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Autore: emilla    01/09/2015    4 recensioni
*AU/ College*
Che cosa sarà mai? Una Solangelooo (che sorpresa).
***
-Ma sto scomodo- Nico imprecò sottovoce.
-Allora stenditi e chiudi il becco- sbottò. Will sorrise, stendendosi accanto a lui. Stavano stetti sul divano in due ma non era sicuramente un problema. Affatto. Will gli cinse il fianco con il braccio, facendo aderire il petto con la sua schiena.
-Buonanotte, Nico-
-Notte, Solace-
***
Cosa diavolo ci vedeva Will in lui? Sul serio. Erano gli opposti più opposti esistenti. E cosa gli diceva la testa? Come aveva fatto un ragazzo come Will, così maledettamente allegro e solare, a prendersi una cotta per lui, che aveva così tanti problemi da non ricordarseli nemmeno tutti? Era improponibile.
Era assurdo.
Ma era successo lo stesso. E qualcosa, nell’udire quelle parole, si era acceso dentro di lui. Qualcosa che, francamente, credeva di non poter provare mai più. Una maledetta scintilla di speranza.
Sorrise.
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I’m drowing in the water of my soul.
Nico non riusciva ad addormentarsi. Si sentiva addosso una brutta sensazione…come se qualcosa di orribile stesse per accadere. Will dormiva accanto a lui. Lo osservò. Era un bel ragazzo. Decisamente. Quella sera l’aveva accompagnato al lavoro e poi era tornati a dormire a casa sua. Gli spostò i capelli biondi dalla fronte, intrecciando poi le dita con le sue. Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile, si strinse a lui e tornò a dormire tranquillamente. Nico sorrise leggermente.
Ma quella sensazione c’era ancora.
Sospirò, tirandosi a sedere.
Un fruscio.
Si voltò di scatto, ma comunque troppo lentamente. Una mano gli tappò la bocca, mentre un braccio lo trascinava fuori dal letto. Provò ad urlare, a dimenarsi, ma era dannatamente bloccato.
E poi Will si svegliò. Scattò a sedere.
-Urla e lo ammazzo- intimò l’uomo. Nico rabbrividì. Avrebbe voluto urlargli di scappare  e nascondersi. Sapeva cosa stava succedendo. In un secondo la sua mente ricollegò i fatti.
Erano apparsi in un telegiornale.
Lui era apparso in telegiornale.
Maledizione, era stato uno stupido. Cazzo.
E ora l’aveva trovato. Crono l’aveva trovato perché lui era stato tremendamente stupido.
Chiuse gli occhi, scacciando la paura. Doveva restare calmo e pensare. Non era troppo tardi. Non poteva permettersi di avere paura. Abbassò lo sguardo sul cuscino.
E sul coltello che nascondeva. Una vecchia abitudine.
Doveva solo prenderlo.
Morse la mano dell’uomo, pestandogli un piede. Sentì la presa allentarsi. Ottimo. Colse quel momento al volo e scattò in avanti. Fulmineo afferrò il pugnale. Di nuovo l’uomo lo afferrò e stavolta aveva una maledetta pistola.
Affondò la lama nella spalla dell’uomo.
Uno sparo.
Nico barcollò all’indietro, toccandosi la fronte dove il proiettile l’aveva colpito solo di striscio per fortuna. Nel frattempo l’uomo era caduto a terra, reggendosi la spalla e urlando dal dolore. Nico impugnò la pistola e con tutta la forza che aveva la sbatté in testa all’uomo, che perse i sensi. Si accasciò a terra, esausto. Sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene. Tremava. Tremava come una foglia.
-Chiama…la polizia- ansimò.
-Nico…chi era?-
-Chiama la polizia prima che si svegli-
-Ha cercato di rapirti!- urlò Will.
-Chiama la maledetta polizia, Will!- esplose Nico prendendosi la testa tra le mani. Will stette in silenzio qualche secondo poi obbedì.
-Stanno arrivando- disse dopo aver riattaccato. Nicco annuì, studiando il volto del suo aggressore. E lo riconobbe. Era..
-Iperione- soffiò.
-Lo conosci?- fece Will stupefatto.
-Io…non l’avevo mai incontrato…ma si- si rialzò, stringendosi le braccia al petto. Non riusciva a smettere di tremare. La paura lo assalì. Se Iperione era lì, Crono non poteva essere lontano.
-Nico- lui non rispose. –Come facevi a conoscerlo? Che diavolo mi nascondi?-
-Nulla- provò a dire.
-Nico piantala di raccontarmi stronzate! Sei stato aggredito e per poco  questo tizio che tu conosci non ti ha rapito! E tieni un pugnale sotto il cuscino!-
-Will, per favore…
-No, non voglio più sentire bugie! Dimmi la maledetta verità! Ora!-
-Sta’ zitto, per favore- mormorò affondando le dita nei capelli scuri.
-No! Chi diavolo è questo tizio? E perché cavolo voleva rapirti? Perché…
-Non voleva rapirmi!- esplose Nico, gli occhi pieni di lacrime. –Non solo, almeno-
-Che intendi?-
-Voleva uccidermi- disse mordendosi il labbro.
-Che…cosa?- Nico sferrò un altro colpo in testa all’uomo, che minacciava di risvegliarsi.
-Dovremmo legarlo- riflettè. Si avvicinò alla scrivania e prese dal cassetto un rotolo di nastro adesivo da pacchi. Legò polsi e caviglie e ne mise un pezzo anche sulla bocca. Si lasciò poi cadere sul letto. Will si sedette accanto a lui, sospirando.
-Nico..
-Devo chiamare mio padre.
-Eh?- Nico prese il telefono da sopra il comodino e compose il numero, sapendo che probabilmente non gli avrebbe risposto. Infatti era staccato. Riattaccò e si voltò verso Will.
Gli doveva qualche spiegazione.
 
