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Autore: soulofthemusic    01/09/2015    6 recensioni
Connor è un ragazzo senza alcun tipo di legame affettivo, una statua di cemento costruita pezzo dopo pezzo dall'odio che cresce dentro di lui. Eppure questa statua nasconde un potere, qualcosa di incontrollabile che riuscirà a cambiare per sempre la sua vita. Nonostante tutto egli scappa, è in continua fuga dal passato e da se stesso, ma che ne sarà di lui quando incontrerà la Ragazza-Dagli-Occhi-Viola? Riuscirà a far pace con quello che è? Un mostro o un essere razionale capace di amare?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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II.
Now - Paramore


Respirò l'aria a pieni polmoni, era fresca, pulita, non c'era più odore di stantio e chiuso, di ruggine e ferro nei suoi polmoni. Era scappato dalla gabbia, aveva perso così tante battaglie nella vita che si era quasi arreso, ma adesso aveva vinto una guerra. O almeno era così che si sentiva.
Il territorio che si stagliava davanti a lui era colmo di alberi, un bosco sconfinato che prometteva libertà con ogni sua foglia. Tutto quello che per il momento quegli alberi avevano da offrire a Connor era il verde della speranza, la rinascita a una nuova vita in cui ambientarsi. Sentiva ogni cellula del suo corpo ridestarsi dall'intorpidimento in cui era caduto negli ultimi diciannove anni, la determinazione era qualcosa che non aveva mai provato, ma adesso che questa si stava impossessando di lui gli piaceva. Aveva uno scopo, qualcosa per cui combattere veramente, la sua esistenza era più piena che mai.
Camminava con calma, non aveva più nulla per cui affrettarsi, avrebbe potuto rispettare i suoi tempi da quel momento e il gusto degli anni a venire era così dolce che bastava a dargli nuova energia per altri passi verso l'ignoto.
Quando mancava poco al calare del sole si fermò in un piccolo spazio tra gli alberi, mangiò il panino che si era portato appresso e riflettè: avrebbe dovuto dormire su un albero o sarebbe stato meglio accendere un fuoco e giacere sul terreno? Optò per la seconda ipotesi poichè sugli alberi non era abituato a stare e aveva paura di cadere nella notte venendo assalito dagli animali selvatici.
Era stato difficile prendere sonno, i rumori degli animali, di rami che si spezzavano e il fischio del vento non gli facevano incontrare le braccia di Morfeo. Era abituato a una pace relativa, ma quella continua guerra per la sopravvivenza era la sua nuova famiglia e si sarebbe abituato in fretta.
Il giorno dopo Connor cominciò a perlustrare la zona intorno a dove si era insediato, voleva controllare se c'era acqua, un posto più sicuro per dormire o semplicemente un nido d'uccelli con delle uova succulente.
Fece molta attenzione a non far rumore, cercò di istaurare un'affinità con quella natura che l'aveva adottato. 
Ad un tratto sentì un guaito.
Non era qualcosa che incuteva timore, ma anzi muoveva a compassione. Doveva esserci un animale ferito nei dintorni e il ragazzo avrebbe potuto approfittarne per avere qualcosa da mettere sotto i denti. Cautamente, senza muovere troppi rami arrivò alla fonte dei rumori e l'orrore gli gelò il cuore.
I guaiti che aveva sentito non erano di un animale ferito, erano di un cucciolo. Vicino a lui il corpo di sua madre giaceva esanime, la lupa aveva il corpo stremato, ricoperto di ferite. Il cucciolo le mordeva le orecchie, spingeva il corpo senza vita con la sua testolina cercando di svegliare la madre. Aveva speranza, quello che Connor aveva perso da molto tempo.
Il ragazzo all'inizio non seppe come comportarsi, non riusciva a decidere qual'era la cosa giusta da fare. Tuttavia dopo il momento di indecisione cominciò a scavare a mani nude una buca nel terreno con il lupacchiotto al suo fianco che muoveva piccole quantità di terra nell'intento, forse, di aiutarlo.
Connor prese il corpo del lupo tra le braccia e con delicatezza lo posò nella madre Terra. Lei dava la vita ed era pronta a riaccogliere ogni suo figlio al momento della morte. Lei era l'inizio e la fine, crudele e giusta. 
Il ragazzo e il cucciolo restarono a contemplare il corpo, quasi a glorificarlo, il primo chiedendosi cosa fosse successo e il secondo perdendo ogni speranza di vedere sua madre muoversi. Dopo alcuni minuti che sembrarono un'eternità i due cominciarono a coprire il corpo con la terra. Con il gusto del dolore in bocca e l'odore della mancanza nell'aria Connor iniziò ad allontarsi mentre tra i suoi piedi un piccolo cucciolo aveva ritrovato la speranza di un'infanzia al sicuro.

