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Autore: _amethyst_    06/02/2009    5 recensioni
"La sua vita era sempre stata monotona e senza colore. Grigia, spenta, vuota, la viveva in modo passivo. Ciò non significava che non avesse una vita sociale, fuori dalle sue ricche e costose quattro mura di casa. Era ricca, bellissima, seria ed era una delle ragazze più ambite della città... insomma una ventiquattrenne dal fascino coinvolgente e dallo sguardo magnetico che catturava le attenzioni del sesso opposto come se fosse un fenomeno da circo." Questa era Amelia, ma parliamo di qualche giorno prima che la sua vita cambiasse completamente in merito a...- Leggete e lo saprete; recensite in tanti mi raccomando!
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ See You Again.

*

La sua vita era sempre stata monotona e senza colore. Grigia, spenta, vuota, insomma la viveva in modo passivo.
Ciò non significava che non avesse una vita sociale, fuori dalle sue ricche e costose quattro mura di casa.
Era ricca, bellissima, seria ed era una delle ragazze più ambite della città... insomma una ventiquattrenne dal fascino coinvolgente e dallo sguardo magnetico che catturava le attenzioni del sesso opposto come se fosse un fenomeno da circo.
Tutto questo non la lusingava affatto, anzi si sentiva maledettamente sola e diversa, quando lei in realtà avrebbe desiderato una vita normale. In fondo cosa chiedeva dalla vita se non di essere carina e non una miss, di essere ammirata per il suo carattere e non per le esorbitanti cifre del suo conto in banca, di essere voluta bene da amiche vere e non da opportuniste che avevano come unico scopo quello di essere invitate alle sue magnifiche feste?
L'amore non le interessava, a tutti gli uomini con cui era stata non era importato altro che scoparla per poi mollarla la sera dopo. Non aveva mai avuto una storia che potesse essere definita "d'amore" e non aveva mai veramente amato, la sua vita sentimentale comprendeva solo il sesso, ma aveva imparato a non dare peso alla situazione e a continuare a vivere lavorando solo ed esclusivamente per la sua casa di moda, una delle più in voga della città.



«Voglio essere sicura che quel modello di lingerie che ti ho richiesto ieri sera sia pronto entro domani alle 20.45 o mi arrabbierò veramente Pamela! Sai benissimo che non ammetto ritardi di nessun genere.» Aggiunse gelida la bella Amelia, dopo una prolungata ramanzina alla sua nuova collaboratrice, una signorina appena ventenne che le ricordava la sua sorellina Isabelle. Bruna e minuta con quegli occhietti color acqua marina, le somigliava incredibilmente.
Scosse la testa, liberandosi di quei pensieri che la distraevano ulteriormente dal suo dovere.
Sistemò le cartelle negli archivi e recuperò la borsetta dalla scrivania, estraendo dal suo interno le chiavi di casa di suo padre Emanuele. Viveva con lui momentaneamente e questo non le dispiaceva; era un tipo tranquillo e se ne stava per i fatti suoi, non invadeva la sua privacy e di questo gliene era grata. Era sempre stata una tipa che aveva bisogno dei suoi spazi e non aveva chissà quale rapporto con i suoi familiari.
Uscì dalla porta principale e ordinò al custode di bloccare le porte automatiche e di spegnere le luci, insomma gli chiese di chiudere tutto.
Camminava per strada, sicura su quei tacchi altissimi di alta moda che ella stessa aveva progettato per sé stessa e al suo passaggio miriadi di uomini le rivolgevano sguardi ammaliati, boccheggiando come degli idioti. C'era abituata Amelia, non ci faceva più caso ormai.
Lei era sempre stata il vanto di suo padre, il suo trofeo da mostrare ai suoi amici con fierezza quando erano ospitati nella grande villa. Le diceva sempre di quanto somigliasse a sua madre. Ma Amelia non voleva assomigliarle, faceva parte di tutt'altro mondo, era una persona migliore di lei.
Il poco che conosceva di sua madre l'aveva portata a non volerne sapere niente; sapeva solo che era una prostituta e che durante un rapporto sessuale con suo padre il preservativo si era rotto. Di conseguenza era rimasta incinta; suo padre l'aveva pagata per continuare la gravidanza e tenere la bambina, così era nata lei, una venere come la madre. Era uno dei motivi per i quali odiava essere bellissima: non voleva avere niente a che fare con Flavia, sua madre.
Eppure era la sua fotocopia, solo gli occhi si differenziavano dai suoi: Amelia li aveva nocciola come Emanuele, mentre Flavia li aveva neri come la pece.
Non voleva più pensare a sua madre altrimenti si sarebbe infuriata di nuovo, solo lei poteva sapere quello che si provava quando si cresceva senza una madre.


