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Autore: Araxe    04/02/2009    1 recensioni
L'Ordine della Fenice ha vinto la guerra. Lord Voldemort è morto, i suoi seguaci sono stati sterminati... tutti tranne dieci: l'Alta Corte dei Mangiamorte. Intrappolati dopo mesi di fuga in un castello scozzese dei Malfoy, catturano due ostaggi dell'esercito avversario: il Prescelto e il Principe Mezzosangue. Sono loro che assisteranno alle ultime tragiche ore dei Mangiamorte, sotto la guida di un giovane, bellissimo, carismatico e radicalmente mutato, che nasconde un segreto... anzi, nove segreti.
Genere: Generale, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, Mangiamorte
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 1 : Prologo

 

 

Sembrava andasse tutto bene.

 

Voldemort annientato, i prigionieri liberati, Hogwarts finalmente pronta a riaprire i propri cancelli, i Mangiamorte rinchiusi nelle celle di sicurezza del carcere di Azkaban.

 

Tutto stava, seppur lentamente, tornando alla normalità.

 

Gli Auror e i membri dell’Ordine della Fenice collaboravano attivamente per individuare gli ultimi Mangiamorte rimasti in libertà. Noi studenti di Hogwarts ci impegnavamo a ricostruire le parti danneggiate dell’edificio scolastico, assieme ai professori.

 

Alcuni venivano premiati, altri puniti, come del resto sempre, alla fine di ogni guerra.

 

In questo scenario di rediviva speranza, la mia fama continuava a crescere. Del resto io sono Harry Potter e in quei giorni ero conosciuto come il Prescelto: il salvatore del mondo magico.

 

Ma nonostante tutto, nonostante la fiducia nel domani stesse tornando in tutti noi, non potevamo ancora dormire tranquillamente: alcune celle tra quelle che il nuovo Ministro della Magia aveva ufficialmente destinato ai seguaci di Voldemort erano ancora vuote.

 

Mancavano solo loro: i peggiori, i più pericolosi, i più crudeli, quelli il cui nome veniva pronunciato a bassa voce, quasi con lo stesso timore reverenziale con il quale veniva alluso all’Oscuro Signore.

 

La cerchia più intima di Voldemort: l’Alta Corte dei Mangiamorte.

 

A lungo erano riusciti a sfuggirci: maghi e streghe eccezionali, erano ripetutamente scivolati tra le maglie delle nostre reti. Sapevano fare di tutto, padroneggiavano ogni branca della magia, ma erano in netta minoranza e ormai stremati.

 

Dopo lunghi mesi di ricerca e di fatica da parte nostra eravamo riusciti a intrappolarli nella residenza estiva dei Malfoy: un enorme castello medievale costruito a strapiombo sulla scogliera scozzese.

 

Era stato lo stesso capofamiglia dei Malfoy, Lucius, a guidarci lì. Si era offerto di farlo per salvare la vita sua e quella dei membri della sua famiglia: sua moglie Narcissa e il suo unico erede, il figlio Draco.

 

Mentre la prima si trovava al suo fianco, come lui ormai collaboratrice dell’Esercito della Fenice, del figlio non si avevano più notizie certe.

 

Correvano voci inquietanti: che fosse diventato il braccio destro di Voldemort, che avesse preso il suo posto dopo la sua morte, riuscendo a guidare in salvo dalle nostre trappole, quasi miracolosamente, di volta in volta, i pochi rimasti tra i fedeli del Signore Oscuro. Alcuni dicevano addirittura che si fosse tolto la vita.

 

Insomma, non vi era niente di certo, per quanto io non riuscissi a credere che fosse morto: lo conoscevo bene e sapevo che sarebbe stato troppo facile per me se fosse uscito di scena in questo modo.

 

Ad ogni modo… eravamo alla resa dei conti: erano accerchiati, costretti con le spalle al muro. Ogni via di fuga era stata loro tagliata: non avevano scampo e probabilmente lo sapevano.

 

L’ultima roccaforte dei Mangiamorte stava per cadere e Draco Malfoy sarebbe presto stato solo uno dei tanti prigionieri.

 

O almeno, così credevo.

 

Ingenuamente pensammo che si sarebbero arresi senza combattere: dopotutto era finita. Ma avremmo dovuto prevederlo, sapendo con chi avevamo a che fare. I Mangiamorte ci rimandarono indietro le teste mozzate dei nostri ambasciatori: nella bocca di uno di loro trovammo un messaggio vergato con elegante calligrafia.

