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Autore: Lux_daisy    31/08/2015    3 recensioni
"Ohi, Bakagami, alla tua età non sai ancora vestirti da solo?"
Il rosso si bloccò e si voltò verso il proprietario della voce –e della frecciatina: alto quanto lui, capelli scuri corti, pelle bronzea, penetranti occhi blu, le mani in tasca, la borsa sulla spalla e un ghigno da schiaffi.
Aomine Daiki.
Vicino di casa, migliore amico e fastidio giornaliero.
"Ahomine, quante volte ti ho detto di non entrare dalla finestra?" sbottò il rosso.
(coppie: Aokaga, Aokise, Kagakuro)
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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We are... scared




 



Aomine sfogliò pigramente le pagine del libro, gli occhi che vagavano sulle parole senza riuscire a soffermarsi su nessuna di esse. Un profondo sbadiglio lo colse all’improvviso e una piccola lacrima si creò all’angolo dell’occhio destro.

Allungò le braccia verso l’alto e buttò la testa all’indietro, poggiandola sulla spalliera della sedia. Il soffitto della biblioteca universitaria, liscio, chiaro e asettico, gli sembrò d’un tratto più interessante del libro che stava cercando di studiare.

Mancavano meno di due settimane all’esame e lui non era affatto sicuro di come sarebbe riuscito a prepararsi in tempo. Aveva creduto che la biblioteca sarebbe stata un ottimo posto per concentrarsi. I libri, il silenzio, tutti gli altri studenti nelle sue stesse condizioni, con le teste chine sui tavoli: pensava che gli sarebbero stati d’ispirazione, ma la sua mente non sembrava voler collaborare a sufficienza.

Sbuffò e imprecò a mezza voce, beccandosi una breve occhiata dal ragazzo seduto di fronte a lui. Si stropicciò gli occhi e provò a tornare sul suo libro, quando lo squillo del cellulare ruppe la quiete della biblioteca.

Aveva dimenticato di metterlo in modalità silenzioso.
Molti sguardi si sollevarono su di lui, alcuni non molto amichevoli, ma lui li ignorò senza problemi e lesse il messaggio che aveva ricevuto.

Pochi istanti dopo scattò in piedi con tale impeto da rovesciare la sedia. Il tonfo rimbombò per tutte le pareti della sala, sostituito subito dopo dal suono dei suoi piedi che correvano a gran velocità sul pavimento.

Urtò diverse persone prima di uscire dall’edificio, ma non si scusò e non si fermò nemmeno per un secondo.
Non poteva.
Non dopo quello che aveva letto.
“Cazzo! Ti prego, dimmi che non è vero!”.
 
 
 
<< Pronto? Il signor Kagami Taiga? >>.
<< Sì, sono io. Chi è? >>.
<< La signora Mashida Ryoko è sua madre? >>.
<< … s-sì… perché? >>.
<< Sua madre ha avuto un incidente: in questo momento è ricoverata in ospedale >>.
 
 
 
Daiki corse fuori dalla facoltà e, una volta in strada, fermò il primo taxi che vide. Si precipitò dentro e disse all’autista di correre.
Doveva raggiungere l’ospedale al più presto.
 
 
 
Seduto accanto a lui, Kuroko osservò Taiga con la coda dell’occhio: teneva il cellulare stretto tra le mani e se lo rigirava nervosamente, come se non sapesse cosa farci.

Quando Kagami era stato avvisato dell’incidente, Tetsuya era insieme a lui: avevano deciso di vedersi per giocare a basket e andare poi in piscina, ma finita la partita, era arrivata quella telefonata.

Taiga era sbiancato e le mani avevano iniziato a tremare, ma era riuscito a mantenere abbastanza calma da andare di corsa all’ospedale e Kuroko l’aveva seguito. Non avrebbe mai potuto lasciarlo solo in un momento del genere.

Ora erano seduti nella sala d’attesa del reparto e Tetsuya non riusciva a non sentire un dolore acuto al petto alla vista del volto dell’altro: sembrava un cucciolo terribilmente perso e spaventato. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa, qualunque cosa, per farlo stare meglio, ma tutto ciò che era riuscito a fare era stato stringergli la mano per lunghi momenti e dirgli che sarebbe andato tutto bene.
Lui aveva abbozzato un sorriso spento e Kuroko si era sentito dolorosamente impotente.

