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Autore: Akilendra    02/09/2015    2 recensioni
"Come si può fermare un cuore innamorato? Come gli si può dire che deve smetterla? Smetterla di amare, perché un cuore innamorato è un cuore malato e l'amore è la sua unica malattia, l'amore è la sua unica cura. Come si può fermare un cuore innamorato?
Non si può.
Continuerà ad amare sempre, si farà male, si farà bene. Togligli l'amore e appassirà. Diventerà arido e ghiacciato, duro come il marmo. Togligli l'amore e guarirà, ma sarà morto.
Loro erano vivi. Malati di amore, ma vivi."
Questa è la storia di due parabatai: iniziata a scrivere quando avrei tanto voluto leggerla, interrotta quando ho saputo che c'era e che sarebbe uscita, completata nell'attesa dell'unica ed originale scritta dalle ben più degne mani di Cassandra Clare.
Questa è la storia di Ben e Lena.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beh, se c'è anche solo una persona che sia ancora interessata a questa storia, direi che questo è il momento per farsi viva...





24. Ad occhi chiusi

Chiudi gli occhi e vedrai
(Joseph Joubert)



Non avevano percepito le lacrime fin quando non gli avevano bagnato i visi, non avevano sentito le urla fin quando non avevano ferito perfino le loro orecchie. Erano stramazzati al suolo, come due torri demolite con dell'esplosivo e l'avevano fatto all'unisono, sincronizzati fino all'ultimo, in un movimento a specchio che desse loro l'illusione di essere ancora insieme.
Ma erano soli. Chiudevano gli occhi ed erano soli. Non c'era più nei pensieri la voce dell'altro, non c'era più dentro di loro quella scia reciprocamente onnipresente. Soli. Erano una ad un passo dall'altro eppure non sarebbero potuti essere più distanti.
Una voce parlava chissà dove, chissà chi era, chissà che diceva. Non importava. Qualcuno parlava e loro non sentivano, il dolore era assordante, unico e prepotente: calamitava tutta l'attenzione, non lasciava spazio a niente.
Ed insieme, ma senza più saperlo, pensarono che sarebbero morti là, così, senza spiegazione e senza perché. Sarebbero morti, perché era impensabile vivere una vita con quella sensazione dentro ed era ancora più impensabile illudersi che se ne sarebbe andata. Sarebbe rimasta per sempre, una cicatrice che non è mai tale, una ferita sempre aperta, sempre pronta a gettare sangue fino a prosciugare le vene. Come se all'improvviso ti avessero strappato un braccio... Ma no. Di più. Ti avevano rubato una parte di te, ti avevano cambiato, era come... Era come non essere più se stessi, guardarsi dentro, respirare, camminare... E non riconoscersi.
Avete la minima idea di come ci si può sentire? No che non ce l'avete. Non avete la minima idea di cosa voglia dire tutt'un tratto essere morti, sentirsi vivi, ma essere morti.

