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Autore: Kaleido_illusion    31/08/2015    1 recensioni
Benvenuti a Cardia-Y 311, una città stato post apocalittica.
Tra edifici crollati, piogge acide e severe leggi, si intrecciano le vicende di due giovani di realtà completamente diversi: lei, April, una ragazza disillusa e sospettosa con un caratterino da vendere, vive nei Sobborghi lottando ogni giorno per sopravvivere; lui, Nagìl, un curioso ragazzo privileggiato del Centro, che stufo dei favoreggiamenti riservatigli decide in un attimo di ribellione di visitare quei luoghi che la cupola di vetro gli impedisce di raggiungere. Il caso vorrà che i dui si incontrino e da quel momento in poi le loro vite cambino drasticamente ...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4




 

Accelerando il passo e, a poco a poco, riusciamo a seminare gli inseguitori. Finalmente possiamo fermarci a riposarci all’ombra di una palazzina decadente, stanchi e madidi i sudore. Dobbiamo trovarci in un quartiere periferico, perché non c’è anima viva ed il silenzio è quasi assoluto.
<< Nagìl! … dove caspita ci troviamo?!>> strilla Chanel con il poco fiato che ha nei polmoni.
<< Per il momento al sicuro … e abbassa la voce!>> la rimbrotto, mentre, appoggiato al muro di cemento, mi lascio scivolare fino a terra.
<< Come facciamo a tornare a casa?!>> domanda sull’orlo del pianto.
<< Basterà cercare la cupola e raggiungerla. Per il momento non mi muoverei però, ci saranno ancora quei tizzi a cercarci>> ragiono ad alta voce.
Questa mia considerazione sembra tranquillizzare Chanel, e finalmente posso distendere i nervi per qualche minuto prima di sentire la sua voce stridula di nuovo.
La calura strisciante che discende gli edifici come una mano bramosa, afferrandoci la gola  e lasciandoci boccheggianti nonostante le tiepide folate di vento che si insinua tra i palazzi e  grazie all’assenza di sole. Certo che fuori dalla cupola la temperatura si sente più accentuata, o forse è solo una mia impressione perché non vi sono abituato. Ora che l’adrenalina se ne è andata mi sento spossato e, socchiudendo gli occhi incoraggiato dalla tranquillità del posto, cerco di recuperare un minimo delle forze spese nella fuga.
Purtroppo il momento di quiete dura assai poco, infatti l’eco di una lattina che si schianta sulla parete a poca distanza da noi, si propaga come un colpo di cannone in tutto il vicinato, seguita da risa sguaiate. Subito dopo compaiono una dozzina di ragazzi vestiti di nero e con catene penzolanti che, accorgendosi della nostra presenza, assumono un atteggiamento ancora più minaccioso e spavaldo. Mi alzo da terra mettendomi sulla difensiva, pronto per agire in ogni evenienza, mentre quello che deve essere il capobanda si fa avanti prendendo la parola.
<< Guarda, guarda chi abbiamo qui, dei forestieri!>> dice uno in tono di scherno << … di dove sbucate?>> domanda ancora curioso, ma con una smorfia di scherno sul volto abbronzato. Ha molti più muscoli di me nonostante non sia molto più alto, e mi da l’idea di uno che non si risparmia con i pugni o con le risse. Devo decidere ed in fretta cosa fare, altrimenti rischiamo di trovarci in guai seri. Di certo non posso raccontargli balle, perché avrà già capito da sé di dove siamo, come lo ha capito la gente al mercato.
<< Veniamo dal Centro>> dico, studiando le loro reazioni.
<< Degli schifosi figli di papà venuti in visita ai bassi fondi! >> brontola un individuo magro, sputando con sdegno nella nostra direzione, mentre i suoi compari scoppiano in una fragorosa risata come se avesse detto o fatto la cosa più divertente del mondo.