Il cellulare continuava a spostarsi rapido tra le grandi mani del rosso, mentre questi continuava a sospirare e a fissare lo schermo. Ogni tanto lo sbloccava e apriva la rubrica; scorreva i nomi e si fermava su uno in particolare, ma solo per pochi istanti prima di chiudere e bloccare di nuovo lo schermo.

Kuroko sapeva chi Kagami avrebbe voluto chiamare, chi avrebbe voluto accanto a sé in quel momento e si sentì un verme quando si rese conto di essere geloso.
 
 
 
<< Cazzo! >> imprecò Aomine per l’ennesima volta, fissando con odio la fila di macchine immobili davanti a sé. Lesse nuovamente l’ora e fece schioccare la lingua: era bloccato nel traffico da ben cinque minuti e il taxi sul quale era seduto si era mosso sì e no di un paio di metri.
<< Non può fare niente? >> chiese con rabbia, pur sapendo che non fosse colpa dell’autista.

Il tassista, un uomo sulla cinquantina con i capelli tagliati a spazzola, scrollò le spalle e mosse una mano in direzione delle auto bloccate. << Purtroppo non c’è niente da fare. Credo che la cosa andrà per le lunghe >>.

Daiki grugnì e gettò un’occhiata al tassametro; prese i soldi dalla tasca e li lanciò sul sedile del passeggero.
<< Ehi, ma cosa… >> esclamò l’autista, vedendo il cliente aprire con foga lo sportello e precipitarsi fuori.
<< Tenga il resto! >> gli gridò il ragazzo.

<< Ma da qui all’ospedale ci sono quasi cinque chilometri! >> gridò di rimando l’uomo, sorpreso e confuso. Quel ragazzo aveva davvero intenzione di farsela a piedi?
<< Vorrà dire che farò un po’ di allenamento >> rispose il moro, abbozzando un piccolo ghigno. Non poteva restare bloccato in un taxi aspettando e sperando che la situazione si risolvesse da sola. Taiga aveva bisogno di lui.

Prese un bel respiro e iniziò a correre in direzione dell’ospedale.
“Aspettami! Sto arrivando”.
 
 
 
 
Quando Daiki raggiunse l’ospedale, pensò che avrebbe davvero avuto bisogno di un medico.
“Sto per vomitare” si disse mentre rallentava nei pressi dell’entrata. Sentiva i polmoni scoppiare, il cuore battere all’impazzata e i muscoli implorare pietà.

Una volta superato l’ingresso, fu costretto a fermarsi e a riprendere fiato: poggiò le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi e si concentrò sulla respirazione.
Fu il pensiero di Taiga a dargli la forza per non stramazzare su quel pavimento bianco e lucido. “Devo trovarlo”.

L’infermiera alla quale chiese informazioni gli chiese più volte se stesse bene e se avesse bisogno di aiuto, ma lui insistette e riuscì a farsi dire quale reparto doveva raggiungere.

Una volta lì, si guardò attorno e dopo alcuni secondi di frenetica ricerca, lo vide.

Era in piedi a una ventina di metri da lui e aveva appena finito di parlare con un medico.

In quell’istante Aomine non ci capì più niente: tra i dolori fisici che si sforzava di ignorare e la paura e la preoccupazione che gli avevano messo le ali ai piedi da quando era sceso dal taxi si sentì come un tizio sperduto nel deserto davanti a un’oasi.

Miraggio o no, Taiga gli sembrò la sua oasi nel deserto.

Accelerò il passo e mentre si avvicinava ebbe l’impressione che il mondo attorno a lui si sfocasse e che l’unica figura a restare nitida fosse proprio Kagami.
A pochi metri da lui, il rosso mosse la testa e il suo sguardo si posò sul moro che gli veniva incontro.

Daiki lo vide sgranare gli occhi e schiudere la bocca.
<< Aomi… >> iniziò Taiga, ma il moro non gli diede il tempo di dire altro. Lo strinse in un abbraccio e lo sentì irrigidirsi per un momento.

Daiki chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Sentiva ancora il cuore battere più forte del normale, solo che non sapeva se fosse ancora per la corsa e quando Taiga ricambiò l’abbraccio, cingendogli i fianchi con le braccia, gli sembrò di essere tornato a casa dopo un lungo viaggio.

Non gli importava che avessero litigato. Non gli importava che non si parlassero da quasi due settimane.
Non gli importava di nient’altro, solo loro due contavano.
 
