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Autore: Word_shaker    31/08/2015    2 recensioni
E' il quinto anno a Hogwarts per i gemelli Weasley e devono ripassare i Mollicci per i G.U.F.O. Hanno già visto i loro Mollicci in passato... Ma stavolta hanno deciso di affrontarli in un modo del tutto originale.
Questo è il punto di vista di Fred; del punto di vista di George si è occupata Soleil Jones. Per leggere il punto di vista dell'altro gemello, quindi, dovrete andare sul suo account EFP.
Genere: Commedia, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Lee, Jordan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Fred aveva un modo particolare di affrontare la paura. Sembra strano, ma lui ne aveva tanta. In fondo, non averne è da sciocchi, e lui stesso riteneva che chiunque affermasse con convinzione di non temere nulla fosse un grandissimo imbecille; certo, non rivelare le proprie paure è un efficace meccanismo di autodifesa, ma quanto a lungo può funzionare quando vedi che il tuo più grande timore ti guarda in faccia e ti schiaffeggia?
Aveva già visto il suo Molliccio quando Silente aveva insistito con il professor Raptor affinché facessero pratica, perché già due anni prima il preside credeva che ci sarebbe stato bisogno di conoscere per tempo le proprie paure. Aveva rimosso l'immagine, dopo un po', più per non restare lì a scervellarsi su un'inutile paturnia che per superficialità, e così adesso, dopo aver di nuovo visto il suo gemello morto durante la lezione di ripasso per i G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure del professor Lupin, Fred si ritrovava quasi disarmato. Vedere George morto, che fosse solo un Molliccio per davvero, l’avrebbe consumato lentamente. Doveva rimediare.
Disteso sul letto, un po' corroso dai pensieri, al ragazzo venne in mente una cosa: per esorcizzare tutta questa ansia inutile e tutta questa angoscia bastava soltanto che i gemelli ne combinassero un'altra delle loro, che cercassero la gioia e, magari, si fortificassero. Forse andare nella Foresta Proibita in mezzo ad un branco di Dissennatori avrebbe fatto bene a tutti e due, avrebbe insegnato loro a cercare l'allegria davvero dappertutto!
Era un ragionamento contorto per una mente nella norma... Ma quando mai quelle di Fred e George lo sono state?
«Ti sfido ad entrare nella Foresta Proibita!»
Esclamò con un sorrisetto, le mani annodate sulla pancia ed un guizzo energico che gli attraversava il cervello da parte a parte. Adesso il cuore gli batteva forte, ma non dalla paura: quella era adrenalina.
Senza badare molto alla risposta di George, che, contagiato dall’entusiasmo folle del gemello, domandò: « Bene. Che vuoi che faccia, andare a raccoglierti un mazzetto di margherite e portartele? », lui balzò giù dal letto e prese il mantello. Aveva la sensazione che avrebbe sentito molto, molto freddo.
«No, stavolta facciamo qualcosa di diverso: andiamo in mezzo ai Dissennatori e facciamo a gara a chi li fa ridere per primo!» ruggì Fred con un grande sorriso. Fare scorta di entusiasmo gli sarebbe servito.
« Una passeggiata, insomma! Rotoleranno via ad Azkaban in preda agli spasmi! » esclamò George, senza curarsi di mantenere un tono di voce pacato e basso.
Appena Fred entrò nella Foresta, un'ondata di vento lo investì violentemente, come se quella mano fredda che l'aveva appena schiaffeggiato volesse dirgli che aveva avuto una pessima idea. Ma a lui non importava: Fred non ascoltava sua madre, figuriamoci la natura!
Deciso a rigettare quell'organo malato (così erano diventati i suoi pensieri sulla paura), guardò il fratello con un sorriso incredulo che aveva dentro di sé del rabbioso: era come se Fred stesse aspettando di urlare, di buttarsi per terra, di strappare letteralmente qualcosa via da sé con una risata sadica. Quello che stava provando sotto quella spessa coltre di Dissennatori era orrore, e stava a lui scacciarlo lontano.
George si era allontanato dal fratello a grandi passi, dopodiché gli aveva chiesto, in preda all’eccitazione: « Vieni, Freddie? ». Sapeva che suo fratello aveva un piano e, da bravo complice, l’avrebbe aiutato.
Fred corse verso George e quasi lo travolse mentre si spingeva sempre più lontano, nel buio.
«Adesso raggiungimi tu! Non hai paura, vero?»