Comincio ad innervosirmi, ma mantenendo il sangue freddo riesco a chiedere << Che volete?>>
<< Avete sentito?!>> sentenzia ironico il boss seguito da altre risate. << Smilzo! Lo dici tu al nostro amico qui perché ce l’abbiamo tanto con lui?>>
Chiamato in causa, un ragazzo dalla mole elefantesca e dagli strabordanti rotoli di grasso fa un passo in avanti nello schieramento dei teppisti per obbedire agli ordini << Vi siete presentati senza invito>> dichiara con voce tanto profonda da far vibrare la sua massa grassa.
<< Esatto! Per questo vi abbiamo riservato un benvenuto con i fiocchi, non è vero ragazzi?!>> ribadisce il boss scrocchiando le dita.
Immediatamente i suoi tirapiedi, rompendo le righe, avanzano brandendo in modo teatrale delle mazze, delle catene e quanto si sono portati dietro, fino ad accerchiarci completamente.
<< Non c’è modo di risolverla pacificamente? Almeno difronte ad una ragazza>> cerco di trattare, mentre faccio un rapido giro su me stesso per vedere fino a quanto siamo messi male. “ Siamo nella merda fino al collo, dannazione!” constato sconfitto.
<< Non ti preoccupare, risolviamo subito il problema>> la risposta arriva secca e definitiva come un colpo d’ascia calato dal boia. Pocodopo Chanel inizia ad urlare e le sue mani vengono staccate con violenza dalla mia maglia.
<< Bastardi!>> mi volto di scatto per riprendere la mia amica, ma in quel preciso momento si scatena il peggio. La teppaglia si scaglia all’assalto ed una randellata mi colpisce ad una gamba, da cui risale in tutto il corpo un dolore sordo e bruciante come una lingua di fuoco.
Stingo i denti e meno le mani, sperando di cavarmela con le nozioni di arti marziali che ho sporadicamente seguito. Se proprio devo essere massacrato di botte, darò la stessa sorte a qualcuno di questi schifosi!


***
 

 

Finalmente la pausa pranzo!! Oggi è stata una giornata particolarmente movimentata a lavoro, c’erano una marea di pacchi da consegnare e così finalmente Chris, il mio capo, ha lasciato che usassi la bicicletta della ditta ad una condizione, che non la distruggessi. Purtroppo la vista della bici non è stata tra le più piacevoli e appena immessa nel traffico mattutino ha tentato più di una volta di attentare alla mia vita! Il perché è semplice da spiegare: il mezzo in questione non è altro che un ammasso informe di ferraglia arrugginita che cigola e si lamenta ad ogni pedalata; i freni funzionano a malapena e le marce, quasi mangiate dalla ruggine, sono durissime da inserire. Ho chiesto più di una volta al capo di farla sistemare perché non l’avrei mai usata in quelle condizioni, ma lui per tutta risposta mi ha detto di usarla così o avrebbe passato l’incarico a qualcun altro. Piuttosto che saltare mezza giornata di paga, ho afferrato il catorcio e mi sono data da fare. Col cavolo che il pomeriggio lo passerò ancora su quell’arnese scassato a scansare carretti, galline razzolanti, muri e quant’altro mi si pari di fronte all’ improvviso, solo perché nessuno vuole farla aggiustare. Appena ci vediamo chiederò a Kid di darle un’ occhiata, alla faccia di tutti!
A proposito del mio amico, dove si è cacciato? È da un quarto d’ora che lo aspetto. Non è che si sarà dimenticato come al solito del nostro ritrovo alle “poste”?!?
Abbiamo scelto questo posto perché abbastanza vicino alle rispettive sedi di lavoro eppure non si vede ancora. Oh, si arrangerà! Ormai non posso più aspettare, il mio stomaco ha deciso che se non metto subito qualcosa sotto i denti, mi dichiarerà guerra con tanto di effetti sonori. Avanzo cauta tra le scrivanie logore e ne scelgo una di mio gusto, rovesciando sul pavimento tutte le cianfrusaglie abbandonate su di essa. Mi ci accomodo, togliendo dalla borsa il pranzo che consiste in una sottospecie di tortillas con uova e formaggio salato ed una delle bottigliette d’acqua, naturale riempite stamattina alle 6:00, che levataccia! Per di più l’erogazione mattutina non è annunciata pubblicamente, quindi se ti svegli bene, altrimenti l’acqua te la vai a comprare con tutte le tasse e dopo la batosta di ieri a cena ho imparato la lezione: mi porto l’acqua dal rubinetto, fa niente che a fine giornata sia calda.