<< Aomine, sei tutto sudato >> gli disse d’un tratto Kagami, la voce tra il divertito e il confuso, e il moro si staccò da lui.
Solo allora la realtà tornò ad essere completamente a fuoco e lui si rese conto di ciò che lo circondava. Sbatté le palpebre e fissò Taiga negli occhi, quegli occhi che sembravano volergli porre un mucchio di domande e lui, stupidamente, si rese conto di quanto gli erano mancati.

Sì, era stato davvero uno stupido.
Uno stupido coglione che aveva rischiato di perdere la persona più importante della sua vita.

<< Che hai combinato? Che ci fai qui e perché sei sudato fradicio? >> gli chiese Taiga, osservandolo come se potesse ottenere una risposta dal suo aspetto.
Il moro scosse la testa. << Non è importante adesso. Come sta tua madre? >>.

Kagami sgranò leggermente gli occhi e solo allora sembrò ricordarsi di tutto ciò che era successo. L’improvviso arrivo di Aomine l’aveva lasciato completamente frastornato. << Sta bene >> disse e non poté trattenere un sorriso, << ho appena parlato con il medico. Si è sentita male mentre era al lavoro: a quanto pare ha avuto un mancamento proprio mentre scendeva le scale; ha sbattuto la testa ma per fortuna non era niente di grave. Adesso sta riposando. Il dottore ha detto che la terranno in osservazione per questa notte e domani mattina potrà tornare a casa >>.

Daiki sorrise, sollevato e tutta l’adrenalina, la paura e l’ansia che aveva accumulato svanirono di colpo, come una bolla che viene scoppiata. Sentì le gambe cedergli d’improvviso e si appoggiò a Kagami.
<< Ehi! Che ti prende? >> si preoccupò il rosso, mentre lo aiutava a sedersi.

Aomine chiuse gli occhi un momento e prese un profondo respiro. << Sto bene. Ho solo fatto una piccola corsetta >>.
L’altro aggrottò un sopracciglio. << Una corsetta? >>.

Il moro sollevò lo sguardo e un angolo della bocca si curvò verso l’alto. << Avevo preso un taxi per arrivare qua al più presto, ma sono rimasto bloccato nel traffico più o meno all’altezza del Maji Burger dove andiamo di solito e così me la sono fatta di corsa >>.
<< Cosa?! >> esclamò il rosso incredulo, << ma ci saranno almeno… >>.

<< Cinque chilometri, sì. Non ho mai corso così tanto e così veloce in tutta la mia vita. Per un momento ho creduto di morire >> raccontò Daiki, concludendo il tutto con una piccola risata. Non poteva negare di essere orgoglioso di se stesso per la sua impresa.

Kagami lo fissò ad occhi sgranati. Aomine si era fatto tutta quella strada di corsa solo perché era preoccupato per lui?
L’aveva fatto per lui? Era forse impazzito?

<< Avresti potuto chiamarmi invece di provare a ucciderti >> lo rimproverò Taiga, ma il tono di voce risultò più divertito che arrabbiato.
L’altro lo fissò con aria interrogativa. << Non ci avevo pensato >> disse, rendendosi conto solo in quel momento che sarebbe stata la scelta più logica.
A quella risposta Kagami scoppiò a ridere. << Sei proprio Ahomine! >>.

Daiki rise a sua volta e si sentì d’un tratto più leggero. Infinitamente più leggero, come se si fosse tolto tonnellate di peso dal petto e dalla testa.
Quelle ultime settimane lontane da lui gli sembrarono solo un brutto sogno, un incubo del quale voleva dimenticarsi al più presto.

<< Aspetta un momento! >> esclamò d’un tratto Taiga, << come facevi a sapere di mia madre? >>. Era stato così sorpreso e confuso dalla sua comparsa che stava per dimenticare un dettaglio fondamentale.

All’unisono, come se entrambi avessero trovato risposta, si voltarono verso la persona che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, osservando i due amici che si ritrovavano.
Kuroko si trovò gli sguardi degli altri due addosso e tutto ciò che fece fu una leggera, quasi impercettibile, scrollata di spalle.

