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Autore: TonyCocchi    02/09/2015    6 recensioni
Preparatevi a tremare di paura! A causa di un tragico errore le nostre adorate nazioni si sono trasformate in un'orda di orrendi, mordaci e pericolosissimi zombi! Sono ben pochi gli scampati a questo disastro! Ci sarà speranza per loro di farsi largo in mezzo a questo incubo e riuscire a salvare i loro amici? Riuscirà un piccolo, disastrato gruppetto di sopravvissuti a trasformarsi negli eroi che salveranno il mondo e non in barcollanti mostri in via di decomposizione? Leggete e scoprite!
Genere: Avventura, Commedia, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, America/Alfred F. Jones, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, sono tornato! Fatto buone vacanze? ^__^

Un po' mi mancava la cara vecchia routine... X3 Nel caso però a voi invece manchino il mare e le spiagge, permettetevi di consolarvi (si fa dire visto il genere... MUAHAHAH!) con un nuovo capitolo! Il precedente vi ha alquanto scioccato, ma vi assicuro che i prossimi... non saranno da meno...

Ci avviamo alle fasi finali di questa storia, e da questo momento l'azione sarà molto concitata... Quindi reggetevi forte alle vostre armi e radunate il coraggio: è l'ora del rush finale! La posta in gioco è la sopravvivenza del mondo: avranno la meglio i vivi o i non-morti?

Buona lettura!

PS: Un grazie a tutti gli affezionati lettori che mi hanno seguito finora, in particolare quelli che commentano ^__^




I sopravvissuti proseguivano alla stregua di come avevano fatto al pianterreno: perlustravano accuratamente ogni angolo, ogni svolta prima di passare, occhi e orecchi attenti al minimo sospetto segnale di pericolo. Troppo pochi ora per non fare ciascuno la propria parte: nessuno si tirava indietro, nessuno indugiava nelle retrovie, nessuno poteva permettersi di lasciare ci pensasse qualcun altro. Né, d'altra parte, nessuno voleva.

Chiusi in un silenzio assorto, zittiti dalla concentrazione e dal tanto dolore subito, proseguivano attenti ma anche più rapidi possibile. L'eventualità di trovarsi nuovamente innanzi una quantità di zombi inimmaginabile da affrontare metteva loro le ali ai piedi: neanche dieci minuti prima tutti gli zombi dell'edificio erano stati loro addosso, vicini da vederne il pallore vacuo della loro pelle e dei loro sguardi, a intrappolarli come un muro di bocche pronte a divorare qualsiasi cosa di vivo sul loro cammino. Sarebbe stato così d'ora in avanti: l'esercito di morti viventi avrebbe dato loro la caccia compatto e unito.

Dunque dovevano muoversi, ignorare la stanchezza che minacciava di schiacciarli al suolo da un momento all'altro e la rabbia e la frustrazione che attanagliavano i loro cuori; dovevano sbrigarsi, finché li avevano tutti o quasi alle spalle; lasciarseli dietro fino a trovare una delle porte tagliafuoco che davano sulle scale d'emergenza, con le quali raggiungere il sospirato tetto del palazzo. Se anche ne avessero trovati dinanzi a sé, si era deciso avrebbero cercato di evitarli: sia per evitare di dar tempo alla moltitudine di raggiungerli, sia perché ormai non erano rimaste loro armi all'infuori del tubo di Russia e della piccola mannaia che Romano aveva affidato al fratello.

L'inquietudine di Germania era rivolta a lui soprattutto, e gli rivolgeva di continuo rapide occhiate. Il cambiamento in Italia dopo l'accaduto sulla balconata era fin troppo avvertibile: non un sospiro o un lamento, non una parola, non un'esitazione a scrutare dietro un angolo o nella stretta delle dita intorno la sua improvvisata arma. Un guscio aspro e in apparenza minaccioso, ma in fondo fragile, come una cicatrice ancora rossa su una ferita apertasi da poco.

Quel bravo ragazzo era stato il primo a venirgli accanto a sincerarsi di lui quando si era trovato di fronte suo fratello zombificato, e Germania era combattuto tra il rispetto del suo impegno a non essere più la zavorra di cui preoccuparsi, e il desiderio di confortare il suo dolore. Alla fine fu quest'ultimo ad avere la meglio.