Qualcuno disse qualcosa. Urlò. In un attimo Lena fu scaraventata lontano. Aprì gli occhi, forse non li aveva mai chiusi, riconobbe davanti a sé il viso arcigno dell'Inquisitore e in meandri nascosti della sua mente formicolarono informazioni confuse: premevano e sgomitavano per riportare a galla qualcosa che era sicura di sapere, che cercava disperatamente di ricordare.
L'Inquisitore parlava e lei non ascoltava una parola. Uno schiaffo, che in quel momento, con ciò che aveva dentro, somigliava più ad una carezza. Due. Tre. Qualcun altro urlò ed il solo suono di quella voce, la sua voce, fu abbastanza per farla brancolare di nuovo nel buio.
Dimenticò il fuoco, la Bulgaria, dimenticò suo padre che le carezzava il viso, gli incendi, il Golden Jug avvolto dalle fiamme, Ignis, gli incubi, il sangue sparso sul pavimento, dimenticò quella runa dai contorni antichi che brillava nel buio...
C'era solo lui, lui che c'era sempre stato e che ora non c'era più. 
- Ben - l'Inquisitore scimmiottò la sua voce. Doveva averlo chiamato, doveva aver ripetuto il suo nome migliaia di volte.
Una risata squarciò l'aria e la sua voce arrivò con cattiveria.
- Allora, come ci si sente? Dimmi, fa male, Alena? - Gocciolava crudeltà. Le prese la testa tra le mani e con forza la girò verso un Ben che ansimava e si contorceva sul pavimento.
- Diglielo quanto fa male, digli quanto stai soffrendo! Diglielo, perché ora non può più sentirlo da solo! - La voltò con la noncuranza che avrebbe usato con una bambola di pezza mentre le lacrime le rigavano le guance e lei non provava neanche a fermarle.
- Perché piangi? Dovresti essere felice, solo poco fa credevi fosse morto, invece è vivo - Serrò gli occhi per il tono derisorio. Ben era davvero morto, dentro di lei. Era quella la morte che stava piangendo.
Ancora per poco, ma è vivo - Le lacrime continuavano a scendere e quelle del dolore e della perdita si mescolavano a quelle della rabbia. Sollevò le palpebre di scatto, negli occhi una tacita minaccia che era la sua ultima arma.
- Oh, non guardarmi così. Morirete entrambi, lo sai, ma mi assicurerò che tocchi prima a lui così che tu possa guardarlo mentre la luce abbandona i suoi occhi e sapere dentro di te che è tutta colpa tua -
Mia. Tutta colpa mia. È tutta colpa mia.
- Lena...- Ben, un corpo accartocciato sul pavimento, pronunciò il suo nome con cautela, come se gli costasse fatica anche solo avere in bocca quelle lettere. La chiamò nonostante lei lo stesse già guardando - È lui...- e parlò come se ci fosse solo lei ad ascoltarlo. 
- Il cacciatore dietro gli incendi, l'aiutante... È lui! - La voce gli uscì frenetica, quasi stridula per la foga di averlo detto. Aveva corso con il cuore in gola per recapitarle queste parole ed ora che le pronunciò Lena non fece una piega. Non c'era stupore, né smarrimento sul suo viso; invece era stranamente piatto, come scolpito nella pietra. E quella stessa pietra ce l'aveva nella voce quando con troppa calma per essere qualcosa di buono disse - No - Secca ed incolore. Fissava il vuoto per non guardarlo negli occhi.
Lui è Ignis -.
L'aria si mosse, come spostata da un vento improvviso ed imprevisto. Spire di fuoco vorticarono intorno all'uomo, lo avvolsero, lo trafissero, lo abbracciarono come servi fedeli che tornano dal loro padrone. Turbini di fiamme si alzavano nella piccola sala, gli specchi le riflettevano diffondendo bagliori rossi tutt'intorno. Quando un'ultima esplosione rovente incendiò l'aria, Ben e Lena si ripararono come poterono e senza nemmeno rendersene conto si ritrovarono vicini. Poi il fuoco pian piano si disperse, come quando il mare richiama a sé le proprie onde per poi scagliarle di nuovo contro gli scogli.
Per un momento tutto tacque. Tra le nuvole di fumo qualcosa si mosse ed un suono stridente ruppe quel silenzio surreale.