Kagami stava per chiedergli se fosse stato lui ad avvertire Aomine, quando si sentì chiamare da una voce alle sue spalle. Si voltò e vide il medico che gli sorrideva. << Sua madre si è svegliata. Adesso può entrare in stanza >>.
Il rosso annuì e fece un piccolo inchino. << Sì, grazie >>.
<< Vai, Taiga, noi aspettiamo qua >> gli disse Daiki, << salutacela >>.
Kagami sorrise e andò da sua madre.
 

Appena il rosso fu fuori dal campo visivo, Aomine si voltò verso Kuroko. Era stato così preso da Taiga che non aveva neanche fatto caso alla sua presenza.
Non che fosse una novità comunque, conoscendolo. La sua capacità di passare inosservato rasentava i limiti del paranormale.

Ma adesso erano rimasti soli e Daiki non voleva più rimandare la discussione.
<< Perché l’hai fatto? >> gli chiese e non ci fu bisogno di altre spiegazioni per sapere che si stava riferendo al messaggio che Kuroko gli aveva mandato per avvertirlo della madre di Kagami. Vide l’altro distogliere lo sguardo per un momento e sospirare.

<< Perché Kagami-kun guardava sempre il telefono: sembrava volesse chiamarti ma non ne avesse il coraggio, così l’ho fatto io per lui. Mi secca molto ammetterlo, ma desiderava vedere te più di chiunque altro. Aveva bisogno di te, Aomine-kun >>.

Il moro lo fissò a lungo e si rese conto di non conoscere affatto quel ragazzo. “Forse l’ho giudicato male…” si disse e non poté non sentirsi un po’ in colpa.
<< Grazie >> rispose soltanto.

<< Non l’ho fatto per te >> replicò l’altro col suo tono monocorde, << l’ho fatto per Kagami-kun >>. E dietro quelle parole Daiki vide molto più di quanto potesse apparire.

Vide quanto Kuroko tenesse a Taiga, quanto volesse stargli vicino ed essergli d’aiuto e per un momento si chiese se lui sarebbe stato capace di fare altrettanto: di mettere da parte l’orgoglio e i propri sentimenti per il bene di qualcun altro, di accettare una condizione a metà come quella, di accontentarsi dell’amicizia pur desiderando l’amore, di restare in disparte.

“Per Taiga potrei anche farlo…” si disse e si sconvolse di se stesso. Da quando i suoi pensieri per Kagami erano diventati di quel tipo?

Scosse la testa come se volesse scacciarli via e si concentrò sul presente. << Beh non importa per chi l’hai fatto: ti devo un favore >>, si grattò la nuca e schiccò la lingua, distogliendo lo sguardo. Non era bravo in certe cose. << E sì, insomma, credo di doverti anche delle scuse… per, beh, lo sai >>.
<< Quindi non mi dirai più di stare lontano da Kagami-kun? >>.

Daiki risollevò gli occhi e li assottigliò. << Non servirebbe a niente, ma questo non significa che abbia cambiato del tutto idea su di te. Vedi di non creare problemi a Taiga, altrimenti sarò costretto a mettere in atto la mia minaccia >>.
Tetsuya non si scompose davanti a quello sguardo, ma capì che Aomine era dannatamente serio e che, come lui, avrebbe fatto qualsiasi cosa per Kagami.
 
 
 
 
 
<< Daiki, per favore, riporta Taiga a casa. Adesso >> esclamò Kyoko Mashida, sorridendo a entrambi.
<< Ma, mamma, posso rimanere >> replicò il ragazzo, seduto su una sedia accanto al letto della madre.

Aomine, vicino a lui, sorrise e scosse la testa. << Bakagami, siamo qua da quasi tre ore e stai stressando tua madre. Ha bisogno di riposare >>, gli mise una mano sulla spalla, << e anche tu >>.

<< Ma non voglio lasciarti sola >> insistette il figlio, mettendo su il broncio. Da quando sua madre si era svegliata, lui e Aomine erano rimasti a farle compagnia e anche se intanto si era fatta ora di cena, Kagami non voleva andar via.

Kyoko allungò un braccio e afferrò la mano del figlio, stringendola forte. << Mi dispiace di averti fatto preoccupare, Taiga, ma sto bene, davvero: non c’è bisogno che rimani qua. Ora voglio che tu torni a casa, mangi qualcosa e ti riposi come si deve, okay? Lo fai per me? >>.

