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Autore: _Ala_    04/02/2009    6 recensioni
“Devo andare via. Non posso restare.”
“Perché?!” ribatté lei appassionata, un tremito ostinato e allo stesso tempo già sconfitto le faceva tremare il respiro.
“Questo non è il posto giusto per spiegartelo.”
“Quel posto esiste, Sasuke-kun?”
[SasuSaku]
[Accenni SasuNaru e NaruSaku]
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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riassunto
Disclaimer: I personaggi sono tutti maggiorenni e non mi appartengono.

 

 

 
Vorrei dedicare questa storia alle due persone che sono state davvero importanti nella mia vita.
E tra le quali, ancora adesso, non saprei scegliere.
 

 

 

 

 

La notte è solo nostra
La notte più lunga dell’anno
Almeno quella
Solo per me
 
 

***

 

 

Non avrebbe mai scordato le parole che Naruto gli aveva sussurrato con voce affannata il giorno che aveva sconfitto Itachi. Dopo anni passati a cercarlo l’aveva trovato in quella vecchia stanza di pietra, a combattere contro il fratello che era la causa del suo abbandono.
Ricordava ancora lo sguardo furente di Kyuubi nei suoi occhi, poteva vedere il chakra rosso che si tramutava in quattro possenti code alle sue spalle.
Sasuke l’aveva fermato dallo scagliarsi contro suo fratello, l’aveva voluto uccidere con le sue sole forze.
Itachi Uchiha era roba solo sua.
Orochimaru invece, era merce libera.
Quando il Sennin aveva ordinato al ragazzo di tornare a Oto con lui il moro era troppo sfinito dal combattimento per opporsi, ma era bastato un solo sguardo rivolto al jinchuuriki per scatenare l’attacco.
Orochimaru non era riuscito nemmeno a toccare Sasuke che Naruto gli era già addosso. L’aveva fatto a pezzi, letteralmente.
Si erano cercati alla fine di tutto.
Due sopravvissuti in una stanza che trasudava sangue.
Sasuke poteva ancora sentire le sue parole affannate.
" Ho passato anni a cercarti, e a non pensare a niente altro.
A prendere a calci nel sedere chiunque dicesse di lasciarti perdere.
Ad allenarmi, a diventare forte per te. Ho pianto. Ho sofferto.
Ma io non mi pento di nulla.
Ora ti ho trovato, ti riporterò a Konoha con me.
Però ricordatelo Sas’ke.
Se mi tradisci ancora, io non ti cercherò più.
Non ne avrò più la forza."
Il moro aveva guardato a fondo i suoi occhi color cielo prima di annuire.
E si era sentito rinascere, guardando le labbra di Naruto aprirsi in quel sorriso che gli mancava, anche se con i denti bianchi striati di sangue e le labbra spaccate.
"Non me ne andrò più."

 

Tristemente si attorcigliò i capelli lunghi intorno a un dito. L’aria notturna, fresca come una carezza di dita sconosciute le lambì le spalle, facendole ondeggiare la stoffa leggera dei vestiti intorno al corpo.
Percepì la pelle d’oca farsi strada inclemente sulle sue cosce scoperte.
Si chiese se fosse solo il freddo, o centrasse anche l’angoscia del dubbio.
Lo stipite della sua finestra le penetrava nelle scapole, ma era troppo stanca anche solo per muoversi di un centimetro. Preoccuparsi la logorava.
Sapere che tutto era stato creato solo per essere distrutto le gelava le vene.
Il freddo che sentiva era dentro.
Quando una sagoma scura apparve da dietro l’angolo della strada che lei stava sorvegliando non provò sorpresa. Tutto era già stato tristemente scritto dentro di lei.
Le unghie impietose della disperazione le laceravano la gola.
Ordinò stancamente alle lacrime di fermarsi. Non sarebbero servite.
Delusione e una strana aspettativa le scivolavano nel cervello come miele velenoso.
La sagoma del ragazzo era alta, elegante.
La Luna rendeva la sua ombra lunghissima, quasi come una freccia che puntava verso la sua direzione.
La luce bianca creava inusuali riflessi candidi sui suoi capelli ebano.
Stretto nella sua mano, poté vedere lampeggiare il metallo di un copri fronte, il graffio che tagliava orizzontalmente il simbolo a spirale era evidente, o per la meno per lei.
Sospirò, respirando a lungo alla ricerca di ossigeno.
Flessuosa sporse le gambe fuori dalla stanza, e con un piccolo balzo si lasciò scivolare al suolo.
Quando gli atterrò di fronte, bellissima e inespressiva alla luce delle stelle, Sasuke non riuscì a stupirsene.
Lo sapeva che non gli avrebbe reso le cose facili, e infondo, doveva essere così.

