino a quel momento, ed era andato a sedersi vicino ad Harry beh, non proprio vicino. Le mani gli stavano letteralmente tremando, motivo per cui aveva deciso che appoggiare la tazza di cioccolata ancora mezza piena sul tavolino da caffè lì vicino sarebbe stata la scelta migliore, i ricci gli ricadevano scomposti sul viso e gli davano parecchio fastidio, come sempre, ma in quel momento erano davvero l’ultima delle sue preoccupazioni, e il cuore gli batteva talmente forte da temere che potesse scoppiargli nel petto e che Niall potesse sentirlo anche a quella distanza. Non voleva nemmeno immaginare come apparisse agli occhi dell’amico in quell’esatto istante.
Il biondo, a contrario di quanto potesse sembrare, era forse più agitato dell’altro. Sembravano essere passati decenni dall’ultima volta che lui e Harry avevano avuto una conversazione che fosse andata oltre il ‘ciao’, ‘io esco’ e ‘okay’,  e durante la quale l’aria circostante non fosse stata pregna di ansia e imbarazzo. Aveva seriamente creduto che stare lontano da Harry sarebbe stato l’unico modo efficiente per evitare i sentimenti che, dopo quello pseudo bacio, avevano cominciato ad affiorare, per cercare di rinchiudere l’immagine del riccio, che ogni volta si faceva spazio tra i suoi pensieri, in un angolino remoto della sua mente. Tuttavia, mai come in quel preciso momento, si era accorto di quanto Harry gli mancasse. Gli mancava in un modo che faceva così tanto male da lasciarlo su quel divano, fremente, in attesa che l’amico dicesse qualcosa per poter così sfuggire ai milioni di pensieri che lo stavano facendo letteralmente diventare pazzo. Quando alla fine Harry aveva parlato, Niall si era reso conto che un’altra cosa che gli era mancata incredibilmente del riccio era la sua voce calda e graffiata. ‘Niall, mi dispiace così tanto’ stava facendo di tutto per non scoppiare a piangere da un momento all’altro, facendo la figura dello stupido e rovinando tutto anche quella volta. Stava pregando un Dio in cui non era nemmeno così tanto sicuro di credere e lo stava pregando in lingue che molto probabilmente nemmeno esistevano sulla Terra. Aveva preso un respiro profondo, aveva chiuso gli occhi
lo faceva sempre quando doveva prepararsi a grandi confessioni – e poi, rivolgendogli lo sguardo aveva continuato: ‘Mi dispiace e non volevo accadesse tutto questo! Sei il mio migliore amico da…non lo so neanche da quando! Da così tanto tempo che non riesco nemmeno a ricordarlo. aveva ridacchiato per mascherare il nervosismo E probabilmente sono solo uno stupido tredicenne che non sa accettare i cambiamenti o forse semplicemente non voglio che ci siano cambiamenti, perché sei il mio migliore amico, Nì. E quale insulso essere umano vorrebbe delle modifiche nella propria vita, se questo significasse perdere il proprio migliore amico? era una domanda retorica, eppure per un attimo Harry aveva temuto che Niall lo interrompesse e gli dicesse “io vorrei”Mi manchi tanto Nì, mi manca prenderti a cuscinate ogni volta che mi batti alla play e mi mancano addirittura le tue prese in giro e i tuoi stupidi nomignoli, mi manca venire da te a chiederti di aiutarmi con i compiti di algebra, perché lo sai che di lettere e numeri io non ci capisco niente, mi mandano in confusione. E lo sai qual è un’altra cosa che mi manda estremamente in confusione? aveva aspettato che Niall negasse con un cenno della testa Questa mancanza perché, sarò anche uno stupido tredicenne, ma l’ho capito che non è normale. Perché quando Zaynie e Lou litigano e non si parlano per una settimana, non si mancano così tanto. E questa cosa mi fa paura perché quando sentivo mamma dire a Gem che ero troppo dipendente da te non ci credevo, ma ho capito che è vero. le lacrime, per inciso, avevano cominciato a rigargli le guance già da un po’ Voglio solo che tutto torni come prima…’ Aveva lasciato il discorso in sospeso, perché i fremiti del pianto ormai non gli permettevano più di proseguire. E sinceramente l’unica cosa a cui pensava era il fatto che si era ricordato quello stupido discorso dopo tutto e che se Niall non lo avesse perdonato, per cosa di preciso non lo sapeva, almeno si meritava un premio Nobel per lo sforzo, come consolazione. Invece, quando Niall gli era saltato al collo stringendolo in un abbraccio, talmente stretto che non era sicuro di poterne uscire completamente integro, e aveva sussurrato un ‘Oh Harreh, mi sei mancato tanto anche tu. Mi dispiace di essere stato una grande testa di cazzo’ sulla sua pelle, era rabbrividito e lo aveva stretto ancora più forte, con la paura costante che, alla fine, se ne sarebbe andato di nuovo.