Il rosso osservò il volto sorridente della madre e sospirò. Rispose alla stretta e annuì. << Okay, però se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami. E riposati, mi raccomando >>.
<< Oh cielo, Bakagami! Adesso sembri tu una madre iperprotettiva >> lo prese in giro Aomine, scatenando una risata nella donna.
Taiga gli lanciò un’occhiataccia. << Taci, Ahomine >>.
 
 
 
 
Una volta fuori dall’ospedale, tornarono verso casa, fermandosi prima a mangiare al Maji Burger. Rimasero in silenzio per la maggior parte del tempo e quando si separarono davanti ai rispettivi vialetti, Aomine provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

Si sentiva a disagio e non sapeva cosa dire. Non era da lui.
Avevano fatto pace, giusto? Sarebbe tornato tutto come prima, giusto?
“E allora perché mi sento così?”.
 

Alla fine si lasciarono con un semplice cenno del capo e, rientrato, Aomine raccontò tutto a Kise.
<< Per fortuna è andato tutto bene >> commentò il biondo, prendendo una bottiglietta d’acqua dal frigo.
Daiki si sedette su uno degli sgabelli e sospirò. << Già… >>.
<< Quindi tu e Kagamicchi avete finalmente fatto pace? >>.

Il moro sollevò lo sguardo e scrollò le spalle. << Non lo so… credevo di sì, ma non ne sono più così sicuro… >>.
Ryota bevve un sorso e gli sorrise. << Perché non vai a parlargli e basta? Questa storia è andata avanti fin troppo, non ti pare? >>.
 
 
 
La finestra di Kagami era aperta, ma la luce spenta. Aomine si avvicinò e cercò di capire se l’altro si fosse addormentato, ma c’era troppo buio per riuscire a distinguere qualcosa.
<< Ah e va bene. Facciamolo >> disse in sussurro, preparandosi al salto.

Una volta dall’altro lato, gli ci volle qualche secondo per distinguere la sagoma di Taiga: era seduto sul bordo del letto, la testa tra le mani e gli dava le spalle.
“Ma che…”. Lo raggiunse e gli si sedette accanto.

Il materasso si piegò sotto il suo peso e il leggero cigolio delle molle riempì il silenzio della stanza. Vide l’altro sussultare e spostare poi lo sguardo su di lui. Nonostante il buio, la luce lunare che entrava dalla finestra fu sufficiente per illuminare il volto triste di Kagami.
<< Tai, stai bene? >> gli chiese il moro, la voce bassa e preoccupata.

Il rosso prese un respiro e raddrizzò la schiena. << Sto bene. Sono solo un po’ stanco… >>.
<< Sei un pessimo bugiardo, Bakagami. Lo sei sempre stato >>.
L’altro annuì, ma non rispose.

<< Tua madre sta bene, Tai >> disse Aomine con il tono più rassicurante di cui fosse capace, << sta bene. E domani sarà di nuovo a casa >>. Lo vide annuire di nuovo, ma non gli sfuggirono le mani strette a pugno e le spalle rigide.
Poteva quasi vedere i suoi pensieri prendere forma: sapeva cosa Taiga stesse pensando e come si sentisse in quel momento.

La paura di perdere un altro genitore, di restare solo, il sentirsi perso e spaventato. Kagami aveva spesso sofferto da piccolo a causa della morte del padre e se è vero che crescendo l’aveva in parte superata, era anche vero che quella era la prima volta che la madre finiva in ospedale e che lui si trovava ad affrontare una situazione del genere.

<< Lo so >> rispose in un sussurro, << lo so, è solo che… quando ho ricevuto quella chiamata dall’ospedale, quella voce che mi diceva che mia madre aveva avuto un incidente ed era stata ricoverata… per un momento mi sono fatto prendere dal panico… è da stupidi, vero? >>.

<< Non è da stupidi. È una reazione normale: chiunque si spaventerebbe se all’improvviso gli dicessero che un genitore è stato ricoverato in ospedale, quindi smettila di angosciarti per queste cose, capito? >>, si fermò e rimase in silenzio alcuni secondi, tormentandosi le mani, << ehm, Taiga, mi spiace >>.
<< Per cosa? >>.

<< Per non esserti stato vicino. Sarei dovuto essere là con te e invece… se Kuroko non mi avesse mandato quel messaggio… >>.
Taiga fece un piccolo sorriso, ma l’altro non lo vide. << Ti sei fatto cinque chilometri di corsa per raggiungere l’ospedale: nessun’altro l’avrebbe fatto >>.
“L’hai fatto per me…”.

