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Autore: Koori_chan    31/08/2015    3 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Diciannovesimo~





Cadevano in acqua.
Fra i flutti, con spruzzi di schiuma biancastra, i ricordi di Cristal Cooper cadevano in acqua assieme a schegge di legno e vele squarciate.
La fiammata aveva raggiunto la coffa, e adesso quel che rimaneva dell’Interceptor bruciava a capo chino sulla superficie dell’oceano.
Era in mare che si erano conosciuti, lei e Will, e solo adesso si rendeva conto che era stato proprio Barbossa a far intrecciare i loro destini distruggendo la nave su cui viaggiava il giovane Turner nella speranza di torvare uno dei pezzi del tesoro maledetto.
Ricordava ogni cosa come se fosse appena accaduta: la nebbia umida e appiccicosa sulla pelle, l’acre odore di fumo, lo sguardo impaziente di sua madre e il fremito nel suo cuore nello scoprire che poteva essere stata opera dei pirati.
Di quel pomeriggio di tanti anni prima non restava più nulla, se non il grigio della cenere che si depositava sull’acqua; della nebbia nessuna taccia, il sole pesava aggressivo sulle loro teste; sua madre non c’era, abbandonata cinque anni prima in cambio di una vita di espedienti; nessuna emozione, ormai, nel ritrovarsi a faccia a faccia con una ciurma di pirati.
Tutto accadeva con molle indifferenza, quasi avesse immerso la testa in una bolla: i colori erano ovattati, i rumori sbiaditi, e la furia disperata di Elizabeth sembrava rovesciarsi sul Capitano dall’anima nera senza alcun impeto, come una rete trascinata senza cura lungo il fondale.
Will era morto?
Niente più gare di velocità lungo il bagnasciuga, niente più allenamenti nel retrobottega, addio ad ogni cosa.
Will era morto.
Non aveva nemmeno voglia di gridare, di disperarsi.
Erano morti tutti.
Loro avevano perso la leva giusta, Barbossa aveva ucciso la sua libertà
Erano morti tutti.
- Tu, pirata senza dio! – sentì gridare Elizabeth, ma le sue urla non avevano alcun senso.
Cristal riusciva solo a guardare l’Interceptor bruciare, mentre attorno a lei lo sconforto soffocava tutti quanti e la figlia del Governatore veniva ceduta alla ciurma senza la minima attenzione.
Ma qualcosa ebbe l’effetto di una detonazione opposta.
All’improvviso ogni cosa riprese colore, i suoni acquistarono nuova consistenza, e William Turner fece la sua comparsa aggrappato al sartiame di babordo.
- Barbossa! – la sua voce risuonò limpida e potente su tutto il ponte, e la ragazza tornò a sentire la presa ferrea del primo ufficiale sulle sue braccia.
Will era vivo, era riuscito a salvarsi! Vide la gioia tornare a scintillare negli occhi di Elizabeth, lesse lo stupore sulle labbra di Barbossa, e finalmente tornò padrona dei suoi pensieri, macinando a folli velocità.
Vivo, sì, ma per quanto? Come aveva intenzione di giocare le sue carte? E soprattutto era consapevole del ruolo che giocava in tutta quella faccenda?
La risposta gli giunse senza bisogno di proferir parola.
- Lasciatela libera! – ordinò il fabbro, che nel frattempo aveva raccattato una pistola nel mucchio delle armi requisite e la stava puntando contro il Capitano della Perla.
Il dannato non si fece impressionare, e anzi, avanzò verso di lui a passi decisi e testa alta.
- Tu hai un colpo solo e noi non possiamo morire. – spiegò, quasi fosse stato in vena di elargire saggi consigli.
Will parve tentennare un istante, lo sguardo che saettava in cerca di sostegno.
-  Non fare cose stupide! – si sentì sibilare Jack Sparrow.
Cristal gli rivolse un’occhiata di fiele. Come osava parlare in quei termini, lui che era pronto a venderlo in cambio della propria libertà, della propria vendetta?
Quella frase non era forse da interpretarsi più come un “non tagliarmi la via di fuga” piuttosto che come un “tieniti lontano dai guai”?
Ormai aveva capito, o almeno intuito, quale fosse il piano di Jack, e l’idea che Will dovesse essere l’agnello sacrificale che avrebbe permesso a tutti loro di continuare a vivere in pace non le piaceva nemmeno un po’.
Avrebbe voluto che Sparrow cogliesse il rimprovero celato fra le sue labbra serrate, ma l’uomo non la stava guardando, l’attenzione tutta concentrata sul suo amico d’infanzia.
Come colto da un’improvvisa realizzazione, Will corse di nuovo verso la murata e si puntò la pistola alla gola.
- Voi no, ma io sì! – esclamò con fermezza, i vestiti fradici a gocciolare sul ponte e i capelli che gli si appiccicavano al viso e al collo.
- Will, no! – sillabò, ma fu nuovamente ignorata.
