Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Gio_Snower    31/08/2015    2 recensioni
Fanfiction per l'evento "Winter is Coming" sul gruppo FB "We are out for prompt" || Jean/Marco - College!AU - Prompt: "Il mio compagno di stanza mi ha chiuso fuori e sono le tre di mattina per cui PER FAVORE lasciami dormire sul tuo divano." ||
Marco Bodt sta serenamente dormendo quando qualcuno lo sveglia bussando alla porta alle tre del mattino. Marco all'inizio pensa che Reiner, il suo compagno di stanza, così rimane sorpreso quando - aprendo la porta - si ritrova davanti Jean...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Altri, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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The guy at my door (at 3 am)


Un bussare insistente alle tre del mattino lo svegliò.
Marco Bodt si alzò dal letto, rivelando il suo corpo tonico e un’espressione stanca, assonata. Sbadigliò rumorosamente, mettendosi la mano davanti alla bocca per coprirla, come di buona educazione. Il giorno prima aveva avuto un esame di biologia particolarmente difficile ma che, grazie una settimana di studio intensivo, era riuscito a superare senza dover ricorrere alle notti prima di esso per studiare.
Era successo in passato che, a causa di qualche problema nella sua famiglia – una madre sola, fratelli piccoli e vivaci, combina guai naturali – o a causa di qualche suo amico, si ritrovasse a dover sfruttare le ore notturne, solitamente usate per riposare, per studiare.
Quei giorni erano decisamente massacranti e il suo corpo, dopo quelle due-tre ore di sonno, preso seduto su una sedia e con la testa appoggiata sopra il libro sulla scrivania, si rifiutava di collaborare, eliminando quella poca coordinazione che già aveva.
Aprì la porta, chiedendosi chi potesse essere a quell’ora di notte; era molto tardi e il suo compagno di stanza – Reiner – era fuori con Berthold. Aveva detto che sarebbe rimasto da lui, quindi non si era aspettato il suo ritorno… Che avesse cambiato idea?
Non era mai successo, ma c’era una prima volta per tutto.
Quando vide Jean, si trattenne dal sobbalzare per la sorpresa, ma evidentemente glielo doveva aver letto sul suo viso, vista l’espressione disperata che gli aveva rivolto.
Era contrito e pallido – più del solito – e i suoi capelli castani erano scompigliati in modo buffo, donandogli un’aria carina e burbera allo stesso tempo; la seconda forse a causa delle labbra fini imbronciate.
“Scusa…” mormorò lui. “Senti, quel deficiente di Connie, il mio compagno di stanza, mi ha chiuso fuori… ti prego, Marco, posso dormire sul tuo divano?”
“Io…”
“Mi dispiace davvero, domani ho pure un esame… merda” borbottò Jean, senza lasciarlo parlare e girandosi, pronto ad andarsene.
Marco lo fermò, prendendogli un lembo della maglietta.
“Certo che puoi, Jean” lo rassicurò, arrossendo un poco. Sinceramente, non era così sicuro di quella decisione, Jean era diventato il suo migliore amico da poco ma… ma c’era qualcosa in lui che non andava. E quello che non andava c’era da sempre, solo che non doveva essere per Jean. Lui non l’avrebbe voluto.
A dir la verità, si sentiva un bugiardo; l’altro ragazzo gli aveva offerto un’amicizia sincera e lui si ritrovava con quella sgradevole attrazione nei suoi confronti.
Jean sembrò sollevato a quella notizia, così si scostò dalla porta – che con la sua stazza ostruiva – e lo fece entrare, richiudendo la porta dopo che ebbe varcato la soglia della camera.
“In realtà non c’è un divano, ma ho un sacco a pelo se per te va bene…” gli spiegò, arrossendo un po’.
Il ragazzo annuì, senza proferire parola. Era la prima volta che vedeva Jean così silenzioso e assorto, sembrava scrutarsi attorno con attenzione, eppure senza palesarlo.
“Lo so, è…”
“Diversa, tutto qui. Ma… è accogliente.”
“Dici?”
Jean annuì e, voltandosi verso di lui, gli rivolse un sorriso sgraziato, affilato come lo sguardo nei suoi occhi.
Marco arrossì e si sentì andare a fuoco, mentre il suo corpo reagiva a quel sorriso, che da sempre aveva un effetto tutt’altro che insignificante su di lui.
“Un attimo!” Disse, prima di sparire nel piccolo bagno attiguo più velocemente possibile.
Erano stati fortunati, il dormitorio 4 era particolarmente vecchio e i bagni erano connessi alle stanze, invece di essere condivisi da chissà quanti studenti.
Lo specchio attaccato sopra il lavandino, circondato da un muro di piastrelle bianche, rimandò la sua immagine con nitidezza: un volto squadrato pieno di lentiggini, completamente arrossato.
Aprì l’acqua fredda e se la gettò sul viso, cercando di raffreddare i bollenti spiriti. Non osò nemmeno guardare verso il basso, ma sentì qualcosa calmarsi e iniziò a ritrovare il controllo di sé.