Aomine ridacchiò. << Per il mio Tai questo e altro >>.
<< Ma sono ancora arrabbiato con te, Ahomine >> lo rimproverò il rosso, spostando il busto verso di lui.

Il moro abbassò la testa e incassò il colpo. << Lo capisco >> rispose e si alzò in piedi con l’intenzione di andarsene, pensando di aver frainteso, che Kagami non l’aveva ancora perdonato, che non volesse averlo vicino.

Lo pensò, ma si sbagliava. Prima che potesse fare anche solo un passo, si sentì afferrare per il polso. << Non voglio più litigare con te >> gli disse Taiga, gli occhi che cercavano i suoi nonostante il buio, << queste due settimane sono state orribili e mi sono sembrate infinite. Noi due siamo sempre stati insieme; anche mentre eri a Kagoshima ci sentivamo ogni giorno >>, si fermò un attimo e si morse il labbro, << non mi piace non parlare con te >>.

Daiki sorrise e provò di nuovo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ma questa volta fu piacevole, come un calore che si irradiava dal petto e lo faceva sentire al sicuro, a casa.

Si risedette e allungò una mano, la posò sulla nuca di Taiga e lo attirò a sé, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla.
<< Non piace neanche a me. Facciamo pace? >>.

Sentì l’altro ridacchiare e il suo respiro che gli solleticava la pelle scoperta del collo. << Detta così, ci fa sembrare dei bambini di cinque anni >>.
<< Tu lo sei di sicuro >> lo prese in giro il moro senza muoversi dalla sua posizione. Avere Taiga così vicino, di nuovo, poter sentire il suo calore, la sua risata, poterlo punzecchiare: quanto gli era mancato tutto questo!

Ma era normale avere questi pensieri nei confronti del proprio migliore amico?
Una sottile ma persistente inquietudine gli attraversò la schiena, ma lui decise di ignorarla e di concentrarsi sul momento.

<< Se c’è un bambino di cinque anni qua, quello sei tu, Ahomine! >>.
<< Va bene, allora siamo due stupidi mocciosi di cinque anni, okay? >>.

<< Parla per te! >> rispose Kagami, continuando a sorridere. Non si sentiva così leggero e in pace da quello che gli era sembrato un tempo troppo lungo e, nonostante tutto quello che era successo, avere di nuovo Daiki accanto a sé lo faceva sentire completo, come se avesse riacquistato una parte di se stesso.

Era forse sbagliato pensare così del proprio migliore amico?
Non voleva saperlo, Taiga e non gli importava nemmeno. Kuroko ci aveva visto giusto all’ospedale: lui aveva bisogno di Aomine e questo era tutto ciò che importava.

<< Mi spiace di essermi comportato come un coglione >>, se ne uscì poco dopo il moro, << mi sei mancato, Tai >>.
“Oddio, sto davvero diventando sdolcinato?! Qualcuno mi spari, per favore!”.

L’ultima frase gli era uscita come un sussurro e per un attimo Kagami pensò di aver sentito male, ma le sue labbra si curvarono subito verso l’alto. << Anche tu mi sei mancato >> rispose a voce bassa, quasi come non volesse farsi sentire, ma il silenzio assoluto della stanza e il fatto che la sua bocca fosse vicina l’orecchio di Daiki non lo aiutarono.

Il moro udì forte chiaro le parole dell’altro e Taiga sentì la presa su di sé farsi più stretta.
“Okay, questo è davvero strano e imbarazzante…”, ma non lo era forse ancora di più il fatto che nessuno dei due volesse allontanarsi dall’altro?

Il contatto fisico tra loro non era mai mancato. Abbracciarsi, dormire nello stesso letto, stare seduti sul divano e accoccolarsi tra loro: per loro era sempre stata una cosa normale. Gesti che facevano con naturalezza, senza pensarci e senza curarsi di come sarebbero potuti apparire visti dall’esterno. Non ci avevano mai visto niente di sbagliato o imbarazzante o ambiguo: erano semplicemente loro due e basta.

Ma adesso quella situazione sembrava diversa. Taiga la sentiva diversa. Avrebbe voluto sapere se Aomine si sentisse allo stesso modo, ma aveva paura di rovinare quel momento. Di rompere il contatto.
E in quel momento era l’ultima cosa che voleva fare.
Gli piaceva.
Sentire il braccio di Daiki che lo stringeva, il calore del suo corpo, il respiro regolare, il battito del suo cuore.
Un momento!
Era… accelerato?