La ciurma della Perla Nera non aveva avuto alcun tipo di reazione di fronte a quella minaccia, ma Barbossa era un uomo decisamente più scaltro del suo equipaggio, e aveva capito immediatamente che se il ragazzo parlava in quel modo era perchè aveva qualcosa da offrirgli.
- Chi sei tu? – domandò, gli occhi assottigliati nel tentativo di riconoscere i suoi lineamenti.
Immediatamente Jack gli si parò davanti, blaterando frasi senza senso che non sortirono alcun effetto sull’ammutinato.
- Il mio nome è Will Turner, mio padre era Sputafuoco Bill Turner! Il suo sangue scorre nelle mie vene! – gridò ancora l’altro per accertarsi che Barbossa non ascoltasse gli sproloqui di Sparrow e prestasse invece attenzione a ciò che lui aveva da dirgli.
Barbossa rifilò a Jack lo stesso sguardo che si rifila a un cane rognoso colto a rubare del cibo, mentre a pochi passi da loro Cristal Cooper si mordeva spasmodicamente il labbro inferiore in cerca di un’idea.
Così Will sapeva. Ma fino a che punto? Poteva davvero permettersi di tirare la corda a quel modo? Oppure si sarebbe spezzata fra le sue mani senza che nemmeno avesse il tempo di capire come comportarsi?
- Parola mia, fate quel che vi dico, o premerò il grilletto e dovrete prendermi in fondo al mare. – continuò imperterrito, senza immaginare nemmeno lontanamente la portata del guaio in cui stava cacciando tutti quanti.
Come da pronostico gli occhi blu di Barbossa si tinsero di una bramosia spasmodica, le labbra già tese verso l’alto a pregustare la tanto agognata libertà.
- Ditemi le condizioni, Signor Turner. – sentenziò, le cornee gialle puntate sulla figura del giovane di fronte a lui.
Era una catastrofe.
- Elizabeth viene liberata! –
Barbossa ghignò, prendendosi gioco dei sentimenti di quello che ormai era diventato suo prigioniero.
- Sì, questo l’abbiamo capito... Qualcos’altro? – suggerì.
Will fu lesto a rispondere, indicando con la canna della pistola il soggetto della sua richiesta.
- Anche Cristal. E anche la ciurma! Non fate loro del male. – aggiunse, mal interpretando i mille gesti e segnali di Sparrow.
Fu in quel momento, quando il ghigno sul viso del Capitano si ampliò fino ad assomigliare a un’orrenda cicatrice, che Cristal comprese di aver perso il controllo sulla situazione.
- Accordato... –
Ma la voce di Barbossa fu presto coperta dall’urlo della Figlia della Tempesta.
- No! E’ una trappola! Non è come sembra, è un inganno! –
- Zitta, tu! – berciò il primo ufficiale, torcendole ancora di più il braccio dietro la schiena e strappandole un gemito di dolore.
- Cristal! – esclamò Elizabeth, completamente ignara del fatto che l’avvertimento appena gridato non era rivolto solamente a Will.
Barbossa raggiunse l’erede del Faucon du Nord a passi lenti e misurati, gli occhi improvvisamente freddi e aridi, privi di qualsivoglia emozione.
- Questa lurida sgualdrina traditrice farà bene a cucirsi la bocca se non vuole che disattenda l’accordo appena stipulato... –
Cristal si sentì mancare l’aria nei polmoni e un senso di vertigine la pervase da capo a piedi.
Credeva volesse ostacolarlo.
Cieco di fronte ai suoi tentativi di salvarlo, Hector Barbossa era convinto che la ragazza nella cui compagnia aveva riso e scherzato tempo prima volesse il suo male.
E questo, per lei, era quasi peggio di saperlo morto.
Senza degnarla di ulteriore considerazione, l’uomo le voltò le spalle e si incamminò verso il timone.
- Rotta per Isla de Muerta! – ordinò a gran voce.
- Ma preparatevi ad una piccola deviazione... – aggiunse, poi levò un braccio e Jack la scimmia vi balzò sopra, appollaiandosi con aria di superiorità.
La deviazione si rivelò essere uno sputo di sabbia sul quale una manciata di palme aveva persino trovato il coraggio di crescere.
Il sole picchiava sempre più forte sulle assi del ponte, e Cristal ed Elizabeth, in piedi l’una accanto all’altra, continuavano a scambiarsi sguardi atterriti.
Presto due uomini della ciurma sistemarono l’asse, facendola sporgere di diversi metri al di fuori della murata.
La prima ad esservi condotta fu la figlia del Governatore, che pur colta da un sacro terrore non osò cedere di un passo.
- E’ solo l’asse. Nulla di grave. Ci faranno fare un bel tuffo e ci toccherà raggiungere l’isola per conto nostro, ma ti ho insegnato a nuotare, no? – le aveva sussurrato Cristal all’orecchio quando i pirati avevano incominciato ad organizzare quel crudele teatrino.
