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Autore: Rota    01/09/2015    2 recensioni
Scosta la tenda, in punta di dita.
Sul vetro della piccola finestra c'è calore appannato, sia sui bordi che un poco più all'interno – soltanto una minuscola aureola è rimasta trasparente, e mostra con la chiarezza sognante tipica delle sere d'inverno un esterno ammantato dell'ultima neve candida di Febbraio. Le sue dita morbide lasciano una scia sottile, una curva dolce che finisce nel nulla lì dove sono state sollevate dalla superficie verticale, e i polpastrelli hanno raccolto l'angolo delicato del tessuto bianco per tenerlo sospeso nel vuoto, in bilico come una parete davvero tangibile: non è un segreto ciò che in quel momento viene mostrato, ma è ugualmente prezioso e caro, avvolto da un'atmosfera di malinconia che sfoca già ogni labile definizione più dell'ora tarda.
Aiichirou sospira con sguardo affranto, e una folata di vento davvero freddo fa danzare di fronte al vetro un agglomerato di grossi fiocchi di ghiaccio, trasportandoli poi via; lui si sporge, come se potesse continuare a vederli muoversi, ma torna alla propria posizione pochi secondi dopo.

[MomoTori principalmente; MakoHaru&SouRin]
[Au Sovrannaturale]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Momotarou Mikoshiba, Nitori Aiichirou, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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4. Capitolo quattro

 

 

 

Le persone appartengono al buio esattamente come le persone appartengono alla luce. O forse, per meglio formulare i rapporti di potere che intercorrono tra i vari elementi della natura, è il buio, in egual misura e in egual abbondanza che la luce, a possedere le persone; anima, corpo, sentimenti e storia: ognuna di queste caratteristiche diventano non altro che insieme sempre più infinito, atto a riempire il tutto dell'esistenza.
C'è poca distinzione e nessuna morale di definizione, tra le due parti, perché il bilanciamento finale è la componente più importante e più elevata, anche a discapito del facile giudizio di chi si sente troppo piccolo di fronte all'immenso tutto.
Questi sono concetti che Nitori Aiichirou conosce da tempo immemore, più o meno dal momento in cui sua nonna è diventata consapevole della capacità che l'avvicinava così tanto al proprio nipote. Se ha potuto raccogliere un bambino spaventato da qualsiasi tipo di ombra, facile preda dei demoni più deboli e esigenti, ha potuto anche consegnarlo a una vita con tutte le basi pronte per diventare non soltanto un adulto degno, ma anche un chiromante in grado di gestire se stesso e la grande verità in proprio potere. Non è riuscita a sradicare, dal suo intimo, la paura atavica di fondo, anche se la consapevolezza di una responsabilità in tal senso è più che presente, dentro il ragazzo, e questo non fa che fomentare tutta la sua angoscia più profonda, nel senso di impotenza sempre pronto a comparire nella coscienza presente e nella debolezza fisica che si imputa come una colpa eccessivamente grande.
Aiichirou non ha pianto, quando sua nonna è morta. Pur sapendo cosa sarebbe accaduto entro lo stesso giorno, pur conscio di non aver perso quel contatto spirituale che lo univa con lei, il dolore lo ha toccato ugualmente, impietoso persino nei suoi confronti. E se questo terribile sentimento è stato lenito con l'affetto del sorriso sincero di lei, non ha potuto comunque scomparire di fronte all'evidenza: non c'era più vita in lei, né mai ci sarebbe stato quel calore tanto buono e tanto bello nelle sue mani che lo accarezzavano, lo toccavano, lo stringevano.
Rifugiarsi in braccia incapaci di comprendere il suo tormento interiore o qualsiasi altra sua parola – le braccia dei suoi genitori, verso cui avrebbe dovuto provare la più profonda e incondizionata devozione – non è solo come un tradimento perpetuato a ogni gesto e a ogni singola sillaba, è pur accettare la condizione che quella parte della sua esistenza, quella parte a cui lui non può rinunciare se non con la morte stessa, non avrà mai più lo stesso valore di prima.
Crescere con uno strappo tanto violento porta sconquasso, anche all'anima più pronta; porta una vera rivoluzione, invece, in quella che proprio non è stata avvisata in alcun modo e quindi si lascia travolgere dalla novità senza opporre troppa resistenza.
Aiichirou Nitori riemerge dal buio dei propri sogni anche quella mattina, trascinandosi dietro l'immagine malinconica di un sorriso stanco. Non ha sorriso quando sua nonna è morta, diversi anni prima, ma quella mattina, con le dita che stringono spasmodicamente le lenzuola del suo letto e le gambe divaricate nell'ennesima posizione stravagante, si scioglie in diversi lamenti e in diversi ansimi addolorati.