Una figura emerse lentamente dalla nebbia grigiastra, il muro di fumo si diradava al suo passaggio offrendole un corridoio sicuro nel quale passare. Aveva coriandoli di cenere come pelle ed il suo corpo, anche se manteneva le sembianze umane, era un mosaico di braci che ad ogni passo sfrigolavano, piccoli sbuffi di fumo come respiri si mescolavano all'aria. Immateriale, inafferrabile, sembrava che potesse sgretolarsi da un momento all'altro con un solo tocco. Poi aprì gli occhi. Su quello che non si poteva chiamare viso due tizzoni ardenti bruciavano come torce. E se anche a Lena fosse rimasto un solo dubbio sulla sua reale identità, venne istantaneamente spazzato via quando parlò. La sua voce lambiva le parole sinuosa come la fiamma che balla in cima alla candela. 
- Правилен отговор, принцеса - Risposta esatta, principessa.
Per un tempo che parve infinito regnò il silenzio, poi Ben disse qualcosa, mormorii che Lena non colse. C'era un punto interrogativo che vorticava in quel disordine che era la sua testa, tutto girava ad una velocità impressionante, confuso e irraggiungibile. Sputò quella domanda con una smorfia in faccia.
- Perché adesso? - Il viso di cenere del demone si contorse in un'espressione accigliata.
- Non essere scortese, Alena... C'è chi non conosce tutta la storia - disse in tono di falso rimprovero.
- Vedi, Ben, secoli fa fui vittima di un torto. Dopo uno scontro durato anni contro le forze celesti e l'arcangelo Michele, mio fratello Sammael venne rinchiuso in una prigione dimensionale da un Nephilim, un Silverkey. Com'è ovvio giurai vendetta e promisi di cancellare dalla faccia del Mondo Invisibile ogni membro di quella famiglia di vigliacchi...- A quelle parole la ragazza ebbe un fremito.
Vigliacchi - ringhiò, i pugni stretti lungo i fianchi. La mano di Ben si poggiò subito sulla sua spalla per infonderle calma, tentativo che andò in fumo quando quel lieve tocco fu sufficiente a far rabbrividire entrambi. 
Oh, Alena, lasciami finire... Dicevo che, allora, trovai il modo di divertirmi e passai gli ultimi due secoli a tormentare ogni cacciatore che avesse la disgrazia di portare quel cognome. Poi commisi un errore, non provo vergogna nel dirlo perché grazie a quell'errore riuscii finalmente a trovare un modo per vendicare mio fratello. Più che vendicare, in verità... - Un sorriso crudele sul suo viso di brace. 
Per cortesia, Alena, puoi dirci chi è Sammael? - Silenzio.
Avanti, sono sicuro che lo sai - Aveva un che di severo, persino le braccia intrecciate dietro la schiena contribuivano a conferirgli quell'aria da professore intransigente e tutte quelle movenze da umano non facevano altro che evidenziare il fatto che lui non lo fosse affatto.
- Il demone del peccato, della tentazione, della vendetta. Allo stesso tempo seduttore ed accusatore degli uomini - rispose suo malgrado Lena, come l'alunna diligente che non può fare altro che rispondere se interrogata.
- Poi? - la imboccò non soddisfatto.
Del fuoco, assieme a suo fratello Ignis - Il tono che andava scemando piano piano che le parole prendevano un significato nella sua testa.
Eccellente! - Quando batté le mani tra di loro queste si sbriciolarono, non ci fece troppo caso, comunque. Nell'aria volteggiarono coriandoli cinerei, poi come boomerang tornarono indietro al loro posto e ricomposero dita e tendini.
Ora, sono certo che voi siate a conoscenza di come si evoca un demone, come si faccia per rafforzare i suoi poteri, o nel nostro caso per restituirglieli. Ma perché tutti i pezzi si incastrino manca ancora un tassello, anzi, due - Ben e Lena non osavano muoversi, lui aveva ancora la mano poggiata sulla sua spalla e nonostante fosse quasi doloroso mantenere quel contatto, nessuno dei due sembrava intenzionato a scioglierlo.
Il primo è la Pietra Runica, che è con me da quel famoso giorno in cui feci visita a te ed ai tuoi cari genitori nella vostra casa in Bulgaria. L'avevo presa come souvenir, poi ho capito che poteva essere qualcosa di più... È curioso che lo stesso oggetto che intrappoli possa anche liberare, non credi? - Altre parole dette per colpire, un altro fremito, una stretta più forte delle altre.