Domandò con un tono di sfida, letteralmente elettrizzato da quell'atmosfera. Anche se i brividi scuotevano tutto il suo corpo e non vedeva niente, un sorriso era stampato sul suo volto, ancora indeciso se essere di gioia, d'incoscienza o di chissà cosa.
Prese la bacchetta e, con il cuore in gola, sussurrò: «Lumos» in modo da poter vedere il gemello quando fosse arrivato.
George impugnò la sua e si incamminò per raggiungere il gemello a passo svelto, facendosi largo tra le radici degli alberi nodosi e spogli, rispondendo a gran voce, in tono squillante: « Paura? Perché dovrei averne? ».
«Ho solo chiesto! Neanch'io ho paura»
Rispose l’altro con un tono rilassato dalle dubbie origini. Come faceva ad essere così tranquillo e spavaldo nel momento - forse - più terrificante della sua vita? Neanche lui lo sapeva. Sapeva solo che, per resistere, avrebbe dovuto continuare a cercare quella forza, quella strafottenza, a rimuoverla con impeto dal buco in cui si trovava e a riportarla in superficie. Forse era il suo spirito di competizione ad aiutarlo, quello che faceva in modo che Fred fosse molto bellicoso durante un duello o durante le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure in generale. In effetti, il professor Lupin in un mese lo aveva ammonito fin troppe volte riguardo al suo modo tempestivo e spesso irrazionale di affrontare i problemi di grande calibro, i problemi della paura.
«Ti dai una mossa?»
Chiese con una punta di noia nella voce ed alzò lo sguardo verso la spessa nube che sibilaa sulle loro teste. Un brivido percorse la sua schiena come un coltello affilato nella carne cruda.
"Il trucco è reagire, Fred", disse a se stesso.
« Ci sono, ci sono. » Borbottò George, imprecando contro una radice troppo sporgente che per poco non l'aveva fatto inciampare. Ecco perché detestava il buio — e non era stato solo quello, a non fargliela notare… « Be', esserci ci sono. » esordì a bassa voce, stringendo la sua bacchetta con ancora più forza. « Dici che il loro senso dell'umorismo sarà migliore di quello del professor Piton? ».
«Oh, ce l'hanno di sicuro: ti ricordo che un Dissennatore non parla e non toglie punti a Grifondoro a caso».
Esordì con convinzione, le sopracciglia inarcate e gli occhi che si distaccavano lentamente dal nero freddo che imperava in alto nel cielo. Non sapeva perché, ma sentiva un odore di sangue così intenso che sembrava un grande pugno solido nel suo stomaco, come se qualcuno avesse compiuto (e taciuto) un genocidio nella Foresta Proibita e non si riuscisse a scorgere il volto dei malcapitati.
«Ti sei fatto male, per caso? Stai sanguinando?» domandò istintivamente umettandosi le labbra. Forse la sua paura si stava concretizzando; forse George si stava dissanguando silenziosamente, senza che nessuno dei due potesse accorgersene... E se fosse stata una proiezione della sua mente? In fondo, quello era un Molliccio. Avere paura di qualcosa non significa che quel qualcosa accadrà per forza, giusto? Se fosse stato soltanto un momento di smarrimento?
Per scacciare via quei pensieri, il braccio deciso, tracciò un cerchio luminoso con la bacchetta, come per inquadrare un punto preciso, e prese una scatoletta di fuochi d'artificio di Zonko. Non appena aprì la scatoletta, si disegnò una sfera piena di luci scoppiettanti grande quanto una Pluffa da scagliare in alto, verso i Dissennatori.
Sentendo il freddo fin nelle ossa, quando la sfera fu arrivata nel cerchio che Fred aveva tracciato, gridò a George - forse perché aveva paura di non essere sentito, come se dovesse farsi strada in una stanza affollata, in un mare di pensieri e voci reali -: «Al mio tre io mollo la presa e tu lanci in aria questi fuochi, d'accordo?».
Alla fine un Patronus era una creatura luminescente che era evocata dai ricordi felici... Forse i ricordi felici non c'erano, ma c'era molta forza di volontà e c'era la luce, quindi, probabilmente, se la sarebbero cavata.
Perché non provare?
Alla domanda del fratello, George rispose senza pensarci, con un sorriso rassicurante: « No, sto bene tanto quanto te. », senza intendere nulla in particolare.
Non si parlavano mai per enigmi, i gemelli, non ne avevano bisogno: se si dicevano qualcosa, lo facevano chiaramente.
Se non ne parlavano a parole, si intendevano comunque con un solo sguardo.