“Italia, stai bene?” -chiese a bassa voce, lasciando ad America il compito di perlustrare i loro passi.

Italia tirò su un malconcio sorriso, che resse anche quando rispose: “No.”

Tornò a guardare davanti a sé: “Io non sono te, non sono capace di reggere qualsiasi cosa e fare come niente fosse successo.”

“Nemmeno io.” -lo redarguì- “Non si tratta di reggere, ma di reagire, e tu lo stai facendo.”

“Ti dissi che avrei fatto del mio meglio per tuo fratello... E mi sono pure fatto portare via il mio... ” -proseguì sordo ai suoi tentativi di incoraggiarlo.

“Stupido.” -scosse il capo- “Salvare Prussia non è un fardello che ricade solo sulle tue spalle. Né lo è salvare Romano e tutti gli altri.”

“Lo so, so che mi aiuterai. Che mi aiuterete.” -sorrise di nuovo, stavolta di sincera gratitudine- “È solo che ne ho abbastanza di persone che si sacrificano. Ne ho viste troppe. Non dipende da me quello che ci accadrà, è vero, ma io farò tutto il possibile almeno perché nessuno debba più sacrificarsi per me. Ho finito di farmi salvare.”

Germania abbozzò un sorriso a sua volta: “Ti fa onore, Feli, davvero. Nel sacrificarsi per una giusta causa, come proteggere gli amici, non c'è niente di sbagliato ad ogni modo. È triste, ma a volte bisogna essere disposti ad accettare che succeda.”

“Sappi che se osi provare a sacrificarti per me non lo accetterò per niente!”

Germania restò sbalordito un attimo, sgomento dal suo tono, per poi sciogliersi in una risata: “Sai che ti dico? Che vale lo stesso per te!”

“Ma io...”
“Che c'è? Ora vuoi essere proprio tu quello che si sacrifica dopo aver detto che non vuoi altri sacrifici?” -scherzò il biondo.

Italia arrossì e poi sbuffò: “Io... voglio solo non veder perdere più nessun altro. Voglio solo che riusciamo a farcela tutti insieme.”

L'altro gli strinse una spalla: “Vorrei lo stesso anch'io, Italia...”

A quel punto America si girò: “Trovatevi una stanza voi due!”

“Che intendi?” -inclinò il capo Feliciano, che non conosceva l'espressione.

Germania che invece la conosceva aveva palesemente risentito della frecciata: “Di tutte le frasi fatte da film non ne potevi scegliere una più inopportuna!!!”

“Perché, che intendeva?”
“N-niente...” -nascose sbrigativo il proprio imbarazzo.

America, nel vederlo così, prese a ridacchiare, ma si spense in un attimo.

Allungò il braccio, sbarrando la strada agli altri due.

“Ragazzi, temo che abbiamo compagnia. E temo di quelle peggiori.”

Italia e Germania si fermarono ciascuno a un suo fianco e scrutarono la semioscurità dell'ampio corridoio che si apriva dinanzi: le veneziane delle finestre erano tutte tirate giù e la poca della luce del mattino riusciva a filtrare, ma abbastanza perché si scorgesse una figura avvicinarsi. Reggeva qualcosa di lungo tra le mani.

Deglutirono nel riuscire infine a riconoscerlo: la camicia bianca con le maniche tirate su ai gomiti era strappata e inzaccherata di sangue, suo e degli zombi che aveva abbattuto combattendo coraggiosamente insieme a loro. Il sudore lasciava ricadere sulla sua fronte una scompigliata frangia di capelli corvini. Nella mano destra brandiva, a nostalgia dei suoi trascorsi dalla loro parte, un robusto bastone di legno ricavato dal manico di uno spazzolone.

Due righe di luce dalle finestre sulla destra solcarono il volto cupo di zombi-Giappone quando questi si arrestò a poco più di una decina di passi da loro.

Scese un silenzio carico di tensione, mentre i tre si davano il tempo di ingoiare il rospo, sotto gli occhi inespressivi del morto vivente.

