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Autore: Urdi    02/09/2015    4 recensioni
"La giovane donna restò a osservare il verde brillante di pioggia. Aveva fatto un incubo, ma non riusciva a ricordarlo. In qualche modo c'entravano la guerra e il fango, nel quale lei annaspava. E c'era anche Neji che moriva. Mentre focalizzava quel pensiero, Hinata vide un lampo disegnarsi nel cielo come una spaccatura e si sentì aprire a metà, quando ne seguì l'assordante scoppio poco lontano. Fu come se potesse guardare dentro di sé ciò che le stava accadendo all'anima." [Prima classificata al "Fanart and music ispiration contest" indetto da Aya88 su Efp]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Neji Hyuuga | Coppie: Neji/Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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ITTEKIMASU. ITTERASSHAI*


"What hurts the most
Was being so close
And having so much to say
And watching you walk away
And never knowing
What could have been "

"Ciò che fa più male
E' essere stato così vicino
Ed aver avuto così tanto da dire
E guardarti andare via
E non sapere mai
Cosa sarebbe potuto essere"**


Si svegliò di soprassalto con il fragore di un tuono. Un colpo tanto forte da scuotere le pareti di legno, quasi volesse sradicare l'intera tenuta.
Per un po' rimase in ascolto della pioggia che picchiettava con forza scivolando sulle tegole. Non faticava a immaginare la grande massa d'acqua che scorreva giù, copiosa, insistente. Il rumore era quello tipico di un acquazzone di fine estate, lo scroscio di uno sfogo improvviso e sincero.
Hinata sbatté le palpebre e si chiese che ora potesse essere. La luce plumbea poteva indicare la mattina inoltrata o il primo pomeriggio.
Portandosi seduta sul futon, la kunoichi diede una rapida occhiata alla stanza: spoglia e fredda, come sempre, come tutto in quella grande casa. Aveva cercato il calore in ogni angolo, ma non lo aveva mai trovato. Avrebbe capito solo più tardi che villa Hyuga era il bellissimo esoscheletro di un animale morto molti anni prima.
Hinata recuperò il proprio scialle e con movimenti rapidi ed eleganti, consoni a una ragazza educata, scivolò fuori dalla camera. I tatami raccolsero i suoi passi fino al pavimento in legno dell'engawa.
Il cielo era bianco e rischiarava il grande cortile centrale dove la magnolia piegava le fronde sotto il peso di quel pianto implacabile.
La giovane donna restò a osservare il verde brillante di pioggia. Aveva fatto un incubo, ma non riusciva a ricordarlo. In qualche modo c'entravano la guerra e il fango, nel quale lei annaspava. E c'era anche Neji che moriva. Mentre focalizzava quel pensiero, Hinata vide un lampo disegnarsi nel cielo come una spaccatura e si sentì aprire a metà, quando ne seguì l'assordante scoppio poco lontano. Fu come se potesse guardare dentro di sé ciò che le stava accadendo all'anima.
Le sfuggirono alcune lacrime, ma non le importava poiché sapeva che piangere non faceva parte delle sue debolezze. Quelle le aveva radicate molto più in profondità.