Per mia fortuna o sfortuna, nella palazzina dove viviamo io e la mia famiglia, sappiamo benissimo quando è ora di riempire le taniche, perché le condutture che serpeggiano nei muri di calcestruzzo vengono scosse da violenti sobbalzi e squittii tanto che ti sembra di avere un gruppo di topi che scorrazza su e giù per i muri. Non è un granché come sveglia visto che se stai dormento e senti certi sinistri rumori, il minimo è saltare giù dal letto per lo spavento, comunque dopo un po’, un bel po’, ci si fa l’abitudine.
Senza più remore, addento l’involtino fatto in fretta e furia prima di uscire, perché come sempre sono in ritardo. Niente male come esperimento culinario! Devo farlo assaggiare anche alla mia cuginetta la prossima volta; magari quando tocca a me cucinare, per esempio domani sera quando Catherine fa il turno di notte. Infatti mia zia è la segretaria dello studio medico del nostro distretto, oltre ad essere un po’ una tuttofare. A volte si occupa dei pazienti non particolarmente gravi,  dove le sue conoscenze mediche, tramandate da suo padre infermiere, riescono ad arrivare, quando lo studio del dottor Rosemberg è sommerso di pazienti, il che non succede così di rado a causa dell’alto tasso di incidenti sui luoghi di lavoro e di avvelenamenti per le esalazioni tossiche. Sporadicamente ed in casi estremi di sovraffollamento, insieme ad altri volontari, dò una mano anch’io con i bendaggi, fasciature e steccature per ossa rotte di sui sono espertissima siccome più di una volta le ho applicate su me stessa. Sto spazzolando le ultime briciole della tortillas, quando il mio amico finalmente si palesa.
<< Peccato, non ti darò neanche un pezzetto del mio pranzo!>> affermo leccandomi le dita. Quella di assaggiare il pasto dell’altro è diventata un’abitudine da tempi immemori e serve a criticare affettuosamente gli improbabili accostamenti di sapore, oltre a venire a conoscenza di possibili nuove ricette improvvisate.
<< Ma se l’hai finito?!>> risponde offeso.
<< Non arrivavi più e avevo fame>> dico semplicemente guardandolo con gli occhi da cerbiatta e allora la sua faccia scura crolla. Lo so, sono tremenda!
<< Uffa, allora devo mangiare solo io. Però mi fai compagnia!>>
<< Okeeeeeeeeeeeeeei>>
Da brava amica salto giù dalla scrivania e lo seguo mentre si siede sul bordo del pavimento, dove un tempo c’era un muro delle poste, con i piedi che penzolano nel vuoto. Non si sta affatto male quassù, c’è una leggera brezza che allontana momentaneamente la calura afosa, e poi si gode di un’ ottima vista del vicinato. Mi sono sempre piaciuti i posti in alto, mi fanno sentire un po’ più vicina la cielo e meno alla terra a cui sono inchiodata.
<< Cosa hai preparato stavolta?>> chiede d’un tratto Kid prima di divorare il panino malconcio che si è portato dietro.
<< Una tortillas gigante con formaggio salato e uova>> dico senza staccare gli occhi dai palazzi in lontananza, osservandone i profili malconci e sbilenchi come castelli di sabbia in preda alla marea.
<< Sembra buono>> ingoia un’ altro boccone prima di allungarmi il suo pranzo per un assaggio.
<< Promesso, la prossima volta ne preparerò uno soltanto per te>> sorrido e poi mi avvicino al panino per staccarne un morsetto. È duro e schifosamente salato a causa della carne essiccata che c’è nel mezzo. Arriccio il naso, facendoglielo notare e poi ci perdiamo nel parlare del più e del meno della giornata, ma non mi dimentico di chiedergli di aggiustare la bici della ditta di corrieri che ho lasciato all’ingresso del palazzo. Mentre smangiucchiamo dei biscotti fatti dalla madre di Kid, giungono delle voci dalla strada sottostante. Prima sono solo due: una ragazza agitata ed un ragazzo seccato, poi arrivano gli schiamazzi. Ci sporgiamo per vedere meglio. Ciò che si presenta sono dodici, al massimo quattordici, ragazzi che accerchiano la coppia di giovani dai capelli insolitamente chiari e dai vestiti troppo sgargianti per essere abitanti di uno dei quartieri circostanti.