 

Da qualche giorno a quella parte, l'impressione di essere seguito in ogni dove da una ben specifica anima diventa più certezza, per Aiichirou. Non sono più sporadici episodi che lui coglie, di tanto in tanto, o magari scherzi semplici per attirare l'attenzione di quel raro tale in grado di registrare le sue azioni, ma veri e propri agguati, con tanto di premeditazione e logica.
Il ragazzo ha potuto vedere, non così sporadicamente come avrebbe sperato, la meraviglia iniziale negli occhi dei fantasmi, che diverse volte si è trasformata in successivo tormento per lui e insistenza molesta nei suoi confronti: ha imparato ben presto per questo motivo tutto ciò che è necessario per allontanare gli spiriti da sé, o quantomeno dalle proprie stanze, per non dover farne i conti anche in momenti di intimità e guardia bassa.
Anche per questo motivo Aiichirou non nutre molta simpatia per quel genere di anime erranti.
Mangia con più calma che può il riso nella propria ciotola, portando il boccone bianco tra le bacchette alle labbra e masticando piano; si guarda attorno circospetto, anche in quel momento, perché non ha capito con quale tipo di criterio l'anima si presenti a lui, e non gli piace l'idea di essere colto di nuovo alla sprovvista, come tutte le volte precedenti.
Sua madre, ancora addosso il grembiule giallo che le piace tanto, nota questa sua generale distrazione, e ne è inizialmente incuriosita.
-Ai-chan, tutto bene?
Lui la guarda, con gli occhi sgranati, sorpreso di aver ricevuto una domanda proprio da lei – rimane sospeso senza alcuna reazione, tanto che lei, a quel punto, si preoccupa davvero.
-Ti vedo un po' assente.
Il ragazzo mastica veloce il riso che ha in bocca, per poterla tranquillizzare.
-Sì, mamma. Sto bene.
-È successo qualcosa a scuola?
-No, no davvero.
-Hai poi deciso se vuoi entrare nel club di nuoto?
Aiichirou sa fin troppo bene come la preoccupazione possa assumere diverse forme.
C'è l'interesse indiscreto, molto visibile e riconoscibile, che non dà spazio a dubbi di alcun tipo e si propone più o meno sempre uguale a se stesso. E poi c'è quello con la faccia più bruta e anche più cruda, che si risolve in una presa di posizione che non ammette alternative. Lui deve sopportare entrambe queste cose, dall'una e dall'altra parte del tavolo.
Guarda suo padre con lo sguardo un po' colpevole, già di partenza.
-N-no, non ancora.
L'uomo si trattiene dallo sbuffare, in specie quando la moglie lo guarda male e non dice nulla per interrompere il loro dialogo. Non hanno ancora deciso come comportarsi con la stravaganza di un figlio adolescente, e questo crea non poco disagio tra tutti loro. Sentono di essere colpevoli almeno quanto Aiichirou, e questo non li aiuta nella loro impresa. E poi, c'è anche l'orgoglio e la sfacciataggine del loro essere adulti.
Suo padre non lo guarda in viso, mentre gli parla.
-Dovresti pensarci per bene. Così magari hai qualcosa da fare durante il giorno, e non perdi tempo a pensare troppo.
-Hai ragione, papà.
-E poi ti faresti degli amici. Amici veri.
Fa una pausa solo per alzare lo sguardo qualche secondo verso di lui – c'è la parvenza di un sorriso, sulle sue labbra, e questo crea ancora più disagio in Aiichirou.
-Non ti piace l'idea?
-Mi piace molto, papà.
-Bene. Allora sai cosa fare.
Torna a mangiare in silenzio, senza più alcuna fame.