 

 
Sakura non era stupida, non era ingenua.
Da quando Naruto le aveva riportato Sasuke, almeno due anni prima, la sua vita sembrava perfetta.
Dubitava a credere che una vita lo potesse essere di più.
Il Team Sette non poteva essere lo stesso, non dopo tutto quello che avevano passato, ma dalle sue ceneri era rinato qualcosa di addirittura migliore.
Lei, Sasuke e Naruto erano il fulcro di una realtà a parte, costruita solo e interamente per loro.
Vivevano l’uno in funzione dell’altro. Stavano insieme da quando il Sole sorgeva a quando scompariva, rubato dalla Luna.
Non aveva mai amato nessuno come amava i suoi compagni.
Entrambi, nelle loro diversità, erano l’asse che teneva in piedi il suo mondo.
E non le pareva ancora vero, non lo credeva ancora reale.
Svegliarsi ogni mattina con l’ansia di trovare il suo presente incrinato le impediva di addormentarsi, la sera.
Correva per tutta Konoha con il cuore stretto in una morsa, il pensiero che tutto sarebbe stato di nuovo annientato che le impediva di rallentare.
Poi arrivava al punto di ritrovo e vedeva Sasuke e Naruto lì, che aspettavano solo per lei.
Era troppo difficile illudersi che nulla sarebbe mai cambiato. Troppo rischioso porre a sé stessa una chance di essere completamente rilassata.
Se poi sarebbe finita, chi le avrebbe impedito di morirne?
Forse era per questo che fu la prima ad accorgersene.
Naruto non lo vide. La sua mente era troppo appagata, troppo felice per sospettare.
Aveva creduto al bel sogno che Sasuke aveva portato, null’altro.
Era troppo cocciuto anche nello sperare per avere dubbi.
L’Uchiha aveva promesso di stare con lui, e Naruto gli credeva senza limitazioni.
La ragazza non era così fiduciosa invece, forse nemmeno troppo sicura di sé stessa per pensare di essere abbastanza.
Lei l’aveva notato.
Aveva notato gli occhi di Sasuke.
Era da giorni che era scostante, chiuso. Una chiusura diversa da quella infinitamente tenera e piena di gratitudine silenziosa che ostentava di solito.
Era nervoso. Si isolava. Intorno a lui lei riusciva a vedere di nuovo quell’atmosfera rabbiosa, frustrata.
E nei suoi occhi vedeva dolore.
Fu per quello che iniziò ad appostarsi alla finestra di notte.
Fu per quello che cominciò ad aspettare il momento che ormai era fissato.
Quello dove lui se ne sarebbe andato di nuovo.