In altre circostanze Elizabeth sarebbe quasi stata rassicurata da quelle parole, ma vi era un qualcosa di sbagliato acquattato nella voce dell’amica, un senso di angoscia e disperazione che non aveva mai percepito in lei e che adesso la spaventava a morte.
In piedi sull’asse, tutta la concentrazione volta a mantenere le gambe salde e a non mostrare i tremiti che la facevano ondeggiare,  la giovane Swann era stata costretta a spogliarsi e a restituire al Capitano il meraviglioso abito scarlatto del quale l’aveva omaggiata durante la sua permanenza a bordo.
- Si intona alla vostra anima nera. – il tono di accusa nelle parole della fanciulla era stato quasi palpabile, ma i pensieri di Barbossa non erano per lei, e non rise assieme agli altri quando il primo ufficiale la fece cadere in acqua con uno scrollone al trampolino improvvisato.
Dopo Elizabeth fu il turno di Jack Sparrow, e Cristal quasi provò un senso di godimento nel vederlo annaspare alla ricerca di una scappatoia.
- Jack... Jack... Neanche te ne sei accorto... Quella è la stessa isoletta di cui ti abbiamo fatto Governatore nell’ultimo viaggio... – lo schernì Barbossa.
Cristal vide l’uomo che l’aveva aiutata a ritrovare sua madre fare una smorfia, ferito nell’orgoglio e a corto di idee.
La sortita di Will lo aveva preso talmente in contropiede da ridurlo a chiedere un favore.
- L’altra volta mi hai lasciato una pistola con un colpo... – osservò, lanciando una rapida occhiata alla figlia del fabbro, che però fu svelta a puntare lo sguardo altrove.
Questa volta non l’avrebbe aiutato: quello era un disastro che aveva combinato da solo, e da solo ne sarebbe uscito.
Inoltre lei stessa si trovava in una posizione più che precaria, e non poteva permettersi di schierarsi in maniera troppo definitiva, o quel che rimaneva del suo misero piano aggiornato ad ogni secondo che passava sarebbe andato completamente in fumo.
- Quando hai ragione hai ragione. – gli concesse il pirata maledetto, facendogli portare le sue armi.
Non ottenne di più, una seconda pistola gli venne negata, e il Capitano originario della Perla dovette gettarsi in mare per non rischiare di perdere quell’unico colpo che aveva da parte.
Sul ponte calò di nuovo il silenzio.
Cristal guardava il mare cercando di indovinare il punto in cui Jack sarebbe riemerso.
Sapeva che presto sarebbe stato il suo turno, sapeva che Barbossa si stava muovendo verso di lei, ma non aveva il coraggio di voltarsi.
Lo vedeva con la coda dell’occhio: alto e imponente come sempre, se ne stava di fronte a lei con la mano sinistra poggiata su un fianco e ricordava quasi un padre in procinto di rimproverare la bambina.
Lei rimase immobile, la schiena dritta, il viso ruotato e le labbra tese finchè la mano del pirata non le afferrò il mento per obbligarla a guardarlo negli occhi.
- Cristal! – sentì sbraitare Will, ancora legato e tenuto prigioniero dalla ciurma.
- Non fatele del male! -
Barbossa scosse il capo, in volto un’aria torbida e quasi irritata.
- Siete completamente fuori strada, Signor Turner. –
E fu a quel punto che Cristal cedette ed incrociò il suo sguardo, sfiorando di nuovo quel cielo di Giugno offuscato da una preoccupazione che non comprese e che la turbò.
Quella era un’ombra diversa da quella portata dalla maledizione, era un’ombra diversa da quella legata ai ricordi di tempi migliori.
Sembrava quasi... quasi un addio, lo sguardo della  rinuncia, e si rese conto che era proprio quel sentore di rinuncia a farla star male.
Gli occhi dell’uomo si posarono un’ultima volta sulla collana del Faucon du Nord prima che allentasse la presa sul viso della ragazza e le indicasse l’asse.
- No... – balbettò, sentendo che ogni cosa le scivolava dalle mani senza che potesse trattenerla.
- No, non posso... – continuò, lo sguardo che saettava da Will, a Gibbs per tornare a Barbossa.
- Cammina. – fu la secca replica del Capitano.
- No, Barbossa, ti prego... –
Se avesse abbandonato la nave ogni cosa sarebbe stata perduta. Non avrebbe potuto proteggere né Will né Barbossa, e tutto sarebbe stato vano.
- Via. Di. Qua. – scandì l’uomo per l’ultima volta, sospingendola verso il trampolino.
Cristal scosse il capo, gli occhi sgranati e le mani imploranti.
- Hector ti supplico devi... –
Ma prima che potesse aggiungere altro il pirata diede un calcio all’asse facendole perdere l’equilibrio.
Niente pistola per lei. Solo la sua spada, che piombò in acqua con uno schizzo proprio quando le risate sguaiate sul ponte si spensero e le urla colme d’ira di Will vennero soffocate da un pugno alla bocca dello stomaco.
Bagnata fradicia e scoraggiata, Cristal sbatté il palmo aperto sulla superficie dell’acqua e si immerse per recuperare la spada prima che raggiungesse il fondale.