 

Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna.

 

Quell’immagine raccapricciante e quelle parole irridenti costituivano una provocazione così evidente e sfacciata che persi completamente il controllo: mi slanciai all’assalto del castello alla testa di un esiguo contingente di Auror.

 

Imprudente e accecato dalla rabbia, non pensai alle conseguenze della mia azione: non riuscimmo nemmeno a raggiungere la soglia del castello che fummo attaccati da quelli che sembravano essere solo ombre, sagome evanescenti di fumo scuro, per quanto sfuggenti.

 

Mi ritrovai incatenato con legami evocati dal nulla, mentre guardavo i miei compagni cadere, l’uno dopo l’altro, sotto i colpi implacabili dei Mangiamorte. Venimmo risparmiati solo in due: io e Severus Piton.

 

Sembrava quasi che quella scelta fosse stata mirata: quali ostaggi migliori del Prescelto e del Principe Mezzosangue?

 

La sala in cui ci portarono era gelida ma splendida: probabilmente era il salone principale del castello. Un enorme caminetto medievale era stato riportato alle sue antiche funzioni: solo le fiamme barluginanti illuminavano i cupi interni del grande salone, nonostante la presenza di un impressionante lampadario di cristallo, polveroso ed apparentemente inusato da secoli.

 

La parete opposta della sala era costituita da una enorme vetrata, che andava dal soffitto fino al pavimento di pietra, permettendo la vista del mare in tempesta e della baia cinta da scogli aguzzi e a strapiombo: le onde erano tante alte da lambire quasi le pendici del castello e il cielo era nero.

 

Venimmo trascinati in un angolo, e udimmo i Mangiamorte che ci avevano catturati discutere brevemente e concitatamente con altri che si trovavano già nella sala.

 

In breve tempo potemmo distinguere due voci. Una sembrava giovane, l’altra era roca, certo appartenente ad un uomo di età matura.

 

-Dobbiamo chiamarlo-  disse la voce giovane, in tono sorprendentemente innocente e spaventato.

 

-Perché dovremmo?- la seconda voce era carica di rabbia repressa.

 

-Forse perché è lui che prende le decisioni, qui?-

 

-Lui non è Voldemort-

 

-Voldemort è morto-

 

-Ma lui non ne è certo il degno erede. Lui non ha mai creduto nel Marchio-

 

-Eppure era più vicino al Signore Oscuro di tutti noi altri… anche di te, Maleagant-

 

L’altro rise, sprezzante.

 

-E’ solo un ragazzino, Damian-

 

-Un ragazzino che è riuscito nell’unica impresa in cui noi abbiamo fallito: rendersi indispensabile. Lo sai: tutti noi eravamo sacrificabili. Lui no-

 

-Non avrei saputo dirlo meglio-

 

Risuonò una terza voce. Elegante, dalla cadenza leggermente strascicata: annoiata, forse. Stranamente familiare. Non proveniva dal centro della sala, dove si trovavano Damian e Maleagant, i Mangiamorte che stavano discutendo, ma piuttosto da un punto sopraelevato.

 

Cadde il silenzio e tutti gli sguardi scattarono verso l’alto, mentre i lumi del lampadario si infiammavano improvvisamente e progressivamente. In quel momento notai che l’intera sala era cinta da un ballatoio: appoggiata pigramente alla ringhiera intagliata intravidi una figura, un lampo di capelli biondi.

 

I suoi contorni si andavano delineando mentre i miei occhi si adattavano alla luce improvvisa: sentii Piton, incatenato alle mie spalle, dare un gemito soffocato.

 

L’aveva riconosciuto e un secondo dopo ci arrivai anche io: era Draco Malfoy.

 

Si raddrizzò con un movimento fluido e appoggiò la mano alla balaustra: iniziò ad avvicinarsi alla scalinata, continuando a parlare.

 

-Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?-

 

Quelle parole latine risuonarono nel silenzio della sala come una goccia d’acqua caduta in una caverna. Non trovando un riscontro alla sua affermazione, Malfoy (quanto era strano chiamare così il mio antico nemico, ora così mutato) sorrise beffardo.

 

-Trovo che Cicerone sia piuttosto adeguato alla situazione… peccato che nessuno di voi sappia apprezzarlo. Fino a quando, dunque, dovrò sopportare le tue parole faziose, o mio personale Catilina?- chiese guardando all’uomo di nome Maleagant.