 

"Ci abbandoni un’altra volta, Sasuke-kun"
La voce della kunoichi appariva quasi atona nel vento che faceva frusciare gli alberi.
Non era una domanda quella che gli porgeva, si limitava a costare tranquilla un fatto. Il "kun" pronunciato in quella situazione sembrava quasi derisorio.
Sasuke cercò una traccia della ragazza che amava in quei grandi occhi verdi che avevano il potere di fargli nascere dentro la speranza. Ma non trovò altro che un vuoto desolante.
Quello che aveva davanti era uno spettro. Un guscio vuoto che proiettava l’immagine di una persona che ha perso tutto.
Sakura non si illudeva di fermarlo. Si era già arresa.
Il ragazzo ricominciò a camminare, fissando dritto davanti a sé per distogliere lo sguardo da lei. Vederla così gli faceva troppo male.
La kunoichi non fece una piega vedendoselo venire incontro, sentendolo così indifferente.
Si limitò a guardarlo, senza staccare gli occhi dal suo viso.
Forse era l’ultima volta che avrebbe potuto vederlo. Voleva incidere nella sua mente ogni tratto spigoloso e perfetto di quel volto prima di perderlo.
Poi lui la oltrepassò, poté sentire sulle braccia nude lo spostamento d’aria che creò quando passò al suo fianco. Qualcosa si frantumò nelle sue iridi, quasi evanescenti alla luce della Luna.
Appena non fu più in grado di vederlo andò in panico.
Con uno scatto fulmineo girò su sé stessa e gli afferrò il braccio.
Lui si fermò, e lei guardò a lungo i muscoli della sua schiena, contratti.
Poi lentamente li vide sciogliersi, mentre lui inclinava il viso all’indietro, per guardare il cielo sopra di loro.
Si chiese cosa stesse cercando lassù.
"Ti prego. Ti prego non farlo di nuovo, Sasuke."
Lui non reagì, ma non sfuggì nemmeno alla sua presa. Delicatamente, ma anche impetuosa, Sakura lo tirò a sé, facendo al contempo un passo in avanti. Lo sentì assecondare i suoi movimenti, finché lei fu in grado di passargli le braccia intorno al torace, stringendolo possessivamente.
Aspirò il suo odore, delicato, eppure così frastornante. Irresistibile per lei.
Il suo corpo era la sua droga. I suoi occhi il suo paradiso. L’unico che volesse.

 

