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Autore: Dietrich    02/09/2015    4 recensioni
[Haikyuu]AU, slice of life. [KageHina; accennate DaiSuga, KuroKen, BokuAka]
"Tutto questo “amore nell’aria” lo stava mettendo a disagio. E non che non ci fosse mai stato, sia mai. Era stato letteralmente cresciuto da Koushi e Daichi, e Kenma stava con Tetsurou ormai da anni. Anche il resto dei suoi amici era impegnato, chi di recente, chi da un po’. Non era quello il problema. Non si stava neanche avvicinando San Valentino, e allora perché tutta quella espansività amorosa, palese o meno, lo infastidiva così tanto? Lui, che aveva sempre un sorriso sulle labbra, si ritrovava sempre di più con il muso, o mogio mogio alla cassa, rimproverato dagli sguardi di Daichi.
Solo Koushi sembrava aver capito un po’ il suo stato d’animo, ma qualsiasi intervento di sorta per migliorarlo, non aveva dato molti frutti. Se il primo a non capirsi era Shouyo stesso, come potevano capirlo gli altri?
‘È un momento, passerà’ continuava a ripetersi il ragazzo, e così i giorni passavano."
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Karasuno Volleyball Club, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quella via gli era sempre piaciuta.
Anche se in città, era sempre verde. Gli alberi che la costeggiavano, i tram – anch’essi verdi – che la frequentavano. Persino le panchine sui marciapiedi, persino alcune insegne dei negozi e dei locali affacciati su di essa, erano verdi o ricordavano tale colore.
Quella via, affollata o meno, di giorno o di sera, gli dava sicurezza. Forse perché c’era nato e cresciuto, forse perché la conosceva come le sue tasche, al contrario del resto della città, in cui poteva perdersi così facilmente.
Suo fratello adottivo – Koushi – e suo marito – Daichi – avevano preso le redini del ristorante di famiglia, e ormai erano quasi un’istituzione, da quelle parti. Come più o meno il bar del suo migliore amico – Kenma – proprio accanto al ristorante, che gestiva insieme al suo ragazzo - Tetsurou.
Anche nel casino delle serate piene al ristorante, o delle mattine chiassose al bar, Shouyo Hinata si era sempre sentito a suo agio in quella via. Il lavoro poteva subissarlo o essercene così poco da permettergli di sgattaiolare da Kenma per giocare con i suoi videogiochi, ma mai un momento si era sentito fuori posto. Mai un momento fino a quell’anno, o meglio, quella settimana. No, anzi, quei due-tre giorni forse?
Probabilmente aveva a che fare con l’anniversario imminente di Koushi e Daichi. Ma anche con le volte in cui Kenma gli aveva fatto palesemente capire che gli stava lasciando quasi in dono molti suoi videogiochi perché lui non aveva più il tempo per giocarci, causa visite sempre più frequenti a casa di Tetsurou. Abitando nel quartiere adiacente, Shouyo ormai aveva la netta sensazione che il suo migliore amico gli potesse annunciare un suo imminente trasloco da un momento all’altro.
Tutto questo “amore nell’aria” lo stava mettendo a disagio. E non che non ci fosse mai stato, sia mai. Era stato letteralmente cresciuto da Koushi e Daichi, e Kenma stava con Tetsurou ormai da anni. Anche il resto dei suoi amici era impegnato, chi di recente, chi da un po’. Non era quello il problema. Non si stava neanche avvicinando San Valentino, e allora perché tutta quella espansività amorosa, palese o meno, lo infastidiva così tanto? Lui, che aveva sempre un sorriso sulle labbra, si ritrovava sempre di più con il muso, o mogio mogio alla cassa, rimproverato dagli sguardi di Daichi.
Solo Koushi sembrava aver capito un po’ il suo stato d’animo, ma qualsiasi intervento di sorta per migliorarlo, non aveva dato molti frutti. Se il primo a non capirsi era Shouyo stesso, come potevano capirlo gli altri?
‘È un momento, passerà’ continuava a ripetersi il ragazzo, e così i giorni passavano.
 