“Beh, dopotutto si era detto ci saremmo rincontrati, Giappone...” -esordì America- “Ma stavolta da due parti diverse della barricata.”

“Anch'io avrei preferito ci rivedessimo in circostanze diverse.” -rispose con voce roca e piatta.

In quell'atmosfera quasi surreale proruppe nuovamente Italia: “Hai intenzione di impedirci di arrivare al tetto?”
“No, Italia, in quanto zombi non sono interessato a quella che prima era anche la mia missione. Tutto ciò che uno zombi desidera è mangiare, è quella la sua principale direttiva: che vogliate o meno tentare di farmi ritornare normale non è per me di alcun peso.”

America si sfregò le mani: “Oh, bene, ci fa piacere sentirlo! Quindi non ci ostacolerai, dico bene?”

“Lo farà solo per mangiarci.” -chiarì Germania.

“Esattamente. Ma penso vi farà piacere sapere che ho intenzione di accanirmi per primo su uno di voi in particolare...”
America assunse una posa speranzosa: “Io, vero?”
“Si...”
“WHO-HOOO! Sono io! Sono sempre il più richiesto! Eh eh eh!”

“Ma lo hai capito o no che ha detto?!” -restarono sgomenti i compagni!

“America...” -a un tratto nella voce atona dello zombi era apparsa una colorazione di celato, latente risentimento...- “È solo il fatto che io sia trasformato se ora posso dirti queste parole, che altrimenti la mia calma zen mi impedirebbe di proferire, e voglio proprio farlo fintanto che posso... QUESTA STORIA È TUTTA COLPA TUA! SEI STATO TU E QUELLA STUPIDISSIMA MARATONA ZOMBI A TRASFORMARE IL MIO BEL DEODORANTE IN UNA MACCHINA DEGLI ORRORI! TI DETESTO PER QUESTO!”

“EHI!!!!!” -si risentì profondamente Alfred.

Che onore poter assistere a un evento raro come Giappone che si sfoga, si dissero Germania e Italia: raro quanto impressionante!

“Andiamo, Giappone, non puoi dire non ci siamo divertiti!”

“All'inizio forse si...” -ammise il morto vivente, continuando a lasciar fuoriuscire liberi i suoi più profondi pensieri- “Ma dopo la ventesima puntata non ero esattamente divertito, America... Solo psicologicamente scosso... E a quel punto... TU HAI AVVIATO LA VENTUNESIMA!!! LA DEVI PAGARE! È TUTTA COLPA TUA!” -urlò più indemoniato di un oni.

“Ma... Amico, io volevo solo...”

“Ehm, America...” -lo chiamò Feli- “Già che anch'io sono psicologicamente scosso vorrei approfittarne a mia volta: anch'io penso che sia un po' colpa tua.”
“ANCHE TU, ITALIA?! SIGH! Da te non me lo sarei mai aspettato!”
“Scusami, ho appena visto mio fratello mangiato vivo da un'orda di zombi...” -chinò lui il capo- “Dammi un po' per riprendermi...”

“Tu? E chi mi riprende a me? Sigh!”

“Fa male, eh?” -chiese ironicamente Germania: arrivare a farsi dire certe cosa da tipi come Giappone e Italia la diceva proprio lunga.

America incrociò stizzito le braccia davanti al petto: “Sapete che vi dico? Ve ne pentirete! Tornerete da me prodighi di scuse e ringraziamenti quando avrò rimesso ogni cosa a posto, e io me la godrò proprio! Tsk!”

“E io mi godrò te nel frattempo, divorandoti per primo!”

Dichiarate le sue intenzioni, Giappone roteò battagliero il bastone, compiendo complicati giochi di polso, a sottolineare quanto terribile potesse rivelarsi in mani così abili.

Istintivamente gli altri tre si misero in guardia, ma America, per niente pago del centro del palcoscenico avuto finora, fece la sua mossa.

Frugò nel suo marsupio e tirò fuori il congegno de-zombificatore: “A lui ci penserò io, voi andate avanti! Tieni, Germania.”

Lo tirò dietro le spalle e Ludwig lo agguantò al volo: “Non vorrai mica...”