- Ed il secondo sei tu. Rispondendo alla tua domanda di prima, principessa, posso solo dirti che dovevo aspettare. Nello stesso momento che ho concepito questo piano, fin da quel medesimo istante, sono stato consapevole che dovevo aspettare. Aspettare te. Così ho aspettato -
No...- Ma non stava rispondendo a lui. Rincorreva immagini nella sua testa, era a loro che dicava di no. 
- Oh sì, a cosa pensavate servissero quegli incendi? Tutti quei Nascosti sacrificati, quei luoghi dove la magia era persino nell'aria... Era tutto parte di un piano, un incantesimo, o un'evocazione, se preferite. La più grande di tutti i tempi -
Non puoi, non c'è modo di riportare indietro Sammael - Era stato Ben a parlare e nell'impeto di affermare le proprie parole la sua mano era scivolata via dalla spalla di Lena.
C'è eccome e sarà proprio lei ad aiutarmi. Ciò che è stato legato da un Silverkey può essere sciolto solo da un Silverkey - Come ridestata dal quel contatto spezzato Lena tornò in sé, i suoi occhi si puntarono sul demone colmi di ira.
- Cosa ti fa pensare che ti aiuterò? Non lo farò mai, non di mia spontanea volontà almeno. Smetterò di combatterti solo da morta ed in quel caso dubito di poterti essere ancora utile - Ignis si bloccò. Renderebbe l'idea dire che era stato come congelato da quel tono minaccioso, ma l'immagine di un demone fatto di braci congelato richiede fin troppa fantasia. 
- Su un'unica cosa hai ragione: tu morirai, Alena - Non furono le parole pronunciate a rendere quell'affermazione spaventosa, quando il fatto che in esse di non ci fosse traccia di alcuna minaccia. Dalle sue labbra grigie era uscita una constatazione e quasi si stupiva che, quello che lui considerava un dato di fatto, non fosse altrettanto scontato anche per chi aveva davanti.
- Non c'è alcun dubbio al riguardo. Ti ucciderò con le mie stesse mani e mi impegnerò perché non sia una cosa piacevole, ma non prima che tu mi abbia dato ciò che voglio. Sai perché sono certo che mi aiuterai? Perché so che sei dannata e non c'è modo che tu sfugga alla tua dannazione, perché questa sta in ciò che sei, in ciò che siete. Shadowhunters: metà angeli, metà umani. Un potere così grande in un involucro di debolezze... Sei umana, Alena, perciò ami ed è l'amore che ti rende debole. È l'amore che mi da la certezza che tu farai esattamente ciò che ti chiederò - Oh, avrebbero voluto... Avrebbero tanto voluto... Cosa? Ucciderlo? Picchiarlo? Era già impossibile l'idea di sfiorarlo. Era cenere. Era fuoco inafferrabile e loro non erano altro che due ragazzini che giocano con le fiamme a mani nude.
Ma se incroci le mani dietro la schiena quello non ti può bruciare.
Lena chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
Ben li lasciò aperti e respirò per lei.
Saremo anche solo metà angeli, ma ognuna delle nostre metà, ogni giorno, uccide tanti di voi, demoni per intero, che nemmeno ti immagini. E non è vero che l'amore ci rende deboli, tutt'altro. Quell'amore che tanto disprezzi ci rende forti, unisce le nostre metà e ci rende completi - Se soffi forte, con tutto il fiato che hai in corpo, se soffiate in due...
- Vi rende completi!? - 
Sì, ci rende completi - ...forse puoi addirittura coltivare dentro di te la speranza di spegnerlo.
Voglio proprio vedere senza quegli inutili scarabocchi neri sulla pelle come siete completi! -.
Spire di fuoco si levarono dalle sue mani ed un secondo dopo ogni specchio intorno a loro rifletteva l'immagine dei demoni che avevano di fronte. Erano già decine e continuavano ad aumentare, ogni secondo che passava ce ne era uno in più. All'improvviso lo sguardo di Lena venne catturato da un lieve bagliore vermiglio. Aguzzò la vista verso il punto esatto dove lo aveva scorto, proprio lì in mezzo al petto di Ignis, da dove provenivano i vortici neri come icore che generavano i demoni. Qualcosa brillava sotto quello strato di pelle cinerea, ma non era fuoco e Lena, per un innato istinto di cui ancora non si capacitava, lo sapeva bene. Quando si accorse che ognuno dei demoni che aveva davanti era mutato, strano ed anomalo come quelli che avevano affrontato negli ultimi tempi, quell'istinto innato non ci mise molto a trasformarsi in certezza. 
