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Autore: MaggieP    31/08/2015    1 recensioni
One-shot scritta in occasione del contest a tema 'I quattro elementi: Acqua' del gruppo FSOTF.
Dal testo:
«Nessuna idea? Forse posso aiutarti...». Detto questo, dimostrando di non possedere il pudore tipico delle donne di quel tempo, si alzò in piedi di fronte a me, si slacciò la veste e si lasciò cadere nel­l'acqua del laghetto. Dopo poco riemerse galleggiando sulla superficie cristallina: il suo corpo era mutato, trasformato. Le lunghe gambe che mi avevano ammaliato nei giorni precedenti erano state sostituite da una bellissima coda di pesce di un colore azzurro-blu che catturava tutti i riflessi della luce del sole e due conchiglie della stessa sfumatura coprivano i suoi seni.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'I QUATTRO ELEMENTI'
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Figlia dell'acqua, figlio del sangue.

25 Novembre 1825, territorio di Brisbane, Australia orientale.

La guardo... I capelli ondulati si muovono sul suo corpo portati dalla leggera brezza tiepida che soffia facendo increspare la superficie del piccolo specchio d'acqua.
Languide, le gocce d'acqua che scorrono piano sulla sua pelle.
Sensuale, il suo corpo formoso che, ignaro, si mostra nudo ai miei occhi ardenti.
Bellissime, le sue labbra rosse dalle quali si sprigionano melodie capaci di irretirmi come i canti delle sirene del mito...


 

Chiusi di scatto il diario. Pensavo che scrivere di lei mi avrebbe fatto smettere di idealizzarla e di dipingerla nella mia mente ad ogni istante, ma erano bastate pochissime righe per farmi capire che mettere su queste pagine i miei pensieri non faceva che renderla ancora più reale.

Era ormai una settimana che avevo scoperto quel Paradiso Terrestre e da sette giorni mi ci recavo ogni mattina per ammirare la sua splendida e solitaria abitante. Anche quel giorno erano ore che la osservavo, era un chiodo fisso che non riuscivo ad allontanare dalla mia mente. Ero rimasto abba­gliato dalla sua bellezza che oscurava persino la perfezione naturale della cascata del laghetto di ac­qua limpida nel quale lei era solita immergersi per ore e ore: l'Australia mi stava regalando grandi sorprese. Carlisle, il mio padre adottivo, aveva proposto di partire con una delle navi di colonizza­zione degli inglesi verso l'Australia e la mia famiglia aveva accettato di buon grado, desiderosa di esplorare posti nuovi e allontanarsi dal caos dell'evoluzione inglese. Non avevamo il desiderio di ar­ricchirci nella nuova colonia, desideravamo solo muoverci, per evitare la fissità di secoli vissuti al­l'ombra degli stessi alberi. Nella nostra lunga vita da immortali, infatti, accumulavamo capitali che non avevamo necessità di spendere e apparivamo ricchi e felici allo sguardo dei più, ma eravamo af­flitti da una latente noia, un tedio assillante che colpiva la monotonia delle nostre vite. L'Australia ci era sembrata il luogo giusto in cui trovare una tranquillità che ci permettesse di non fingerci qual­cosa che non eravamo. Infatti, i racconti degli uomini che tornavano dall'Australia parlavano di enormi spazi e terre che permettevano la vita isolata delle varie tribù indigene. L'apparente ostilità degli indigeni di cui parlavano i viaggiatori inglesi a noi non interessava: volevamo un luogo che ci permettesse di vivere la nostra natura di vampiri in maniera naturale. In qualche giorno avevamo iniziato a creare una casa confortevole lavorando il legno della foresta, complici le nostre abilità manuali e il fatto che non avessimo bisogno di dormire. Proprio mentre cercavo del legno adeguato per la costruzione della nostra casa, una mattina avevo sentito il rumore scrosciante di una cascata accompagnato da una voce celestiale che cantava. Mi ero avvicinato e per la prima volta l'avevo vi­sta. Da allora cercavo sempre di scappare dai miei fratelli per spiarla in queste mattinate soleggiate che preannunciavano l'arrivo dell'estate.

Quel giorno ero particolarmente immerso nei miei pensieri e, perso nell'osservarla, calpestai un ramo che si ruppe. Fece un rumore che non pensavo avrebbe disturbato l'orecchio umano, ma ina­spettatamente la bellissima donna si volse nella mia direzione e chiese: «Chi è là?»