Quando riemerse notò che Jack la stava aspettando a una decina di bracciate di distanza, mentre Lizzie aveva ormai praticamente raggiunto la riva.
A poche centinaia di metri da dove la Perla li aveva lasciati, deserta e inospitale, l’isola di Jack sarebbe stata la tomba di tutti loro.
 










 
Bleizenn Gwrac’h stava seduta al tavolaccio, le spalle curvate dalla vecchiaia e dalla preoccupazione.
Sulla superficie di legno, una manciata di conchiglie e una candela fumante indicavano l’occupazione della donna.
I suoi occhi limpidi come vetro erano adesso chiusi in concentrazione, una ruga profonda fra le sopracciglia aggrottate ad evidenziare la fatica.
Non andava bene, non andava bene per niente.
Quello che vedeva era solo il preludio, come il lontano baluginio che annuncia la tempesta in arrivo.
L’orizzonte si faceva cupo ad Ovest, e le onde si agitavano.
Il Mare non era felice, e la sua angoscia roboava fra i flutti come spuma che ribolle lungo gli scogli.
Esisteva un modo di arginare la sua ira? Si poteva forse evitare la tragedia?
Non lo sapeva, non ancora, per lo meno.
- On y est presque... – sussurrò, mentre il fumo della candela si alzava in volute stanche e pigre verso il soffitto della stanza.
Un rumore sordo proveniente da vano delle scale la fece sussultare, aveva visitatori.
- J’arrive! – berciò innervosita mentre la pioggia aumentava d’intensità e un tuono faceva vibrare i vetri alle finestre.
Chi diamine poteva essersi avventurato fuori con quel tempaccio della malora?
Aprì la porta di slancio, ritrovandosi di fronte l’ultimo paio d’occhi a cui avrebbe mai potuto pensare.
- E tu che ci fai qui?! – domandò brusca richiudendo la porta alle spalle della misteriosa figura, che si fece strada all’interno della stanza e tolse il cappello a tricorno, cercando un luogo dove abbandonarlo e strizzandosi le ciocche corvine per liberarle di tutta l’acqua di cui erano impregnate.
- Che accoglienza! Credevo sapessi del mio arrivo... – replicò scherzosamente, per poi rabbuiarsi immediatamente alla vista del tavolaccio coperto di conchiglie.
Bleizenn si appropriò del suo cappello e lo appesse al vecchio paravento, riservando all’elemento di disturbo un’occhiata seccata.
- Non è che il mondo giri attorno a te, sai? Ci sono faccende ben più grandi a cui badare, adesso... – spiegò, mentre l’ospite si avvicinava con cautela al tavolo e aggrottava le sopracciglia sperando di comprendere qualcosa della divinazione.
- Non mi piace questo tuo modo di parlare... –
Bleizenn ghignò, scoprendo i suoi denti da lupa, ma era un ghigno intriso di una profonda preoccupazione.
 - E ne hai ben donde. Una guerra si profila all’orizzonte, una guerra come non ne abbiamo mai viste. Le forze in gioco sono antiche e spietate, il Mare è corrotto, e non so per quanto ancora riuscirà a sopportare il putridume che appesta le sue acque. – aggiunse, spegnendo la candela che aveva posizionato sul tavolo e raccogliendo le conchiglie per lasciarle cadere in un sacchetto di cuoio.
L’ospite si mosse stancamente verso la vecchia poltrona, gli stivalacci che lasciavano grosse pozzanghere ad ogni passo, poi si lasciò cadere a peso morto, reclinando la testa all’indietro e passandosi una mano fra i folti capelli.
- Ho scelto proprio il momento migliore per tornare sulla scena... – constatò in un sospiro sconsolato.
Bleizenn, che nel frattempo era andata a versare una tazza di chouchenn, si voltò di scatto, accigliata.
- Tornare? Hai deciso di uscire allo scoperto, dopo tutto questo tempo? –
Ci fu un momento di silenzio durante il quale la vecchia sacerdotessa comprese di aver colpito nel segno, poi l’individuo decise di risponderle.
- Non esattamente. Prima di tutto ho bisogno di una nave e una ciurma, per questo sono a Brest. Ho passato troppo tempo sulla terraferma, ho bisogno del mare, lo sai. –
La donna annuì piano, dopotutto sapeva con chi aveva a che fare, conosceva il suo animo da tutta una vita.
Lasciò la tazza di chouchenn fra le sue mani e tornò a sedersi a tavola, sistemandosi meglio lo scialle sulle spalle.
- Fermati pure qui per tutto il tempo che riterrai necessario. Piuttosto... – e attese un momento, per essere sicura di avere la sua totale attenzione.
- Devo metterti in guardia, non sarà semplice senza la collana. Il Mare non è più lo stesso di vent’anni fa, ti converrà volare basso, Faucon. –
L’ospite le rivolse un’occhiata lunga e seria prima di incrociare le braccia al petto e spostare lo sguardo fuori dalla finestra, dove il temporale imperversava spazzando la costa con forti e violente raffiche di vento.