Si sentì afferrare per il polso, qualcuno la voltò in tutta fretta.
- Lena - Strinse gli occhi, persino pronunciare il suo nome faceva male - Dobbiamo fermarlo. Ora. Se uccidiamo lui se ne andranno anche i demoni che sta evocando - urlò per sovrastare i latrati delle creature.
- Il problema è arrivarci a lui! - fece notare lei facendogli voltare la testa.
Una schiera di demoni era allineata davanti ad Ignis, quelli nelle prime file cominciavano già ad avanzare verso i due ragazzi, ordinati ed efficienti come un esercito pronto alla battaglia. Non c'era modo di arrivare a lui senza prima affrontare tutti i suoi soldati. 
- Che facciamo? - aveva il panico nella voce. Lui la attirò in un abbraccio violento che durò un secondo, l'elettricità di quel contatto li fece tremare internamente. Poi si staccò e le lanciò uno sguardo intenso da far male.
Siamo Shadowhunters. Combattiamo -.
Ben non aspettò che fosse un demone a raggiungerlo, gli corse incontro. Sguainò le sue due spade e pronunciò i loro nomi angelici nello stesso momento in cui un Drevak si impennò pronto a saltargli addosso, dalla bocca spalancata le spine velenose che aveva al posto dei denti erano minacciosamente vicine. In un movimento a forbice le spade incendiate di fuoco celeste fenderono l'aria e reciso la testa da larva del demone con un solo colpo.
Qualche metro più in là Lena affondò il suo pugnale nel ventre di un cane infernale, ma non le venne data la possibilità di estrarlo, perché subito un altro si avventò su di lei buttandola a terra. La cacciatrice si dimenò sotto la creatura quel tanto che bastava per permetterle di agguantare il suo stilo, in un'unica mossa lo conficcò con forza nel suo collo. Alla vista di quell'arma improvvisata, Ben, a cui i demoni Drevak avevano dato un attimo di respiro, la chiamò a gran voce e quando si voltò dalla sua parte le lanciò una delle sue spade. Con un salto afferrò saldamente l'elsa argentata, sfuggì al morso di uno dei due mostri e balzando in avanti affondò la lama dell'arma nel suo ventre. Quando la estrasse si accorse di essere pressoché circondata da altri cani identici, scodinzolavano agitando in aria la coda irta di chiodi e ringhiavano mostrano canini affilati come pugnali. Cominciò a menare fendenti verso il branco cercando senza troppo successo di occuparsi di uno tenendo indietro tutti gli altri.
Questa volta Ben non si accorse delle difficoltà della ragazza fin quando non lo avvertì un suo urlo. Si sfilò alla svelta la giacca che portava sopra l'uniforme e la lanciò a terra nel tentativo di raggirare due demoni Shax, superdotati nell'olfatto quanto mancanti di intelligenza. Funzionò, i demoni si mossero confusi verso l'indumento intriso del suo odore dandogli il tempo di raggiungere Lena. Atterrò con un calcio violento un cane che stava per saltarle addosso e lo finì conficcando l'arma nel suo petto. Balzò subito in avanti, la sua spada si muoveva veloce verso la carne di un altro demone...ma trovò un ostacolo: quella di Lena.
Le due lame cozzarono una contro l'altra mentre i cacciatori si accorgevano di aver puntato lo stesso bersaglio. Fu un attimo di distrazione fatale. Uno dei cani infernali ne approfittò per farsi avanti e affondare i canini affilati nella gamba di Ben che lanciò un grido di dolore e cadde in ginocchio. Lena finì il cane, ma non poté accertarsi bene delle condizioni del ragazzo, era troppo impegnata a scongiurare l'attacco degli altri demoni che si facevano avanti. Finì con l'indietreggiare troppo e si scontrò con il cacciatore che si stava rialzando. La sua salda stretta le impedì di cadere, ma fu comunque destabilizzante. Per un po' combatterono fianco a fianco e sarebbe potuta sembrare la stessa scena già vissuta tante volte... Se non fosse stato che nulla era più lo stesso.