La luce e il crepitio dei fuochi d'artificio dai mille colori riempirono le sue pupille e lo fecero sorridere dalla soddisfazione. Il loro calore, debole rispetto all'aria e all'atmosfera create dai Dissennatori, fu comunque percettibile. Fred si sentì riscaldare le mani, il viso e il cuore.
«Uno...».
Forse i Dissennatori stavano intuendo quello che stava succedendo, perché avevano cominciato a ruotare attorno a quella sfera, sebbene la distanza fra loro e la sfera di luce fosse di diversi metri.Chissà perché non si avvicinavano?
«Due...».
Con una risata impertinente, Fred si chinò appena, pronto a passare il testimone a George. I fuochi d'artificio di Zonko erano rinomati per essere davvero versatili, e questo fattore avrebbe giocato a loro vantaggio.
«...Tre!» ruggì all'improvviso.
Mollò la presa e tenne la bacchetta dritta davanti a sé, pronta a fare luce quando la sfera fosse salita verso quelle ignobili creature.
Se tutto fosse andato come previsto, i Dissennatori si sarebbero dileguati in tutte le direzioni; se tutto fosse destinato ad andare male, non gli restava altro che correre.
Attento, George seguì il conteggio del gemello.
Qualsiasi cosa dovessero fare, i gemelli Weasley erano da sempre stati avvantaggiati da un'ineguagliabile e perfetta sincronia.
Quando arrivò il suo momento, spinse la palla di luci colorate in alto ululando di frenesia e cercò gli occhi di Fred con una nuova felicità, un nuovo spirito. In quel momento, George si sentì pronto a tutto. Il che fu un bene.
Quando la palla di fuochi artificiali raggiunse i Dissennatori, Fred si lasciò andare ad una risata soddisfatta.
Vedere quella sfera che saliva in mezzo a quelle mostruose creature per poi appiattirsi, allargare il suo raggio e dare vita ad una marea di scintille gli riempì il cuore di gioia viva, una gioia quasi furiosa.
Stette per molto tempo con il naso puntato verso l'alto, ad assistere a quell'evento; i Dissennatori cercavano di sfuggire a quelle scintille, ma allo stesso tempo di capirle, di guardarle. Chissà che cosa avrebbero fatto?
Ad un certo punto, guardò George con un grande sorriso. La paura sembrava essersi rintanata chissà dove.
Ma quella gloria non durò a lungo, perché, una volta finito lo splendore dei fuochi, i Dissennatori cominciarono ad andare verso i gemelli.
«Corri, George! Corri!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, la gola graffiata dal freddo.
In tutta la sua prontezza, Fred gli prese la mano e cominciò a correre a grandi passi, con un sorriso strano sul volto. Non aveva del tutto paura, ma non era neanche del tutto felice, adesso; sentiva un leone dentro di sé che aveva bisogno di ruggire, di esprimersi, di saltare e, se necessario, di azzannare.
Per un momento volse lo sguardo indietro ed inciampò.
Sentendo qualcosa di caldo ed umido vicino al ginocchio destro, riprese fiato e si alzò in piedi.
« Ti sei fatto male? » chiese George con apprensione; la gioia che aveva provato poco prima era stata spinta via con violenza.
«Fanno più male le punizioni di Piton» rispose a denti stretti mentre recuperava velocità e sentiva un freddo bruciante contro il ginocchio.
Si sarebbe medicato la ferita da solo, nel dormitorio, quando tutto fosse finito. In fondo, Fred e George avevano visto (e vissuto) ben peggio di un ginocchio sbucciato. Basti pensare al braccio disossato di Harry o alla chiappa sinistra di Fred.
«Se sono troppo lento, lasciami qua e non discutere!» esclamò rivolto a George mentre riprendeva la sua mano e ricominciava a correre. L'importante era che lui fosse in salvo, e Fred non avrebbe permesso a se stesso di concretizzare la sua paura.
«Siamo quasi arrivati...».
« Fred » ansimò, voltandosi a guardarlo. Qualcosa, prima, gli aveva fatto pensare che non fosse semplicemente inciampato. Istintivamente rallentò appena la corsa. « Ci siamo, Freddie, li abbiamo quasi battuti ». L'ombra di un sorriso strafottente si fece spazio sul suo viso; non avrebbe lasciato che qualcosa andasse storto, né quella notte, né mai.
«E' solo un ginocchio sbucciato, George! Sarebbe molto peggio se quelle specie di tende incenerite venissero a darci un bacetto, non credi?» Fred gli domandò sorridendo mentre correva senza darsi freno, la mano stretta nella sua; l'obiettivo da raggiungere era il parco del castello, e da lì sarebbero stati salvi.