- Il mare è sempre lo stesso, Bleizenn. E’ chi lo popola ad essere cambiato... –
La sacerdotessa tacque, rigirandosi i quarzi e le conchiglie della sua collana fra le mani.
Nell’amarezza di quella frase si celavano tutti i suoi timori.
Che lo volessero o meno, la guerra era alle porte.
 














 
Ritrovarsi sull’isola deserta solo con Cristal ed Elizabeth non dovette essere facile per Jack.
Il caldo era sempre più insopportabile e le due fanciulle non facevano che sbraitare al suo indirizzo, continuando a ripetere che dovevano assolutamente tornare indietro e salvare Will.
Ma se la figlia del Governatore non immaginava il ruolo di Sparrow in quella faccenda, Capitan Tempesta aveva ormai capito ogni cosa, e questo era davvero un gran bel problema.
- E così era questo il tuo piano geniale per liberarti di Barbossa! Era Will la tua maledetta leva giusta! Cristo, Jack, che fossi un disgraziato lo sapevamo tutti, ma cadere così in basso! – lo aveva investito nonappena Elizabeth era stata abbastanza lontana da non poter sentire.
Ma il pirata non le aveva dato corda, e così si erano ritrovati tutti e tre seduti attorno al fuoco a bere quello schifosissimo rum che i contrabbandieri avevano abbandonato nel loro nascondiglio.
Elizabeth si era lasciata andare all’alcool e, ormai evidentemente sbronza, aveva preso a cantare a squarciagola assieme a Jack, che certo non poteva dirsi messo meglio di lei.
I due, ballando attorno al fuoco, ridevano come se fossero stati amici da sempre, come se nulla fosse successo e Will non fosse stato minimamente in pericolo, e a Cristal era salita la nausea.
- E’ ridicolo... – aveva sbottato, per poi alzarsi in piedi e allontanarsi a grandi passi dal luogo del falò.
Aveva camminato per mezz’ora buona, i passi sostenuti da una rabbia cieca e ribollente, poi si era lasciata cadere sulla sabbia e aveva intrecciato le mani dietro alla nuca, cercando di darsi un contegno e di tornare ad assumere una respirazione regolare.
Stava andando tutto a rotoli.
Certo, quando a Tortuga si era imbarcata con Jack sapeva che avrebbe dovuto giocare d’astuzia, ma non avrebbe mai immaginato che la faccenda avrebbe potuto complicarsi a tal punto.
Adesso Barbossa avrebbe spezzato la maledizione, sì, ma a che prezzo?
Non era così che doveva andare, e adesso persino Lizzie sembrava aver perso la ragione, fraternizzando con l’uomo che aveva venduto la sua felicità in cambio di un pugno di mosche e ubriacandosi come i peggiori scarti umani del Mar dei Caraibi.
Poi un altro pensiero raggiunse il suo cuore, lasciando che la luce delle stelle venisse offuscata da un velo di lacrime.
Barbossa l’aveva cacciata, ripudiata, convinto che le sue parole volessero essere una minaccia e non un monito.
Come aveva potuto credere che volesse il suo male, lei che fin dal principio si era messa in gioco per salvarlo?
Come aveva potuto credere che desiderasse il suo dolore, lei che negli anni aveva compreso di aver trovato in lui un legame profondo come l’oceano?
Sconfitta e sconsolata, aveva portato una mano ad incontrare la conchiglia del Faucon du Nord, fredda e liscia sotto le sue dita.
“Porta alta la bandiera”, queste erano state le parole di sua madre nel consegnarle il ciondolo, e adesso si chiedeva se non avesse disatteso quella promessa su tutta la linea.
- Cosa devo fare? – si era ritrovata a domandare a mezza voce, come se Marion Hawke avesse potuto davvero risponderle con uno dei suoi pragmatici e saggi consigli.
Stufa di sentire le lacrime scivolarle lungo gli zigomi si era infine alzata in piedi e con un gesto secco aveva asciugato le guance, pronta a ritornare al falò e prendere in mano la situazione.
Quando mezz’ora dopo aveva raggiunto il fuoco, però, si era accorta che Elizabeth Swann l’aveva già fatto al posto suo.
- Scusa, ma non mi avrebbe mai lasciato lavorare in pace altrimenti. – aveva spiegato, indicando un Jack Sparrow stramazzato a causa dell’alcool.
Cristal aveva inarcato un sopracciglio, stupita dal trovare la sua amica perfettamente sobria nonostante si fosse scolata più di mezza bottiglia.
- Reggi bene! – aveva commentato, incapace di trattenere un mezzo sorriso di fronte a quella scena surreale.
Lizzie aveva roteato gli occhi.
- E per fortuna. Ora aiutami, ci serve decisamente un fuoco più grande. –
Adesso, il sole di  nuovo alto e pesante sopra le loro teste, il fumo raggiungeva almeno cento piedi, e nonostante le lamentele del redivivo Jack, tutti quanti sapevano che così farsi salvare la pelle sarebbe stato molto più semplice.