Non bastava più uno sguardo per capirsi, un'occhiata per leggersi dentro, non c'era più quel sesto senso con cui prevedevi ogni mossa del tuo compagno. Niente più movimenti perfettamente coordinati, addio a quell'innata consapevolezza che ti avvertiva ovunque fosse l'altro. Certo, c'erano anni di allenamento e c'era l'abitudine, il ricordo di com'era naturale percepirsi anche distanti chilometri. Ma appunto, era solo un ricordo. Un triste ricordo ora che erano a due passi e finivano per calpestarsi i piedi. Traballanti, insicuri, era un po' come imparare a camminare da adulti.
Com'era possibile tanto impaccio quando avevi imparato a conoscere il corpo dell'altro meglio del tuo? Avevano combattuto insieme centinaia di volte, solo che ora lo stavano facendo ad occhi chiusi.
- Lena! - La ragazza si voltò giusto in tempo per vedere un Raum agitare uno dei suoi tentacoli muniti di denti in faccia a Ben. I piccoli aghi si arpionarono sul suo collo lasciando una scia di sangue lungo il loro passaggio. Si accanì sul demone con cui lottava ormai da parecchio senza riuscire a prevalere, con questa nuova motivazione che aveva in corpo lo finì con un affondo letale.
- Dov'è finita la tua spada angelica? - ansimò dopo averlo raggiunto. Fece mulinare in aria l'arma che stringeva nel pugno e il tentacolo che artigliava la pelle del ragazzo volò lontano, schizzi di icore bruciarono a contatto con la pelle non coperta dall'uniforme. Ben con un cenno della testa le indicò un punto parecchi metri più in là, la spada brillava a terra. Non c'era tempo per raggiungerla, né per chiedergli come diavolo avesse fatto a farla arrivare laggiù. Continuarono a combattere alternando la spada al proprio corpo. Erano sfiniti, provati da quel combattimento ad occhi chiusi, avviliti, doloranti, erano niente più che l'ombra dei cacciatori che erano stati. Ma i demoni non conoscevano certo la pietà, gli si paravano davanti senza tregua, ne avevano uccisi centinaia e ce n'erano ancora il doppio da affrontare.
Non ce la faccio più - urlò Lena allo stremo delle forze. Un demone Rahab approfittò di quell'attimo di debolezza per infierire sulla sua spalla già ferita. Nello stesso istante Ben venne atterrato da un Ravener, il suo corpo da lucertola lo sovrastava, le zanne velenose ad un centimetro dalla sua giugulare.
Si guardarono negli occhi e capirono che era finita, che sarebbero morti lì, uccisi non per difendere il Mondo Invisibile ma per il capriccio di un Demone Superiore. Non era questo che avevano sognato ricevendo i marchi da cacciatori, non era a questo che li avevano preparati i duri allenamenti e le lezioni severe. Niente avrebbe potuto prepararli a questo. Sarebbero morti divisi, con nel cuore il ricordo di com'era essere Parabatai, di quanto avevano perso. Sarebbero morti ad occhi chiusi.
Fu un attimo, il tempo di schioccare le dita e tutti i demoni nella stanza erano spariti. Tutti tranne uno, ovviamente.
- Li ho mandati via perché non volevo che vi uccidessero. Quello è un piacere che spetta solo a me - I due cacciatori si guardarono intorno e realizzarono di essere effettivamente ancora vivi, moribondi, ma non morti. 
- Ed ora non dite che noi demoni non proviamo pietà - lo disse con un perfido sorriso di brace, consapevole che quella era la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Per uno Shadowhunter sarebbe stato meglio morire ucciso da un demone che vivere salvato dalla sua pietà. 
Ben si alzò, in tutta la dignità che può avere solo chi ha guardato negli occhi la morte senza distogliere lo sguardo, e brandendo la spada angelica corse incontro ad Ignis.
Il demone lasciò che si avvicinasse. Quando non c'era che qualche passo a dividerli Ben si rese conto che il suo pugno non stringeva più l'elsa dell'arma. La spada era sospesa in aria, a metà strada tra i due, Ignis la sorreggeva con una mano aperta. Lo guardò negli occhi, nessuna espressione sul suo viso di cenere. Con lentezza chiuse il pugno e la lama di adamas si sbriciolò in un secondo, una pioggia di schegge scintillanti piovvero a terra.