 

Siede sul letto di camera sua, in attesa. Ha le gambe incrociate sul materasso, una coperta sulle spalle e il pigiama che gli fascia stretto la pancia appena più gonfia del solito. Ha solo una luce accesa: la piccola lampada nuova sopra il suo comodino, poco distante dal cuscino, irradia una porzione di muro e di spazio con un tenue bagliore giallastro. Rimane fermo in quella posa remissiva e senza alcuna difesa, in un invito esplicito ad essere avvicinato.
Stringe un cuscino piccolo, premendoselo contro il petto; i suoi occhi si muovono veloci, da destra a sinistra e viceversa, sondando ogni possibile angolo dimenticato. Immagina ombre che non sono tali, e la sua fantasia è così stimolata dall'ansia che inventa suoni e rumori in realtà per nulla esistenti. Quando si rende conto che le proprie dita sono così tese da fargli male, e che il guanciale che ha tra le braccia è strizzato forse un po' troppo, cerca di rilassarsi con un sospiro, e chiude gli occhi per qualche istante.
Qualcosa batte al vetro della sua finestra. Lui si muove lento, molto lento, cercando istintivamente di rimandare sempre più il primo contatto concreto con quell'essere. Alla fine, facendosi coraggio, riesce a scostare la tenda; non c'è niente, ad attenderlo, soltanto una foglia incastrata nel legno della cornice.
Sospira di nuovo, rilassato come in poche altre occasioni.
-Nitori-senpai!
Sobbalza, con un solo gesto violento, e si ritrova con la pelle d'ora per tutta la propria persona e gli occhi così spalancati da non far vedere più neanche un misero pezzo di palpebra. Finalmente lo vede: è riflesso sullo specchio a figura intera appeso al suo armadio, proprio di fronte al letto. È un ragazzo non troppo alto, con i capelli di un colore acceso – indossa una divisa scolastica di stile piuttosto vecchio, una strana corolla di fiori al collo e un sorriso gigantesco.
Più che altro, Aiichirou è sorpreso dal modo con cui è stato interpellato, perché gli manda al cervello fin troppo informazioni che non hanno spiegazione d'essere.
-S-senpa-
L'altro lo interrompe, con una voce di volume sproporzionatamente alto.
-Nitori-senpai, ci hai messo un po' a vedermi! Sei un po' lento! Come mai hai cercato di ignorarmi per così tanto tempo?
Il ragazzo cerca di ricomporsi, per quanto può: recupera la coperta che intanto è caduta dalla sua spalla destra e si avvolge meglio con quella. Guarda con più attenzione il fantasma, ignorando con tutta la tranquillità del mondo la sua domanda. L'altro è fermo, in attesa di una qualsiasi parola da parte sua, e non gli stacca quegli occhi chiari di dosso.
Decide di parlargli, e così di aprire la prospettiva di un dialogo: i fantasmi, più di qualunque altra creatura di quella terra, necessitano del permesso esplicito dei viventi per poter fare qualcosa.
-C-chi sei?
Il ragazzo si mostra ancora più contento – è quasi paradossale vedere l'intensità della sua gioia nell'espressione del viso, come se non avesse aspettato altro da sempre. E il velocissimo pensiero che sia davvero così colpisce il cervello di Aiichirou per un istante, perché quello dopo tutta la sua persona è dolorante per l'ennesimo strillo che deve subire addosso.
-Io mi chiamo Momotarou Mikoshiba, ma puoi chiamarmi semplicemente Momo! Abitavo qui prima di te!
-Come mai sei nel mio specchio?
-Oh, questo è uno dei pochi posti dove mi è concesso stare! Non posso fluttuare come gli altri fantasmi!
