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Autore: lilac_sky    31/08/2015    1 recensioni
A Galway certe vite sono fatte per intrecciarsi tra loro.
Thelma ha vent'anni e anche i piedi abbastanza per terra.
La sua vita non è mai stata troppo noiosa, e non lo diventerá certo adesso che Agnes ha compiuto vent'anni anche lei, Luke si rivela sempre più ansioso, Calum è come se le rivolgesse la parola per la prima volta e Ashton riesce ad affascinare anche solo stando in silenzio.
No, a Thelma non sono mai piaciute le situazioni complicate: eppure ha la netta sensazione che ci si ritroverà in mezzo, da un momento all'altro.
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Consiglio la lettura delle OS dedicate ai singoli personaggi
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le dita che sfiorano i tasti.
Il bianco e il nero che sembrano fondersi insieme, tanta è la delicatezza con cui le mani scorrono su e giù per la tastiera del pianoforte. Nero, lucido, riflette ogni cosa.
Etude op. 10 n. 3. 
Un brano meraviglioso, un susseguirsi di magici passaggi, un alternarsi di lento e veloce, piano e forte: qualcosa che solo Chopin avrebbe potuto comporre.
Chiude gli occhi, e la vede, la Parigi dell'Ottocento, le dame nei salotti e la musica che esce dalle case che si affacciano sulle strade affollate.
Chiude gli occhi e pensa alle campagne della Provenza color violetto di lavanda.
Pensa al mare, a quel Mediterraneo di cui suo padre parlava tanto nei suoi dipinti: mille sfumature di blu mescolate insieme, che si confondevano con l'azzurro limpido del cielo senza nuvole.
Pensa all'alba, pallida, che illumina la baia di Galway in un modo che non si vede da nessun'altra parte nel mondo.
Pensa all'odore della carta e dell'inchiostro, pensa a...
 
...a niente, visto che il campanello suona ininterrottamente da qualche minuto, costringendola ad allontanare le mani dal pianoforte per alzarsi e andare ad aprire la porta senza nemmeno chiedere chi è.
Anche perché davanti a lei si ritrova Michael, con un sorriso sghembo a illuminargli gli occhi - già abbastanza luminosi normalmente - e le mani piantate nelle tasche della giacca di pelle rovinata.
«Ciao Thelma» la saluta con nonchalance, mentre lei abbassa imbarazzata la maglietta che ha addosso, fin troppo corta. E poi, non ha intenzione di dare troppo spettacolo delle sue gambe ad uno di cui conosce a malapena solo in nome.
«Ciao, Michael» scandisce sospettosa, aggrottando le sopracciglia: perché mai quel ragazzo si trova davanti a lei, in quel momento?
«Io, uhm, ti disturbo?» chiede grattandosi la nuca.
Sì, carino, stavo suonando Chopin e mi hai interrotta nel bel mezzo del mio studio preferito 
«No, tranquillo: avevi bisogno di qualcosa?» gli chiede cercando di nascondere nel miglior modo possibile il tono dubbioso della sua voce. Dal viso di Michael scompare ogni traccia di senso di colpa, e un sorrisetto si fa largo sul suo viso.
«Ti va di uscire a mangiare qualcosa per pranzo?».
Chiaro, diretto e conciso: vorrebbe sviare l'invito, Thelma, ma lui l'ha praticamente messa con le spalle al muro. Si guardano, lei è chiaramente spaesata.
«Mh, va bene: dammi il tempo di prepararmi» dice, ed è indecisa se farlo entrare in casa o lasciarlo fuori: ci pensa lui a toglierle ogni dubbio, ovviamente, aprendo di più la porta e andando a passo spedito nel salone. Perciò Thelma è costretta a salire al piano di sopra per trovare qualcosa di più decente e consono da mettere: non ci tiene in particolar modo ad " acconciarsi", visto che è di Michael che si parla e di un'uscita improvvisata sul momento. Dopo aver infilato un paio di jeans e una vecchia camicia presa dall'armadio del padre, pettina i capelli con la spazzola che tiene sempre sul comodino, e scende di corsa le scale infilandosi le scarpe di tela e rischiando di cadere e magari rompersi qualche osso: prima vanno a pranzo, prima torneranno a casa, no?
«Già pronta?». Michael si gira a guardarla e non trattiene un sorriso, che Thelma proprio non riesce a decifrare. Annuisce soltanto, prende la borsa e le chiavi di casa ed escono entrambi. Lei che sorride, un po’ forzata.
 