-Mia madre e  mia sorella sono morte.-
-Cosa?-
-Uccise- gli tremò la voce. –Avevo tredici anni.-
-Perché? Come? Cosa…?
-Non lo so. Era…ora di cena e mio padre stava ritornando dal lavoro. Io ero in salotto. Bianca e mamma in cucina  a preparare la cena. Era una serata maledettamente normale. Poi la porta si aprì all’improvviso. Bianca corse a salutare papà. Solo…non era lui.- si prese la testa tra le mani, i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Affondò le dita sottili nei lunghi capelli neri. Cercò di tenere salda la voce, ma non ci riuscì. Non con i ricordi di quella notte che gli scorrevano davanti agli occhi, sovrapponendosi al presente. –E-era Crono. Le violentò, le picchiò, e le massacrò.-
Sangue. Nico vede e sente solo quello. Sangue. Ovunque. Gli viene da vomitare. Un dolore lancinante all’altezza del petto, mentre le urla di Bianca gli riempiono le orecchie.
Sangue.
-Mi picchiò e stava per uccidere anche me quando lui è tornato. R-ricordo di aver urlato…e di essere svenuto. Quando rinvenni Crono era scappato. E loro erano…erano..
-Nico.-
-Erano…m-morte- riuscì a dire. Chiuse gli occhi lucidi. –Papà giurò vendetta. Voleva uccidere Crono ad ogni costo. E io volevo…voglio che ci riesca-
-E’…questo il lavoro di tuo padre?-
-Lui…gli da la caccia da allora- si passò una mano tra i capelli, raddrizzando la schiena. Tirò un calcetto a Iperione. –Questo qui lavora per lui.- sussurrò. Lo sguardo di Will balzò da Nico all’uomo e poi di nuovo sul ragazzo. Gli si mozzò il fiato.
-Ti ha trovato…-soffiò. Nico annuì, scacciando le lacrime.
Se Iperione era lì, Crono non era lontano. Un brivido di paura gli percorse la spina dorsale. Il panico gli attanagliò le viscere. Terrore puro e semplice. Aveva  una paura folle, immensa, infinita di morire. Eppure sapeva che se Crono fosse riuscito a raggiungerlo per lui sarebbe stata la fine. Riprese a tremare.
Gli era sfuggito una volta, non sarebbe stato così fortunato una seconda.
Un singhiozzò gli sfuggì dalle labbra. Sentiva che la sua fine era pericolosamente vicina. Quanto gli restava? Ore? Giorni? Dubitava di essere ancora vivo entro una settimana.
-Nico- ah già. C’era anche Will. Crono avrebbe potuto fargli del male. Gliene avrebbe fatto e fosse servito ad arrivare a lui.
-Devi andartene- disse con voce tremante.
-Cosa?-
-Non voglio metterti in mezzo in questa storia. Vattene-
-No! No che non me ne vado! Voglio stare con te!-
Will, meraviglioso, coraggioso, tremendamente stupido Will. Dei, quanto vorrei restare con te.
-No- disse. –Tu…ne devi andare. Per favore-
 