Seppur controvoglia, si spostò leggermente dall’altro, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. << Stai bene? >>.
Aomine aggrottò le sopracciglia e inclinò la testa. << Perché me lo chiedi? >>.

Kagami allungò un braccio e posò la mano sul suo petto, senza staccare lo sguardo da lui. << Il tuo cuore sta battendo veloce >>.
Daiki sgranò gli occhi e schiuse la bocca, ma le parole gli morirono in gola. “Oddio, perché mi sento così?”. Deglutì a vuoto e sbatté le palpebre, ma non riuscì a distogliere gli occhi da quelli di Taiga.

L’espressione sul volto, così curiosa, addolcita e preoccupata allo stesso tempo, lo stava completamente paralizzando. “Che diavolo mi sta succedendo?”. Sentì una vocina nella sua testa urlargli qualcosa, ma qualsiasi cosa fosse non raggiunse la sua parte senziente e razionale.

Sollevò un braccio e posò la mano su quella di Taiga, ancora poggiata sul suo petto. << Non credo di stare bene >> disse, la voce bassa e insicura. Vide il volto di Kagami farsi sorpreso e confuso, ma nessuno dei si mosse di un solo centimetro.

<< Daiki, che significa tutto questo? >> gli chiese e avrebbe davvero voluto avere una risposta logica, perché l’intera situazione stava degenerando in qualcosa di assolutamente incomprensibile e lo stava facendo sentire fuori dalla realtà.
<< Non lo so >> rispose il moro e alle orecchie di Taiga la sua voce sembrò in qualche modo ferita, come se non sapesse darsi una spiegazione nemmeno lui e la cosa lo facesse star male.

Kagami vide gli occhi di Aomine abbassarsi sulle sue labbra e il cuore gli schizzò in gola, per poi sprofondare verso il suo stomaco quando il volto di Daiki si avvicinò lentamente al suo.
Il tempo sembrò rallentare e i confini della realtà sfocarsi.
“Perché non riesco a muovermi?”.

Daiki fissò la bocca di Taiga e si chinò in avanti, il corpo che agiva per conto suo. Non riusciva a controllarsi, a pensare, a fermarsi. Aveva perso ogni contatto con la sua parte razionale, la mente ormai spenta.

Fu l’istinto a guidarlo. A dirgli che voleva quelle labbra, che le voleva più di ogni altra cosa in quel momento, che desiderava scoprire che sapore avessero.
Perché erano giunti a quel punto? Perché si sentiva attratto come una calamita al ferro? Perché Kagami lo fissava con quegli occhi grandi e pieni di domande, ma rimaneva immobile, come fosse in attesa?
Perché non si spostava? Perché non lo respingeva?
Perché adesso baciarlo gli sembrava la cosa più giusta da fare e la sola idea gli stava mandando cuore e cervello in pappa?

Chiuse gli occhi e si avvicinò ancora: ormai le loro labbra erano a pochissimi centimetri di distanza. Se Taiga voleva allontanarsi, quella era l’ultima occasione.
<< Daiki… >> fu tutto ciò che disse, in un sussurro, prima che il moro gli chiudesse la bocca con la sua.








SBAM!!! XD finale a sorpresa!! Ammetto di essere stata un po' indecisa se farlo finire così o continuare, ma alla fine ho preferito una bella conclusione a effetto che vi lascerà l'ansia fino al prossimo capitolo X)
seriamente, si entra nel vivo della storia ^^ "era ora" direte voi e c'avete ragione u.u devo dire che mi è piaciuto scrivere questo capitolo: la corsa di Aomine per andare da Kagami, il loro ricongiungimento e la fine *___* di solito non sono una grande amante del fluff ma mi sono lasciata ispirare dalla loro tenerezza u.u <3 spero che il capitolo vi sia piaciuto e che i personaggi non vi siano sembrati OOC *incubo*
premetto che non so quando ci sarà il prossimo aggiornamento... dopodomani parto e al ritorno sarò piuttosto incasinata... :'(
spero che continuiate ad attendermi ^^
ringrazio come sempre tutti voi che leggete, commentate e seguite la mia storia e ricordate che anche un piccolo commento fa sempre felice noi poveri autori ;D
un saluto e alla prossima!

 
  
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