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Autore: Castiga Akirashi    03/09/2015    1 recensioni
- ATTENZIONE: questa storia è il seguito di Black Hole. Se non avete l'avete letta, la comprensione potrebbe risultare difficile. -
Due anime gemelle sono due metà che si compongono.
Una non può vivere senza l'altra.
Raphael ha perso la sua e, ora, la sua unica gioia è Lily.
Ma capirà presto che non è mai troppo tardi per essere felici...
Questa storia è un po' diversa dalle altre sui Pokémon... diciamo che ci sono lotte, ci sono Pokémon ma c'è anche altro. Ho cercato di inserire il più possibile inerente all'argomento.
Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lance, N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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-- Attenzione: vietate le parti con le virgolette ai facilmente impressionabili! --
Buona lettura! :)

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~Lance portò Athena nel carcere. Passarono da un'entrata secondaria, con lei nascosta da una felpa con il cappuccio. Nessuno doveva sapere che era viva. Vodel avrebbe potuto metterla alla forca più facilmente, ma aveva paura di un attacco di panico generale se si fosse saputo il ritorno della bestia. Molto meglio farla sparire nell'ombra. Così aveva detto al Campione di rinchiuderla in un posto conosciuto solo da lui, senza dire niente a nessuno, nemmeno alle guardie. Doveva eventualmente dire solo che si trattava di un soggetto pericoloso dal quale stare alla larga.
Lei si tolse il cappuccio quando seppero di essere soli, di fronte a una cella vuota, in un corridoio isolato e chiuso da una porta con la combinazione che sapeva solo Lance. Completamente nascosta a tutti. C'era eventualmente un'altra porta, che dava verso il corridoio di celle degli altri detenuti, ma anche quella aveva la combinazione e quindi era inaccessibile.
I due non si erano ancora parlati, se non per quel piccolo diverbio al processo, ma lei borbottò: «Avevi ragione. Raphael è proprio bravo.»
Lui, ben felice che quel pesante silenzio si fosse rotto, sorrise e rispose: «Con gli elementi giusti, è più in gamba di quanto credi.»
Lei non disse altro, guardandosi intorno tra quelle quattro mura. Con un sospiro, sedette e sbottò: «Questo posto è troppo piccolo e buio per i miei gusti.»
«Non ti preoccupare.» rispose lui, con un ghigno: «Mi vedrai talmente spesso che arriverai a cacciarmi.»
«Non contarci troppo.» ridacchiò lei, salutandolo mentre se ne andava.
A Hoenn, invece, in quello stesso istante, N guardava un biglietto, vergato da quella scrittura, la sua scrittura, e sospirò.
“N, lascialo. Ti prego.”
Lo richiuse, staccando la prima pagina con la frase rivolta a lui e chiamò Giovanni. Il bambino arrivò perplesso, il padre gli tese il biglietto e mormorò: «Questo me l'ha dato Raphael. È da parte della tua mamma.»
Giovanni lo prese con mani tremanti e lesse: “Ciao, Gio. Come stai? Spero tu non stia facendo impazzire tutti come penso... senti, avrei un'idea da proporti, mentre aspetti il mio ritorno. So che ti piace combattere e so che ti senti oppresso, che devi poterti sfogare. Che ne dici di fare come fece la tua mamma a suo tempo e andare a caccia di Medaglie? Le otto palestre Pokémon di Hoenn potrebbero essere un modo per crescere e per legare di più con i tuoi Pokémon. Che dici?”
Lui ci rifletté. Le palestre, lotte con il suo Mankey... si poteva fare! Ma come? Avrebbe dovuto stare via da casa, da solo, senza nessuno... non si era mai allontanato tanto. Però... non sarebbe stato solo. Donkey sarebbe stato sempre al suo fianco e forse lui avrebbe potuto trovare altri Pokémon, farsi una squadra. Aveva l'età, aveva un Pokémon. Nulla l'avrebbe fermato. Guardò N e lui annuì, anche se sembrava preoccupato.