‘Ci rendiamo conto?’ Niall sta sfogliando distrattamente l’album e, dopo quell’uscita, Harry gli lancia un’occhiata stranita. ‘Mi avevi praticamente fatto la dichiarazione d’amore migliore dell’anno –  ridacchia e Harry gli rivolge un’occhiata che lo ucciderebbe all’istante, se solo fosse una cosa possibile –  eppure abbiamo dovuto aspettare un anno prima di fare entrambi un passo avanti.’ Le labbra del riccio si stiracchiano in un sorrisino malizioso per poi ‘Se eri ritardato non è colpa mia, amore’ dire.

Avevano organizzato quella serata nei minimi dettagli, niente sarebbe potuto andare storto. La mamma di Zayn sarebbe passata a prendere lui e Niall alle venti in punto, dopo di che sarebbe stato il turno di Louis, che abitava solo a qualche isolato da casa loro, e infine di Liam. Secondo i suoi calcoli, molto probabilmente errati, sarebbero arrivati da Bethany nel giro di mezz’ora. Era la prima volta che tutti e cinque non passavano il Capodanno con le loro famiglie e la festa a casa di Beth era sembrata a tutti l’idea migliore. Era stata lei stessa, in mezzo ai corridoi della scuola, ad invitarli a quella che aveva definito la festa dell’anno. D’altronde, era risaputo che i party organizzati da quella ragazza facevano invidia a quelli delle celebrità più importanti.
Harry era piuttosto agitato, continuava a spostare lo sguardo da un paio di skinny jeans strappati sul ginocchio ad uno semplice con i risvolti alla caviglia. Aveva fatto la doccia almeno due volte nelle ultime due ore, a causa dell’ansia che gli attanagliava lo stomaco. ‘È
solo una festa, Haz. Rilassati. Giuro che riesco a percepire la tua preoccupazione da qui. E mi stai angosciando.’
Niall era già pronto da almeno tre quarti d’ora e nonostante i suoi capelli, a differenza dei ricci scomposti e disordinati dell’altro, fossero pressoché perfetti, in quel momento si trovava nel bagno attiguo alla camera dell’amico a dar loro un’ultima sistemata. ‘Non riesco a scegliere quali pantaloni mettere, Nì’ aveva detto, buttandosi stancamente sul letto a peso morto. Il biondo gli aveva lanciato addosso i jeans strappati per poi uscire con un ‘Ci sarà anche Sarah alla festa’, che aveva letteralmente buttato il morale di Harry sotto i suoi stessi piedi.
Sarah era la fidanzata di Niall. O almeno, la cosa più simile ad una fidanzata che ci potesse essere. A detta di Louis, era più una sorte di migliore amica, una di quelle con cui ti confidi su qualsiasi cosa e a cui chiedi consigli d’amore
non che Niall chiedesse alla sua ragazza consigli d’amore, sarebbe stato piuttosto imbarazzante. Forse, però, non più imbarazzante della reazione di Harry la prima volta che aveva sorpreso i due baciarsi, circa tre settimane prima, sul divano di casa. Era stato a casa di Liam per fare i compiti e prepararsi al compito di storia del giorno dopo, l’ultimo prima delle vacanze di Natale, e quando aveva spalancato la porta d’ingresso aveva ancora dei libri in mano. Non appena aveva messo a fuoco la scena di un Niall assolutamente accalorato completamente avvinghiato ad una ragazza che frequentava la sua stessa classe di letteratura inglese, Harry aveva spalancato gli occhi e la bocca, in una maniera che fino ad allora pensava fosse impossibile, e aveva lasciato cadere i quaderni, che si erano schiantati a terra con un tonfo sordo. Fatto sta che, alla fine, lui e Niall non si erano guardati in faccio per i due giorni successivi; il primo per lo sconforto, il secondo per l’imbarazzo.