Da piccola, il cugino le incuteva timore, i suoi sguardi erano freddi, taglienti. Avrebbe tanto voluto avvicinarlo, ma lui si teneva distante, entrambi avevano il proprio posto all'interno del clan e dovevano mantenerlo.
Hinata provava un misto di senso di colpa, frustrazione e compassione per le pressioni che subivano i membri della Casata Cadetta. Che bisogno c'era di essere tanto rigidi? All'epoca ancora non conosceva il potere del byakugan, quello vero, e non sapeva neppure come fosse la vita di uno shinobi. Aveva cercato di immaginarlo, ma vivere da combattente! Aveva seguito attentamente le lezioni, intrapreso tutti gli allenamenti e le prove che suo padre le aveva messo davanti e a dodici anni era divenuta genin. Tuttavia, lei non era altro che un pesciolino rinchiuso in una bolla, rispetto al promettente Neji della Casata Cadetta. Per quanto l'elité della Casata Principale lo avesse sempre, a suo modo, respinto, all'interno del clan nessuno nutriva dei dubbi sulle capacità del giovane shinobi.
Neji era forte, intelligente e, soprattutto, molto determinato. Era andato a fondo nello studio e aveva messo anima e corpo nell'imparare ogni tecnica in maniera quasi maniacale.
Quando Hinata scorgeva il cugino proprio là, sull'engawa, a provare e riprovare il juken, rimaneva sempre incantata. I movimenti del ragazzo erano impeccabili e al contempo gentili. Sembrava danzasse, fendendo l'aria con gentilezza.
Per la giovane era impossibile non fare un confronto, notando quanto lei fosse sempre distratta e imprecisa. Non avrebbe mai e poi mai potuto eguagliarlo, era ridicolo anche solo pensarlo. Nonostante il proprio impegno, Hinata si sfiniva sotto il sole morente e restava la stessa incapace, inutile, erede di un nome che le gravava sulle scapole.
Neji le passava accanto, alla sera, e le lanciava uno sguardo neutro che, a causa del sigillo sulla sua fronte, non poteva essere d'odio come invece il ragazzo avrebbe voluto. Come biasimarlo? Hinata era la prima a detestarsi. Poteva forse lamentarsi? Era privilegiata, servita e riverita da tutti, eppure... eppure le mancavano il talento, la forza e il desiderio di rivalsa che muovevano il cugino. Le doti adatte a plasmare un ninja degno di tale nome.
Ogni volta che lo incontrava e Neji la guardava a quel modo, Hinata si chiedeva quanto fosse divenuto grande il divario fra loro, un'immensa voragine fatta per allargarsi all'infinito. Forse un giorno li avrebbe inghiottiti e allora non ci sarebbero più state distinzioni.

Hinata era convinta che le cose non potessero cambiare, il destino era scritto, Neji era duro ma aveva ragione. Per quanto fosse desolante, si trattava della cruda realtà, non c'era da illudersi. Eppure la kunoichi aveva sperato ardentemente che ci fosse una via di fuga da quel maledetto mondo. Dalla violenza necessaria a sopravvivere, dall'oppressiva presenza del clan, da quella prigione che non le consentiva di sapere come fosse il mondo fuori. Un ponte che le permettesse di arrivare a Neji oppure di incontrarsi a metà strada, sospesi nel vuoto.
C'era qualcosa in lui che le diceva di tentare, di farsi avanti e per riuscirci avrebbe dovuto mantenersi sempre saldamente in piedi. Gli occhi che la giudicavano erano gli stessi che imploravano una salvezza dalla solitudine, dall'inevitabile.
Neji e Hinata erano così lontani e diversi, ma paradossalmente erano anche vicinissimi e uguali.

La svolta arrivò con l'esame di selezione dei chunin. La giovane donna sorrise al ricordo di quel periodo: erano successe davvero tante cose da allora... il suo mondo non era solo cambiato, era stato completamente stravolto!
Il confronto con altri ragazzi della propria età, la conoscenza degli uomini della sua vita - Shino, Kiba e soprattutto Naruto -, la fiducia riposta in lei da Kurenai-sensei, avevano portato Hinata ad accettarsi. Poteva essere più forte, non era necessario aspirare alla perfezione: ciò che serviva nel campo di battaglia, così come nella quotidianità, era capire e accettare i limiti, mettersi in discussione, ma mai colpevolizzarsi. Aveva imparato ad avere più autostima e fiducia nelle proprie capacità.

Naruto aveva compiuto un miracolo. Era stato come un raggio di sole fra le nubi fitte del clan Hyuga. Li aveva divisi e poi riuniti con la sua onestà. In fondo, ciò in cui credeva il ragazzo biondo del demone volpe era la palese realtà dei fatti a cui tutti, prima o dopo, voltavano le spalle.
Naruto non mentiva mai a se stesso e se c'erano dei confini, be', lui ci si sedeva sopra e vi guardava attraverso. Poi saltava di nuovo dentro e si dava da fare per migliorare se stesso e gli altri. Per questo sarebbe stato un grande Hokage, non esistevano persone come lui.