“Vuoi affrontare Giappone tutto da solo?!” -esclamò Italia.

“Non ce la faresti mai! Non è uno zombi qualsiasi!”

“Eccome: è decisamente uno di quelli della classe più tosta! Per questo devo vedermela io con lui, che sono il capo! E mentre io lo trattengo, voi raggiungerete il tetto!”
“No!” - protestò Italia- “Non dobbiamo separarci!”

“Ascoltate: prendete questo accesso che si apre qui a sinistra alle nostre spalle, girate a destra e percorrete tutto il corridoio fino a trovare un'altra svolta a destra, a quel punto non vi resterà che trovare una delle uscite d'emergenza.”

“America, no! Siamo rimasti solo in tre, se poi restiamo in due non ce la faremo mai! Restiamo uniti!”

“Italia, come avete detto quello non è uno zombi qualsiasi: se restiamo uniti e ci batte tutti, chi rimarrebbe a portare il congegno sul tetto?”

Guardò Italia mordersi le labbra: non si erano nemmeno ancora separati e già Italia dava l'impressione di soffrirne. Anche lui aveva ascoltato il suo discorso sul sacrificio prima, e gli dispiaceva dargli un'ennesima delusione, ma era più che convinto sul da farsi.

“Ascolta, Italia...” -disse con voce calma e un sorriso rassicurante- “Io penso che in fondo questo sia anche ciò che Giappone ha cercato di suggerirci col suo discorso. Se vuole me, non penserà a voi, permettendovi di scavalcarlo. Ve la caverete, ne sono certo! E poi mica vado allo sbaraglio: io ho un piano!”

“Stai dicendo sul serio, oppure...” -gli domandò Germania, dubbioso: America era decisamente il tipo da dire una cosa del genere solo per tranquillizzarli e convincerli a lasciarlo lì in mezzo al pericolo pur di salvarli. Un gesto da eroe, e quindi per lui.

“Sono serio, fidati! Ora andate!”

Giappone cominciò ad avanzare e a Germania non restò altro tempo per ribattere: “D'accordo! Vieni, Italia!”
Feli si morse le labbra e gli andò dietro: “Coraggio, America! Fagli vedere chi sei!”

America levò alto il pollice in risposta, mentre le ultime speranze del suo gruppo sparivano oltre un angolo.

Tornò a guardare dinanzi a sé lo zombi suo amico che correva verso di lui.

“Spiacente...” -mormorò.

Zombi-Giappone urlò selvaggiamente mentre lo caricava, gli occhi piccoli e iniettati di sangue.

“.... ma un piano ce l'ho davvero!”

Frugò la tasca interna della giacca: “Seguirò le orme di uno dei più grandi esperti di sopravvivenza in corso di zombi che abbia mai avuto l'onore di incontrare: questa è dedicata a te, amico!”

Come fosse stata una colt, estrasse un flaconcino contenente un detersivo per piatti che aveva recuperato in caffetteria prima di fuggire, e non appena lo zombi fu a portata di schizzo, puntò al pavimento davanti ai suoi piedi e strizzò più forte che poté.

Un lungo fiotto verde tracciò un arco nell'aria e terminò in una pozza che si trovò esattamente sulla falcata dell'invasato zombi-Giappone.

“EEEEH?!?!”

Non si era accorto di cosa America stesse tentando di fare finché non si sentì mancare l'appiglio sotto le scarpe, iniziando un rovinoso scivolone in avanti.

Un lampo bianco brillò negli occhiali di America che ruggendo si scagliò in avanti, gridando la frase ad effetto che ovviamente si era preparato in precedenza.
“QUESTO È PER ROMANO!”

America avanzò strisciando i piedi a terra, si coordinò con zombi-Giappone che nello scivolone gli piombava addosso a tutta velocità, roteò le anche e le spalle rendendo tecnicamente perfetto e bestialmente potente il proprio montante destro, e lo scagliò nel punto esatto in cui si sarebbe trovato il suo zigomo un secondo dopo.