Harry era seduto su quella stessa sedia da circa un’ora, ovvero da quando era arrivato a casa di Bethany e aveva perso subito di vista i suoi amici. La festa si era rivelata la classica festa di Capodanno per liceali, con della musica inascoltabile a tutto volume, bicchieri pieni di alcolici e bottiglie di birra vuote sparsi ovunque. Aveva un bicchiere di coca cola tra le mani aveva promesso a sua madre che non avrebbe nemmeno annusato un goccio di alcool ed era piuttosto certo di voler rispettare la promessa in quanto non voleva che quella fosse la sua prima ed ultima festa e un mal di testa che di certo non gli sarebbe passato tanto in fretta. Aveva appena visto Liam e Zayn ballare insieme, non poco distanti da un divanetto dove Louis era seduto a conversare animatamente con un paio di amici della squadra di calcio. L’unico che ancora non era riuscito ad intravedere era Niall, che si era sicuramente infilato in qualche angolo libero con Sarah. Harry pensò che, se non fosse stata fidanzata con il ragazzo di cui era innamorato, probabilmente lui e la mora sarebbero potuti diventare grandi amici, avevano molte cose in comune in particolar modo il gusto in fatto di ragazzi. Poi si era alzato, aveva fatto a gomitate fino al bagno, abbandonando il suo bicchiere rosso sulla prima superficie che gli era apparsa davanti agli occhi, era rimasto in fila dietro una decina di persone che stavano occupando tutto lo spazio, già di per sé fin troppo piccolo, aveva rischiato di soffocare, arrivato il suo turno si era spruzzato un po’ di acqua in faccia cercando di riprendere colore e si era ravvivato i capelli con una mano, era tornato a sedersi, sempre sulla medesima sedia, e quando aveva guardato l’ora sul suo cellulare si era accorto che era passato solo un quarto d’ora dall’ultima volta che aveva controllato. Rilasciò un rantolo di disperazione e scoraggiamento, proprio nel momento in cui Niall si avvicinava lui, lo prendeva per un braccio e, urlando per sovrastare la musica, gli intimava di lasciarsi andare e divertirsi, portandolo a ballare con lui. Erano in mezzo ad una trentina di corpi sudati e appiccicosi e gli mancava l’aria, tanto che temeva gli potessero scoppiare i polmoni da un momento all’altro. Tra l’altro, la vicinanza estrema di Niall non lo stava affatto aiutando. Il biondo aveva cominciato a muoversi lasciandosi trasportare dal ritmo della musica, scontrandosi a volte con altri ragazzi che gli stavano attorno, ma senza prestare loro alcuna attenzione. Harry era ancora fermo immobile, i suoi piedi erano come inchiodati al pavimento e le sua gambe non sembravano volerne sapere nulla di muoversi. Ad un certo punto l’amico gli si era praticamente spiaccicato addosso, le braccia strette attorno al suo collo e il petto che si scontrava con il suo, che si alzava e abbassava troppo velocemente, gli occhi azzurri fissi nei suoi verdi e sorpresi, le guance leggermente arrossate e le labbra stese in un sorriso tranquillo. Harry si era immobilizzato ancora di più, per quanto fosse possibile. Niall aveva avvicinato la bocca al suo orecchio e quando aveva mormorato un ‘lasciati andare’ e il suo respiro si era infranto contro la sua guancia destra, che era ormai in fiamme, il suo corpo era stato smosso da un’ondata di brividi. Aveva portato le mani sul bacino del biondo e aveva cominciato ad adeguarsi ai suoi ondeggiamenti, i loro corpi che si sfioravano più di quanto avrebbero dovuto. Niall puzzava leggermente di alcool, ma non più di tanto e, nonostante il suo atteggiamento lasciasse intendere tutt’altro, non sembrava ubriaco; gli occhi non erano lucidi né le pupille dilatate, per cui Harry suppose avesse bevuto uno, massimo due drink. Il riccio aveva capito che la situazione stava degenerando quando Niall aveva cominciato a sfiorargli le gote paonazze con le labbra, lasciando baci leggeri ovunque. La sua mente gli urlava quanto tutto quello fosse sbagliato siete come fratelli! e per di più lui ha una fidanzata! e probabilmente domani si pentirà di tutto questo e tornerà a non parlarti! ma il suo cuore era di tutt’altro avviso. Aveva aspettato quel momento per così tanto tempo che, dopotutto, la cosa non gli sembrava nemmeno poi così tanto sbagliata.