Stanno camminando da circa un quarto d'ora, riscaldati dal sole che per una volta ha deciso di farsi spazio tra le nuvole e illuminare le strade lastricate bagnate della pioggia che ha fatto la notte prima, facendole brillare.
Hanno parlato della festa, di quanto fosse bella la casa di Thelma e dell'università, anche se a lei non dispiacerebbe sapere il motivo di quell'uscita. E sta giusto per chiederglielo in modo molto diplomatico, ma lui la tira per un braccio in un piccolo locale togliendole tutto dalla mente per qualche secondo.
È il "Fermory Lasses", la trattoria quasi vicina al porto, dove dicono che facciano il salmone affumicato più buono di Galway: e anche il più costoso, motivo per cui Thelma non ha mai messo un piede lì dentro, mentre adesso invece si ritrova a contemplare incantata il legno intagliato del soffitto e i numerosi dipinti a soggetti marini che decorano le pareti. Un forte profumo di erbe aromatiche le riempie le narici e la fa sorridere, isolandola da tutto il resto per un attimo.
«Ci sediamo qui, Thelma?». È Michael che la riporta con i piedi per terra, indicandole con la testa un tavolino più appartato, in un angolo: lei annuisce, e si accorge che ancora non ha detto niente da quando sono entrati lì.
«Sì, qui va benissimo» dice, ed è più un sussurro, ma Michael chissà come sorride comunque e si toglie la giacca di pelle, appendendola allo schienale della sedia. Thelma continua a guardarsi intorno, anche dopo essersi seduta, perché non va spesso in posti di quel genere: e anche da piccola, i suoi genitori non la portavano mai nei ristoranti.
«Stai pensando a qualcosa?» le chiede il ragazzo di fronte a lei, con un mezzo sorriso.
«Oh, beh, questo posto è davvero molto bello»
«Già» è la sua unica risposta, mentre continua a guardarla. E lei si sente un po' messa in soggezione, sotto quello sguardo così penetrante, così limpido, così mare: e per questo abbassa gli occhi sul menu, cercando un pretesto per non guardarlo negli occhi, ma un cameriere le mette davanti un piatto e le riempie il bicchiere di un vino chiarissimo e profumato. Guarda Michael, in cerca di una spiegazione, ma quello si limita a sorriderle e alzare il suo, di bicchiere.
«Ma non avevamo ordinato..!»
«Può darsi che io abbia prenotato prima» la sorprende, sempre con quell'ambiguo sorriso sulle labbra rosse. Thelma alza le sopracciglia, confusa.
«E come sapevi che avrei accettato?» chiede, ma questa volta lui non risponde, limitandosi ad un occhiolino. Poi comincia a mangiare.
E a Thelma si è quasi chiuso lo stomaco.
 
«Allora, Thelma».
Hanno finito da mezz'ora di mangiare, e sempre da mezz'ora stanno camminando senza una meta ben precisa: alla fine Thelma non avrebbe avuto molto da fare a casa, ed è per questo che ha deciso di restare. Perché Michael è un tipo strano, oltre che per il fatto che le ha anche offerto il pranzo.
Sono arrivati al porto, e Thelma si guarda involontariamente intorno alla ricerca di due occhi scuri: che non trova.
«Sei sempre così pensierosa»
«Mi conosci a malapena da qualche giorno, non puoi dire che lo sono sempre» ribatte, calciando una pietra della strada di ghiaia che scende fino al mare: Michael le si affianca di più, fino a far sfiorare le loro braccia. E Thelma comincia a sentirsi a disagio, così vicina a quel ragazzo. Decide di cambiare discorso.
«Agnes mi ha detto che sei di Sidney: perché sei venuto qua?»
«Per la specialistica: non mi sono laureato in psicologia qui, e dopo quest'anno me ne andrò di nuovo»
«E dove?»
«In America. O sempre qua in Europa. O torno in Australia, chissà».
Camminano, uno di fianco all'altra, Thelma che sente uno strano mal di pancia. Michael le fa cenno di sedersi su una di quelle panchine di legno rivolte verso la baia, quelle che piacciono tanto a lei e ad Agnes, i loro punti di ritrovo nei grigi pomeriggi invernali.
Non parlano per qualche secondo, entrambi persi nei loro pensieri, e Michael continua ad avvicinarsi sempre di più, sempre di più al suo viso accaldato.
È tutto così veloce e surreale, eppure Thelma riesce a raccogliere tutta la sua lucidità e a scostarsi. E di nuovo quella strana sensazione che la convince sempre di più a non fidarsi di quel ragazzo, che come al solito fa finta di nulla e le sorride.
Come se niente fosse successo.
Eppure, il respiro di Thelma fatica a regolarizzarsi. I suoi occhi non sanno dove posarsi. Le sue mani non vogliono stare ferme.
E Michael continua ad avere quel sorrisetto stampato sulle labbra rosso sangue.
«Sei bella, Thelma» le dice, e una scarica di brividi le percorre la schiena. Non vuole sentirsi dire quelle cose da Michael, da quel ragazzo che ha conosciuto per caso al compleanno di Agnes, da quel ragazzo di cui non sa che pensare. Chissà perché riesce ad annebbiarle la mente e non farla ragionare: e questa cosa non le piace. Non le piace come la guarda, non le piace quel sorriso, non le piacciono quegli occhi acquosi che le trafiggono il corpo come mille spilli. E no, non riesce a fidarsi, di Michael.
L’avviso di un messaggio appena arrivato la fa sobbalzare: è Luke.
Si alza di scatto.
«Devo...devo andare. Grazie per il pranzo, Michael» riesce in qualche modo a balbettare, e se ne va. Fa in tempo a sentire la voce di Michael che dice «A presto, Thelma», poi gira l'angolo e corre verso casa.
 