Non avrei mai pensato che potesse sentirmi ma ormai avevo fatto il danno e temevo che visto che poteva sentirmi potesse anche vedermi, perciò decisi di avvicinarmi. Mentre camminavo verso di lei mi resi conto che aveva parlato in inglese e che effettivamente non poteva essere una nativa austra­liana perché aveva la carnagione chiara tipica degli europei. Mi avvicinai piano e, vedendo che era in posizione guardinga e che istintivamente cercava di difendersi, non appena fui sicuro che mi ve­deva le dissi: «Tranquilla signorina, non voglio farle del male».

In quel momento mi accorsi che mentre mi avvicinavo aveva preso una lunga veste di un tessuto verde quasi impalpabile e la stava indossando. Mentalmente la ringraziai per questo, perché il suo corpo nudo era una grande distrazione per la mia mente che rischiava di farsi sopraffare dall'istinto carnale. Quando le arrivai di fronte mi resi conto che gli uccellini che solitamente accompagnavano il suo canto aveva­no smesso di cinguettare e ora mi sembrava di poter sentire i loro piccoli occhi neri osservarci, creando un'atmosfera di sospensione e di attesa attorno a noi. Ero stupito che di fronte ad un predatore come me non fossero scappati perciò mi guardai intorno, scrutando i rami de­gli alberi e notando decine e decine di piccoli animali che erano completamente indifferenti ai miei movimenti, ma erano attratti da lei. Tornando ad osservare il suo viso puntai i miei occhi ambrati in due turbini azzurri. L'iride delle sue pupille sembrava muoversi come se fosse fatta d'acqua e cattu­rava tutti i riflessi del laghetto al suo fianco.

«Salve, io sono Edward Cullen. Incantato di cono...», mi stavo inchinando e mi mossi per prenderle la mano e completare un baciamano elegante, ma lei si ritrasse di scatto e mi impedì in ogni modo di entrare in contatto con la sua pelle.

«Non mi toccare! So cosa sei e non sia mai che si inneschi uno dei vostri strani poteri quando mi tocchi! Non voglio certo che mi leggi la mente...». Fui colto da uno stupore travolgente. Questa donna sapeva che cos'ero e le potenzialità che alcuni di noi avevano!

«Come fai a sapere che io...? Che esistono...?»

«I vampiri? Perché nemmeno io sono umana, ma non sono neanche un vampiro se te lo stai chie­dendo».

«E allora cosa sei?», le chiesi incerto. La mia spavalderia data dalla superiorità che la mia razza mi conferiva stava iniziando a venire meno. Non sapevo cosa fosse, che potenzialità avesse... magari era lei che mi stava leggendo nella mente proprio in quel momento...

«Una leggenda, un mito, se ci pensi bene puoi anche capirlo da solo... penso tu sia abbastanza intel­ligente». Dopo che mi ebbe detto queste parole con un tono beffardo, quasi di sfida, si sedette su una roccia, cauta come se cercasse di evitare qualcosa. Quella mia mente di cui ostentavo particolari capacità al momento era annebbiata dalla confusione, ma vi­sto che lei sembrava decisa a non rivela­re nulla della sua specie e io ero deciso invece a scoprire che cosa fosse, cercai di raccogliere indizi e particolari che mi rivelassero qualcosa di più, dato che era ciò che lei stessa mi aveva chiesto di fare. Guardandomi intorno, però, non vedevo altro eccetto la foresta e il laghetto che osservavo da vari giorni. Lei aveva l'aspetto di sempre: una splendida donna che non lasciava trasparire nessun particolare sovrumano. Mentre lei inizio a districarsi i capelli con un bellissimo pettine di quella che sembrava madreperla, mi accorsi di alcuni particolari un po' in­soliti. Non vi era cibo vicino a lei e nemmeno alcun cavallo che potesse averla aiutata a muoversi nella foresta, non aveva altri abiti ol­tre alla veste che aveva indossato al mio arrivo, non vi erano calzature. Tutto questo avrebbe già do­vuto farmi capire che non poteva essere umana, ma non mi dava indizi su quale potesse essere la sua natura. Probabilmente vedendomi incerto e inebetito mi disse:

«Nessuna idea? Forse posso aiutarti...». Detto questo, dimostrando di non possedere il pudore tipico delle donne di quel tempo, si alzò in piedi di fronte a me, si slacciò la veste e si lasciò cadere nel­l'acqua del laghetto. Dopo poco riemerse galleggiando sulla superficie cristallina: il suo corpo era mutato, trasformato. Le lunghe gambe che mi avevano ammaliato nei giorni precedenti erano state sostituite da una bellissima coda di pesce di un colore azzurro-blu che catturava tutti i riflessi della luce del sole e due conchiglie della stessa sfumatura coprivano i suoi seni.