 

Quest’ultimo si ritrasse inconsapevolmente in una posizione di difesa: aveva forse quarantacinque anni, non era molto alto, scuro di capelli e carnagione, di lineamenti regolari. Piacente, ma non eccezionale, se non per un singolo particolare: i suoi occhi ambrati, da falco. Brillavano di intelligenza e rabbia: lo giudicai un uomo scaltro, ambizioso… probabilmente pericoloso.

 

Un perfetto rappresentante dell’Alta Corte, nonché l’antitesi del giovane che in quel momento aveva iniziato a scendere le scale.

 

Malfoy era cambiato: oh, se era cambiato. Quei mesi di latitanza avevano lasciato ben poco del ragazzetto arrogante e vigliacco che conoscevo a Hogwarts. Da quel che potevo vedere doveva essere sul metro e ottantacinque e di corporatura snella: indossava un maglione grigio perla, indubbiamente di cachemire, leggermente attillato sul torace e sul petto. I pantaloni neri gli sottolineavano le lunghe gambe.

 

I capelli biondo platino ricadevano fino al mento, ponendo in risalto la mascella scultorea, così simile a quella di Lucius. A mano a mano che scendeva le scale riuscivo a distinguere più particolari: il profilo greco, le labbra sottili e tese in una smorfia di scherno. Gli occhi erano grandi e di una strana tonalità di grigio alba, incastonati tra ciglia lunghe e nerissime, in palese contrasto con la carnagione d’alabastro.

 

Il corpo sembrava modellato secondo i canoni greci di bellezza. Fragile ma forte, sicuramente più maturo di quanto l’avessi mai visto ma immagine stessa della giovinezza. Esteticamente bello come un angelo, la sua apparizione emanava tanto carisma da risultare quasi aggressiva… eppure aveva detto solo poche parole.

 

Fece scivolare lo sguardo sul viso di ognuno dei presenti, con espressione annoiata, senza mai soffermarsi più di un istante: poi vide me. Alzò un sopracciglio, apparentemente divertito.

 

-Monsieur Potter, vedo che avete ricevuto la mia piccola nota… disgustosamente retorica, non trovate? Oh, ma scusatemi... je divauge-

 

Riportò lo sguardo su Maleagant.

 

-Insomma, dicevo… fino a quando dovrò sopportare che proprio qui, tra i miei intimi, nella mia cerchia, tra i miei Mangiamorte, vi sia un insolente, un ingrato… un potenziale traditore?-

 

Maleagant parve finalmente riscuotersi. Divenne rosso in viso e sibilò.

 

-Noi non siamo i tuoi Mangiamorte… questa non è la tua cerchia. Tu non sei il Signore Oscuro-

 

Draco sorrise.

 

-Ne ho mai desiderato esserlo. Inoltre…- si sedette sulle scale, abbracciandosi un ginocchio e stendendo l’altra gamba con nochalance. –Spiace contribuire alla distruzione di un mito, ma Tom… è morto. Io… sono vivo- sussurrò.

 

Maleagant sembrava sul punto di scagliarsi contro di lui.

 

-Tu… osi pronunciare il suo nome… dopo quello che è successo… dopo che tu…-

 

-Dopo che lui cosa, esattamente?- domandò una fredda voce femminile.

 

La riconobbi immediatamente: il timbro di voce, gelido ma lievemente forzato, di Bellatrix Lestrange non poteva essere dimenticato facilmente… non dopo che l’avevi sentito pronunciare Maledizioni senza Perdono contro i tuoi amici.

 

Era una donna alta e statuaria, avvolta nei suoi capelli corvini, quella che scendeva le scale per portarsi vicino al nipote: indossava un abito di velluto rosso, di un’eleganza incredibile e anche non certo adeguata alla situazione… come se Bellatrix si fosse vestita per l’ultimo atto della sua personale tragedia.

 

Era impossibile non notare la parentela tra zia e nipote, nonostante i colori fossero diversi (in comune avevano solo il pallore eburneo della carnagione) e così i lineamenti. Forse Malfoy era anche più attraente (in lui si fondevano la bellezza leggermente selvaggia dei Black e quella algida, aristocratica dei Malfoy) ma l’eleganza era di uguale, inconfondibile stirpe Purosangue.

 

Maleagant parve leggermente intimorito dall’apparizione della donna, l’ultima luogotenente ancora in vita del defunto Signore Oscuro, ma si riprese in fretta.