Almeno per Elizabeth.
Due ore dopo, infatti, una bandiera bianca crociata di rosso apparve a Est.
- Sono loro, siamo salve! – esclamò la figlia del Governatore, il viso illuminato da nuova speranza e le mani in alto per farsi individuare più in fretta.
Cristal strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco l’imbarcazione.
Fu questione di un secondo, il tempo di capire, e il cuore le finì dritto in fondo agli stivali.
Conosceva quelle vele, conosceva quel vascello.
In quell’afoso 12 Luglio 1716, a distanza di dodici anni dall’ultima volta, Cristal Cooper avrebbe rimesso piede su quella che era stata la prima nave della sua vita.
Di fronte a loro, a poche centinaia di metri dalla riva, aveva appena calato l’ancora la H.M.S. Dauntless.
Li vennero a prendere con una lancia a bordo della quale si trovavano marinai giovani che Cristal non conosceva; sulla piccola imbarcazione il silenzio era tombale, un po’ per rispetto, un po’ per disprezzo.
Elizabeth teneva lo sguardo basso, consapevole di aver rischiato forse più di quanto non potesse permettersi, mentre la figlia del fabbro continuava a lanciare occhiate dense e accusatorie a Jack.
“Tu ci hai ficcati in questa situazione, e sarai tu a farci uscire” sembrava volergli dire.
La prima a raggiungere il ponte di coperta fu Elizabeth, aiutata da un paio di ufficiali che la attendevano presso la murata.
Si udì l’esclamazione sollevata di Swann e improvvisamente Cristal fu catapultata a un pomeriggio di tanti anni prima, a Londra.
Ricordava bene come anche allora l’uomo si fosse disperato di fronte alla terribile prospettiva di aver perso sua figlia e di come la luce fosse tornata nei suoi occhi quando lei stessa, all’epoca una bimba spigliata e impertinente, gliel’aveva riportata.
E si accorse che sì, anche Swann, alla fine, le era mancato.
Completamente assorta in tali pensieri lasciò che Sparrow la precedesse a bordo, e fu così l’ultima del gruppo ad abbandonare la lancia, fatta eccezione per i marinai che l’avevano manovrata fin lì.
Non lo notò immediatamente, lo sguardo posato dapprima sulla figura del Governatore che abbracciava sua figlia.
Accadde senza preavviso, volse appena il capo, quasi per caso, e lo trovò lì, davanti a lei.
Sentì il cuore fermarsi un’altra volta per poi riprendere a pompare come impazzito, percepì gli occhi spalancarsi in un’espressione di pura sorpresa e le labbra tendersi verso l’alto, un meraviglioso calore a irradiarle nel petto.
Era vero? Era reale? O forse era solo un miraggio, un’allucinazione dovuta alla rabbia del sole e alla notte insonne?
Trattenne il fiato, incapace di muovere un muscolo, mentre il volto del miraggio, specchio del suo, si illuminava di una gioia impareggiabile, di una felicità indescrivibile.
- Cristal... –
Fu un sussurro, ma bastò. Bastò affinchè la ragazza capisse che era tutto vero, che lui era lì, di fronte a lei,  e che erano solo pochi passi a separarli.
Ogni cosa le parve più luminosa, mentre la voce le sgorgava direttamente dal cuore.
- James! – si ritrovò ad esclamare, muovendosi verso di lui senza nemmeno averlo deciso.
- Cristal, santo cielo, sei... sei davvero... –
Ma nemmeno James Norrington, il freddo e serio ufficiale della Marina Britannica, l’enfant prodige fiore all’occhiello della guarnizione di Port Royal, riuscì a trattenere la risata che sbocciò incontenibile sulle sue labbra.
- Dio mio, Cristal, tu dovresti essere morta! La... La Fleur de Lys, il naufragio! Mi avevano detto che...! – ma non gli importava davvero, non più.
Tutti quegli anni di dolore, di rimpianto, tutto quel tempo trascorso ad odiarsi, a punirsi, a desiderare la morte.
Nulla aveva più senso, non ne avrebbe sofferto mai più.
La sua Cristal era viva, viva e bella proprio come la ricordava, con i suoi capelli biondi come il sole, gli occhi di tempesta e le lentiggini a danzarle sul volto.
Era viva, e proprio come tante volte si era illuso in sogno, il mare l’aveva riportata da lui.
- No, sto bene... Ho avuto fortuna, mi sono salvata... – spiegò, persa in quegli occhi chiari che con tanto impegno aveva cercato di dimenticare, fallendo ogni volta.
Da quando aveva scelto il Mare aveva deciso che avrebbe abbandonato il suo ricordo, consapevole del fatto che non avrebbe mai più avuto occasione di vederlo, e invece adesso era lì, lì con lei, esattamente come l’aveva lasciato.
