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Autore: Nerhs    02/09/2015    0 recensioni
"E' stato solo un angelo che ha sfiorato le mie labbra"
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«Io non volevo deluderti Cal. Cosa posso darti? Sarebbe tutta un'immensa bugia»
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Day 1
 
                                                                               Musica: Ludovico Einaudi - Nuvole Bianche
 
Mi ero appostata dietro una colonna del centro commerciale nel quale il mio Assegnato stava facendo delle compere. Era insieme ai suoi amici e alla sua fidanzata, ma a me doveva importare di lui.
Una voce nella mia testa continuava a ripetermi perché io mi stessi nascondendo se, nessuno, eccetto lui, potesse vedermi. Ma era proprio per quello che mi nascondevo, non volevo che lui mi vedesse.
Calum era un ragazzo alto, molto bello, con un fisico allenato e la carnagione scura. Non sapevo molto di lui, perché dovevo ancora imparare a conoscerlo, ma mi chiedevo il perché quei ragazzi volessero ucciderlo. Sembrava un tipo calmo, al quale piaceva ridere e scherzare, non quel genere di ragazzo che si intromette in risse o scommesse di gioco.
Decisi di abbandonare il mio nascondiglio e quando mi immisi nel corridoio immenso della struttura, mi sentii una misera ombra. La gente mi passava accanto, e non mi notava. Un ragazzo mi era persino venuto addosso, e mi aveva trapassata, come se io non fossi stata lì, come se fossi fatta d’aria.
Tirai su col naso e ripartii all’inseguimento.
Calum aveva nella mano sinistra alcune buste sulle quali leggevo loghi mai sentiti prima e con la mano destra teneva stretta la mano di una ragazza alta quasi quanto lui, con dei lunghi capelli rossi e la pelle abbronzata. Mi avvicinai con cautela e iniziai a camminare dietro di lui.
I loro amici camminavano di fianco a me, ma nessuno se ne accorgeva. Erano due ragazzi, entrambi della stessa età, più o meno. Facevano molto chiasso mentre parlavano, tanto da costringermi a coprirmi le orecchie.
Mi avvicinai ad uno dei due, che aveva dei superbi occhi azzurri e provai a leggergli la mente, senza molto successo. Tutto ciò che riuscii a percepire furono dei rumori confusi. Iniziai a fissarlo e a cercare una qualche imperfezione sul suo viso, ma non ne trovai. Provai ad allungare una mano tremolante verso un piccolo cerchio di metallo nero che gli circondava il labbro inferiore, ma il mio dito volò oltre, senza scalfirlo minimamente. Decisi che forse era meglio allontanarmi e così feci. Ripresi a camminare, però avanzai e mi misi proprio alle sue spalle. Lui fortunatamente non se ne accorse.
Percepii i suoi discorsi insieme agli altri ragazzi e capii che il sabato sera, ovvero, se non sbagliavo, tre sere dopo, si sarebbe tenuta una grande festa a casa del loro amico Austin. Non conoscevo questo Austin ma mi auto-invitai alla sua festa, con il semplice scopo di proteggere Calum.
Avanzai di qualche passo fino a superarlo e mi misi a camminare di fronte a lui, senza più guardarlo.
D’un tratto una bambina, iniziò a correre verso di me, con le braccia aperte, come se potesse realmente vedermi e io, mi bloccai, pronta a sollevarla tra le braccia. Rideva ed era spensierata e come mi fu vicina, il suo corpo trapassò il mio, come se non mi avesse vista, come se non mi avesse sentita. Di nuovo.
Come se potessi ancora piangere, sentii un groppo in gola salire e stringersi nella trachea. Ero così solo da un giorno e già non volevo più essere un angelo. Mi girai verso di Calum che come me, aveva assistito alla scena e si era bloccato esattamente dietro di me. Mi fissava con i suoi grandissimi occhi marroni, sbarrati e sorpresi. Non era certamente una cosa da tutti i giorni vedere una bambina che passa attraverso il corpo di una ragazza, come un fantasma.
Iniziai a correre lontano da lui e mi nascosi dietro la statua del clown di un McDonald’s a fissarlo. Era rimasto lì, a guardare il punto in cui fino a poco prima, c’ero io. Il ragazzo con gli occhi azzurri gli scosse una spalla richiamandolo a sé.
 