Sebbene le sue iniziali intenzioni fossero quelle di tornare a casa, togliersi quei fastidiosi pantaloni di dosso e parlare con calma al telefono con Luke, ora Thelma si trova davanti alla porta della villetta vicina al bar di Molly, con il fiatone e il dito premuto sul campanello.
Non appena sente dei passi pesanti farsi vicini dall’interno, cerca di ravvivare con entrambe le mani i capelli sconvolti dalla corsa appena fatta e arrotola le maniche della camicia, finché la porticina di legno davanti a lei si apre e le mostra la - non molto bella - visuale di un Luke con le occhiaie, i piedi scalzi, la barba cresciuta più del solito e i capelli anche più spettinati dei suoi.
Thelma sospira, prima di spingerlo di nuovo dentro e chiudersi la porta alle spalle con un calcio: Luke in quelle condizioni non l’aveva mai visto, e la cosa non può che preoccuparla. Senza dire una parola si dirigono entrambi verso la cucina, classico luogo di riunione per gli amici in quella casa.
«Che vuol dire “Ho combinato un casino”?» gli chiede senza troppi giri di parole, ché tanto in quel momento non servono. Luke si siede sul tavolo e mantiene lo sguardo fisso sul pavimento, e deve passare qualche lungo, pesante secondo di silenzio prima che si decida a risponderle.
«Agnes. Non mi parla.» mormora, e a Thelma viene da piangere a sentirlo parlare così.
Perché se Luke è il fratello maggiore di sangue di Agnes, allora è anche il fratello maggiore che Thelma non ha mai avuto.
«Ieri sera…ho alzato la voce, non sono riuscito a controllarmi» continua «È che mi sembra di non riuscire a starle dietro, io le voglio troppo bene, voglio che lei stia bene così anche io starei bene. Ieri sera ho fatto la cosa più brutta del mondo» mormora sfregandosi il viso con le mani, senza preoccuparsi minimamente delle mille ripetizioni nella frase appena pronunciata, e una lacrima gli bagna la guancia quando Thelma lo abbraccia senza dire niente. «Le ho detto che suo padre non c’è, ma me ne sono pentito subito dopo. Perché quel padre è anche mio, e la verità è che non tornerà mai più: gli ho sempre mandato un sacco di lettere, e chissà perché continuo a farlo. Per il suo compleanno, per Natale, Capodanno…ma lui se ne frega, e Agnes non mi vorrà parlare più» sbotta, tirando un pugno sul duro legno del tavolo.
Troppa tristezza, nella voce di Luke: e rabbia, perché solo adesso si è reso conto di quanto sia stato vigliacco quell’uomo, e solo adesso ha capito che sì, senza di lui se la sono cavata, ma che nonostante tutto di un padre avrebbero avuto tanto bisogno.
Thelma riesce a capirlo, in qualche modo, perché anche lei ad un certo punto della sua vita ha dovuto salutare i suoi genitori, consapevole che non li avrebbe rivisti fino a chissà quando. E per questo gli accarezza la schiena, mentre lo abbraccia, provando a dirgli che lei c’è sempre, in qualche modo.
«Sai, non credo che Agnes non ti voglia parlare più: è solo un momento, solo…aspettala, va bene?» gli dice con la sua voce calma. Luke tira su col naso, e sembra proprio un bambino.
«Tu dici?». Thelma annuisce sorridente, e gli posa un bacio sulla guancia con una smorfia per il pizzicore che le provoca la barba a contatto con le labbra, che invece fa ridere il ragazzo.
«Grazie Thelma, io...ti voglio bene, veramente» mormora soffiandosi il naso in un fazzoletto di carta «Se...se devi andare a casa, tranquilla, puoi andare: io credo che metterò un po' di ordine qua». La ragazza annuisce, grattandosi il nasino all'insù, poi decide che sia meglio tornare a casa sua e saluta Luke con un sorriso prima di uscire dalla porta d'ingresso.
 