"Per favore Sakura, spostati."
La voce di lui le arrivò lontana nelle orecchie, e per un altro prezioso instante si lasciò cullare solo da quel meraviglioso suono, migliore di qualsiasi musica, prima di dare un senso alle parole.
Allora scosse la testa.
"Non andartene."
Lo supplicò, un assoluto bisogno trasudava da ogni sillaba.
"Sasuke, ti scongiuro. Non mi lasciare, ti prego!"
La sua richiesta cadde nel silenzio, la ragazza si trovò a contare.
Uno.
Due.
Tre.
Non successe niente.
"Sasuke…"
Non si rese conto del suo movimento, non percepì nemmeno i muscoli che si preparavano all’azione, non avvertì la loro tensione.
Ma all’improvvisò si trovò stretta tra le sue braccia, schiacciata contro il suo petto così violentemente da provare un senso di oppressione all’inizio, che sparì non appena divenne consapevole di quello che stava accadendo.
Lui la stava abbracciando. Si era girato restando ingabbiato dalle sue mani e ora la premeva contro di sé in una morsa disperata.
Sentì il proprio viso contrarsi in una espressione abbattuta e lo strinse di rimando, con tutta l’intenzione di non smettere prima di riuscire a fondere la propria pelle con quella di lui.
Sentì che Sasuke affondava il viso tra i suoi capelli rosati, e sentì la sua voce che le soffiava nelle orecchie.
"Devo andare via. Non posso restare."
"Perché?!" ribatté lei appassionata, un tremito ostinato e allo stesso tempo già sconfitto le faceva tremare il respiro.
"Questo non è il posto giusto per spiegartelo."
"Quel posto esiste, Sasuke-kun?"
Il suo tono da eterna bambina lo intenerì e intristì allo stesso tempo.
"Probabilmente no, Sakura" cominciò, " ma troviamone almeno uno che ci assomigli."
Le prese una mano e cominciarono a correre, silenziosi come due ombre gemelle, lungo le strade del villaggio. Lui la guidò oltre i cancelli, entrando senza esitazione nella foresta, puntando verso est. Si fermarono solo dopo più di mezzora di corsa, e lei poté sentire nelle orecchie il gorgogliare tranquillo dell’acqua corrente.
"Questo è il mio posto segreto" le bisbigliò lui senza guardarla, "me lo ha mostrato mia madre… tanto tempo fa. È da molto che non vengo".
Sempre tenendole la mano si inoltrarono in una coltre d’alberi più spessa e intricata, e sbucarono davanti all’ansa di un fiume, in una piccola radura che declinava dolcemente fino alla riva.
La luna brillava esattamente al centro del cielo, e faceva risaltare l’acqua di mille riflessi luccicanti, quasi in uno specchio luminoso del firmamento.
Per un attimo Sakura si lasciò rapire dalla perfezione di quel luogo, che la inglobava in un’aurea quasi magica, ma poi si riscosse.
Con la voce che le si spezzava per le lacrime strinse più forte la mano di Sasuke, tenendo gli occhi incollati all’acqua nera e brillante davanti a lei.
"Perché te ne devi andare?!" esclamò trattenendo i singhiozzi.
La voce dell’Uchiha fu atona quando le rispose, come se la spiegazione non lo riguardasse.
"Ho ucciso un membro dell’Akatsuki quando ho vinto contro Itachi.
Li ho privati dello sharingan… vogliono essere risarciti".
Alla kunoichi si ruppe il respiro.
"Vuoi unirti all’Akatsuki?!"