 

-Non vorresti saperlo, credimi…- borbottò rispondendo alla domanda di Bellatrix.

 

Lei sorrise con espressione vuota, all’indirizzo di Draco.

 

-C’è qualcosa che dovrei sapere, nipote?-

 

Lui rise.

 

-Ma chère tante… molte cose. Ma non mi pare sia il luogo ne il momento adatto, trovi?-

 

Lei annuì, ridendo con aria folle: poi si chinò sul ragazzo e lo baciò a lungo, languidamente. Improvvisamente lei mie guance parvero prendere fuoco e, nonostante la situazione, cercai con lo sguardo Rodolphus Lestrange, il marito di Bellatrix. Era un ometto piccolo, insignificante, lievemente butterato… un tipo di uomo che mi sarei aspettato di vedere in ogni altro posto fuorché là.

 

Guardava sua moglie baciare suo nipote, ma certo non la vedeva veramente: il suo viso era privo di ogni espressione.

 

Istintivamente girai lo sguardo: alla luce del lampadario distinsi i volti di alcuni Mangiamorte che conoscevo. I due fratelli Lestrange si trovavano affiancati: mentre Rodolphus continuava ad avere uno sguardo vacuo, Rabastan fissava Bellatrix e Draco, ancora con le labbra incollate in un bacio lascivo, con aria omicida.

 

Languidamente seduta su un’imponente poltrona di pelle vi era una donna avvenente, snella e di lineamenti spigolosi, sui trentacinque: la sua carnagione pallida e la fiamma dei suoi lunghi riccioli rossi emergevano dalla penombra. La sua espressione era perfettamente controllata, i suoi occhi verdi sembravano studiare la situazione intorno a lei.

 

Dietro di lei, con le braccia incrociate appoggiate all’alto schienale della poltrona stava un Mangiamorte che conoscevo solo di nome: Hagen von Leidschaft, membro di una delle più importanti casate di maghi Purosangue dell’area renana, nonché uno degli ultimi vampiri non ancora sterminati dagli Auror. I capelli corvini lunghi fino alle spalle, gli occhi leggermente infossati e cerchiati da occhiaie, le guance incavate, l’incarnato cadaverico in aperto contrasto con le labbra sottili e vermiglie: corrispondeva perfettamente allo stereotipo del Non-Morto, ma ogni possibile ironia sul suo aspetto era smentita dall’eleganza del suo portamento e dall’inquietudine sottile che provocava ogni suo gesto.

 

Tra gli altri Mangiamorte radunati in quella grande sala vi era Alecto Carrow, seduta in terra vicino al camino: si stringeva le ginocchia al petto, vicina alla fiamma come per riscaldarsi. Tutto in lei suggeriva disperazione e miseria: i lunghi capelli color topo arruffati e sporchi, gli abiti trascurati, i grandi occhi sbiaditi. L’avevo vista alla battaglia finale, durante la quale era caduto suo fratello Amycus, ma da allora aveva perso almeno dieci chili e l’espressione sul suo viso dai lineamenti pesanti era smarrita.

 

Nell’angolo opposto alla scalinata stava in piedi, rigido come pietrificato, selvaggio e villoso come sempre, il lupo mannaro Fenrir Greyback: tremava leggermente, come se stesse cercando di mantenere la sua forma umana.

 

Tra queste figure inquietanti quella di Damian, il giovane interlocutore di Maleagant, ancora in piedi in mezzo alla sala, spiccava stranamente per giovinezza e apparente innocente: sapevo che probabilmente anche lui aveva ucciso e torturato e sicuramente aveva almeno dieci anni più di me, eppure sembrava spaurito, fuori posto. Un bambino in una stanza piena di adulti che giocano a un gioco troppo pericoloso per lui.

 

Nonostante il tempo sembrasse essersi dilatato, erano passati solo pochi attimi, quando Malfoy finalmente allontanò Bellatrix da se con un gesto vagamente sprezzante. In quel momento Rabastan esclamò:

 

-Dovremmo piuttosto pensare a cosa fare degli ostaggi… forse potremmo scambiarli con la nostra libertà-

 

Malfoy alzò un sopracciglio, sarcastico.

 

-Ritieni veramente che il quoziente intellettivo medio degli Auror si sia abbassato in modo così drastico nell’arco di un anno? Non hanno bisogno di scambi: dovessimo ottenere un salvacondotto firmato dal Ministro della Magia in persona, dovessimo riuscire ad uscire dall’Inghilterra, finiremmo comunque in mano loro-

 

La donna seduta sulla poltrona di pelle tirò le labbra in un lento sorriso.