 
II.I
The Pretender - Foo Fighters 

Respirava a fatica tra i cuscini che ormai, a causa delle sue lacrime, erano diventati freddi e bagnati. Purtroppo il suo corpo non sentiva più nessun tipo di calore, tutta la vita che aveva dentro se n'era andata, o per meglio dire le era stata strappata da quella che era sempre stata la sua famiglia. 
Ambrosia era una ragazza bellissima, e forse era proprio questo il suo difetto più grande. Quando in una famiglia dell'alta nobiltà scozzese nasceva una bambina con i capelli biondissimi, quasi bianchi e gli occhi verdi tutti avevano delle grandi aspettative da lei. Naturalmente prima fra tutti coloro che si aspettavano una certa crescita e portamento consono dalla ragazza c'era la sua famiglia, peccato che questa non avessei mai usato il senso dell'udito per ascoltare una sola parola di ciò che la figlia diceva. Tutto quello che Ambrosia aveva sempre bramato era stata un po' di attenzione, nulla di più, ma aveva chiesto troppo perchè il suo desiderio non era mai stato ascoltato da nessuno.
Nemmeno la scelta del suo compagno non le era spettata, i suoi genitori insieme a suo fratello avevano scelto per lei un ragazzo ricco e snob che non aveva mai visto prima, discendente di non si sa quale casata. Peccato che quel giovane aitante le avesse strappato ciò che lei aveva di più prezioso da offrire ad un uomo: la sua veriginità.
Era stato il loro primo incontro. Non si erano mai incontrati prima, ma questo non aveva impedito a lui di prenderla contro la sua volontà, tappandole la bocca con una cravatta rossa di cui non avrebbe mai dimenticato l'orribile odore. Era stato crudele, malvagio, doloroso. Eppure, quando aveva cercato di parlarne con la sua famiglia nessuno l'aveva creduta, le avevano dato della bugiarda e insultata nonostante lei fosse arrivata da loro con il cuore in mano e la vergogna dipinta sul viso. Pensavano fosse solo un suo capriccio, che fingesse perchè Lewis non le piaceva. A nessuno era saltato in testa che lei stesse dicendo la verità, che Lewis fosse un moccioso viziato  che andava in giro a stuprare tutte le donne che conosceva. Lui la faceva franca per il suo sesso e il suo lignaggio.
Mentre piangeva lacrime amare Ambrosia sentì la porta della sua camera aprirsi, vide uno dei servitori della casa procedere verso di lei con un lungo coltello nella mano.
«Perché?» chiese la ragazza con voce rotta. «Perchè?» ripetè. Non ottenne risposta, l'uomo non sembrava nemmeno valutare l'idea di fermarsi. Volevano punirla, non le credevano, pensavano avesse mentito. 
Non appena il coltello si mosse verso il suo petto lei lo fermò con le mani nude, sentì la lama trafiggere la pelle mordiba e delicata, il sangue cominciare a sgorgare. Era concentrata sul coltello, lo tratteneva con tutta la forza di cui era capace, il suo senso di sopravvivenza comandava il suo corpo.
Spostò lo sguardo sull'uomo che non appena incontrò i suoi occhi si spaventò. La sua bocca era spalancata, sembrava avesse visto un fantasma o un mostro. Il coltello gli sfuggì dalle mani, rimase nelle mani di Ambrosia mentre lui camminava lentamente all'indietro ancora nel panico, e non appena fu vicino alla porta si voltò e con uno scatto felino si allontanò dalla camera.
Ambrosia non capiva cosa stesse succedendo, se quella era davvero una punizione il servitore sarebbe dovuto arrivare fino in fondo senza fermarsi. Lei avrebbe dovuto portare il segno del suo errore per ricordarsene ogni volta l'avesse visto.
Si voltò verso lo specchio, era la stessa ragazza di sempre: capelli lunghi e biondi, bocca piccola con labbra carnose, naso all'insù, ma gli occhi.. i suoi occhi non erano più del colore dello smeraldo. Erano ametista, profondi e privi di qualsiasi emozione. Non leggeva nulla sul suo volto, nemmeno un po' di sorpresa o shock, non tradiva nemmeno le lacrime che aveva versato poco prima o la paura del coltello che in quel momento era a terra. Si guardò le mani: non sanguinavano più, anche se la ferita che si era procurata sembrava che non si sarebbe rimarginata nemmeno in una settimana. Non c'era nessun segno sulla sua pelle, nessuna punizione, nessun ricordo. Qualcuno le aveva concesso una grazia che lei sentiva di meritare.

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Angolo scrittrice:
Questo capitolo avrebbe dovuto uscire ieri, assieme al nuovo di Chrysalis Of Pain. Vi chiedo immensamente scusa ma sono in ballo con i test di ammissione per l'università e sto completamente perdendo la ragione ç.ç Questo capitolo l'ho scritto ieri notte per poter  pubblicare. Quello di Chrysalis Of Pain arriva domani (se sto su anche questa notte a finirlo) o altrimenti dopo l'esame ( 4 Settembre). Scusatemi ancora, ma faccio tutto il possibile.
Grazie mille a chi ha letto e recensito il capitolo precedente, fatemi sapere cosa ne pensate di questo, mi farebbe enormemente piacere. Mi scuso in caso non abbia risposto ad alcuni messaggi ma sono mooolto impegnata.
Grazie a tutti, al prossimo  capitolo (15 Settembre).

 
Maddy

   
 
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