"Se io vado lì spontaneamente… loro hanno detto che lasceranno in pace Naruto.
Lo sharingan in cambio del Kyuubi."
"Ma noi gli impediremo di arrivare a Naruto! Konoha lo proteggerà, proteggerà entrambi!"
"Sakura" la frenò il ragazzo in tono rassegnato.
"Se Konoha combatterà contro di loro, verrà distrutta.
Raderanno al suolo il villaggio, raderanno al suolo chiunque ci abiti.
Lo sai tu come lo so io.
Schiacceranno te, avranno me, e uccideranno Naruto. Andrà così."
Il suo tono incolore la fece ribollire, ma sapeva che lui aveva ragione.
"Non è vero!" strillò irragionevolmente, aggrappandosi alla menzogna pur di non vedere le cose coi suoi occhi.
"Non è vero." Ripeté.
Sasuke abbassò lo sguardo, cinico, desolato.
"Mi dispiace."
"Allora verrò con te."
Decise la ragazza all’istante, con una calma tremenda dettata dal panico di sentire il futuro scivolare via dalle sue dita e non essere in grado di fare nulla per fermarlo.
Sasuke aveva ragione. Ma lei non poteva arrendersi, avrebbe significato rendere reale la realtà.
"No." Sibilò lui seccamente.
"Non ti permetterò di lasciarmi ancora indietro!"
"E Naruto?"
"Naruto..?"
"Si, Sakura. Lui. Cosa credi che farà se entrambi scompariamo?
Hai davvero la forza di abbandonarlo? Riuscirai a vivere con la consapevolezza di averlo annientato, di averlo ucciso?"
Lei scosse la testa scoppiando in lacrime.
"Mai! Non intendevo questo! Lasciarlo? Stare separati?!
Lo sai che è impossibile, amo Naruto! Non posso stare senza di lui!"
Sasuke rimase in silenzio.
Lei esitante continuò: "Lui può venire con noi, sai che sarebbe il primo a seguirti se sapesse come vanno le cose…"
Il ruggito del ragazzo la fece sussultare, era un suono basso, minaccioso.
Proteggeva qualcuno che contava più di ogni altra cosa.
"Vuoi portarlo nella tana dell’Akatsuki?!"
Si fece piccola sotto la sua accusa.
"No.." disse.
Tutte le alternative le scomparivano da davanti agli occhi come castelli in aria, talmente deboli da crollare al primo soffio di vento. Sentì il proprio cuore lacerarsi mentre arrivava all’unica soluzione possibile.
"Non posso lasciare Naruto" comprese in un mormorio che le corrompeva le labbra, "mi dispiace, Sasuke-kun, non posso farlo."
Lui la guardò, infinita tenerezza nella voce, unita ai mille coltelli che lo torturavano.
"Resta qui con lui. Scegli lui.
Proteggi qualcuno che amiamo troppo entrambi."
Lei guardò ancora il cielo, cercando di trovare la calma sufficiente per ottenere ossigeno da dare ai suoi polmoni, cercando di ricordarsi come si fa a fare battere il proprio cuore.
"Guarda, Sasuke. Questa è la notte più lunga dell’anno lo sai?
Ne ho sempre avuto paura. Sapevo che il buio avrebbe inghiottito tutto quello che voglio."
Lui si rifiutò di ascoltarla, le prese le spalle per costringerla a guardarlo in faccia. Gli occhi grandi di lei erano opachi. Sembravano guardare oltre, trapassargli la fronte, il cervello, il cranio. Arrivare all’infinito.
"Sakura, ascoltami. Cerca di capire.
Stai qui. Dimenticami, sposalo, fate dei figli. Rendilo felice, va bene? Sii felice, però…promettimelo."
Lei focalizzò l’attenzione su di lui.
"Cosa?"
"Devi giurare una cosa per me, prima di vedermi sparire."