Niall aveva provato in tutti i modi a resistergli, a stare lontano da quel corpo che, nonostante non volesse ammetterlo, lo attraeva come se fosse una calamita. Ma non ce l’aveva semplicemente più fatta. Aveva liberato la mente dai mille pensieri che non gli permettevano di ragionare chiaramente e alla fine, dimenticandosi di tutto il resto, si era abbandonato alle labbra del compagno. Un semplice sfioramento di labbra, per tastare il terreno, come quella volta a casa di Zayn, forse leggermente più lungo e voluto, durante il quale avevano entrambi indugiato leggermente. Harry si era staccato contro la sua volontà e Niall aveva mugugnato qualcosa in disapprovazione. ‘Non possiamo farlo, Nì’ gli aveva poi detto e lui aveva scosso la testa, sorridendo, e gli aveva risposto con un ‘Non è forse questo che lo rende ancora più bello?’ Poi aveva riappoggiato le labbra sulle sue, perché aveva già aspettato troppo e non voleva più lasciarsi sfuggire un singolo istante a loro disposizione. E il resto era venuto da sé. Harry aveva aperto la bocca e Niall aveva sospirato soddisfatto non appena la lingua dell’altro era entrata in contatto con la sua, timida ed inesperta. Il corpo spigoloso e docile dell’amico era una sensazione nuova, così diversa e al tempo stesso simile a quella a cui era abituato, alla morbidezza delle curve di una ragazza. Le labbra carnose e screpolate di Harry, al sapore di menta e cioccolato, si muovevano maldestre su quelle di Niall e i capelli ricci cadevano a solleticargli il viso. Il più piccolo aveva stretto la presa intorno ai fianchi del biondo e le mani grandi e ruvide avevano poi cominciato dannatamente a muoversi con innocua insicurezza lungo la sua schiena, il calore della pelle bollente percepibile persino nonostante la maglia sudata appiccicata a quest’ultima. Harry profumava di buono. Era il pensiero più coerente che Niall riuscisse a formulare in quel momento. Quando i due si erano allontanati, sempre mantenendo il contatto tra i loro petti, che ora si muovevano sincronizzati ad un ritmo accelerato, il biondo aveva rivolto lo sguardo verso gli occhi lucidi e troppo verdi di Harry, che alla vista di quelle iridi azzurre si era sentito quasi soffocare. Si erano sorrisi e avevano continuato a ballare, come se niente fosse, scambiandosi qualche bacio di tanto in tanto, ignorando le persone intorno a loro, che in ogni caso sembravano non averli nemmeno notati. Quando poi qualcuno aveva urlato che mancavano dieci minuti alla mezzanotte, i fremiti di eccitazione dei presenti si erano fatti più assidui e i due avevano cominciato a guardarsi intorno freneticamente alla ricerca di Liam, Zayn e Louis. I cinque si erano ritrovati davanti ad uno dei divani del soggiorno, proprio mentre il conto alla rovescia cominciava.
10…9…8
Louis si scolò una bevanda arancione, che non era di sicuro aranciata, in un colpo solo, buttò il bicchiere lì accanto e abbandonò un braccio sulla spalla di Zayn, sorridendo ampiamente.
7…6…5
 Zayn fece cenno a Liam di avvicinarsi e, una volta arrivato al suo fianco, gli lasciò un bacio sulla tempia, che risuonò con uno schiocco in tutta la sala, e i due si sorrisero a vicenda.
4…3
Niall porse un braccio intorno alla vita di Harry, stringendoselo contro. Il riccio inspirò a fondo il suo profumo e guardò gli amici che ridevano e scherzavano, poi alzò lo sguardo verso il biondo, che gli fece un cenno con la testa e gli sorrise. E Harry pensò che, in fondo, aveva già tutto ciò che poteva desiderare.
2…1
Si dice che le persone con cui passi il Capodanno saranno anche le stesse con cui passerai l’intero anno. In quel momento tutti e cinque si augurarono che non fosse solo una stupida diceria.
…0
Si strinsero in uno di quegli abbracci che ti ricordi per tutta la vita, come a volersi dire “non vorrei essere da nessun’altra parte in questo momento”.