<< Devono essere del Centro>> dico apatica indicando con la testa gli “stranieri”, mentre il disgusto ed un ondata di risentimenti, mi ribollono nelle viscere.
<< Quelli non sono i Demon’s Cross?>> chiede Kid sporgendosi un po’ di più, in allarme.
Un rapido esame al vestiario dei tizzi che consiste in pantaloni strappati, catene pendenti, magliette nere senza maniche che ritraggono sulla schiena un croce latina inscritta in un pentacolo, e qualche bandana a scacchi sbiadita; e poi rispondo al mio amico << Sì sì, sono loro>> confermo tornando a mangiare il dolce.
I Demon’s Cross è una banda di giovani violenti e sbandati, noti soprattutto per il loro profondo odio verso il Centro che si manifesta spesso e volentieri con atti vandalici, a volte gravi, volti anche a sfidare la pazienza dei Funzionari. Sono molto famosi specialmente tra i ragazzi, che li vedono come una valvola di sfogo per le dure condizioni di vita imposte dalle alte sfere del Centro. Per questi motivi, molti cercano di entrarvi, ma si vocifera che la prova d’iniziazione sia talmente crudele e difficile, che la maggior parte abbandona il tentativo ancor prima di cominciare.
<< Dobbiamo fare qualcosa!>> sbotta Kid.
<< Perché? abbiamo il dolce più spettacolo>> dico distrattamente tirando calci all’aria e fingendo che la cosa non mi riguardi.
<< April, non ti rendi conto! Li massacreranno>> Kid è palesemente preoccupato.
<< A me sembra che il tipo se la stia cavando bene … Auch! Guarda che pugno gli ha assestato>> e indico il giovane che ha appena atterrato un tizio più robusto di lui.
<< APRIL!>> alza il tono il mio amico. Adesso è infuriato.
<< Non fai sul serio vero?!>> dico in un soffio, mentre la rabbia inizia a montarmi dentro come il mare in burrasca.
PERCHÉ?! Perché dovrei aiutare degli abitanti del Centro?? Cosa hanno fatto loro per noi quando morivamo di fame? Qualcuno si è degnato di dire che non era giusto portare via i nostri cari perché avevano abilità speciali? Cosa hanno fatto quelli del Centro per fermare i Funzionari dal mandare i nostri in missioni impossibili e suicide?
<< Lo so cosa provi, ma …>> cerca di riprendere in tono calmo.
<< No! Tu non lo sai!!!>> incenerisco Kid con uno sguardo pieno di rancore. Sono cose ingiuste da dire alla persona che da anni è al mio fianco, ma il dolore che provo è troppo forte e vivido per trattenerlo.
<< April, avranno la nostra stessa età! Che colpa possono avere  di quello che ti è successo?! Ragiona!!>>
Non voglio più ascoltarlo, perciò lo ignoro.
<< Non mi lasci altra scelta … Ci andrò da solo!!>> sbraita lanciandomi l’ultimatum.
Mi volto lentamente nella sua direzione, arrabbiata più che mai. L’ha fatto apposta! Lo sa che non lascerei mai che si lanciasse in mezzo ad una mischia, perché magro com’è non è capace di tirare un pugno come si deve ed è una frana nelle risse, anche quelle più banali; figuriamoci affrontare i Demon’s Cross?!.
 In questo momento verrei picchiarlo selvaggiamente per avermi messo con le spalle al muro, è una sensazione che detesto! E poi lui sa che sono costretta a cedere! Per questo la cosa mi fa incavolare ancora di più.
<< Va bene!!>> dico di getto, stringendo i pugni finché le dita non mi fanno male.
<< Cerca di capire, è la cosa giusta da fare>> tentare di indorare la pillola.
Lo capisco anch’io che ha ragione, ma non ne ho nessuna voglia e perciò mi fa imbestialire! 