Hinata sfregò le mani lungo le braccia per ripararsi dall'aria fredda, volgendo lo sguardo alle gocce che si staccavano dal tetto, riscaldata dal pensiero dell'uomo che amava. Naruto aveva costruito non un singolo ponte, ma una miriade di ponti che avevano permesso agli abitanti di essere un'unica realtà.

Verso i quattordici anni anche Hinata e Neji si erano finalmente avvicinati con la voglia di mettere da parte il passato, di condividere la stessa solitudine per annientarla. Il ragazzo aveva messo a disposizione tutte le proprie conoscenze e non lesinava consigli. Alla kunoichi piacevano i loro nuovi allenamenti, entrambi si impegnavano per essere al meglio e scoprivano di avere molto più in comune di quanto avessero creduto fino ad allora.
"Vedi che ci riesci?", "ti manca poco, dai", "devi concentrarti di più, non pensare al resto del mondo, ci sono solo io, qui con te", piccole frasi di incoraggiamento e Hinata sentiva la fatica venire meno. Stringeva i denti, sferrava il proprio attacco e dimostrava il proprio valore, quello che le sarebbe stato riconosciuto in futuro, durante la guerra.
Gli occhi di Neji non erano più ostili, ma pieni di un affetto disarmante, in contrasto con il suo atteggiamento tanto serio e di norma distaccato.
Quando la giovane era stanchissima e non riusciva a reggersi in piedi, con il sudore che le appesantiva tutto il corpo, il cugino la aiutava ad alzarsi e le faceva i complimenti. Alla kunoichi risultava strano perché sembrava che quelle parole, quel sostegno, arrivassero da se stessa. Anche Kiba, Shino e Kurenai la supportavano, condividendo con lei molte giornate di duri allenamenti, ma non riusciva a paragonare quel tipo di addestramento con ciò che avveniva quando era con Neji alla tenuta Hyuga.
Lasciavano per davvero il mondo fuori e si concentravano solo su se stessi. Erano gli unici che avrebbero mai potuto comprendersi fino in fondo.