Alla fine niente era davvero andato storto, quella sera.


‘Penso che quello sia stato definitivamente il Capodanno migliore della mia vita.’ Niall concorda in pieno e il riccio lo sa benissimo, perché se lo saranno ripetuti già  miliardi di volte. ‘Ni – Harry richiama la sua attenzione e, una volta ottenuta, continua – lo sai che ti amo, vero?’ Il biondo sorride e, prima di lasciargli un bacio leggero, soffia sulle sue labbra un ‘più della prima volta che me lo hai detto?’

I loro amici l’avevano presa bene. Non che in realtà avessero molto da digerire; la notizia, chissà perché, non li aveva affatto sorpresi: Liam era già a conoscenza della cotta del riccio per il più grande, Louis aveva detto di averlo capito prima di loro stessi e Zayn, giusto per non restare sempre nel banale, se ne era uscito con un ‘Cristo, quindi posso chiedere a Lee di uscire con me? Pensavo che tra voi due e aveva indicato i due migliori amicici fosse qualcosa’, che aveva fatto arrossire il diretto interessato dalle punte dei capelli ai piedi. 
Circa una settimana dopo la festa, al rientro a scuola, Niall aveva intercettato Sarah e le aveva esplicitamente detto che quella cosa tra di loro, qualunque cosa fosse, doveva finire immediatamente, perché il suo cuore apparteneva ad un’altra persona. Il fatto che la mora si fosse messa a sbraitare nel mezzo dei corridoi può benissimo essere tralasciato.
Avevano inoltre deciso di tenere la loro relazione per il momento segreta ai genitori di Harry, perché ‘siamo pur sempre una sottospecie di fratelli, ti immagini che colpo prenderebbero’, per non parlare del fatto che ‘viviamo sotto lo stesso tetto e vivrebbero nell’ansia costante di trovarci in atteggiamenti poco consoni e ci costringerebbero a tenere le porte delle camere aperte quando siamo insieme e non esiste cosa peggiore al mondo di questa’.

Un mese dopo si erano ritrovati in camera del biondo, il riccio sdraiato sul suo letto con un fumetto in mano e Niall seduto alla scrivania che cercava di concentrarsi e di finire quella maledetta analisi di quel maledettissimo sonetto di Shakespeare.
‘Ni, hai finito?’
‘Ti sembra che abbia finito, Har?’ il ticchettio della penna mangiucchiata contro il legno stava diventando piuttosto snervante, ma non riusciva sul serio a rispondere alla domanda e stava impazzendo. Odiava letteratura inglese.
‘No
aveva sbuffato il riccio però io mi sto annoiando.’
‘Nessuna persona normale si annoierebbe leggendo un fumetto.’
‘Ho mai detto di esserlo?’
‘Cosa, Haz?’
‘Una persona normale…’
‘No
aveva scritto qualche parola e poi ci aveva tracciato una linea estremamente calcata sopra – ma mi piacerebbe continuare a far finta che il mio fidanzato sia una persona normale, quello sì.’
‘Adoro quando mi chiami in quel modo, aw’ e gli aveva mandato un bacio volante.
‘Sì, e io adorerei davvero, ma davvero tanto, finire questi stupidissimi compiti.’
Harry aveva sbuffato, di nuovo, aveva lanciato il fumetto da qualche parte sul pavimento, ottenendo uno sguardo oltraggiato e truce da parte del biondo e si era lasciato scivolare completamente sul letto. Sbuffando. Di nuovo.
‘Quanto ti manca?’
‘Se continui ad interrompermi in questo modo probabilmente...aspetta, fammi calcolare eh
aveva cominciato a contare sulle dita – tutta la vita, H.’
‘Mi chiedo perché passi così tanto tempo sui libri.’
‘E io mi chiedo perché tu non ne passi affatto.’
‘Perché ho sedici anni e mi voglio divertire, a differenza tua.’
‘Si, beh, sono piuttosto sicuro che tra dieci anni, quando non avrai un lavoro perché a sedici anni eri un ribelle sfaticato, non la penserai più così.’ Gli aveva rivolto un’occhiata divertita.
Erano passati circa altri cinque minuti, durante i quali Harry non aveva fatto altro che sbuffare e rigirarsi, cercando una posizione più comoda, e Niall aveva continuato imperterrito a concentrarsi su quella maledetta poesia.
‘Penso che dovremmo dirlo ai miei.’
‘E io penso che sia completamente ingiusto il fatto che Clifford del corso di scienze abbia dei capelli così fighi, ma purtroppo non si può avere tutto dalla vita.’
‘Niall.’ aveva sbuffato, ancora.
‘Cosa c’è?’
‘Sono serio.’
‘Beh! Anche io lo sono!’
‘Niall.’
‘Ne abbiamo già parlato Har.’
‘No, tu ne hai parlato, senza nemmeno chiedermi cosa ne pensassi.’
‘Stai scherzando, vero?’ Aveva abbandonato la penna sulla scrivania e si era girato con la sedia verso il suo ragazzo.
‘Ti ho già detto che sono serio.’
‘E io ti ho già detto che, se glielo dicessimo, diventerebbe un incubo.’
‘Non dire cavolate, sono i miei genitori.’
‘Certo, appunto per questo. Non ci darebbero un attimo di tregua, Harry. Non potremmo più avere nemmeno questo
aveva indicato se stesso e il riccio e tutto ciò che li circondavacapisci?’
‘Sono sicuro che non succederebbe. Li conosco meglio di te, Nialler.’
‘Okay, supponiamo che non accadesse. Come la mettiamo con il fatto che siamo, teoricamente, fratelli?’
‘Non siamo fratelli.’
‘Mi hanno adottato, tipo. Ricordi? O hai sbattuto la testa e ti sei improvvisamente dimenticato tutto?’
‘Non ti hanno adottato. Hanno semplicemente la tua tutela finché non avrai diciotto anni. E ne manca solo uno, nemmeno.’
‘Perché vuoi rischiare in questo modo?’
‘Perché tu non vuoi farlo?’
‘Perché non voglio perderti, Har.’
‘Io rischierei di tutto per te, Niall. Tutto.’
‘Non dire cose in cui non credi davvero.’ Aveva fatto particolarmente male.
‘Qui l’unico che non crede in qualcosa, l’unico che non crede in noi
– aveva accentuato la voce, quasi spezzata, su quell’ultima parola – sei solo tu.’
‘Sai che non è vero. Ho rinunciato a tutte le mie certezze per te, Harry. E ora non posso semplicemente rischiare di mandare tutto a puttane per un capriccio, per una cosa senza la quale possiamo vivere, per un disastro che possiamo evitare.’
‘Ma non capisci?’ aveva scosso la testa, sconsolato.
‘Sì, hai ragione. Non ti capisco. Non capisco proprio perché vuoi farlo.’
‘Perché non voglio che…che tra di noi sia così, Nì!’ La mano a muoversi frenetica, indicando prima sé e poi il biondo.