<< Ho capito, sta’ zitto!>> rispondo brusca. Lascio che la rabbia sbollisca leggermente ed una volta schiarite le idee continuo << Tu resti qui! Mi devi passare quel bastone appena te lo chiedo … poi fai quello che vuoi>> indico una mazza piuttosto pesante appoggiata in un angolo della stanza e mi avvio ad un capo dell’apertura nell’edificio dove c’è una grondaia in buono stato che posso usare per scendere più velocemente.
<< Sei cocciuta come un mulo>> dice Kid quando gli passo a fianco.
<< E tu troppo buono!>> sentenzio acidamente, lasciandomelo alle spalle.
Ad un passo dal tubo di ferro, fascio abbondantemente ed il più stretto possibile i palmi con degli stracci che ho trovato in giro, sperando che reggano per tutta la discesa e dopo un bel respiro mi lascio cadere aggrappata al cilindro. Pochi attimi e attero con un tonfo, mentre le mani bruciano per la frenata finale. Nonostante tutto non mi hanno notato, tanto erano concentrati nella rissa, quindi sto pensando di urlar loro qualcosa, ma ci pensa la grondaia. Un grosso pezzo si stacca dai sostegni e crolla rovinosamente al suolo con uno schianto micidiale. Magnifico! Adesso non potrò più scendere da lì. Sbuffo seccata, per lo meno la rabbia mi darà la carica o comunque qualcosa su cui focalizzarmi.
La baraonda almeno ha fatto sì che la scazzottata si sia fermata e tutti siano voltati verso di me.
<< Salve! Posso unirmi anch’io?>> dico non trovando niente di più brillante nel mio repertorio. Passano attimi di silenzio, rotti poi da una voce cavernosa.
<< Oh! Chi si rivede la piccola Wild! Non dovevi essere morta sotto un crollo?>>
Piccola?! La rabbia ora è come una mandria di bisonti impazziti << Ciao Marcus! È da un po’ che non ti fai prendere a pugni. Sei ancora in convalescenza?>> dico spavalda, trattenendo a stento un ghigno sadico.
Non è un’invenzione, io e Marcus, il capo della banda, ci conosciamo bene. Più di una volta ci siamo affrontati perché lui sosteneva che avessi violato non so quale confine; o forse mi ero intromessa in una lite come ora? Sì, forse anche questo. Fatto sta che non poco tempo fa ci siamo cimentati in un nuovo scontro, dove non me la sono vista tanto bella. Ho rischiato molto, visto che il mio avversario era, ed è il doppio di me in fatto di muscoli, per non parlare della forza bruta che si ritrova. Comunque neanche Marcus ne è uscito indenne (naso rotto e diversi lividi) e la notizia ha fatto il giro della città, ecco perché il boss mi odia tanto.
<< Non dire stronzate e vattene prima che rompa quel tuo musino>> si è scaldato, ma non abbastanza da dare in escandescenza, conoscendo il soggetto, ovvero una testa calda come poche. Il mio piano è di farlo incavolare per bene, così farà la prima mossa e poi attaccarlo subito dopo, spiazzandolo. Devo giocare d’astuzia, perché non posso confrontarmi con ottanta chili di muscoli! Subito dopo devo mettere k.o. il tizio che tiene in disparte la biondina che frigna non troppo lontano da me, così, se tutto va bene, il cerchio che tiene in pugno il ragazzo dovrebbe rompersi e se non è un rimbambito, riuscirà facilmente a liberarsi.
Allora con un abbozzo di piano in testa scelgo accuratamente le parole da rivolgere a Marcus per farlo andare fuori dai gangheri.
<< Scusa, se poi mi spacchi il muso, chi porterà con discrezione il kit sadomaso che ha ordinato tua madre? Ops!... Ho parlato troppo>> porto platealmente una mano davanti alla bocca, come se avessi rivelato un segreto inconfessabile. Lo so che è davvero meschino da parte mia dare addito a presunte dicerie sentite dalle comari al mercato riguardo alla madre del ragazzo, ma senza una notizia sconvolgente non credo che potrebbe mostrare la reazione giusta. Perciò mi scusi signora, non ho nulla contro di lei … solo con suo figlio.