-Ah.
Stringe il cuscino, per istinto. Quello che ha appena sentito lo tranquillizza parecchio, aiutandolo nella consapevolezza che non verrà toccato fisicamente o in nessun altro modo da quella strana creatura. E questo, già di per sé, è qualcosa di positivo per lui.
Si fa un poco arcigno, ora con un tono più rilassato e calmo. Non ha ancora intenzione di rivolgersi a lui con il nome che gli è stato proposto, ma ha qualcosa da chiedergli comunque.
-Perché mi segui?
-Tu puoi vedermi! Vero, Nitori-senpai? Nessun può farlo, in questo villaggio!
-In effetti, non conosco altre persone che abbiano questa capacità.
-Vero! Vero!
Saltella, come un ragazzino giovane. Il tempo si è fermato per, lui, d'altronde, e nella sua personalità pare esserci un poco di fanciullesca vitalità spensierata, capace di gioire delle più piccole cose.
Come un contatto in grado di debellare la solitudine totale, per esempio.
-Sono tanto felice di averti incontrato, Nitori-senpai!
-Perché mi chiami così?
Cerca di zittirlo, in qualche modo, senza accorgersi di star alzando la voce.
-Io ti seguo da parecchio tempo! Tuo padre si chiama Nitori-san, e tu vai alla scuola del comune!
Il fantasma compie un gesto, che è come quello di una persona che si avvicina a uno specchio. Sembra quasi che lui sia confinato in un altro mondo e che quello specchio, come ogni altra superficie riflettente, sia il modo per comunicare con la realtà di Aiichirou.
-Sono potuto uscire da qui grazie a te, Nitori-senpai!
-Potresti smetterla di urlare? Ti sento benissimo.
Dei passi, oltre la porta della stanza, si fermano proprio in prossimità dell'ingresso, e la voce di una donna preoccupata fa capolino tra loro due.
-Ai-chan, tutto bene?
Il ragazzo si affretta a smentire ogni dubbio, con il volto colorato di imbarazzo.
-Sì! Sto bene, mamma!
Torna a guardare torvo il fantasma, che non ha smesso di sorridere. Ci sono i presupposti per un odio ragionevole, per lui, in specie perché non può in alcun modo far fronte alle sue grida senza dar luogo di conseguenza a una serie di equivoci.
Non vuole proprio che suo padre lo senta urlare contro il nulla.
-I tuoi genitori non riescono a vedermi! Ho provato a farmi notare anche da loro, ma gli sono completamente invisibile! Tu invece ci riesci!
-A quanto pare...
-Sono felice, Nitori-senpai! Finalmente non sarò più solo!
È sconfortato, e questo l'altro non sembra troppo capirlo.
Preso da se stesso e dai propri rancori, preso da se stesso e dalla propria realtà congelata: i fantasmi sono sempre così, qualsiasi forma abbiamo e di qualsiasi male siano tormentati.
Ad Aiichirou proprio non piacciono.
Sbuffa, liberandosi di cuscino e coperta aggiuntiva. Si infila con pochi movimenti sotto le coperte del proprio letto, scocciato da tutta quella serie di circostanze che lo riguardano.
-Ora vorrei andare a dormire. Potresti non parlare più?
-Certo! Come vuoi! Sarò più muto di un pesce!
Per un po' c'è anche silenzio, e Aiichirou spera che per il momento gli sarà possibile godere di un poco di pace.
Poi si muove un filo di vento molle, gentile, e trasporta delle parole carezzevoli che gli finiscono direttamente nell'orecchio e dentro l'anima.
-Buona notte, Nitori-senpai.

 

I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is You

[Hoobstank – The reason]

 
   
 
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