Certo, con l’avanzare di grado aveva sostituito alla sua solita parrucca nera quella candida dei graduati più importanti e i lineamenti tradivano forse il peso di maggiori responsabilità, ma la luce nei suoi occhi era la stessa, il sorriso immutato.
Era stato proprio quello, tanti anni prima, a farla innamorare: James Norrington era un uomo solo, malinconico, e sorrideva di rado, ma quando lo faceva era capace di accendere il mondo.
Ma insieme al sorriso Cristal Cooper percepì anche la domanda che stava per porle, una domanda lecita, spontanea, una domanda a cui avrebbe voluto non dover rispondere mai.
Prima ancora che James potesse chiederle per quale recondito motivo non fosse mai tornata a Port Royal in tutti quegli anni, un freddo innaturale si impadronì di lei irrigidendole i muscoli.
- Io... – balbettò in risposta, sentendo un dolore acuto all’altezza del cuore.
Fu solo a quel punto che l’ufficiale abbassò lo sguardo, rendendosi conto degli abiti che la ragazza indossava.
Stivalacci logori, un paio di pantaloni e una grossa cintura alla quale era assicurata una spada.
- No. – lo vide sussurrare, sconvolto.
Attorno a loro ogni uomo aveva cessato le proprie attività, l’attenzione dell’intera nave concentrata su di loro.
Sentì alle sue spalle l’ ”oh cielo, ma è Cristal Cooper?” di Swann, mentre da prua si faceva avanti un giovane che la fanciulla conosceva bene.
- Commodoro, come dobbiamo procedere? – domandò Gillette, ora Tenente nella sua giacca blu, osservando la ragazza con una certa dose di stupore.
James Norrington alzò lo sguardo fino ad incontrare quello di Elizabeth, poi lo incrociò con Jack Sparrow, l’uomo che aveva giurato di odiare per sempre, e infine lo rivolse a Gillette, incapace di rispondere con prontezza.
- Cristal, è... è vero? – si rivolse direttamente a lei, pregando in cuor suo per una smentita, pregando che si fosse trattato di un caso, un malinteso, un qui pro quo.
Ma la ragazza annuì, fiera e orgogliosa com’era sempre stata.
- Sì, James. Ho fatto la mia scelta, e ho scelto il Mare. – e nonostante i suoi occhi fossero saldi, la sua voce vacillava.
L’uomo non parlò, rimase immobile mentre Gillette e i suoi lo superavano per legare le mani alla fuorilegge affinchè non creasse problemi nel tragitto verso le sentine.
Quando il suo Tenente gli passò accanto una frase sgorgò dolorosa dalle sue labbra stanche e consumate.
- Gillette, torniamo a casa. –
Una frase già sentita, già detta, la stessa frase che la Dauntless aveva udito anni prima, a Londra.
Ma se all’epoca il dolore era quello dell’essere arrivato troppo tardi, questa volta si trattava di rabbia, perchè per un momento aveva avuto davanti a sé la chiara visione di quello che avrebbe potuto essere ed era stato costretto a rinunciarvi.
Solo a quel punto Elizabeth Swann osò intervenire.
- Cosa fate?! Non potete! – sbraitò, raggiungendo la sua amica in due ampie falcate.
- Miss Swann, è la Legge. – replicò Gillette, la mano ancora poggiata sulla spalla di Cristal.
- Ma... Ma dobbiamo salvare Will! – replicò, sconvolta da ciò a cui stava assistendo.
- No! – si intromise suo padre, già sufficientemente provato dalle vicende degli ultimi giorni.
- Sei salva, basta. Torneremo a port Royal subito, senza girandolare in cerca di pirati. – ordinò con un’eloquente occhiata a Cristal e a Jack.
- E vuoi condannarli a morte certa?! – ribatté la ragazza, sperando di poter fare appello alla pietà dell’uomo.
Quello sospirò, quasi seccato dall’irruenza della figlia.
- Convengo che sia un destino deplorevole, ma lo è altrettanto la decisione di diventare pirata. – sentenziò, convinto che quella frase avrebbe posto fine alla discussione.
Si sbagliava.
Elizabeth, indignata da quelle parole, cercò di convincerlo a ritrattare, inaspettatamente soccorsa da Sparrow.
- Se mi consentite l’audacia di introdurre la mia opinione professionale, la Perla aveva imbaracato parecchia acqua dopo la battaglia. E’ molto improbabile che tenga un’andatura veloce. –
Gillette, che si era nuovamente incamminato verso le sentine, arrestò la sua marcia, incuriosito da quell’intervento, mentre Cristal aggrottava le sopracciglia, curiosa di vedere come se la sarebbe cavata quella volta il pirata.
Sparrow si avvicinò a James Norrington con aria complice e cospiratoria.
- Ci pensate? La Perla Nera, l’ultima vera minaccia pirata dei Caraibi, amico! Come si può farsela scappare? –
Il Commodoro gli rivolse uno sguardo glaciale.
Quello era l’uomo che l’aveva privato della sua felicità, quello era l’uomo che gli aveva portato via Cristal e che l’aveva condotta su quella strada di perdizione a causa della quale adesso sarebbe spettato a lui portarla al patibolo.