La reazione non si fa attendere; Marcus è paralizzato dalla rabbia e le vene sul collo stanno per esplodere. Ci siamo quasi!
<< Cos’hai osato dire?>> ringhia in cagnesco.
<< Voi davvero che lo ripeta?! Ok >> scrollo le spalle sfacciatamente << Ho detto s-a-d-o-m-a-s-o!>> scandisco le parole come si farebbe con un ritardato e la cosa gli fa perdere le staffe.
<< Brutta Puttana!>> urla scagliandosi letteralmente contro di me.
In un confronto diretto tra lui e un rinoceronte non so chi la spunterebbe! Meglio non scoprirlo sulla mia pelle, perciò ecco che parte la mia contromossa. Gli corro incontro, ma un attimo prima che si abbatta su di me un sonoro pugno, mi butto in terra. La mossa è talmente inaspettata che l’energumeno rimane disorientato, così con tutta la forza che ho in corpo gli tiro un poderoso calcio nei paesi bassi, che lo lascia senza fiato ed agonizzante al suolo.
Prontamente scatto i piedi e urlo a Kid di lanciarmi il bastone, che afferro al volo. Dopo di ché mi avvento sul tipo che trattiene la ragazza. Tutto intorno si scatena il finimondo. Do Giusto uno sguardo per capire se il cerchio si è aperto e poi mi concentro sul prossimo bersaglio. Un colpo al ginocchio sinistro fa sbilanciare il ragazzo, mentre il successivo sul petto lo allontana definitivamente dalla biondina.
<< Stai bene? Riesci a correre?>> chiedo di mala voglia alla ragazza spaurita che ha appena la forza di annuire col capo.
Un solo secondo di distrazione, uno soltanto, che mi serve per prendere la ragazza per un braccio dicendole che va tutto bene e girarmi, quando un lampo argenteo mi saetta davanti al viso colpendomi in pieno sopra il sopracciglio. Un fiotto di sangue cola sull’occhio destro mentre una serie di puntini luminosi scoppiano come fuochi d’artificio nel mio campo visivo. Merda! Il colpo è stato così violento che mi sento rintronata e le gambe non mi reggono, mentre la testa sembra un alveare in piena attività, inoltre le urla da sirena della bionda non aiutano. Ripresa un attimo, mi accorgo troppo tardi del ragazzo che brandendo nuovamente la catena di metallo, fa calare il secondo colpo inesorabilmente verso di noi. Spingo la ragazza lontano dalla traiettoria e mi preparo all’impatto proteggendomi con le braccia.
Al contrario percepisco solamente un lieve bruciore all’avambraccio. Com’è possibile. Non dovrei contorcermi dal dolore? Spalanco gli occhi, chiusi preventivamente, e vedo il ragazzo del Centro che con una spallata ha sbalzato il teppista così che la catena mi colpisse solamente di striscio. 
<< April muoviti, che fai lì impalata?!>> strilla qualcuno.
È la voce di Kid che mi sembra lontana chilometri; poi lo vedo, è ai piedi del palazzo che con una fionda e con quanto ha a disposizione, ci copre le spalle. Afferro i due stranieri e corro a più non posso verso il mio amico, mentre la ferita mi pulsa violentemente e il sangue non ne vuole sapere di  fermarsi.
Dannazione, questa strada non mi è mai sembrata così larga.
<< April! Santo cielo sei una maschera di sangue! Dobbiamo fermare l’emorragia! Non puoi…>> strilla preoccupatissimo Kid, mentre preme sul taglio con una pezza.
<< Signor perspicacia! Non preoccuparti e pensa a portarli via. Camuffali in qualche modo sono troppo … appariscenti. Io vi raggiungo al rifugio>> dico con il fiato corto, strappandogli di mano la stoffa inzuppata di rosso.
<< Non fare la stupida …>>
<< Vai!>> dico decisa, per farlo desistere, sentendo le grida sguaiate degli scagnozzi di Marcus che evidentemente si stanno riprendendo dai colpi di fionda e che a momenti convergeranno nuovamente verso di noi. Ma Kid è ancora difronte a me, perciò arrabbiata più che mai spintono tutti e tre.   