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Quella via era il suo tempio. Qualsiasi cambiamento veniva accettato, elaborato e immagazzinato.
Qualsiasi nuovo colore con cui venivano pitturate le palazzine, o i negozi. Qualsiasi nuovo impiegato, o cameriere. Tutti conoscenti, tutti una grande famiglia. Le sere libere si usciva, si raggiungeva a volte anche il quartiere adiacente, e si festeggiava come se quello fosse sempre l’ultimo o il primo giorno di vacanza.
Anche durante questo suo periodo un po’ triste, Shouyo non si perdeva nessuna novità, nessuna uscita tra amici.
Eppure, quel nuovo negozio all’angolo proprio non se l’era aspettato. Come se fosse spuntato così, dal nulla, con il suo proprietario dalla parlantina svelta e vanitosa – già da subito antipatico a Daichi e Tetsurou – il suo socio, che in sua vece appianava ogni antipatia sul nascere e si faceva già benvolere da tutti, e il suo unico commesso.
Per un negozio di articoli sportivi, un commesso solo era poco. Eppure ce la faceva. Avanti e indietro, magazzino-clienti-cassa e così via, quel nuovo ragazzo dava il cento per cento e non sembrava mai stanco. Era quasi una leggenda dopo neanche una settimana e non si faceva che parlare di quel negozio.
Questo infastidiva Shouyo, più di quanto volesse ammettere. Non era da lui provare antipatia per qualcosa – qualcuno – che ancora non conosceva. Solo quel Tooru e il suo socio Hajime erano venuti al ristorante per i soliti ‘saluti al vicinato’. Il commesso, mai. Ora, andava bene tutto, ma quella era bella e buona maleducazione.
Checché ne dicesse Kenma, che con il suo solito fare svogliato aveva tagliato corto sulle sue lamentele ormai giornaliere, rispondendogli: “Guarda che è bravo. Vallo a conoscere”. Purtroppo, la testardaggine di Shouyo, nel bene e nel male, era conosciuta tanto quanto la sua solarità.
Perciò, l’incontro tra lui e Tobio – il famoso commesso stakanovista – era avvenuto per caso, senza programmazioni di sorta.
 
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“Sei di queste parti?”
“Cosa…? Oh sì, certo. Hai bisogno di indicazioni per il tram?”
“No, no. Me lo chiedevo perché è  la prima volta che ti vedo”
“Beh, è strano…io sono nato qui, ci vivo da sempre. Tu piuttosto…vieni dal quartiere vicino?”
“No, vengo dal centro. Mi sono trasferito in questa via da poco”
“Davvero?! E da quando? Conosco tutti qui, e…anche io non ti ho mai visto!”
“Sarà ormai una settimana…abito laggiù, sopra quel negozio. Lavoro lì”
“…”
“C’è…c’è qualcosa che non va? Perché sei diventato dello stesso colore dei tuoi capelli?”
“Ci sono nato così, hai qualche problema?!”
“Ehi, calma…non capisco perché ti sei arrabbiato di punto in bianco! Se ti sto disturbando, bastava dirmelo”
“Non…non mi stavi disturbando, sono in pausa. Però…insomma, tu sei…”
“Io sono Tobio. Tobio Kageyama”
“Questo lo so! Non intendevo il tuo nome!!”
“…Ehi, come fai a saperlo? Come fai a conoscermi se non mi hai mai visto qui? Sei per caso…un poliziotto in incognito…?”
“Che diavolo vai blaterando! Per essere il famoso commesso prodigio, certo che sei scemo!”
“Ehi, a chi hai dato dello scemo, eh?! Razza di…idiota!”
“A chi stai dando dell’idiota!? Solo perché non lavoro tanto quanto te, non significa che io sia meno di te!”
“Chi l’ha mai detto! Non capisco perché è da prima che ce l’hai con me! Dici che sono scemo, ti incazzi e continui a parlare del mio lavoro! E conosci anche il mio nome! Si può sapere qual è il tuo problema?!”
“Il mio problema sei tu! Sei nuovo, non ti sei mai fatto vedere in giro, già sei sulla bocca di tutti e…e…dannazione, non sei mai venuto a pranzo qui! Sei una leggenda e…ed è la prima volta che ti vedo, quindi devo averti fatto una bruttissima impressione....Scusa”
“…Fatti perdonare, allora”
“Che cosa?! Ma chi ti-…!”
“Fatti perdonare ed esci con me stasera”
“…”
“Non arrossire e rispondi”
“Taci… Ok. Alle nove davanti al bar qui a fianco. Ti farò conoscere i miei amici”
“Sono esagitati come te?”
“Ah. Ah. Ah. Simpatico. No, è gente normale, ci si sta bene. Ritarda e ti pianto in asso”
“Sono sempre puntuale, quando prendo un impegno”
E ti pareva…”
“Cosa?”
“No, niente….a stasera allora”
“Certo, a stasera. Ciao… perdonami, non ti ho chiesto come ti chiami”
“Shouyo. Shouyo Hinata”
“A stasera, Shouyo”
“Ciao”
No, decisamente, quel primo incontro non se l’era proprio aspettato.
 