Come diavolo è possibile?
Con un altro movimento della mano l'aria si spostò docile e Ben venne bruscamente scaraventato dall'altra parte della stanza. Lena urlò il suo nome e corse verso il suo corpo rimasto senza fiato dall'urto; gli prese il viso tra le mani mormorando parole senza senso. Sentiva i passi di Ignis farsi sempre più vicini, sfrigolavano sul pavimento in maniera inquietante, ma non ci badava. Che la uccidesse in quello stesso momento, non avrebbe distolto gli occhi dal volto di Ben. 
- Non è morto, non ancora. Puoi salvarlo ma devi unirti a me, Alena. Aiutami a liberare Sammael e ti prometto che a lui non torcerò nemmeno un capello - Certamente mentiva. Aveva evocato centinaia di demoni in pochi secondi, sbriciolato una spada angelica senza nemmeno toccarla, aveva ogni sorta di potere immaginabile e non si faceva scrupoli ad usarlo. Perché mai Ignis avrebbe avuto bisogno del suo aiuto?
Lena... - Ben mormorò il suo nome preoccupato, si era ripreso abbastanza in fretta per sentire le parole di Ignis.
Se vieni con me, se ora vieni con me, risparmierò la sua vita e la tua. Rinuncia ad essere una Shadowhunters, avrai un posto nel mio regno e vivrai con la consapevolezza di avergli salvato la vita. Di' di no e condannerai sia te stessa che lui. Accetti? - Aveva paura. Dove c'è una speranza c'è sempre paura.
Sta mentendo, sta mentendo, sta mentendo.
Avrebbe voluto essere sorda pur di non sentire le parole che uscivano da quella bocca, avrebbe voluto strapparsi le orecchie dal viso.
Sta mentendo...
Convincersi che era solo una trappola, convincersi che mentiva.
Sta...
E se invece stesse dicendo la verità? Se avesse davvero potuto salvare la vita di Ben? Allora non avrebbe avuto più importanza morire, finché il suo cuore batteva era viva anche lei.
Non aveva più paura. 
Accetto - Non guardarmi così, Ben.
Non... Lena! - No, ti prego, non piangere.
Lena, no! Non farlo! Lena... - Ma Lena lo aveva già fatto.
Un ghigno vittorioso si aprì sul volto cinereo del demone, le fiamme nei suoi occhi divamparono mentre lei gli si avvicinava. Si fermò. Solo un passo li divideva e Lena percepiva sulla pelle il calore del fuoco. 
Accetto - ripeté e a quelle parole Ignis le prese una mano e la spinse contro il proprio petto. Le dita del demone guidarono le sue attraverso la cenere che formava il suo corpo, Lena sentiva la pelle bruciare, si strinsero intorno a qualcosa di liscio e duro. Quando estrasse la mano nel suo palmo brillava una piccola pietra rossa, aveva un'aria insignificante ma le sue sfaccettature irradiavano luce cremisi tutt'intorno.
La pietra runica.
Ora è tutto pronto, manchi solo tu. Stringi la pietra nel tuo pugno e ripeti le parole dopo di me... - Ma Lena non sentì nessuna delle parole che avrebbe dovuto ripetere. La sua mente alla vista della pietra era volata altrove, lontana anni da lì. 

Allora, sai dirmi cos'è questa? La piccola guardò prima il ciondolo poggiato sul suo comodino e poi il padre chiedendosi dove fosse l'inganno in una domanda tanto semplice. È la pietra, quella di cui parlavi. L'uomo si chinò verso di lei con un sorriso, le accarezzò il viso con dolcezza. No, Alena, non è la pietra. Non riusciva a capire, un cipiglio si disegnò sul suo piccolo viso. Lui prese il ciondolo in mano, la piccola pietra stretta nel suo pugno era sparita. Ora è la pietra.

Ciò che è stato legato da un Silverkey può essere sciolto solo da un Silverkey.

Perché mai Ignis avrebbe avuto bisogno del mio aiuto?

Ora è tutto pronto, manchi solo tu.

La Pietra Runica.



E finalmente capì.
Chiuse gli occhi e vide.

- Questa non é la Pietra Runica - Io sono la Pietra Runica.

Sentì l'energia fluirle dentro e quando non riuscì più a contenerla lasciò semplicemente che uscisse fuori.
Un'immensa esplosione di luce investì ogni cosa.
  
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