«Una sirena...». Ero rimasto senza parole. Sapevo dell'esistenza di altre creature soprannaturali come Lupi Mannari e mutanti di vario genere, ma le sirene anche per noi erano solo pura leggenda.

«Sorpreso, eh?», stava nuotando lentamente dal centro del lago verso la sponda dove ero io. Quando arrivò al bordo si sollevò e si stese sulla roccia, facendo mostra del suo splendido corpo trasformato.

«Comunque mi chiamo Isabella e di solito ci facciamo chiamare Figlie dell'Acqua, perché sirene ri­manda a troppe leggende in cui sembriamo crudeli», una smorfia le si dipinse sul viso. «Però voglio chiederti una cosa, quando sei arrivato? Io è qualche anno che sono in questa zona ed è la prima volta che ti vedo. Non posso essermi lasciata scappare dei vampiri sul mio territorio per tutto questo tempo...». Sentivo la mia testa confusa, come annebbiata. Mi sentivo costretto a risponderle ma sa­pevo che non era un desiderio totalmente mio: era come se fossi magnetizzato, ma mantenevo anco­ra un po' di lucidità.

«Isabella, penso tu stia facendo qualcosa alla mia mente... potresti smettere? Risponderò comunque alle tue domande...»

«Va bene...», era evidentemente indispettita dal fatto che l'avessi scoperta, ma la mia testa fu subito li­berata da quella sensazione. «Con voi vampiri non riesco mai a farlo funzionare come dovrebbe... evidentemente non sono ancora abbastanza forte», borbottò questa frase scocciata, come una bambi­na capricciosa e insolente che non era stata accontentata. Un sorriso affiorò spontaneo sulle mie lab­bra, era simpatica e mi ricordava la mia sorellina umana.

«Come ho già detto, mi chiamo Edward Cullen e sì, effettivamente sono arrivato circa due settima­ne fa con la mia famiglia, prima vivevamo in Inghilterra ma abbiamo deciso di cambiare paesaggio»

«Discordie interne? Visto il colore dei tuoi occhi non dovete essere molto ben accettati dagli altri della vostra specie...», prima sapeva che sono una vampiro e ora riconosceva anche la mia dieta?!?

«Co-co-come fai a sapere che noi siamo diversi?». Si era mai visto un vampiro che balbettava?

«Sono stata l'amante di Aro per un periodo della mia vita... Ho acquisito tante informazioni, ma la crudeltà della situazione stava diventando inaccettabile quindi ho deciso di andarmene... Peccato, mi piaceva l'Italia: avevano animali marini molto socievoli e affettuosi». Il mio shock non faceva che aumentare. Aro -il capo malvagio e abbastanza perverso della nostra razza- non era solito la­sciare libere persone che erano a conoscenza dei suoi segreti: di solito le uccideva senza molte re­more. Il suo contatto con Aro, però, spiegava come mai fosse stata in grado di riconoscermi e non avesse voluto farsi toccare da me, Aro infatti con il contatto fisico riusciva a leggere tutti i pensieri di un individuo.

«Come hai conosciuto Aro e come è possibile che tu sia lontana da lui, ancora viva, e che al con­tempo tu non gli sia fedele?»