-Iperione sembra aver fallito. Hanno chiamato la polizia- Crono ghignò a quella notizia.
-Ah si? Allora mandare i nostri due agenti. E di loro di muoversi. Entro stasera deve essere mio. Non ammetto ulteriori fallimenti. –
-Sono già lì-
-Ottimo-
-Signore…mi riferiscono che con lui c’è un altro ragazzo.-
-Prendeteli entrambi. Potrebbe tornare utile-
 
-Voglio aiutarti, Nico!- protestò Will prendendogli una mano.
-Per favore, devi..
-No! Io resto!-
-Tu non capisci! Non è un gioco, questo! Mi uccideranno, e non voglio che tu sia qui quando succederà!- urlò liberandosi dalla sua stretta. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Lentamente, assaporando il sapore delle sue labbra. Quel bacio sapeva di addio. Di tutto ciò che avrebbero potuto avere insieme e che non avrebbero mai avuto. –Devi andartene, per favore. Devi andartene e dimenticarti che esisto- disse con voce rotta.
-Non potrei mai dimenticarmi di te, Nico- si morse il labbro.
-Devi-
Sentiva le lacrime premere per uscire. Perché quando le cose cominciavano ad andare per il verso giusto, tutto doveva crollare? Voleva solo vivere normalmente. Voleva un futuro, e invece probabilmente sarebbe morto. 
-Devi andartene- ripeté. Si trattenne dal baciarlo ancora. Faceva semplicemente troppo male.
-Lascia…che resti almeno un altro po’- sussurrò.
-Ok- rispose piano. Appena sarebbe arrivata la polizia l’avrebbe mandato via. Avrebbe affrontato quella situazione da solo. Si accoccolò accanto a lui, lasciando che lui lo abbracciasse. Avrebbe voluto tanto poter fermare il tempo e vivere quell’istante per sempre. Nascondersi tra le sue braccia e fingere che andasse tutto bene. Che non stava davvero per morire. Avrebbe voluto che fosse tutto solo un incubo. Avrebbe voluto potersi svegliare e realizzare che nulla di tutto ciò era davvero reale. Avrebbe voluto scomparire, scappare.
Avrebbe voluto, ma non poteva. Crono ormai l’aveva trovato, ed era troppo tardi. E poi…dove sarebbe andato? Non aveva nessuno da cui andare. Tutta la sua famiglia era morta.
No…poteva solo aspettare che la morte arrivasse a prenderlo.
Poi la porta si spalancò.
-Polizia- disse un uomo entrando. Erano in due. –Nico di Angelo?- chiese guardando il moro. Lui annuì, alzandosi e cercando di farsi forza.
-Si…quel tipo ha cercato di rapirmi- i due poliziotti si scambiarono uno sguardo.
-E tu chi sei, ragazzo?- chiese il secondo.
-Will Solace. Cosa gli farete?-
-I nostri colleghi stanno arrivando a prelevarlo per portarlo in prigione. Poi verrà processato. Voi dovreste seguirci in centrale- Nico annuì.
-Va bene-
-Grazie. Prego, di qua-
 
Nico e Will salirono sull’auto. Il moro continuava a studiare il volto dei due agenti. Nelle penombra del suo appartamento gli erano apparsi stranamente familiari. Eppure era certo di non averli mai incontrati in vita sua. Ma era anche certo di conoscerli. Li studiò attentamente.
Dannazione..
-Tutto bene?- gli chiese Will. Nico sussultò. Poi annuì. Abbassò lo sguardo, lasciando perdere i due uomini.
-Si- si mordicchiò il labbro. –Ho…solo una brutta sensazione-
 