Lei avvertì un groppo alla gola.
"Tutto quello che vuoi" riuscì a balbettare.
"Promettimi che ogni anno, in questo giorno, tu verrai qui, su questo fiume, e penserai a me.
Io non esisterò in tutti gli altri giorni, dimenticami, liberati del mio pensiero.
Ma la notte più lunga, anche se una sola soltanto, tu sarai solo mia."
Chiuse un secondo le palpebre, per recuperare il controllo delle sue emozioni. Poi la guardò ancora.
"Lo farai?"
Lei lo guardò seria, piena di passione come mai lo era stata in tutta la sua vita.
"Te lo prometto."
Lui annuì, e respirò, accorgendosi di stare trattenendo il fiato.
Guardò alla spalle di lei, verso gli alberi.
Chiaro segno che era arrivato il momento di andare. Di tornare Mukenin. Di tradire di nuovo.
Con un cenno del capo le voltò le spalle e si incamminò. Guardarla era escluso.
Non ce l’avrebbe fatta a lasciarla.
Ma la voce di lei lo raggiunse, e lo costrinse a fermarsi e a voltarsi ancora.
Il suo essere stesso gli impediva di non farlo.
"E tu… tu mi penserai?"
L’Uchiha esitò per un momento prima di rispondere, poi le parole uscirono dalle sue labbra come una canzone; la più naturale del mondo, così scontata da poterla anche solo alludere.
"Sakura…" disse, "tu e Naruto sarete nei miei pensieri ogni giorno della mia vita."
Lei restò immobile, le lacrime che le scorrevano in scie lucide lungo le guance. Non fece alcun gesto per asciugarle.
"Rendilo felice."
Lei pianse più forte, poi alzò lo sguardo verso le stelle.
"Ora capisco cosa guardavi prima.
Lo senti anche tu, vero? Che il cielo ti crolla addosso?
"Sakura, il cielo non cade mai."
In un lampo si trovarono l’uno davanti all’altra.
Spasmodicamente lei infilò le dita tra i suoi capelli, stringendoli violentemente per tirare la sua testa più vicino. Sentì le braccia dure di lui circondarle la vita, stringendola contro di sé, spezzata come un fuscello da una falce. Prima furono i loro nasi a sfregarsi, le loro guance, come due animali che si trovano dopo lungo tempo e sfogano rudemente tutto il loro bisogno, poi furono le labbra.
Fu Sakura a sfiorare per prima la bocca del ragazzo con la propria, ma fu lui a pretendere di prenderne il controllo. Era vorace, frenetico, ma anche pieno di una tenerezza disarmante nei suoi riguardi.
"Se deve essere una notte sola, allora ti prego, passala con me!" disse lei ansiosamente.
"No.." gemette lui. "Se ora io faccio quello che mi chiedi, all’alba non avrò né il coraggio né la forza di lasciarti sola."
Deciso la staccò dal suo corpo, il tormento nei suoi occhi era evidente.
"Presto ci sarà solo Naruto nella tua testa, credimi, e ti pentiresti di quello che ora vuoi."
"Bugiardo".
Lui negò la sua risposta, dandole le spalle per l’ultima volta.
Strappandosi ai suoi occhi colmi d’angoscia, offuscati dal desiderio, la escluse dalla sua vista.
Cercò di non pensare alla sua pelle morbida, alle labbra gonfie per l’intensità di quel solo bacio-
Era già al limitare del bosco quando la voce della kunoichi lo raggiunse, trasportando la sua promessa.
"Ti amerò per sempre"
Sasuke pieno d’amarezza non poté impedirsi di domandarsi se poteva davvero credergli.