Hinata osservò la pioggia divenire sempre più rada, fino a scomparire, lasciando che la luce tornasse a essere quella splendente delle giornate terse.
Tra le foglie brillanti e i rami intrecciati, a un tratto, scorse una figura dall'altra parte del cortile. Come lei, se ne stava in piedi sull'engawa e, forse, contemplava le stesse cose con gli stessi pensieri in testa.
Lo riconobbe un secondo dopo: era Neji.
Indossava uno yukata estivo maschile verde spento; i lunghi capelli neri gli ricadevano sulle spalle, mentre sul viso portava i segni dei graffi e dei lividi; una vistosa fasciatura, invece, nascondeva la fronte.
Il cuore le saltò in gola e non riuscì a trattenere un gemito di sorpresa e paura. Vedere un fantasma, seppur di un amico, era qualcosa di insolito...
Ma come poteva quello spettro essere tanto 'solido'?
Era convinta che la luce non gli passasse attraverso e le ombre gli scolpissero il volto come accadeva a qualsiasi oggetto terreno. Poi c'erano i suoi incredibili occhi: pezzi di cristallo che riflettevano il chiarore del pomeriggio.
Corse verso di lui, a piedi nudi, sentendo il legno del pavimento scricchiolare, lasciando che lo scialle scivolasse via.
Allungò le mani per afferrarlo, non poteva permettergli di svanire. Non poteva!
Le dita della kunoichi agguantarono la stoffa all'altezza della vita del jonin, poco sopra la cintura. La consistenza era morbida al tatto e... reale, tanto che riusciva a percepirne il disegno in leggero rilievo. Non poteva essere un'apparizione!
Hinata, tuttavia, non riuscì ad alzare lo sguardo, temeva che se lo avesse fatto lui sarebbe comunque scomparso. Si odiava quando aveva pensieri tanto irrazionali. Poteva toccarlo, vedeva i suoi piedi oltre l'orlo del kimono, sentiva il suo odore e il suo respiro. Fatti coraggio e guardalo!, si ordinò, ma non vi riuscì. Leggermente piegata in avanti, con i lunghi capelli dalle sfumature ametista a coprirle il viso, trattenne ancora una volta le lacrime. Doveva trovare l'ordine a ciò che voleva dire. La lista le sembrava infinita. Parti da quella più importante, consigliò a se stessa.
"Come... com'è possibile?" riuscì solo a mormorare.
"Pensavi che sarei potuto andare via così?"
La sua voce profonda...
Hinata alzò finalmente il capo e lo guardò: le parve che la luce che si irradiava nel cortile fosse divenuta accecante e le permettesse di scorgere solo i lineamenti belli ed eleganti del cugino. L'uomo sorrideva, un sorriso pacifico come quello che lei gli aveva visto quell'ultimo giorno.
"Maledetto! Per un attimo ci ho proprio creduto." masticò la giovane donna, ingoiando il pianto.
"Creduto a cosa?"
"Che fossi ancora vivo. Che fossi qui, con me."
"Ma io ci sono. Ci sarò sempre."
"Solo perché è la mia mente a permettertelo."
Hinata asciugò una lacrima e con un gesto lieve stirò le pieghe che aveva fatto al kimono, prima di lasciarlo andare.
"Non è la tua mente, ma il nostro cuore a volerlo."
"E' davvero ridicolo sentirti parlare così, lo sai? Tenten ti darebbe un pugno."
Lui rise e la luce la abbagliò ancora.
"E' vero, che schifo, eh?"
"No... non fai schifo, per niente." sorrise lei di rimando. Alzò il braccio per sfiorargli una guancia diafana, ma di nuovo non ne ebbe il coraggio. La superava di una buona ventina di centimetri, constatò di rimbalzo, quanto era cresciuto!
"Sono talmente dispiaciuta per come sono andate le cose che vorrei tornare indietro, non a prima della guerra, ma a tanti anni fa. Vorrei riscrivere le pagine del nostro futuro, avere più tempo. Quando mi rendo conto che non è possibile, sento salire una pesante frustrazione. Non ho mai voluto uccidere nessuno, non ho mai voluto vedere altri morire, per questo non sono mai stata adatta a essere una kunoichi. Il tuo destino, nonostante tutto, è stato ingiusto perché era indissolubilmente legato al mio. Tu saresti stato davvero un grande shinobi, lo meritavi. Lo meritavi per il tuo sacrificio, per la tua dedizione, per il tuo talento. Non voglio e non riesco a vivere, sapendo che sei morto al mio posto."
"Sei tu ad essere ingiusta. - Neji aggrottò le sopracciglia - Volevo proteggerti e sono qui per questo. Mi sento sereno, vivo in pace sapendo di aver fatto la cosa giusta, quindi devi e puoi vivere serena anche tu, d'accordo?"
A quell'ultima frase lui indietreggiò di un passo.
"No, aspetta..."lo afferrò, questa volta per l'obi, stringendo saldamente la presa per sincerarsi ancora che tutto fosse reale.
"Non dobbiamo dirci nient'altro, volevo solo farti sapere che va bene così."
"No! No, io voglio dirti un sacco di cose, voglio che tu sappia che ti voglio bene come se fossi un fratello, che se non fosse stato per te non sarei niente e che per questo ti ringrazio. Grazie, perché sei stato il primo e il solo ad avermi davvero capita e..." Hinata non riuscì a contenere il fiume in piena che aveva dentro. Come l'acquazzone di poco prima, sentì i suoi sentimenti straripare. Doveva parlargli, doveva dirgli tutto ora, tutto quanto, prima che fosse troppo tardi. Neji, però, la fermò a metà.
"Hai già dimostrato ognuna di queste cose che pensi, non preoccuparti. A me non piacciono le parole, ma i fatti. Per questo ho imparato ad amarti."