È durante la strada del ritorno, poi, che si sofferma un attimo su tutto quello che le è successo in quelle poche ore.
Michael che l'ha invitata a pranzo fuori, dicendole quel "sei bella" per la seconda volta nel giro di pochi giorni, con quel suo sorriso e quello sguardo che le fanno venire i brividi. E non può fare a meno di pensare a Calum perché sì, anche gli occhi di Calum posati su di lei le fanno venire i brividi, ma sono brividi...diversi. Con Calum lei si imbarazza, ma con Michael si spaventa: e più ci pensa, più vuole sapere cosa passa per la mente di quel ragazzo con i capelli rosso fuoco.
 
Poi è andata da Luke per consolarlo, perché non potrebbe mai lasciare uno come lui in balia dei suoi troppi pensieri: lo conosce abbastanza da sapere che ciò porterebbe solo a brutte conseguenze. Luke e Agnes sono sempre stati il fratello e la sorella più affiatati del mondo, e hanno appena capito cosa può fare la mancanza di entrambi i genitori.
E lei? 
Lei, Thelma? Chi ci pensa a lei? È sempre stata generosa nei confronti degli altri, ma chi è stato così generoso con lei?
Sì, Agnes è la sua migliore amica e Thelma sa bene che farebbe di tutto per lei: ma il fatto è che forse lei tiene tutto troppo dentro. Le sue preoccupazioni, si limita a scriverle in un pezzo di carta, dove rimarranno sempre impresse, e i suoi amici lo sanno bene, ma a voce non le dice mai: non le tira mai fuori. E a lei è sempre andata bene così, ma adesso chissà come qualcosa le ha fatto pensare che forse, di una persona che la consolasse, avrebbe avuto bisogno.
 
Entra in casa che sono quasi le quattro del pomeriggio: il sole è tornato a nascondersi dietro grosse nuvole grigie, gonfie di pioggia. Con molta probabilità ci sarà un temporale.
E Thelma sospira, perché quando quella sera il cielo tuonerà non ci sarà nessuno a stringerla tra le braccia.














EHM.
Non so bene come cominciare questo spazio autrice: forse inginocchiandomi e implorare il vostro perdono per aver fatto passare così tanto tempo dall'ultimo aggiornamento..? Sì, credo proprio che questo sia l'inizio giusto.
Veramente, scusatemi: è solo che boh, non riuscivo ad andare avanti e anche se questo capitolo era pronto da tipo un mese, non ne ero pienamente sicura. E non sono sicura neanche ora della riuscita di questa cosa qua che avete letto. Perciò, scusate, scusatemi di nuovo, mille volte.

E chiedo scusa anche a tutte le fanciulle che amano Michael alla follia e non avrebbero voluto vederlo fare la parte del "cattivo": ma il fatto è che ce lo vedevo troppo a  fare l'antagonista nella storia, sorry. In questo capitolo c'è solo un piccolo assaggio del nostro caro RedHead (che poi ora è pure tornato biondo: non so voi, ma io non riesco a stargli dietro per tutti questi cambi di colore sulla zucca), credo: non crucciatevi, ne vedrete delle belle. Che frase di merda, ma fa niente.
Thelma è una piccina che vorrebbe solo una vita tranquilla, ed è dall'introduzione che lo dico: con tutti questi personaggi che sto mettendo non possono non succedere taaaaante cose belle/brutte/chi lo sa.
Luke è boh, posso dire che lo amo alla follia? (scusate, ma la parentesi per la Luke's beard devo metterla per forza: POSSO MORIRE PER TUTTA QUELLA BELLISSIMA BARBA SUL SUO BELLISSIMO FACCINO) 
Mi stavo mettendo a piangere mentre scrivevo tutta la scena di Luke infinitamente triste e oddio, questa storia mi sta prendendo veramente tanto.

Comunque, vogliamo parlare di Jet Black Heart? Non so, perchè sono tutti e quattro così maledettamente sorprendenti? Tutta la strofa cantata da Michael è stato come stare in paradiso: e l'armonia perfetta del ritornello. Boh, ditemi qualcosa voi, pls, ho bisogno di sentire qualche sclero su questa canzone.


Come sempre, grazie per chi ha recensito gli scorsi capitoli, leggere nuovi pareri mi riempie il cuoricino di gioia: vabbè che sono parecchio emozionalmente instabile in quasto periodo per un sacco di cose, però sono contentissima di ricevere recensioni. Una delle gioie della vita, davvero, e alla faccia del "mai na gioia".
Grazie mille per chi ha inserito la storia tra preferite/ricordate/seguite. Siete la mia felicità. Anche voi lettori fantasma, vedere il numero di visualizzazioni della storia che cresce è favoloso.

Vi adoro. Tanti bacini e a presto (si spera),
elena
  
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