 

 
 
Sapeva che era sbagliato farlo, sapeva che rivederla non gli avrebbe fatto che male.
Sapeva anche che non avrebbe potuto parlarle, non avrebbe potuto rilevarsi.
Non voleva fare del male anche a lei.
Gliene aveva già fatto abbastanza nel corso della sua vita, non avrebbe sopportato di essere l’artefice di altre lacrime nei suoi occhi.
Gocce brillanti come perle di fiume, le ricordava sulle sue guance arrossate.
Non avrebbe dovuto nemmeno pensare di tornare in quella radura maledetta, il luogo del loro addio, che racchiudeva insieme l’esaltazione dolce del loro unico bacio e la perdita di tutto l’amore che avrebbe potuto nascerne.
Si sarebbe accecato lui stesso per non vedere… per non ricordare quegli alberi, non ricordare i riflessi sull’acqua di quel fiume immutato.
Avrebbe dovuto scappare subito, in quell’istante, prima che fosse troppo tardi per farlo.
Ma doveva sapere.
Così si nascose al limite della radura, confondendo la sua sagoma nelle ombre degli alberi e degli arbusti.
Silenzioso, colmo di un impazienza che lo divorava, aspettò che la notte prendesse posto al giorno.
Aspettò la notte più lunga dell’anno. La loro.
Contò le stelle man mano che quelle arrivarono nel cielo, aspettando l’unica stella che per lui avesse mai contato davvero qualcosa.
Gli occhi neri, glaciali, frugavano ogni istante, ogni profumo, ogni mormorio.
Ma ogni battito di cuore non portava i suoi passi, ogni odore non racchiudeva la sua essenza, ogni mormorio non trasportava la sua voce.
Arrivò la mezzanotte, e di lei nessuna traccia.
La frustrazione, l’ansia, l’eccitazione riuscivano a stordire il Mukenin ad un livello troppo profondo per essere identificato, era da anni che non si sentita vivo come in quel momento.
La voglia di lei rendeva tutto all’improvviso più vivo, più vitale. L’apatia che in quegli anni aveva ricoperto strato dopo strato la sua anima era stata raschiata via violentemente, e ora tutto in Sasuke palpitava.
Voleva vederla, voleva credere alla promessa che le aveva fatto.
Gliel’aveva fatto giurare.
Diavolo, avrebbe voluto urlare contro la notte.
Ma poi si morse un labbro, imponendo al suo corpo di rilassarsi. Non era in suo diritto arrabbiarsi in quel modo, non poteva prendersela con lei se davvero l’aveva dimenticato.
Erano passati più di dieci anni, era più del tempo che avevano passato realmente insieme, era più di quanto le potesse chiedere.
Sasuke le aveva detto di stare con Naruto, di raccontargli che lui li ha traditi di nuovo, perché se gli avesse detto la verità sapeva che la Kitsune non si sarebbe arresa.
Avrebbe spostato le montagne pur di ritrovarlo, avrebbe corso dei rischi, messo in pericolo la sua vita e quella di Sakura. L’Uchiha si sarebbe ammazzato per evitare che succedesse.
Farsi odiare era un prezzo equo se il compenso era la sua salvezza.
Il Mukenin si guardò la veste nera, marchiata di nuvole di sangue. Sentì quell’odore stesso sulla propria pelle, e per un attimo se ne vergognò, sentì quasi l’impulso di vomitare.
Non si era mai sentito in colpa nell’uccidere, mai.
Aveva spazzato via villaggi e famiglie con lo stesso fastidio che avrebbe provato nello schiacciare una mosca sul muro della sua cella. Non aveva emozioni, nessuna coscienza.
Aveva messo tutto sotto chiave nell’preciso istante nel quale aveva abbandonato Konoha per sempre.
Ma ora quella serratura si stava sgretolando, e sulla soglia di quella porta scura i ricordi lo investivano e gli entravano dentro come corrente liberatoria, e allo stesso tempo pesante da portare.
Immaginò le uniche due persone che avessero mai avuto un senso nella sua vita insieme, felici.
Quasi provò a sperare che lo avessero dimenticato, cercò di convincersi che era quello che in fondo voleva: smettere davvero di ferirli, una volta per tutte.
Ma poi si arrese.
Sasuke Uchiha era stanco di mentire a sé stesso.
Lui voleva che loro lo ricordassero. Forse perché, egoisticamente, voleva sentirsi amato.
Voleva che almeno lei lo amasse, se lui doveva odiarlo.
Fu il quel momento che un soffio di vento più forte degli altri gli giunse sul viso, e lui inclinò leggermente il capo all’indietro, inspirando profondamente.
Dio, un profumo del genere non credeva esistesse.
Eppure giaceva sopito nei suoi ricordi, a rammendargli che qualcosa di pulito, puro e innocente in un mondo lontano esisteva, al contrario che nel suo.
Puntò gli occhi impenetrabili verso destra, in attesa.
Poi il tempo sembrò cristallizzarsi, come fissato da una gelata improvvisa; eppure così calda dentro di lui.
Il volto di lei era più maturo di quanto lui ricordasse, i suoi tratti erano più profondi, più nitidi, conservavano comunque una delicatezza infinita nelle linee, una delicatezza che lui ricercava in ogni volto che aveva incrociato e che non aveva mai ritrovato.