Hinata si svegliò di soprassalto. Era sudata fradicia e sentiva un gran caldo.
La stanza era come la ricordava, ma nulla a che vedere con l'ordine che aveva trovato in quello strano e vivido sogno. Si era interrotto così bruscamente da lasciarle una sensazione di incompletezza.
Per un po', restò a fissare il soffitto dalle grandi travi di legno scuro, il pensiero rivolto al cugino. Stupida mente, stupido cuore!
Si alzò e uscì dalla camera, percorrendo l'engawa. Doveva essere l'alba. Il quadrato di cielo che si intravedeva dal cortile iniziava a schiarirsi di azzurro, la magnolia era quieta, così come il vento. C'era solo una piccola luce tremula di una lampada, dall'altra parte del cortile.
"Non riesci a dormire?" Naruto, seduto a leggere una pergamena dove poco prima Hinata aveva scorto Neji, dedicò un sorriso all'amata.
La kunoichi lo raggiunse, tirò l'orlo dello yukata e gli si sedette accanto.
"Dormivo, ma mi sono svegliata all'improvviso da uno strano sogno."
"Brutto?"
"No. Un po' malinconico... e dolce."
Il giovane uomo restò in attesa che lei glielo raccontasse, ma non ci fu un seguito a quelle parole. Hinata fissava insistentemente oltre i rami della magnolia, come se aspettasse l'arrivo di qualcuno.
"Mi dispiace di aver fatto tardi, ma se non finisco di studiare questa roba Kakashi mi manderà a zappare, invece che farmi diventare il prossimo Hokage."
Tipico di Naruto, non mostrare di aver preso sul serio ciò che invece prendeva sul serio. Buffo come Kiba e testardo come Shino.
"Non preoccuparti, ho dormito profondamente."
Ma quel sogno l'aveva scossa. Da un lato sentiva che doveva trattarsi di qualcosa di più di un semplice incontro onirico. Forse lei e Neji si erano incontrati davvero, sul loro ponte, come tanti anni prima.
"Ah, anche io ho un sonno... ! Sai che ti dico? Mi sa che vengo a letto e mi ci rimetto tra un paio d'ore." nel dirlo, Naruto balzò in piedi e allungò il braccio verso la compagna per aiutarla ad alzarsi.
Hinata lo guardò: la sua mano tesa era calda e le prometteva di non abbandonarla mai. Sorrise.
"Vai pure, resto un po' qui a godermi il fresco."
L'uomo le dedicò uno sguardo dolce, come avrebbe fatto Kurenai, e parve comprendere.
"Vieni presto da me" le disse, piegandosi per baciarle il capo. Lei si limitò ad annuire.

Poco dopo, con la calma e la luce dei primi raggi del sole, Hinata sentì una presenza alle proprie spalle.
"Sapevo che mi avresti aspettato."
La voce di Neji era quella del sogno.
"Tu sai già quello che volevo dirti, ma il nostro sogno è rimasto sospeso. - disse, senza voltarsi - Sei stato come un fratello per me, per questo non riesco a rassegnarmi. Non so se ci vedremo ancora, ma voglio scriverti una lettera e spero di riuscire a dartela a mano. A te non piacciono le parole, ma io ho la necessità di sentirle, di vederle scritte. Di sapere che ho trovato il tempo per racchiudere i miei pensieri in una pagina che non li lascerà andare. La accetterai, vero?"
Hinata si alzò in piedi e il sole dipinse le ombre dei rami sul suo yukata. Quando si voltò per incontrare la figura di Neji, non la trovò. C'erano solo gli shoji chiusi che davano sul soggiorno.
Sorrise amaramente, si sentiva proprio sciocca a parlare con il vento. Tuttavia, quando una foglia della magnolia le si posò su una spalla, Hinata ebbe come l'impressione di essere stata ascoltata.

E ti direi anche che ti aspetto, anche se non si aspetta chi non può tornare, perché per tornare ad essere ciò che fu dovrebbe essere ciò che fu, e questo è impossibile.***


- Owari -
22.8.2015


Questa fic partecipa al contest indetto da Aya88 sul forum di Efp dal titolo "Fanart and music ispiration contest" di cui attendiamo i risultati u _ u
Per scrivere la storia bisognava seguire tre spunti: una fanart e una canzone (da scegliere liberamente da una lista) e una citazione casuale da un pacchetto.