<< SBAAAAAM! >>


Un colpo epico! La forza di America, unita all'involontaria accelerazione offerta a zombi-Giappone dal suo trucchetto rese l'urto tanto potente che il poveretto roteò completamente tre volte in aria prima di schiantarsi al suolo faccia a terra.

“......”

Il bastone cadde con rumore di legno accanto a lui e poi regnò il silenzio.

America guardò il proprio pugno, come in estasi, mentre tranquillizzava il proprio respiro.

“......”

E poi...
“WHO-HOOOOOOOO! MA HAI VISTO CHE COLPO?!?!?! DING DING DING! KO! WHOAH! AH AH AH AH!”

“......” -fece il corpo ancora più straziato di zombi-Giappone, i cui propositi di vendetta erano stati bruscamente disattesi...

America, rimasto padrone del campo, si lanciò in un'allegra danza di vittoria: “Yeah! Don't mess with me! Don't mess with THE HEROOOOOO! WHOOOOO! Che colpo da maestro! Se solo ci fosse stato qualcuno a vederlo! Se solo... Se solo...”

Fu allora che si accorse finalmente di avere un pubblico.

L'orda zombi, direttamente dal piano inferiore, che aveva tappato completamente il corridoio alle sue spalle...

Tra i tanti volti macilenti e rabbiosi non mancò di notare quello di zombi-Inghilterra che, emblematico, scuoteva la testa con aria di sufficienza, mentre l'eroe rimaneva bloccato nella posa scomposta in cui avevano bloccato la sua danza.

“...... Figo il mio colpo, vero?”
“Groar!” -gli giunse in risposta...

“Capisco...”

Con perfetta naturalezza sparse un'altra spruzzata di detersivo davanti i loro piedi, prima di partire in corsa. Dietro di lui gli giungevano i rumori di una catena di rovinose cadute, ringhi e imprecazioni varie. Scansò con un saltello il corpo straziato di zombi-Giappone, si girò e continuò a spruzzare per terra anche mentre correva, spargendo lo scivoloso detersivo per tutta l'ampiezza del corridoio, fino a vuotare il flacone; se lo tirò infine dietro le spalle, andando a colpire in testa zombi-Austria, tra le risate di zombi-Prussia prima che questi sbattesse i denti a terra scivolando a sua volta.

“Fregati!”

Anche America, dandosela a gambe, se la rideva di gusto: aveva dato loro una lezione in perfetto stile Romano, e ce ne avrebbero messo di tempo prima di smettere di scivolare, o perlomeno per reggersi in piedi e cercare un'altra via per inseguirlo.

Tuttavia anche lui doveva far perdere le proprie tracce, quindi fece una deviazione, poi svoltò di nuovo, e infine si fermò a riprendere fiato in un angolino riparato in penombra. Era sfatto dalla corsa, ma la soddisfazione per le sue gesta teneva su le sue membra e il suo morale. Un attimo per prendere fiato, e si sarebbe dato da fare per cercare gli altri e raggiungerli; di sicuro avrebbero avuto ancora bisogno di lui, il grande America!

Il rumore del suo fiatone andò scemando, e, mentre tornava a rilassarsi, pian piano affiorò ai suoi sensi.

Dannazione.

Da quando era lì?
Come aveva fatto a non accorgersene?

Al diavolo.

Non ci si accorgeva mai di lui.

Al diavolo.

Era lì, alla sua destra, gli era addosso.

Si girò piano, e i suoi occhiali si specchiarono in altri uguali.

La poca luce guizzò un attimo su quei vetri, prima di venire oscurata dall'accendersi di un ampio, deforme sorriso sotto di essi. Una smorfia quasi, perfetta per quegli occhi spiritati con cui lo stava fissando.

Non si mosse, e lui neanche, per il momento.

“Ciao, fratellone!”




Io adoro i finali di capitolo ad effetto... Voi no?

Non saprei proprio dire con chi sono stato più cattivo stavolta, secondo voi? XD

Mentre trattengo una risata malvagia, mi accingo a chiudere questo emozionante capitolo, credo breve ma ricco, dandovi appuntamento al prossimo. L'esame imminente potrebbe farlo slittare di un po', ma non potete proprio perderlo!

A presto!

  
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