«Ero molto ingenua quando ho conosciuto Aro. Avevo appena lasciato mia madre nel Sud dell'In­ghilterra dove mi aveva allevata perché avevo raggiunto l'età dell'indipendenza -le sirene sono crea­ture abbastanza solitarie e io non andavo molto d'accordo con mia madre, quindi appena ho potuto me ne sono andata- e avevo nuotato fino alle coste ovest dell'Italia. Ero in un'insenatura molto soli­taria quando Aro mi ha trovata, lui non sapeva nulla delle sirene e io non sapevo nulla dei vampiri ma ri­masi piuttosto spaventata da due cose: i suoi occhi rosso cremisi e il suo tentativo di attaccar­mi. Io mi buttai in acqua e mi difesi -anche noi abbiamo alcune capacità inconsuete-. Lui rimase ab­bastanza sbalordito da quello che vide e dopo poco si calmò e si accorse che non profumavo di san­gue (questo dovrebbe anche essere il motivo per cui tu riesci a starmi vicino senza problemi, perché nelle nostre vene scorre un liquido molto simile all'acqua). Mi chiese come mi chiamavo, quanti anni ave­vo e si accertò che non fossi pericolosa. Dopo, preso dall'euforia della scoperta penso, mi disse che era il capo dei vampiri, un re potente, che aveva un esercito e che se volevo e potevo al­lontanarmi dall'acqua, mi avrebbe volentieri offerto un posto nel suo castello. Mi promise ricchezze e una vita lussuosa e nella mia ingenuità accettai. In realtà, penso volesse studiarmi. Diventai subito la sua amante. Mi faceva continue domande sulle sirene, ma ben presto diventai diffidente e gli die­di ri­sposte vaghe. Riuscii a non rivelargli tutto anche grazie al fatto che sono in grado di controllare i miei pensieri e... diciamo di censurarli. Per questo quando mi toccava gli mostravo solo alcune cose. Lui iniziò a fidarsi di me e mi fece dormire nei suoi appartamenti, senza sapere che posso dor­mire solo in forma di sirena e non in forma umana, perciò ho spiato vari incontri e l'ho ascoltato spesso perché ha il vizio di parlare da solo davanti allo specchio, come se la sua immagine potesse rispondergli. Un giorno si presentò nel suo studio, dopo una più pomposa convocazione nella sala dei troni, un vampiro biondo con dei meravigliosi occhi ambrati insieme ad una donna dai capelli di un biondo ramato e gli stessi occhi di quello che capii essere il suo compagno. Gli parlarono della loro dieta a base di animali ma Aro non fu molto contento della loro visita; li lasciò andare solo in nome di una vecchia amicizia con l'uomo, ma penso che ne uscirono indenni solo perché non aveva un motivo valido per giustificare la loro morte, dato che -da quanto ho capito- erano una coppia ab­bastanza co­nosciuta e ammirata nella comunità dei vampiri. L'uomo dovrebbe essere il capo del tuo clan, di quella che chiami la tua famiglia, credo. Comunque, tornando a me, me ne andai poco dopo. Gli dissi che mi mancava il mare aperto e volevo incontrare altri miei simili. Lui controllò la mia mente e, verificato che non sapessi niente di inopportuno, mi lasciò libera. Ho viaggiato per qualche anno in lungo e in largo per il mondo e ho deciso che questo era il posto dove volevo stabilirmi». Ero sba­lordito dalla sua perspicacia, ero sbalordito dalla sua storia in cui vi erano troppi dettagli realistici e che combaciavano con la realtà perché non fosse vera ed ero sempre più attratto da lei. Inoltre, si era fidata di me, mi aveva raccontato tutta la sua vita.

«Io non so cosa dire. Hai avuto una vita emozionante, direi. Sei astuta, non tutti sarebbero riusciti ad ingannare Aro e devi essere anche abbastanza potente se riesci a schermare i tuoi pensieri. Penso che tu abbia visto i miei genitori, perché ricordo di quel loro viaggio in Italia e la loro descrizione fisica è decisamente plausibile. Io e i miei fratelli eravamo in Francia all'epoca, in modo che potes­simo correre in Italia in caso di necessità, ma Carlisle -mio padre- pensava e pensa sia meglio non fargli sapere che il suo clan è cresciuto, già la scoperta che Esme -mia madre- si sia unita a lui ha fatto infuriare Aro. Ed effettivamente hai ragione, questo è anche uno dei motivi per cui abbiamo deciso di allontanarci dall'Europa. Però ho una curiosità. Dunque tu viaggi da sola per tutta la vita e basta? Quanti anni sono ormai che hai lasciato la tua famiglia?». Alle mie parole il suo viso si rattri­stò e si incupì.