<< April non posso lasc…>>
<< VAI!!!>> urlo con tutto il fiato che mi rimane. Vorrei aggiungere che è più importante portarli al sicuro, ma le parole per qualche motivo non vogliono uscire. Non sono ancora pronta a dirlo.
Questa volta il mio amico non se lo fa ripetere, e malvolentieri si volta, incominciando a correre e tirandosi appresso la bionda, così mi volto verso gli avversari.
<< Cosa speri di fare conciata così?>> mi sorprende qualcuno alle spalle. Si tratta del ragazzo del Centro perciò, lo trascuro sperando che se ne vada e mi appoggio ad un pilastro. Non mi reggo in piedi e mi sento terribilmente stanca. Potrei sedermi solo un attimo a riposare…
No! Non posso, devo resistere per dare a Kid qualche metro di vantaggio. Sollevo il viso e pulisco con il braccio la macchia rossa dalla faccia mentre il sapore metallico del sangue mi riempie la bocca. Guadagno la posizione d’attacco stringendo più che posso il bastone, ma appena sto per fare un passo in avanti, una mano mi agguanta per la spalla facendomi voltare di scatto. Il movimento brusco provoca un violento capogiro, le gambe cedono e  tuttavia prima di toccare il suolo, vengo rimessa in piedi a forza.
<< E tu che vuoi?!>> sibilo stizzita, allontanando bruscamente il ragazzo con uno schiaffo sul braccio.
<< Simpatica!>> mi rinfaccia irritato.
<< Ma chi ti ha chiesto niente!>>lo fulmino con lo sguardo.
Ci scambiamo una lunga occhiata in cagnesco. Ormai è troppo tardi per attuare qualsiasi cosa avessi in mente di fare. Ho perso tropo tempo a litigare con il riccone che ho davanti, perciò gli do le spalle e mi avvio alla bicicletta con passo spedito, cercando di non farmi sopraffare dalle vertigini causate dalla botta, mentre l’ululato delle sirene delle pattuglie squarciano l’aria. Monto in sella pronta a partire ed aspetto comunque un attimo per veder se il tizio mi stia seguendo. Se lo lasciassi qui Kid non me lo perdonerebbe mai. Più che seguirmi, però, il tipo sta zoppicando e cerca palesemente di nasconderlo. Che cavolo vuole dimostrare facendo così?! Sbuffando spazientita, faccio marcia indietro e freno lateralmente piazzandomi difronte a lui per farlo salire.
<< Ce la faccio benissimo!>> esordisce guardandomi in malo modo. Adesso ne ho piene le scatole! Gli assesto un calcio, volutamente forte, sulla gamba che gli da problemi, tanto che il macho a stento cerca di trattenere un urlo di dolore e deve appoggiarsi alla bicicletta per non cascare in terra.
<< Adesso sali! O preferisci fartela a piedi con i funzionari?>> sibilo incavolata nera, mentre il rumore delle volanti si è intensificato.
<< Tu sei Pazza!>> esordisce prendendo finalmente posto sul portapacchi e sfrecciamo via a tutta velocità per i vicoli. Poco dopo raggiungiamo il giardino sul retro del rifugio e lascio il due-ruote in mezzo ai rifiuti per camuffarla. Sono sfinita ed il dolore alla testa è aumentato, per questo sento il bisogno irrefrenabile di sdraiarmi e chiudere gli occhi anche solo per pochi secondi. Purtroppo non si può, dobbiamo ancora metterci al sicuro. Pertanto mi avvicino alla botola che porta allo scantinato barcollando.
<< Ehi, stai bene?>> mi chiede il tizio, ma quando mi volto per rispondergli, la vista va fuori fuoco e dai bordi del mio campo visivo si propaga una coltre nera come succede alle pellicole fotografiche quando bruciano,  poi un terribile senso di pesantezza mi attira verso il basso. Prima ancora di rendermi conto di cosa stia succedendo, sento la dura consistenza del terreno e vengo risucchiata nella più totale oscurità.
   
 
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