***La mia scelta è ricaduta prima di tutto sulla citazione del pacchetto Tormento ("e ti direi anche che ti aspetto, anche se non si aspetta chi non può tornare"). Non ricordo l'altra che ho visto, ma questa mi è parsa struggente il giusto. Ovviamente sapevo che si trattava di un estratto, così sono andata a leggere tutta la lettera di Tabucchi. Vi invito a leggerla perché è una cosa meravigliosamente struggente <3 fidatevi! Mi ha incantata, la trovate QUI.
Per quanto riguarda l'immagine...che vi posso dire? Mi ha subito evocato qualcosa di onirico. Sembra che i personaggi siano immersi in una luce accecante. Hinata così protesa verso il cugino mi ha sciolta, nonostante sia un personaggio che io detesto. Mi è piaciuta perché la trovo davvero comunicativa, rispetto alle altre che ho visto, nonostante ci fossero coppie insolite che amo moltissimo. L'ispirazione è proprio una testarda, fa come vuole lei.
**La canzone ( What hurts the most - Rascal Flatts <- qui il video, così ve piglia un po' de allegria XD) è stata scelta perché la conoscevo e mi sembrava si adattasse alla scena che avevo in mente: (mi pareva si addicesse al personaggio di Hinata in questo contesto...ho preso un po' spunto, lei che ascolta la pioggia, la mancanza di qualcuno, la solitudine e il pensiero a quel che e' accaduto e a cosa poteva essere se... ecc.)

Ho scritto questa storia in brevissimo tempo con mezzi di fortuna, non ero convinta del risultato, ma ora che la rileggo non mi pare troppo brutta XD.

Note: la Magnolia è un riferimento alla citazione. Nella lettera di Tabucchi viene menzionata, per cui ho deciso di metterla...sembrava calzare a pennello per la mia storia. La magnolia giapponese è una pianta elegante e particolare (dal sito giardinaggio.it si legge che "Si tratta di un arbusto di grandi dimensioni, o di un piccolo albero, a crescita abbastanza lenta, con foglie caduche, ampie, ovali, coriacee, lucide, di colore verde chiaro; a fine inverno, all’apice dei rami ancora spogli, spuntano lunghi boccioli affilati, da cui sbocceranno grandi fiori a coppa, di colore bianco, rosa, o viola, spesso con la parte interna ed esterna dei petali di colore contrastante; l’effetto della fioritura delle magnolie è eccezionale, anche perché avviene sul legno nudo, ancora privo di foglie; il fogliame spunta durante la fioritura, e rimane sulla pianta fino all’autunno. Le magnolie sono piante eleganti e, nonostante siano abbastanza delicate, non necessitano di grandi cure, sono quindi indicate anche a coloro che non riescono a trovare molto tempo da dedicare al giardino.")

*Il titolo e' composto da due parole giapponesi: Ittekimasu (letto come "Ittekimas") lo dice chi sta uscendo di casa, mentre Itterasshai (che penso si dica uguale a come si scrive) lo dice chi resta in casa a chi esce. Il titolo può quindi essere interpretato come "Ciao, io vado!" "Buonagiornata" o una cosa simile. Perché? Oltre al suono delle parole che mi piace molto, sono anche fan dei titoli corti e delle parole giapponesi. A parte questo, mi piaceva l'idea di Hinata che saluta Neji. Non è un addio, ma un saluto comune. Teneressa, lo so.

Parti della casa tradizionale giapponese menzionate:
- engawa: è quella parte porticata che si trova all'esterno delle case tradizionali e separa l'abitazione dal giardino/cortile. Il pavimento è in legno. Ho supposto che villa Hyuga sia molto grande e abbia un cortile centrale quadrato e/o rettangolare (o anche più di uno).
- tatami: sono le stuoie rettangolari che coprono i pavimenti delle stanze.
- shoji: pannelli scorrevoli in carta spessa e legno.
- yukata: è il kimono estivo, mentre l'obi è la cintura

  
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