«Sono circa dieci anni che sono lontana dalla Francia ma non mi manca mia madre, come ti ho det­to non andavamo molto d'accordo. Negli anni che ho viaggiato -a parte quelli alla corte di Aro- ho incontrato alcune sirene e per qualche tempo ho viaggiato con alcune di loro, ma il nostro è un viag­gio che va fatto in solitaria. Infatti, siamo destinate a cercare la nostra anima gemella se vogliamo costruirci una famiglia e maturare definitivamente, ottenendo il blocco della crescita e l'immortalità. Non ci dicono molto da bambine su quello che ci aspetta. Sappiamo di dover trovare l'uomo giusto e che quando lo troveremo saremo in grado di riconoscerlo, ma in poche ci sono riuscite e per que­sto ci stiamo estinguendo». La sua voce era triste e una lacrima scese sulla sua guancia. Allungai una mano per asciugargliela e il contatto con la sua pelle mi fece quasi rinascere. Fu come se sentis­si il cuore palpitare un'altra volta nel mio petto dopo anni di immobilità. Avevamo gli occhi incate­nati l'uno all'altra e non riuscivo a trovare la forza di staccare la mano dal suo viso. Quando le no­stre labbra si incontrarono, poi, accadde qualcosa di strabiliante. In quell'istante, accanto al piacere delle sue labbra sulle mie, sentii un'altra sensazione pervadere la mia mente. Erano pensieri e ricordi di un'altra persona, erano i suoi pensieri e i suoi ricordi. Li vedevo nella mia mente e allo stesso tempo sapevo che i miei stavano passando nella sua. Non ci staccammo finché il turbinio di imma­gini nelle nostre menti si fermò. Occhi negli occhi, eravamo entrambi scioccati da quello che era ap­pena successo, ma nonostante non avessimo avuto il modo di opporci non eravamo spaventati, per­ché sembrava una cosa oltremodo naturale.

«Ora capisco cosa intendeva Kathleen», il suo sussurro mi fece in qualche modo staccare da lei.

«Cosa intendi?», non servì la sua risposta perché in quel momento affiorò nelle nostre menti unite il ricordo di un pomeriggio soleggiato in cui Isabella era stesa di fianco ad un'altra sirena dalla coda arancione e io vi fui catapultato dentro.


«Dai, Katy, dimmelo. Come hai fatto a capire che Ryan era quello giusto? Cosa hai sentito, è suc­cesso qualcosa? E se l'avessi già incontrato e non me ne fossi accorta?»

«Non essere sciocca, Bella, non puoi non essertene accorta. È una magia antica e potente che mo­difica la tua natura. Quando incontrerai la persona giusta ti fonderai con lui in una maniera che non potrai trascurare.»


«Indubbiamente ce ne siamo accorti», le dissi con un sorriso.

«Indubbiamente», mi rispose mentre si avvicinava per baciarmi di nuovo.


***

25 Novembre 2025, Brisbane, Australia orientale

Sono duecento anni che la osservo e ancora sono qui a smaniare per il suo corpo e per la sua bel­lezza. Dopo duecento anni, due figli e una ventina di messe in scena ideate ad uso e consumo di quegli umani ottusi, mentre nella mia mente vedo i suoi sogni, la osservo che dorme nel laghetto del giardino di casa con nostra figlia di fianco. Due splendide donne che hanno nell'acqua il loro elemento ma che per amore si dividono fra l'acqua e la terra.


Ha cantato la sirena
dallo scoglio più alto,
ha cantato la sirena
alle corde del cuore
di chi ha voluto
porgerle l'orecchio.
Io ho ascoltato
e ho vinto, in eterno,
il suo canto e il suo amore.

A/N:
Ciao a tutti! Grazie per aver avuto la pazienza di arrivare in fondo a questo piccolo stralcio romantico. Come ho già detto nell'introduzione, questa fan fiction è nata in seno al primo contest sugli elementi indetto dal gruppo FSOTF. Non ho vinto e non mi ci sono neanche avvicinata, quindi vi consiglio caldamente di andare a leggere le altre storie (questo è il blog: http://watercontest2015.blogspot.it/, si apre inun'altra pagina) che sono state stupefacenti. Nonostante questo mi farebbe piacere leggere due paroline da parte vostra!!! 
State all'erta che in futuro dovrei postare le strie anche degli altri elementi ma con molta calma!
baci Maggie 
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