 

-Il ragazzino è in vena di frasi melodrammatiche-  osservò, ironica. –Forse è ora che qualcuno prenda il controllo della situazione-

 

-Qualcosa ti fa credere che io non ce l’abbia, Glenda?-

 

Lei si alzò e scosse i riccioli rossi.

 

-Bèh, vediamo…- finse di riflettere. –Siamo intrappolati in una stamberga scozzese…-

 

-Ah ah ah ah…- la interruppe prontamente Malfoy, agitando un dito nella beffarda imitazione di un angelo ammonitore. –Sento una punta di razzismo nelle tue parole? Curioso in un’irlandese-

 

Un rossore improvviso e violento salì alle guance della donna, che tuttavia riprese imperterrita.

 

-Ogni via di fuga ci è stata tagliata, siamo rimasti in dieci, il nostro Signore è morto… e ora che abbiamo in mano una seria possibilità di salvezza…-

 

Lasciò cadere il discorso: percepii la parola “salvezza” riecheggiare nelle menti di tutti i Mangiamorte presenti.

 

-“Salvezza”… otto lettere che vi riportano la speranza solo col pronunciarle- considerò Draco a mezza voce, mentre afferrava con due dita una ciocca di capelli di Bellatrix, osservando i riflessi che la luce creava giocando sulla chioma corvina.

 

La donna era ancora seduta accanto a lui e lì rimase quando il ragazzo si alzò, iniziando a scendere lentamente i gradini.

 

-Purtroppo per voi, oggi queste otto lettere compongono solamente il nome di un’utopia-

 

Ghignò leggermente e si fermò, appoggiando la mano alla balaustra.

 

-Siamo all’epilogo. Il sipario si chiude, gli spettatori- rivolse un cenno distratto a me e a Piton. -Gli spettatori applaudono, i critici già pensano a cosa scrivere sui giornali di domani. E gli attori… bèh, si inchinano. Ricevono fiori ed elogi e poi… spariscono-

 

Riprese a scendere, scandendo una parola per ogni gradino.

 

-Signore… e… signori. La… vera… fine… dei… Mangiamorte-

 

Ora era sul pavimento di pietra, a pochi metri da Damian e Maleagant: quest’ultimo esplose.

 

-NO!- urlò, avventandosi su Draco e afferrandolo per il colletto. –Non siamo ancora finiti! L’importante è giocare bene le nostre carte!-

 

-Ma quali carte?- ribattè Malfoy, senza scostarsi, fronteggiandolo con occhi di ghiaccio. –Tutte le carte vincenti sono in mano loro. E’ come se fossimo già morti. A meno che io non tiri fuori il mio asso nella manica. Ha una piccola controindicazione che forse vi disturberà… mi salvo solo io-

 

La rabbia di Maleagant parve raggiungere il limite: strattonò Draco, lo spinse via con violenza, facendolo barcollare.

 

-Cosa ti fa credere di essere così speciale? Chi sei tu? Non ti salverai, Malfoy, dovessi ucciderti con le mie mani, tu che sei la sola causa di tutto quello che è successo. Tu…- ripetè quella sillaba sputandola con disprezzo. –E’ per colpa tua che lui è morto. Lui, senza il quale non avresti la tua eleganza, la tua parlantina, la tua maledetta cultura. Lui che ti ha dato tutto, lui che ti ha reso quello che sei… lui che si è innamorato di te-

 

-Come tutti, del resto- aggiunse Draco, sdegnoso.

 

Maleagant strinse i denti in un sogghigno.

 

-Non sfidarmi, Malfoy. Non costringermi a raccontare tutto quello che so-

 

-Fallo, invece!-

 

L’urlo di Bellatrix risuonò sotto la volta della sala. La donna si era alzata di scatto, stava ritta sulla scala, con gli occhi di una pazza: tremava leggermente. Ricordai l’amore ossessivo che aveva tributato a Voldemort: la compresi folle di gelosia.

 

Maleagant non la guardò nemmeno: fissava Draco.

 

-Non vuoi che tua zia venga a saperlo, vero?- chiese con voce fintamente comprensiva.

 

Draco non parlò: si limitò a guardarlo con occhi carichi di sfida e forse fu quello sguardo che spinse Maleagant un passo oltre il bordo dell’abisso.