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Quella via, quella sera, sembrava più luminosa di tutte le altre. Eppure, era solo breve il tratto che collegava il suo quartiere a quello adiacente.
Dal bar di Kenma erano già arrivati in fondo alla via, chiacchierando e camminando, il solito gruppo di amici che già si era stretto, curioso, attorno al nuovo arrivato. Per la gioia e l’imbarazzo di Shouyo.
Inutili erano stati i vari tentativi di Kenma di tranquillizzare pigramente il suo amico. Le frecciatine di Tetsurou, accompagnate dalle varie esclamazioni di incitamento di Koutaro – il suo inseparabile bro – non avevano di certo aiutato. Stavano dando tutti per scontato – persino Daichi e Koushi! – che Tobio l’avesse invitato a uscire con tutte le intenzioni di chi ti chiede un appuntamento, ma Shouyo gli avrebbe dato il proverbiale due di picche coinvolgendolo in una serata tra amici.
“Ma se si sta divertendo tantissimo!” aveva provato a difendersi, con tono lamentoso.
“Certo, perché noi siamo fantastici. Vero, bro?”
“Ovvio, bro!”
“Shouyo, il punto è che se un ragazzo viene a parlare con te, da solo, quando te ne stai palesemente in pausa nel retro del tuo ristorante, a giocare con la PS di Kenma, chiedendoti poi di uscire con lui per ‘farti perdonare’…allora, bello, penso che voglia dire soltanto una cosa. Dico bene, bro?”
“Certo, bro!”
“…Kenma?”
“Tetsurou ha ragione, Shouyo. E anche Koutaro. E anche io, nonostante questo non sia proprio uno di quei tipici scenari da dating sim…”
“Vi odio!”
“Noi invece ti amiamo, piccoletto”
“Ben detto, bro!”
“E probabilmente anche quel ragazzino là che ti guarda da ormai mezz’ora con occhi da cerbiatto in cerca di accoppiamento, ti ama”
“Ma se neanche mi conosce!”
“Per quanto illogico…mai sentito parlare di ‘colpo di fulmine’?”
“No, non anche tu, Keiji! Pensavo stessi dalla mia parte!”
“Shouyo, sono dalla tua parte. Lo sai che anche io non li sopporto quando si coalizzano con tutti quei loro ‘bella bro, grazie bro’, eppure stavolta…hanno ragione. Non sarà vero amore, o quelle cretinate lì, ma io penso che tu a quel ragazzo piaci, e se non ci vai a parlare ora e te lo porti via, sarà un’occasione sprecata per sempre”
E se anche Keiji lo diceva, il più logico e con i piedi per terra in mezzo ai suoi amici – il perché fosse fidanzato con Koutaro, il suo esatto opposto, ancora lasciava molte persone perplesse – allora probabilmente era vero.
 
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“…Ti va…ti va di farti un giro? Con me intendo. Da soli. Verso la nostra via”
Rosso forse quasi quanto i suoi capelli, Shouyo si era fatto avanti, e la risposta affermativa di Tobio l’aveva lasciato così spiazzato da zittirlo per tutto il resto del tragitto, fin davanti al suo ristorante.
“A domani, allora. Mi assicurerò di passare di qui più spesso”
“C-certo, ok…allora, a domani”
“Grazie”
“Di…cosa?”
“Per stasera”
“E perché? Te lo d-dovevo, no?”
“No, sono stato io a impormi. Mi ero già visto arrivare un gigantesco ‘NO’ come risposta. Ma poi hai detto di sì e…”
“E? Adesso perché sei diventato tu rosso?”
“N-non…non è vero! Sono le luci…sì, le luci dei lampioni! E non ridere!!”
“…Grazie anche a te”
“P-perché?”
“Perché mi hai dimostrato che non devo più credere ai ‘sentito dire’, che devo andare oltre le prime impressioni e…che le persone perfette non esistono”
“Dovrei sentirmi insultato? No, perché ho questo vago sentore…”
“No, ma che! Anzi, ti stavo facendo un complimento…ma non sono molto bravo con le parole, quindi dovrai accontentarti”
“Me ne sono accorto che non sei bravo con le parole…”
“Ehi!”
“Ma anche questo mi piace di te”
Tobio aveva lasciato un vuoto, sotto la luce del lampione, dopo che se ne era andato via con quel sorriso imbarazzato, e Shouyo poteva dire con certezza che la sua sagoma era impressa a fuoco nei suoi occhi, nel suo cuore, sulle sue guance del colore dei suoi capelli.
Sulle sue labbra, le stesse che Tobio aveva baciato così impunemente, rubandogli per sempre qualcosa. Regalandogli quella tranquillità che solo la sua via, lì davanti a lui, gli dava, e gli aveva sempre dato.
 
Forse, finalmente aveva trovato anche lui quel qualcosa che tutti gli altri avevano.
Forse, la tristezza se ne era andata, spazzata via da qualcosa di più problematico, è vero, ma non meno eccitante.
Forse Tobio neanche lo sapeva, ma quel primo sguardo, quel primo ‘Sei di queste parti?’, quel primo sorriso appena accennato, quel nome – e il proprio, pronunciato da quella voce seria e sincera – erano bastati per far capire a Shouyo Hinata, senza alcun dubbio, che era lui ciò che gli mancava, ciò che gli era sempre mancato per essere davvero felice.
   
 
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