Con quale faccia tosta osava mercanteggiare?
- Semplicemente ricordando che servo altri, signor Sparrow, e non solo me stesso. – replicò, sentendo l’amara verità in quelle parole.
Gli voltò le spalle, non voleva che potesse vedere sul suo viso l’uragano che gli stava flagellando l’anima.
Ma ancora una volta Elizabeth si intromise, marciando decisa verso il comandante.
- Commodoro, vi supplico, fate come dice! – ma una semplice supplica non avrebbe concluso niente, e questo lo sapevano tutti quanti.
Fu allora che la ragazza decise di giocare l’ultima carta a sua disposizione, una carta infida e velenosa, che sortì l’effetto desiderato.
-Per me. Come dono di nozze. –
James si voltò di scatto e vide nelle iridi castane della fanciulla tutto quello che non era stata in grado di dirgli al Forte, vi lesse il disprezzo, la sfida e la consapevolezza di aver colpito nel segno.
Con quella frase aveva resa chiara ogni cosa, ogni suo errore, ogni sua scelta.
- Elizabeth! Significa che accetti la proposta del Commodoro? – esclamò il Governatore, sconvolto.
E Cristal desiderò morire.
Nessun Capo Horn, nessuna Diablo, nulla avrebbe mai potuto paragonarsi a quello.
L’aria mancò, la gola si chiuse e le orecchie presero a fischiare come dopo una cannonata.
La proposta.
Dono di nozze.
Anche se stava guardando nella loro direzione, non vide Elizabeth stringere i pugni per zittire i sensi di colpa, non si accorse dello sgomento sul viso di James, che ora era pallido e aveva le labbra tese.
Per un breve momento aveva creduto di poter tirare un sospiro di sollievo, si era illuso che le cose sarebbero tornate al loro posto e che la loro vita sarebbe ricominciata dove l'avevano interrotta sei anni prima.
Avrebbe voluto ringraziare Dio per avergli restituito la sua Cristal, ma il suo sguardo glaciale e torbido come l'oceano in tempesta gli ricordò il suo posto, quella prigione alla quale, grazie alla Legge che egli stesso rappresentava, si era condannato.
La guardò dritta negli occhi e l'amarezza che recavano lo lasciò stremato.
Fulmine.
Ancora una volta, i suoi occhi l'avevano stroncato come un fulmine.
Senza attendere un secondo di più la Figlia della Tempesta girò sui tacchi e scese sottocoperta, Gillette e i suoi uomini che faticavano a starle dietro.
- Miss Cooper, dove andate? –
Ma la ragazza non rispose.
Andava in prigione, andava al patibolo, andava a morire.
Non le importava.
Non le importava più.
Nozze, e lei aveva scelto il Mare.
 



















 
Note:

Salve a tutti!
No, non sono ancora morta, anche se inizio a ppensare che ormai, dopo tutti questi mesi di assenza, aveste iniziato a sperarci... xD
Vi chiedo scusa mille e mille volte, ma per me questo 2o15 si è rivelato davvero una pessima annata fra casini familiari e la mole spropositata di lavoro che mi affibbia l'Uni.
In più ho incominciato a lavorare a un progetto abbastanza ambizioso, e devo ammettere che questo mi ha portato e mi porterà via un sacco di tempo.
Non ho alcuna intenzione di abbandonare o sospendere Thunderbolt, sono troppo affezionata a questa storia e a voi lettori, però mi sembra giusto avvisare che gli aggiornamenti, d'ora in avanti, saranno molto, molto lenti.
Passando al capitolo, qui le cose vanno di male in peggio!
Jack ha davvero combinato un gran casino, e Cristal non è stata capace di restare al passo, sprecando la sua unica occasione e ottenendo l'effetto opposto di quello che desiderava.
Fantastico sapere che la persona che stai cercando di salvare in tutti i modi ti vuole vedere morta,vero?~
Ma la gioia di questo capitolo non finisce qui, perchè il giorno dopo l'abbandono della Perla i nostri eroi vengono pescati dalla Dauntless.
E sarebbe davvero tutto magnifico se solo, nel frattempo, James non avesse deciso di sposare la migliore amica di Cris e questa migliore amica non avese deciso di accettare la proposta. :D
Insomma, in questi giorni alla nostra povera Cristal sembra non andarne bene una...
Nel frattempo un misterioso personaggio ha bussato alla porta di Bleizenn, che sembra parecchio preoccupata.
La guerra è alle porte, e il Faucon ha deciso di tornare sulla scena. E adesso?
Spero solo che non passino altri sei mesi prima di farvi scoprire qualcosa di più... xD
Un grazie infinito a chi legge/segue/recensice/preferisce e a chi ha la pazienza di sopportare i miei aggiornamenti ogni morte di Papa.
Vi voglio un bene dell'anima, giuro.

Kisses,
Koori-chan

 
 
  
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