-Dove siamo?- chiese Nico guardandosi attorno mentre scendeva dalla volante. –Questa non è la centrale della polizia- si voltò verso uno dei due agenti.
-Nico, attento!- urlò Will. Il moro non fece in tempo a girarsi che sentì un forte colpo alla nuca. E mentre il buio lo assaliva ricordò dove aveva già visto quelle due facce.
Erano assistenti di Crono.
Il suo ultimo pensiero prima di perdere senso fu per Will. Sperò che fosse abbastanza intelligente da scappare.
 
Era legato.
-Nico?- il moro aprì gli occhi. Erano in una stanza fiocamente illuminata, abbastanza grande, interamente in cemento, pareti e pavimento. Una specie di parcheggio sotterraneo.
Erano legati a due sedie. Le corde strette gli segano i polsi e le caviglie. Tentò di muoversi, ottenendo solo di ferirsi.
-Will?-
-Come stai?-
-La testa..
-Hai preso una bella botta-
-Cosa diavolo sta succedendo? Dove siamo?-
-Ci hanno legato e se ne sono andati. Non ho idea di dove ci troviamo. So solo che siamo sotto un edificio che deve essere abbandonato.
-E’ lui. Ci ha trovato- sussurrò Nico sgranando gli occhi per la paura.
-E’..
-Crono.-
 
Nico non rispondeva al telefono. E ciò non andava affatto bene. Ade chiamò il figlio per la centomilionesima volta. Ancora la segreteria. Nel frattempo era arrivato nel suo appartamento. E con sua enorme sorpresa trovò la porta aperta. Ero certo che Nico non dormisse mai con la porta aperta. Glielo aveva insegnato questo. Così silenziosamente entrò in casa, attento a non fare il benché minimo rumore. Il letto era disfatto, ma tutte le luci erano spente. Era vuoto. Non c’era nessuno. Si passò una mano tra i capelli neri e incasinati come quelli del figlio.
Era arrivato troppo tardi?
Lo avevano già ucciso?
E Crono dov’era?
Poi lo sguardo gli cadde sul letto. Un pezzo di carta spiegazzato con qualcosa scarabocchiato sopra.
-Alla vecchia fabbrica- lesse ad bassa voce. Subito dopo lo accartocciò, gettandolo a terra. Così quei bastardi lo avevano rapito. Era evidentemente una trappola, lo sapeva. Ma non aveva molto scelta. Non avrebbe permesso a nessuno di fare del male al suo bambino.
C’era ancora speranza. Nico era vivo ed era questo che contava.
Poteva salvarlo e mettere la parola fine a quella storia. Gettò il proprio zaino sul letto e ne estrasse due pistole che allacciò alla cintura, poi una più piccola che nascose nei pantaloni. Si assicurò che fossero cariche e scese di nuovo in strada. Salì in macchina.
 
La vecchia fabbrica era un capannone industriale abbandonato da anni, quando la ditta produttrice aveva fallito. Era piuttosto isolato dal resto della città e  Ade sapeva che nessuno entrava lì da tempo.
Niente testimoni.
Abbassò il finestrino. Dalla sua posizione vedeva l’ingresso della fabbrica piantonato da due guardie. Prese dal sedile posteriore un fucile. Inserì silenziatore e mirino. Sparò due colpi in rapida successione, uccidendoli entrambi prima che potessero capire cosa stava succedendo.
Non poteva entrare dall’ingresso principale, meglio dal retro. O ancora meglio sarebbe stata una finestra. Ne trovò una già rotta e finì di rompere il vetro con il calcio della pistola. S’infilò dentro. Sbucò in una stanzina buia, illuminata soltanto dalla luce che veniva dalla finestra. Ade estrasse la torcia dallo zaino. La accese e socchiuse la porta. Il corridoio era vuoto così uscì. Doveva trovare Nico al più presto, prima che si accorgessero che era lì.
 