«Cal, che c’è? Hai visto per caso un fantasma?» rise lui
«T-tu…voi, voi non avete visto?» chiese spaesato
«Cosa Cal?» chiese la ragazza
«La ragazza col vestito bianco…era qui»
«Pft, ora hai anche le allucinazioni!» rise sguaiatamente la ragazza
 
Calum, ancora basito, mi cercò attorno a sé, ma non mi vide e continuò per la sua strada.
 
 
Entrai nella vecchia casa che condividevo con i miei genitori e, trovandola vuota, sgattaiolai nella mia vecchia camera. Nulla era stato mosso dalla mia morte. Il letto era rifatto e le lenzuola erano profumate. I poster di band e cantanti erano rimasti attaccati alle pareti e i miei cd impalati su uno scaffale della libreria.
Mi avviai verso il bagno e mi guardai allo specchio. I contorni della mia figura erano sfocati ed emanavo una luce spettrale.
Sentii una tremenda fitta alla schiena, dalle scapole alla base della spina dorsale, tanto forte da costringermi a piegarmi dal dolore. Alzai piano il vestito bianco con cui mi ero svegliata la mattina dopo la Transazione e lo sfilai. Mi voltai verso lo specchio e due grandi cicatrici traslucide si estendevano dalle scapole evidenti alla base della schiena. Sembravano fresche, appena intagliate, erano ampie e dritte. Formavano come una V che andava a chiudersi verso la fine. Provai a sfiorarle, ma il bruciore aumentò, facendomi scostare la mano come se mi fossi bruciata.
Mi chiesi se quelle non fossero le piaghe dalle quali un giorno sarebbero spuntate le ali, ma esistevano veramente quel tipo di angeli? Insomma, ad Ashton non le avevo viste. Forse era solo una di quelle fantasie che si raccontano ai bambini e che vengono scritte nei libri. Forse le ali non esistono, eppure io avevo delle cicatrici allucinanti lungo tutta la schiena. Scossi la testa, convinta del fatto che avrei chiesto spiegazioni al mio amico angelo il più presto possibile e ripresi il vestito bianco, rigirandolo. Attaccata alla stoffa che prima aderiva alla pelle della schiena, trovai una piccola piuma bianca. Me la rigirai tra le mani e quando la strinsi in un pugno, la ritrovai congelata. Il contatto soffice era sparito, abbandonandosi ad un tocco freddo, immobile. L’elasticità aveva lasciato posto alla rigidezza. Mi domandai il perché di quella fossilizzazione, e la riposi nel mio vecchio comò, sotto ad alcune magliette.
Mi avvicinai al mio vecchio letto e mi allungai verso lo scaffale più prossimo della mia libreria, dove tenevo tutti i miei vecchi diari. Ne afferrai uno a caso, con una sgargiante copertina rosa, e lo aprii alla prima pagina che mi capitò.
 
Caro diario,
oggi mi sembra di essere solo così felice. E va bene.”
 
Sorrisi e richiusi il diario.
Quella felicità sembrava essere svanita nel nulla. Io non ero felice. Non ci capivo più nulla. Non sapevo più chi ero, cosa dovessi farci ancora in quel mondo. Ero morta, qualcuno di più potente aveva voluto che andasse così, e allora perché proprio quel qualcuno mi aveva rivoluta sotto questa forma? Io non ne ero in grado. Mi ero fatta beccare il primo giorno. Non ero in grado di proteggere qualcun altro che non fosse me stessa. Quel gesto di puro coraggio io lo avevo compiuto per pura protezione personale. Non volevo che qualcuno infrangesse i miei principi fondamentali e così li avevo protetti, avevo protetto ciò che ero. Io non ci pensavo neanche a Calum. Io neanche lo conoscevo. Mi venne la voglia di piangere, ma non potevo. Gli angeli non possono piangere.
Tentando ancora una volta, mi allungai verso lo scaffale più alto della libreria e afferrai il mio vecchio mp3, uno di quelli lunghi e sottili, vecchio e malridotto. Mi infilai le cuffiette e sperai con tutta me stessa di poter ancora sentire quella melodia armoniosa e straziante. Pigiai sul pulsante al centro e come una tempesta, le prime note della canzone mi sovrastarono le orecchie.
Mi stesi sorridendo sul mio letto, a pancia in su, lasciandomi cullare dalle magiche note di “Nuvole Bianche”  credendo che forse, quella felicità, non era poi tanto lontana.
  
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