‘Così, come?’
‘Un fottutissimo segreto!’
‘Non è un segreto, Har. I ragazzi lo sanno.’
‘Dio. Ho sempre saputo fossi testardo, ma non pensavo così tanto.’
‘Sarei io quello testardo?’ Niall cominciava ad agitarsi, non gli era mai piaciuto litigare con Harry.
‘Niall.
si era alzato dal letto, leggermente adirato, e gli aveva puntato un dito contro – Non voglio nascondere a un cazzo di nessuno il fatto di essere innamorato, okay? Perché per tre quarti della giornata vorrei solo affacciarmi alla finestra o salire in piedi sulla prima panchina che trovo per urlarlo al mondo, capisci? Perché è questo che vorresti fare quando sei innamorato. E vorrei scriverlo sul muro davanti a casa che ti amo, così la mattina quando ti svegli ed esci per andare a scuola, leggendolo, penseresti a me. Perché ti amo così tanto che vorrei semplicemente essere costantemente al centro dei tuoi pensieri.’ Si era asciugato alcune lacrime con la manica della felpa, una felpa del biondo. Lo stesso biondo che era paralizzato davanti a lui e che mai si sarebbe aspettato di sentire quelle parole uscire dalla bocca del riccio.
‘Tu…mi ami’ probabilmente doveva ancora metabolizzare.
‘Vedo che hai colto il succo del discorso.’
‘Mi ami.’
‘Niall. Per piacere smettila di ripeterlo e dì qualcosa che non sia “tu mi ami” perché sto per prenderti a pugni, giuro.’
Si era mosso velocemente verso di lui e lo aveva baciato, con trasporto e necessità e amore. Tanto amore. Poi gli aveva sussurrato un ‘Ti amo anche io, Har’ sulle labbra e lo aveva baciato di nuovo. E Harry era riuscito a percepire un sorriso in quel bacio.
‘Quindi, quanto lo diciamo ai tuoi?’
E Harry, a pugni, lo aveva preso sul serio.



‘Dio, ma ricordi la faccia di tua mamma? Sembrava avesse appena scoperto che eravamo dei criminali! – Niall scoppia a ridere e ad Harry si gonfia il cuore, perché ama quella risata dalla prima volta che l’ha sentita e non riesce a farne a meno – Non la dimenticherò mai, Har!’
‘Come potrei farlo? – Niall ha una risata davvero contagiosa, forse è per questo che il riccio lo segue a ruota – E mio papà invece? Ci è scoppiato a ridere in faccia! Ero sul serio indignato in quel momento’
‘Papà. Mi dispiace disturbare questo tuo istante di ilarità, ma non stiamo scherzando.’ Niall scimmiotta la voce di Harry e le risate non vogliono saperne di placarsi. ‘E quando invece ho detto loro che saremmo andati al Ballo di Primavera insieme? Dio, avrei solo voluto avere una macchina fotografica per immortalare le loro espressioni!’