Giovanni non perse tempo: corse in camera, radunò ciò che lui riteneva importante per un viaggio e riempì lo zaino. Si cambiò, vestendosi comodo, prese tutti i suoi soldi dal salvadanaio e si mise lo zaino in spalla. Donkey lo raggiunse e lo fissò. Si guardarono negli occhi e annuirono insieme. Erano pronti e decisi. Non serviva nemmeno parlare. Chiamò Wargle, si fece portare ad Albanova, la città di esordio di ogni ragazzino di Hoenn, accompagnato dal suo focoso compagno d'armi, il Mankey Donkey.
Nel frattempo, Lily era a scuola. Alzò la mano, un po' titubante. Era l’ora di storia e la professoressa le era molto simpatica. E adorava che le ponessero delle domande.
«Dimmi, Grayhowl.» le disse, quando la notò.
Lei deglutì, pensando che poteva ancora ritirarsi, ma poi chiese: «Cosa sa dirmi del… Demone Rosso?»
L’insegnante la guardò, rabbrividendo al solo nome, e borbottò: «Perché vuoi saperlo?»
«Ho trovato un articolo di giornale che ne parlava. Però era abbastanza vecchio e si leggeva solo il titolo. Con questo nome.» rispose lei, ripensando alla scusa che si era inventata per tirare fuori il discorso.
«Non è un argomento piacevole. E siete ancora piccoli.» cercò di dire lei, ma la curiosità di Lily aveva scatenato anche quella dei compagni di classe, che cominciarono ad insistere a loro volta. Così l’insegnante si arrese, si aggiustò gli occhiali e con un respiro prese a parlare: «Dunque. Dovete sapere che stiamo parlando dei tempi del grande Campione dei Campioni, chiamato da alcuni l'Imbattuto o “il Campione senza volto”, perché nessuno lo ha mai visto in faccia, dato che ha sempre indossato una maschera da wrestler che gli copre la testa e la parte alta del viso; di lui non si sa ancora oggi nulla, tranne che ha un potentissimo e poderoso Venusaur.
In quei tempi, più di vent’anni fa, c’era anche un uomo. Il suo nome era Giovanni ed egli gestiva una pericolosa organizzazione criminale chiamata Team Rocket. Il suo scopo era quello di dominare il continente, ma egli non era molto capace con i Pokémon e quindi non aveva la minima speranza di sconfiggere l'Imbattuto. Come ben sapete, colui che detiene il potere sulla regione è il Campione della Lega Pokémon, ovvero l'Allenatore più forte di tutti. Giovanni decise così di attuare un colpo di stato e prendere il governo con la forza. Voleva il potere e nulla gli avrebbe impedito di ottenerlo. Nemmeno la legge.
Non riuscì però a fare nulla, in nessuno dei suoi tre colpi di stato. Il Campione lo aveva sempre fermato senza difficoltà. Era forte, quasi invincibile.
Un giorno però, alcuni anni dopo, in primavera, arrivò nella Palestra di Fucsiapoli una bambina di otto, forse nove anni. Indossava una lunga veste bianca, con una R rossa sul petto, ed era accompagnata da un Pidgeot senza una zampa. Era troppo piccola per avere un Pokémon, figuratevi al secondo stadio evolutivo. I testimoni, anzi il testimone, il Leader Koga, raccontò che quello sguardo rosso infuocato era freddo come il ghiaccio. Freddo e crudele.
Questa bambina entrò in Palestra, ma gli Allenatori la fermarono. Lei... lei prese l’attizzatoio del camino e... compì un vero massacro. All’interno dell’edificio c’erano dieci allenatori, più Koga. Venne risparmiato solo lui, e, da quello che raccontò al Campione, quella bambina aveva ucciso tutti a sprangate. La furia omicida di quella creatura non era umana e tutti seppero che era il nuovo modo di Giovanni per imporre il suo dominio. La lettera R ne era testimone: era il simbolo del Team Rocket, l'organizzazione di quel folle. Si pensò ad un attacco isolato, ma poi accadde un fatto simile nella Palestra di Zafferanopoli e in quella dell’Isola Cannella. Sopravvissero solo i Leader delle Palestre, anche se ne rimasero molto scossi. L’unica Palestra attaccata che si salvò fu quella di Aranciopoli. Si pensa che L.T. Surge si sia salvato grazie alle sue trappole. Come ben sapete, il terzo Leader si diverte a inventare trabocchetti per mettere in difficoltà gli sfidanti, ma anche per proteggersi dai ladri e dai malintenzionati.