Ade colpì l’uomo alla testa con il calcio della pistola. Quello si accasciò a terra e Ade lo trascinò all’interno della stanza. Dallo zaino prese una bottiglia acqua e lo inzuppò. Lui rinvenne tossicchiando. Ade gli puntò la pistola alla tempia, afferrandolo per l’orlo della maglietta.
-Muoviti o urla e ti ammazzo. – disse freddamente. Quello richiuse la bocca. -C’è un prigioniero qui.- esordì. –Dimmi dov’è-
-Se parlo Crono mi ammazzerà-
-Se non parli ti ammazzo io qui e subito.-
-Chi sei?-
-Dove tengono il prigioniero?-
-Nel magazzino- rispose frettolosamente l’uomo.
-Bene. Quanto uomini ci sono?-
-Una ventina-
-Nel magazzino?-
-In tutta l’edifico. Più Crono e i suoi amici stretti-
-Grazie. Mi sei stato di grande aiuto- e sparò. Non poteva certo permettergli di andarsene in giro a dirlo a tutti.
I magazzini erano nei sotterranei. Nell’ala nord. Calcolò di non trovarsi troppo lontano. Era lì già da un quarto d’ora e aveva ucciso sei uomini. Doveva sbrigarsi.
 
Trovò il magazzino con facilità.
Più difficile fu entrare. Fece fuori un paio di persone strada facendo, ma riuscì ad entrare. Era buio pesto. Nella penombra distinse quelli che dovevano essere macchinari per la produzione di qualunque cosa facesse quella fabbrica prima della chiusura. Poi c’erano i nastri trasportatori. E scatole. Montagne di scatole. Quel posto era immenso. Nico dov’era?
 
Nico era sconvolto. Dentro di lui la paura regnava sovrana incontrastata, attorcigliandogli le budella e facendogli battere il cuore all’impazzata. Voleva urlare e piangere come un bambino, ma la guardia armata davanti a loro fungeva da ottimo deterrente. Aveva la bocca impastata.
Finalmente aveva riconosciuto i due finti poliziotti. Ceo e Giapeto. Ceo era la loro guardia. Stava seduto su una poltrona girevole a montare e smontare la sua pistola sul tavolo accanto a lui, alla luce di una lampadina, unica luce di quel posto.
-Cosa volete farci?- chiese raccogliendo il suo coraggio.
-Uccidervi- gli si mozzò il fiato in gola.
-E allora perché non lo fate e basta?- sussurrò. Ceo ghignò, scoprendo una fila di denti incredibilmente bianchi.
-Prima dobbiamo prendere il tuo paparino-
-C-cosa?-
-Già-
-Ma…lui…lui è qui?-
-Suppongo stia arrivando per salvarti il culo, di Angelo.- non rispose.
-E questo Crono?- intervenne Will. –Lui dov’è?-
-Qui- disse una voce dalla porta. Tutti e tre si voltarono in quella direzione. Un uomo entrò nella stanza. Era sulla quarantina, con folti capelli neri tirati all’indietro da chili di brillantina e occhi che sembravano fatti d’oro, accesi di una luce maligna che fece accapponare la pelle ad entrambi. Un ghigno orribile comparve sulle sue labbra.
E poi arrivò la rabbia. Tanta rabbia paralizzante, che gli fece lacrimare gli occhi.
Quell’uomo aveva ucciso sua madre.
Aveva ucciso Bianca.
Gli aveva portato via un futuro.
Lo aveva distrutto.
Lo aveva tenuto lontano da suo padre per anni.
Era colpa sua.
Serrò i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Crono si voltò verso di lui. Il suo ghigno si allargò.
-E’ un piacere rivederti, Nico. È passato tanto tempo, non trovi?-


Hola. Vi sono mancata?
Questo è il penultimo capitolo. E domenica sarà la volta dell'epilogo. Siamo quasi alla fine.
Lasciatemi una recensione, giusto per sapere cosa ne pensato. Fatelo per me *occhioni dolci*
Gà che ci siete passate a leggere la raccolta su cui sto lavorando. ;)
A Domenica
Camilla 

 
   
 
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