Ormai Fred non vedeva chiaramente neanche la strada davanti a sé, ma qualcosa di molto grosso lo aiutò a riprendere la cognizione dello spazio: il Platano Picchiatore.
Erano a Hogwarts. Erano salvi.
Gettandosi sulla porta che portava all'aula di Erbologia, la aprì con forza e, una volta che George fu entrato, la chiuse.
«Ora... Entriamo... Dalle cucine... Prendiamo del cibo... E saliamo...» mugugnò con la fronte contro il legno della porta, i polmoni avidi d'aria.
« Lumos » pronunciò George mentre provava a trovare conforto in quella fievole luce. Senza dire niente – poiché non ce n’era bisogno -, gli mise una mano sulla spalla, sapendo che avrebbe capito. Quando parlò, fu per affermare: « D'accordo, però prima riprendi fiato. Non so te, ma io ho intenzione di abbuffarci fino a star male alla faccia di quegli sciacalli là fuori! E poi dobbiamo fare qualcosa per il tuo ginocchio. ».
Scosse la testa per poi sedersi vicino ad un vaso di Bubotuberi.
«Io non ho fame per niente, ma se non mangio so già che non dormirò» spiegò con il fiatone e gli occhi chiusi cercando di non accasciarsi vicino al vaso con tutte le sue forze.
«Spero che Oliver non noti il mio ginocchio domani agli allenamenti, altrimenti dovremo fare una sessione extra!» osservò mentre si rimetteva in piedi. La ferita bruciava, ma non era nulla di insopportabile o di ingestibile.
Incamminatosi verso l'interno del castello, non ci mise molto a trovare il passaggio segreto che conduceva alle cucine.
Dopo aver approfittato della generosità degli elfi domestici, i gemelli fecero attenzione ad intrufolarsi nella Torre di Grifondoro – George aveva un vassoio pieno di bignets fra le mani –  e, dopo aver detto alla Signora Grassa la parola d'ordine, Fred cominciò a correre verso l’agognato dormitorio.
Quando i gemelli fecero capolino nella loro stanza, George rivolse sia a Kenneth che a Lee un cenno col capo e un allegro: « Ehilà, gentaglia! », prima di andarsi a buttare a peso morto sul proprio letto.
Una volta arrivato sul suo letto, Fred emise un rantolo e si sedette, per poi prendere un fazzoletto pulito dal suo cassetto. Noncurante delle espressioni di Lee e Kenneth, prese a tamponare la ferita.
«Ce l'abbiamo fatta!» esclamò con un entusiasmo inopportuno.
« Eccome, fratello, puoi ben dirlo! Ed è stato incredibile! » fu pronto a rispondere il gemello.
Affrontare a quel modo dei Dissennatori, senza conoscere nemmeno le basi di come evocare un Patronus, ed uscirne vivi - con un ginocchio sbucciato nel caso di Fred, ma pur sempre vivi e con le proprie anime ancora integre.
Era normale che l'ego del giovane Weasley e il suo umore ne stessero giovando, no?
“ Che cosa è stato incredibile? ” domandò confuso e al tempo stesso curioso Lee.
“ E dove eravate oltre il coprifuoco, con un pazzo assassino in libertà e dei demoni succhia-anime fuori dal castello? ” aggiunse Kenneth, sospettoso, con la fronte aggrottata.
George rivolse a quest'ultimo il suo miglior sorriso beffardo, ribattendo subito: « Se te lo dicessimo poi dovremmo ucciderti, Kennie! ».
Mentre George intratteneva Lee e Kenneth, Fred prese un paio di bignets dal vassoio che George aveva avuto la premura di portare fino al dormitorio e li ingoiò interi. Era troppo emozionato anche per masticare.
Quella sera aveva capito che ce l'aveva fatta e ce l'avrebbe fatta in ogni caso. "Avere paura", pensò, "è umano, ma non serve a niente".
Quando un pericolo o un dispiacere fosse arrivato, lui l'avrebbe affrontato, e adesso sapeva con una certezza più forte che non sarebbe stato solo.
Dopo aver pulito la ferita e riparato i jeans, si sdraiò sul letto a pancia in su, le braccia e le gambe spalancate, gli occhi chiusi dolcemente.
«Avremmo dovuto farlo prima, eh George?» domandò Fred mentre sentiva scorrere dentro di sé un nuovo flusso di energia e positività.
Sarebbe andato tutto bene. Aveva solo bisogno che qualche esperienza glielo ricordasse ogni tanto.
   
 
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