Il suo corpo era germogliato, le forme facevano trasparire la flessuosa grazia di quando era ragazzina, ma al contempo era sbocciata nei suoi movimenti un eleganza che non ricordava.
Era cresciuta ora, era una donna.
Ma i suoi occhi erano gli stessi.
Non l’aveva mai trovata più bella.
Osservò incantato il suo passo fendere l’erba incolta, appena inargentata dalla Luna.
Sakura si sedette piano in mezzo al prato, accarezzando lievemente il terreno sotto di lei.
Sasuke ci mise un frammento di secondo a comprendere che aveva scelto il posto esatto in cui lui l’aveva abbandonata.
La donna alzò lo sguardo verso il cielo e restò ferma, immobile, mentre l’aria le soffiava tra i capelli lunghi.
L’uomo che la spiava dall’ombra non le tolse lo sguardo di dosso per un secondo.
Avrebbe potuto morire se lei se ne fosse andata.
E lei non se ne andò, come a rispettare i suoi desideri anche inconsciamente.
Restò ferma, solo le ciglia lunghe che battevano sembravano scandire il passare del tempo.
L’Uchiha si chiese come aveva potuto non notare prima, quel pizzo finissimo che le impreziosiva gli occhi.
Quanto tempo aveva sprecato a non guardarla? Quanto poco ne stava rubando ora, immobile a contemplare la sua immagine?
Non riuscì a pensare ad altro che a questo nelle ore che li separavano dall’alba.
Memorizzò nei suoi occhi ogni movimento della cascata argentea che le si riversava sulle spalle, rivedendo nella sua mente il delicato rosa che la luna e il buio gli impedivano di scorgere. Si perse nel delicato intreccio delle sue dita strette intorno alle ginocchia, scivolò lungo le sue guance, percorrendo il collo longilineo e terminando nella curva sinuosa della schiena.
Poi i primi scintillii di luce rosata comparvero all’orizzonte.
Sasuke pregò che si fermassero, osservando impotente la notte rifuggire ai raggi del Sole, come in un gioco rischioso. Si rese conto di essere pericolosamente vicino al collasso quando cominciò a chiedersi se fosse possibile ingaggiare una lotta di ipnosi con Sole per convincerlo a restare fermo.
Allora si arrese. Si arrese all’inevitabilità di quello che doveva succedere, che lui stesso aveva deciso.
Insieme guardarono l’alba, e lui non riuscì a immaginare di averne mai vista una prima.
Restarono silenziosi, vicini ma lontanissimi, fino a quando il cielo si tinse di rosa e arancio, e la luce irruppe nella radura infuocando il fiume in una pioggia di schizzi d’oro.
Poi lei si alzò, cogliendolo di sorpresa. Subito riportò l’attenzione su di lei, osservandola tirarsi in piedi flessuosa e delicata come quando era una ragazzina.
La osservò in silenzio asciugarsi le lacrime dagli occhi.
Sakura sorride leggermente, al centro di quella spazio deserto, e si posò due dita sulle labbra tremanti.
Sasuke comprese che lei stava pensando al loro primo e unico bacio.
Inconsciamente sfilò una mano da sotto il lungo mantello dell’Akatsuki e si sfiorò a sua volta la bocca con l’indice.
Poteva ancora sentire sulla labbra il suo sapore.
Poi lei abbassò il braccio, lasciandolo ricadere mollemente lungo il fianco, come improvvisamente priva di vita. Con occhi opachi, le lacrime secche sulle guance, ripercorse a ritroso la strada che aveva fatto arrivando.
Sasuke rimase fermo a guardarla sparire.
Una parte di lui desiderò morire in quel momento.
Evocò lo sharingan e posò una mano sull’elsa della katana che portava appesa in vita.
L’odore di sangue che pervadeva il cuoio gli rese più facile ritornare alla realtà.
Con uno scatto secco dette le spalle alla radura.
Alzò per un secondo lo sguardo al cielo.
Gli sembrò impossibile trovarlo intatto.
Avrebbe potuto giurare di averlo sentito chiaramente crollargli addosso.
Ma il cielo non sarebbe mai caduto.
Sentì la sua stessa voce rimbombargli in testa, annebbiata come se provenisse da un'altra vita,
un amaro sorriso gli inclinò le labbra.

 

 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Mi ha sempre affascinato l’amore tra Sasuke e Sakura, è come se fosse predestinato e allo stesso tempo impossibile… una di quelle storie che quando sono a lieto fine piacciono e quando finiscono male piacciono ancora di più! ^^
L’idea di separarli ma allo stesso tempo tenerli uniti mi è arrivata in testa guardando delle fan art su di loro, ed è nata questa fiction, e poi un Sasuke "Akatsukiano"è da far girare la testa!…. quanto è bello con quell’uniforme a nuvolette rosse? ç____ç
Ovviamente non mi sono potuta impedire di inserire qualche traccia di SasuNaru (spero sia stata notata!) e di SakuNaru, in fondo alla fine quei due si sposano, eh!
Spero vi sia piaciuta, colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che commentano ciò che scrivo, non trovo mai il modo di dirmi quanto mi fate felice, davvero! *.*
Un bacio!
_Ala_
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

   
 
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