 

-Sai, Bellatrix- cominciò sempre senza guardarla, la voce carica di odio. –Potresti ritrovare tuo nipote nei libri di storia. Ha quasi distrutto Roma. Ha ispirato opere d’arte. E’ stato amante di uomini e donne il cui nome è divenuto leggenda. Ha portato alla pazzia, ha causato dolori inimmaginabili, è stato amato più di quanto sia lecito amare chiunque-

 

Fece qualche passo indietro e abbracciò l’intera sala con lo sguardo: tutti gli occhi si puntarono su di lui.

 

Continuò a parlare.

 

-Permetti, Draco? Ti rubo la scena per qualche istante. Mi prendo la libertà di narrare una piccola storiella, giusto per alleviare l’attesa della fine. Consolati però… il protagonista sei sempre tu-

 

Lo additò con un gesto esagerato, da vaudeville.

 

-Signore e signori- disse in una grottesca parodia delle parole di Malfoy. –Permettete che vi presenti il mio primo attore. In questo secolo lo chiamiamo Draco Malfoy, ma è stato conosciuto sotto molti altri nomi. Lasciate che cominci dall’inizio… non ci vorrà molto e credo che sarà istruttivo per tutti noi-

 

Si voltò verso me e Piton e ci guardò con il disprezzo di un Mangiamorte che posa gli occhi su dei Mezzosangue.

 

-Così avrete qualcosa da raccontare al Wizengamot. Come forse saprete abbiamo potenziato le Giratempo in modo da poter viaggiare attraverso i secoli: particolare questo che dovrete ricordare, perché fondamentale per la nostra storia. Io stesso ho portato quei piccoli, miracolosi congegni magici ad un impensabile livello di perfezione... era la mia peculiarità, per questo mi sono ritrovato coinvolto nei piani dell’Oscuro Signore. Sappiate che Lord Voldemort nutriva un grande interesse nei confronti del passato… aveva imparato che la storia si ripete: non voleva fare gli errori già commessi da altri prima di lui-

 

Fece una pausa, come per raccogliere le idee.

 

-Aveva bisogno di occhi che potessere vedere nel passato: scelse quelli di Draco. Insieme, loro due e me, studiammo otto “maschere”, come amavamo chiamarle. Otto personaggi storici scelti con cura tra quelli realmenti vissuti: non grandi protagonisti, ma figure secondarie... seppur ognuna dotata del suo fascino peculiare. Otto vite, che sommate a quella di Draco facevano nove: le nove vite dei gatti... l’immortalità, se volete vederla così. Lord Voldemort subiva il fascino di questa parola più di ogni altro. Gli interessava inoltre che Draco avesse una preparazione particolareggiata in tutti i campi. Questo, lo riconosco, è riuscito alla perfezione. Probabilmente voleva davvero farne il suo erede… peccato che questo non sia stato possibile: il suo fedele, giovane, bellissimo luogotenente… è diventato il suo amante. E l’ha distrutto-

 

Poi cominciò.

 

-Roma, anno 63 a.C. Lucio Sergio Catilina… la prima maschera del nostro Draco…-

 

Così iniziò il racconto.

 

Riporto quello che ascoltai quella notte e ripetei davanti al tribunale. Mi è stato chiesto dal Ministro della Magia di compilare questa relazione delle ultime ore dei Mangiamorte e non ometterò nulla.

 

Racconterò con la massima fedeltà che mi è possibile la verità su quelle che ormai le pagine di cronaca hanno battezzato le nove vite di Draco Malfoy.

 

 

 

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Sancta sanctorum delle autrici:

Salve a tutti, benvenuti in questa nostra modesta storiella a quattro mani.

Noi siamo Araxe e Facy e vi proponiamo questa interpretazione molto Alternative Universe di Draco Malfoy.

Dal capitolo successivo saranno citati molti personaggi storici: per gli appassionati di biografia (se ne esistono oltre noi) ricordiamo che non c’è nessuna pretesa di veridicità. I personaggi sono realmente esistiti ma le loro vicende sono state modificate per ovvie esigenze di trama.

Non scriviamo a scopo di lucro e non possediamo i diritti su nessuno dei personaggi, eccettuati quelli creati dalle nostre menti contorte.

Ovviamente neanche le varie citazioni non sono opera nostra (e ce ne duole). Se vi interessa sapere gli autori delle suddette non avete che da chiedere.

Nella speranza che vi piaccia e che abbiate la bontà di recensire…

 

A&F

 

 

 

 

  
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