La polizia ebbe una fuga di notizie e i media scatenarono il panico. Si stabilì il coprifuoco alle cinque di sera e la popolazione temeva di uscire da casa, terrorizzata dalla minaccia del Demone Rosso, chiamata così perché nessuno sapeva chi fosse o da dove venisse.
Demone, perché la sua crudeltà era pari a quella di un demonio uscito dall'inferno.
Rosso per via del suo aspetto: due occhi rossi come il fuoco, ma gelidi come il ghiaccio, e i capelli dello stesso colore infernale.
Nel frattempo, Giovanni fece varie scorribande con il suo team, approfittando della paura che aveva scatenato con la sua personale bestia assassina. Ma un ragazzino, l’eroe del Continente, Red, lo fermava ogni volta, bloccando i suoi piani e facendo saltare le operazioni. Ancora non è chiaro perché il Demone Rosso non lo abbia mai toccato.
Fatto sta che questo periodo oscuro durò due anni. Poi, Red sconfisse Giovanni e lui sciolse il team Rocket. Ci furono tre anni di pausa, poi, i Quattro Tenenti, tra cui il Demone Rosso stessa, tornarono, per richiamare il capo che li aveva abbandonati. Vennero fermati questa volta dal nostro attuale Campione Lance e il Demone Rosso venne ucciso.
Così venimmo liberati da quella belva assetata di sangue una volta per tutte, ma il suo ricordo aleggia ancora nelle menti di tutti. Il solo nome è fonte di terrore ed è tabù.»
«Ma prof, era davvero così terribile? Voglio dire, di sangue se ne vede tutti i giorni…» chiese un ragazzo, dubbioso e perplesso dal terrore che traspariva dalle parole della donna.
«Non pretendo che capiate, ragazzi. Noi che l’abbiamo vissuta ricordiamo.» si limitò a rispondere lei, sapendo che non avrebbero comunque compreso: «C’è… c’è un video. L’ha fatto un coraggioso allenatore prima di venir ucciso. Però… è forte. Forse troppo per voi. Ma se ve la sentite, venite con me… io non vi obbligo. Dovete essere consapevoli però che è un video terribile.»
I ragazzi si guardarono, poi si alzarono e la seguirono in aula multimediale. Lily deglutì. Ora avrebbe visto cos'era davvero la sua mamma. Quale orrenda creatura l'aveva messa al mondo e lasciata sola con suo padre. L'insegnante mise sul computer una memoria esterna, trovata in un cassetto chiuso a chiave.
«Sono solo pochi minuti, ma bastano e avanzano.» disse, con un leggero tremito nella voce mentre accendeva la televisione e selezionava un file.
Il video partì.

“Una voce sussurrò: «Una soffiata ci ha avvertiti che il Demone Rosso verrà qui. Ci siamo nascosti, tutti, per evitare il massacro. Speriamo che funzioni, ma se ci scopre... voglio documentare cosa fa quella bestia... per la polizia, per i posteri, per chiunque se la troverà davanti in futuro.»
La videocamera inquadrava la porta. Ci fu un po’ di silenzio, abbastanza teso, poi quella si aprì violentemente, sbattendo contro la parete. Una bambina entrò nell’atrio. Nelle mani aveva un’ascia, sporca di sangue, e la trascinava dietro di sé, con noncuranza, scrutando il posto con lo sguardo. Con una voce crudele e minacciosa, e un ghigno dipinto in faccia, disse: «Non mi piace nascondino, sapete? Guardia e ladri è più eccitante.»
Non ottenendo risposta, si guardò intorno pensierosa, mentre l’ascia seguiva i suoi passi, lasciando una scia rossa dietro di lei. Uno strido echeggiò dall'esterno. Lei guardò un attimo l'ora, alzò le spalle e tornò alla sua caccia. Si sentì un rumore e la bambina sollevò l'arma e la lanciò con tutta la forza che aveva, voltandosi. Un uomo cadde a terra trafitto, e lei, con un sogghigno, disse: «Fuori uno.»
Si avvicinò al cadavere, ci mise sopra un piede e tirò, riprendendosi l’arma, incurante del sangue che sgorgava copioso creando una pozza in terra, sulle piastrelle della Palestra.
«Prima o poi vi trovo. Tutti.» mormorò minacciosa, guardando ancora in giro.