Il ballo di primavera era sostanzialmente l’evento più atteso nel corso dell’intero anno scolastico. Sin dai primi giorni di ottobre era possibile percepire le ragazze del primo anno esprimere la loro estrema emozione per la loro prima partecipazione e quelle dell’ultimo che invece già discutevano riguardo agli accompagnatori e all’organizzazione. Harry non aveva mai prestato più di tanta attenzione a tale avvenimento, completamente sconcertato da tutto l’entusiasmo che la componente femminile del suo liceo dimostravo solo per uno stupidissimo ballo. Motivo per cui, la sera in cui si teneva l’evento, era sempre rimasto a casa, davanti alla playstation o ad un buon film.
Eppure, quando una settimana prima Niall gli aveva chiesto se
per caso volesse andarci con lui, il riccio non ci aveva pensato minimamente e se ne era uscito con un urletto ben poco virile in approvazione. Per cui ora si trovava sul portone di ingresso della sua scuola, costretto in uno smoking fin troppo soffocante e scomodo, con le guance paonazze a causa del caldo, i ricci che aveva in un qualche modo cercato di domare senza alcun risultato, ovviamentegli occhi spalancati per l’ansia e una mano di Niall che premeva gentilmente sul fondo della sua schiena in segno di incoraggiamento. Dire che fosse completamente terrorizzato all’idea di varcare quel portone e di mettersi a ballare in mezzo a tutti i suoi compagni con quello che tutti conoscevano come suo fratello è riduttivo. Si sarebbero esposti, spogliati di quel loro piccolo immenso segreto agli occhi di tutta la scuola. E forse Harry non era pronto a farlo e, non forse, se ne era accorto troppo tardi. Perché se in quel momento avesse girato le spalle e si fosse messo a correre verso casa, contrastando l’immobilità dei suoi arti che si erano appiccicati alla scalinata scoscesa, e avesse abbandonato Niall davanti all’ingresso dell’istituto, praticamente rifiutandosi di rivelare al mondo il loro amore, il biondo lo avrebbe odiato per il resto della sua vita. Cosa che Harry non voleva affatto accadesse. Aveva rivolto lo sguardo terrorizzato agli occhi azzurri e ancora più luminosi del fidanzato, dopo che quest’ultimo aveva avvicinato le labbra al suo orecchio e aveva sussurrato un ‘va tutto bene, Haz. Se non te la senti, possiamo tornare a casa e guardare un film, mh?’ E sarà stata la preoccupazione che trapelava dalla voce bassa e dolce di Niall, i suoi occhi che lo fissavano attentamente portando via ogni traccia di smarrimento, la sua mano ancora posata sulla schiena che bruciava in quel momento più che mai prima, l’amore che aveva impregnato un piccolo bacio impressogli sulla guancia, il fatto di sentirsi così incredibilmente amato e importante e degno di apprensione. Fatto sta che quando aveva sorriso a Niall, con tanto di fossette che il biondo adorava riempire di baci, e gli aveva stretto la mano, in cerca di ulteriore rassicurazione, niente era sembrato più così difficile e pauroso.
Alla fine nessuno aveva prestato loro poi così tanta attenzione, se non dopo aver rivolto qualche sguardo curioso, perché troppo presi dal non calpestare i piedi della propria accompagnatrice o perché impegnati in una conversazione con qualche amico. Avevano salutato Louis, che si scatenava vicino all’ingresso con una ragazza del secondo anno, senza badare al ritmo della canzone e con un bicchiere in mano, e Liam e Zayn che stavano invece parlando seduti ad un tavolino vicino al bancone delle bevande. Dopo di che si erano fatti spazio tra le coppie che già erano in pista e si erano messi a ballare sulla melodia della canzone, avevano bevuto i loro drink e avevano riso con i loro amici e gli occhi del moro erano tornati a splendere di luce propria, la preoccupazione che aveva ormai completamente abbandonato ogni muscolo del suo corpo, ora rilassato sotto il tocco attento di Niall.
E quando gli Aerosmith avevano invaso la sala con un
I could stay lost in this moment forever /
Every moment spent with you is a moment I treasure”, Harry non aveva potuto far altro se non concordare in pieno.