Era così maledettamente imbarazzante…
Il tempo di fare quel pensiero che subito l’immagine di Jean che gli sorrideva, con uno strano luccichio in quegli occhi che aveva sempre definito dorati, gli tornò in mente, facendolo di nuovo reagire e arrossire violentemente.
Si mise le mani sul volto, mormorando una preghiera. Sua madre si sarebbe vergognata di lui, se l’avesse saputo.
Sapeva che le sue reazioni erano normali, ma non poteva non pentirsene, non doveva succedere con Jean. Lui non voleva, quindi era tutto inutile.
“Marco?” domandò la voce del ragazzo fuori dalla porta. “Stai bene?”
“Sì!” quasi gridò in risposta, pentendosene subito per il troppo slancio.
“Ehm… Sei sicuro che non ti crei disturbo che io stia qui?”
“Sì, sì… No, cioè: no, certo che non mi da fastidio, Jean” ribatté balbettando, quasi in panico.
“Ah, okay… Allora, puoi dirmi dov’è il sacco a pelo? Così intanto lo prendo io.”
“Certo. È nell’armadio a sinistra, sotto le trapunte.”
“Va bene… E sicuro di stare bene?”
“Sì, grazie Jean” mormorò, per poi tossire e dar un tono più deciso e naturale alla sua voce.
“Grazie a te, Marco” rise il ragazzo, allontanandosi dalla porta.
Marco tirò un sospiro di sollievo e si lavò il viso altre tre volte, finché il suo corpo non si fu raffreddato. L’unico problema, era che così si era svegliato. Anche se, vista la presenza dell’altro nella sua stanza, dubitava che sarebbe riuscito a dormire lo stesso.
Uscì dal bagno e vide che Jean si era posizionato con il sacco a pelo vicino al suo letto, sul pavimento. Non sembrava molto comodo, constatò, ma il ragazzo non si stava lamentando.
Marco raggiunse il letto e richiuse la luce che aveva aperto quando si era svegliato.
“Buonanotte, Jean.”
“Notte, Marco” ricambiò l’altro, con voce strozzata.
Marco si girò sull’altro lato, con la faccia verso il muro, così che il suo migliore amico non potesse vedere che era sveglio e interpretare le cose in modo sbagliato.
Chiuse gli occhi, ma ormai era completamente sveglio; sentiva Jean girarsi e rivoltarsi nel sacco a pelo, borbottando maledizioni a Connie, senza riuscire ad addormentarsi.
Passò quasi una mezz’ora quando trovò il coraggio di parlargli, sicuro che fosse ancora sveglio.
“Jean?” mormorò.
Un grugnito, simile a un “sì?”, fu la risposta che ottenne. 
“Se vuoi… puoi venire qui e dormire nel letto con me.”
“Marco io…”
“So che è scomodo e che non riesci a dormire, quindi…” si zittì. Forse Jean non voleva… “Ma se tu non vuoi, io…”
“No, no, ti raggiungo…” e subito si alzò. Marco sentì il rumore dello scostarsi del sacco a pelo, poi il frusciare della piccola coperta e il calore del corpo di Jean prima ancora che lo toccasse.
Sentiva il suo alito caldo sul collo, che lo fece fremere.
“Marco?”
“Mh?”
“Grazie” sussurrò Jean, con una voce roca che risuonò nelle sue orecchie.
Si voltò verso di lui e si ritrovò più vicino al suo volto di quel che avrebbe mai pensato.
“Jean…” mormorò, sapendo di essere completamente rosso in viso. La spalla di lui toccava il suo torace, le loro gambe si sfioravano e quel calore lo scombussolava.
“Merda” fu il ringhio di Jean, prima che si sporgesse verso di lui e lo baciasse.
Le loro labbra si scontrarono, dapprima esitanti, poi sempre più fameliche. Si baciarono finché il fiato non mancò a entrambi e, prima di staccarsi da lui, Jean gli morse leggermente il labbro inferiore.
Marco quasi gemette a quel gesto così spontaneo e passionale. Sentiva un languore nello stomaco, come se avesse fame e Jean fosse diventato l’unico capace di sfamarlo.
“Io…” cercò di trovare le parole, ma non vi riuscì. Forse quei baci, pensò, non avevano lo stesso significato che avevano per lui.
Jean sussultò e dopo aver imprecato più volte, si avvicinò di nuovo a lui e lo baciò, stavolta dolcemente, quasi stesse domandando il permesso.
In un primo momento si sentì confuso, sbalordito, poi ricambiò con foga, cercando di far trasparire tutti suoi sentimenti, che prima non aveva avuto il coraggio di confessare.
Aveva paura di perderlo, tutto qui.
E forse, questo valeva anche per Jean.
Si baciarono sotto le coperte, vicini ma non stretti, senza parole e pieni di sentimenti che andavano dimostrati nel buio della notte, finché non si addormentarono, stanchi forse delle troppe cose non dette; alle spiegazioni, alle conseguenze, ci avrebbero pensato l’indomani…
   
 
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