Gli allenatori uscirono tutti allo scoperto, capendo che sarebbe stata solo questione di tempo, e l’attaccarono. Forse con l'effetto a sorpresa, sarebbero riusciti a sopraffarla.
Il Demone Rosso fece un ghigno di divertimento puro e afferrò saldamente l’ascia fra le mani. Non sopravvisse nessuno. Menando colpi a non finire, con una gioiosa furia omicida, la bambina fece letteralmente tutti a pezzi.”

L’insegnante spense il televisore.
«Meglio se non vedete nient’altro. E badate che non era un film.» mormorò, scossa e sull'orlo delle lacrime la donna.
Nella stanza, erano rimasti solo Lily e altri cinque ragazzi, tra cui il migliore amico della ragazzina. Tutti gli altri erano usciti dopo che era stato trafitto il primo uomo.
“M-mamma…” era l’unico pensiero della ragazzina dall’inizio. Quella... quella cosa era sua madre. L'avrebbe visto anche un cieco... notava anche lei l'enorme somiglianza fisica. E quello strido. Pidg.
«Questa era il Demone Rosso.» concluse l’insegnante, prima di spegnere tutto.
«Prof.» chiamò Lily.
«Sì, Grayhowl?»
Con gli occhi lucidi, e la voce tremante, la ragazzina disse: «Posso vedere il resto?»
«È meglio di no.»
«Per favore.»
La donna fissò la ragazzina. Quello sguardo convinto, quel tono deciso, la persuasero.
«Io esco, però. Non riesco a guardare questa scena.» rispose, posandole il telecomando sul banco.
Così, Lily rimase sola nella stanza. Prese il telecomando e schiacciò il pulsante play.

“Il Demone Rosso, aprì la porta con un calcio e si trovò davanti Blaine, un vecchietto, anche se molto energico e pimpante per la sua età.
«Non avrai mai la mia vita, mostro!» esclamò, con innato coraggio. Poteva affrontarla con i suoi Pokémon ma... chi gli diceva che quell'essere non avrebbe ucciso anche loro? Inoltre... aveva anche lei dei Pokémon.
La bambina rispose con un ghigno crudele, ancora euforica dopo il massacro avvenuto fuori: «E chi la vuole? Andiamo, hai un piede nella fossa.»
Blaine la attaccò, mulinando il suo bastone. Purtroppo per lui però, era un uomo anziano, mentre lei una scattante bambina. Schivando il colpo, Athena gli mise il gomito sulla spalla e, tirando il braccio verso l’alto, gliela lussò con un colpo secco. Il vecchio urlò di dolore, mollando il bastone e prendendosi la spalla dolorante; accecato dal male cadde a terra, in agonia. Lei gli si avvicinò e gli mise un piede sull’omero fuori dalla sede, schiacciando e facendolo urlare ancora. Ridendo di gusto, lo guardò contorcersi sotto il suo piede. Sembrava la divertisse un mondo causargli tutto quel dolore. Blaine urlò fino a finire la voce, ma la situazione peggiorò quando lei alzò l'ascia, con la punta rivolta verso l'alto, e la abbatté sul suo gomito, rompendolo. L’uomo non riusciva nemmeno a muoversi. Il dolore lancinante lo paralizzava al suolo. Quando lei si stufò di giocare con lui, gli diede un buffetto di disprezzo con il piede e commentò: «Ci si vede, vecchio. E ricorda… mai far arrabbiare il Grande Giovanni.»
Riprendendosi l’arma, uscì dalla stanza, ma vide il cameraman, che stava ancora riprendendo. Un pericoloso scintillio le passò nello sguardo, mentre si avvicinava con un ghigno stampato in faccia.
Un colpo d’ascia.
La telecamera cadde e qualcosa la girò.
Una voce crudele, infantile e divertita commentò: «Buona visione, spettatori.»
Inquadrò l’uomo, a terra, supino, con il cranio spaccato in due.”

La televisione si spense con un effetto neve e la risata di Athena di sottofondo.
Lily era scioccata. Quella era lei. Sua madre. In persona. E in tutta la sua cattiveria assassina.
Ma come poteva suo padre, la più buona e brava persona di questo mondo, essersi innamorato di una creatura del genere?

  
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