‘Ammetti che dopo quella volta hai completamente cambiato idea sui balli.’ Niall rideva mentre guardava la foto che Anne aveva scattato loro prima che uscissero di casa, la sera dell’evento. ‘Si beh, anche se sei un pessimo ballerino. Mi dispiace sgonfiare il tuo ego.’ ‘Sgonfiare il m…- Harry. Sei un bastardo ingrato. Sappilo.’ La faccia indignata di Niall non era passata inosservata al riccio, che aveva tentato malamente di trattenere una risata, sporta spontanea. Aveva poi continuato a sfogliare le pagine dell’album, sottratto al biondo, che aveva deciso di zittirsi del tutto, con le braccia incrociate al petto e un broncio adorabile – a detta di Harry – ad incorniciargli le labbra, contornate da un lieve rossore che gli imperlava le guance. Si era infine soffermato su una foto di un Niall addormentato, completamente avvolto dalle lenzuola bianche del suo letto e con un espressione serena stampata in volto.

La sveglia era suonata già da tre quarti d’ora quando Harry quella mattina di metà giugno aveva deciso di districarsi finalmente dalle lenzuola incastrate tra le gambe e di scendere in cucina per preparare la colazione. Non che di solito lo facesse, ma l’assenza di Anne e Robin lo aveva costretto ad un tale scombussolamento della sua routine quotidiana. Aveva fatto abbrustolire del pane, su cui aveva poi posto un uovo e aveva riempito due bicchieri con del succo di frutta all’arancia. Tornato al piano di sopra aveva poi appoggiato il tutto su un comodino di fianco al letto e aveva osservato Niall: i capelli biondi sparsi sulla fodera del cuscino, le ciglia lunghe a sfiorare le guance un poco arrossite, le labbra distese in un'espressione totalmente serena, le lenzuola bianche che si incastravano tra le sue gambe, come pezzi di un puzzle, e si posavano sulla pelle candida della sua schiena. Era stato impossibile contrastare l’impulso di prendere il suo I-phone, fino ad allora rimasto abbandonato in carica sulla scrivania davanti alla finestra, e scattargli una foto. Subito dopo Niall aveva portato una mano a strofinare gli occhi azzurri, ancora chiusi, e aveva brontolato un ‘Harreh…ma che fai’ che aveva fatto sorgere un sorriso immenso al riccio. Si era sdraiato affianco al fidanzato, lasciando un bacio leggero sulla tempia, e aveva sussurrato un ‘ho preparato la colazione’ che aveva suscitato l’ilarità del biondo.
‘Perché ridi?’ – con tanto di sopracciglia alzate.

Mi vuoi proprio vedere morto, H?’
Aveva tirato un debole pugno sulla spalla del più grande, in disapprovazione. ‘Sono un ottimo cuoco, hei!’ l’indignazione non poco percepibile nella voce. La risata di Niall era tornata ad impregnare l’aria ormai viziata della stanza, quando quest’ultimo aveva ribaltato Harry e si era posizionato a cavalcioni sul suo bacino. Harry aveva smorzato quel riso contagioso ed infinito con un bacio a fior di labbra, che era poi stato approfondito dal biondo.
E alla fine, quella tiepida mattinata di metà giugno si era conclusa con mani che tremavano ed esploravano, sospiri e gemiti che si confondevano nell’aria, ricci sudati che ricadevano scompostamente sul cuscino, dita incastrate in capelli biondi e setosi, nomi sussurrati spezzati a metà, piacere soffocato con baci caldi e bagnati, segni rossi a colorare le clavicole, occhi scuriti a causa dell’immenso desiderio, petti che si scontravano disordinatamente, unghie a graffiare schiene toniche e gambe muscolose a intrappolarsi a vicenda, Niall a farsi spazio in Harry, brividi a percorrere i corpi di entrambi, ‘ti amo’ soffiati a malapena udibili e il candore delle lenzuola sporcate dal loro appagamento.



Quella foto era seguita da una serie di pagine bianche e forse, forse era davvero arrivato il momento di riempirle con tutte le immagine che avevano intrappolato per sempre brevi momenti, momenti del loro ‘noi’ da quella mattina in poi. Momenti che li avevano portati, quattro anni dopo, ad essere seduti sul divano di casa loro a ripercorrere la loro storia. 


NdA.
HERE WE GO AGAAIN! 
Chi avrebbe mai detto che sarei tornata su efp, dopo secoli, con una Narry...io no di certo.
Questa fanfiction era nata come Ziam (Zayn/Liam), ma sono praticamente stata costretta a trasformarla in una Niall/Harry a causa delle minacce delle due ragazze sopracitate.
In ogni caso le ringrazio perchè mi sostengono sempre e sono fantastiche.
E ringrazio anche David Lambert, attore della serie televisiva The Fosters, la mia nuova ossessione, senza il quale non avrei mai trovato un titolo decente per questa storia. 
  
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