«Ciao Amelia, perchè non ti siedi in salotto e ci fai compagnia?»
Emanuele le aveva aperto la porta con il sorriso stampato sul volto, quel viso segnato da rughe profonde e dagli anni che passavano e che lasciavano le loro tracce. Quando le sorrideva in quella maniera significava che c'erano ospiti, il che significava che gli avrebbe fatto piacere che si presentasse ai suoi amici.
Fece un cenno d'assenso sorridendo aggraziata e seguì suo padre per il corridoio, girando poi a destra per accedere al vasto e antico salotto.
Era un semplice gesto di ringraziamento nei suoi confronti, dato che le aveva permesso di rimanere ad abitare a casa sua finché non si fosse appartata nella sua nuova villa, quasi ultimata. Aveva affidato i lavori al miglior architetto della città e confidava nel fatto che tutto fosse fatto alla perfezione.
Amelia si presentò a Laurence e al figlio Valerio, sorridendo loro senza veramente averne lo stimolo.
«Io sono Amelia, piacere.»
«Il piacere è tutto mio, io sono Laurence e lui è mio figlio Valerio.»
Laurence le baciò la mano e con una strizzata d'occhio tornò ad accomodarsi nella poltrona dalla quale si era sollevato un attimo prima: quel poco che sapeva di lui era che era un vecchio depravato amante della bella vita e delle donne, strapieno di denaro. Suo figlio si fece avanti e, come il padre, le posò le labbra sulla superficie della mano, da perfetto gentiluomo. Era un giovane di bell'aspetto, con quei folti capelli corvini e quei profondi occhi azzurri che nel complesso gli donavano fascino e grazia, in aggiunta alla sua costituzione fisica muscolosa e all'altezza considerevole.
«Incantato, signorina Amelia.»
Con un ultima occhiata alla giovane bellezza, si risedette a sua volta.
Lei lo faceva perchè doveva, voleva bene a suo padre e deluderlo era una delle sue paure più grandi.
Si sedette con eleganza in una delle poltrone di pelle, accavallando le gambe come dettava il suo solito copione da perfetta intrattenitrice e padrona di casa, mentre osservava con scrupolosa attenzione ogni presente nella sala, fingendo interesse nei loro discorsi; lavoro, lavoro e lavoro. Le loro conversazioni ruotavano tutte attorno ad esso, senza spaziare su altro. Lo sguardo del giovane vagava da suo padre ad Amelia che, se poteva, evitava di accorgersene, lasciandogli credere di non essersi resa conto dell'interesse che le rivolgeva.
Ma non le importava, essere al centro dell'attenzione faceva parte della sua quotidianità, tuttavia per lei non era un bisogno primario; odiava sentirsi osservata e desiderata fortemente dal sesso maschile, era come se in lei rivedesse sua madre... bella e maledetta.
La serata passò con lentezza tra occhiate di fuoco e completa indifferenza, con quei discorsi pedanti e inutili sul lavoro, che facevano da sottofondo a quell'atmosfera densa e troppo carica. Valerio non sembrava proprio capire che Amelia non se lo filava. Finalmente, a distanza di due abbondanti ore dal loro arrivo, annunciarono che era ora di ritornare a casa loro, così la giovane bellezza li accompagnò gentilmente alla porta, fingendo un sorriso. Laurence la salutò cortesemente, le fece un piccolo inchino e percorse il piccolo sentiero che conduceva al cancello della villa. Incontrò due occhi dal colore del ghiaccio, che trafisse con i suoi, scoprendo la figura alta e affascinante di Valerio avvicinarsi pericolosamente a lei, la disinvoltura che tracciava i contorni più definiti della sua espressione beffarda e insolente; gli conferiva ancora più fascino. Era talmente vicino che ne sentiva il respiro alitarle la fronte.
«Speravo in un bacio di congedo. Mi delude Amelia.»
«Mi dispiace darle dispiacere, ma temo che si dovrà accontentare.»
«Peccato. Allora sarà per la prossima Amelia.»

«Non ci speri.
Arrivederci»
Con quel sorrisetto beffardo uscì dalla porta, accompagnato da movimenti sicuri e determinati.


Che stronzo -
pensò la bella Amelia, mentre si pettinava i capelli con movimenti fluidi e morbidi - credeva davvero di avere una chance con me? Che atteggiamento insolente ha avuto nei miei confronti, come se stesse parlando alla sua fidanzata. Ma chi si crede di essere quello? - Posò la spazzola e raccolse i luminosi capelli dal colore sanguigno in un elegante chignon; pur non avendo nemmeno un filo di trucco riusciva ad essere attraente, con quei tratti forti e armoniosi che, sommati a tutto il resto, la rendevano bella come poche. Fissò esasperata il suo riflesso nel grande specchio del bagno, cercando un difetto inesistente nel suo viso. Nulla, tutto noiosamente a posto come sempre.
Si diresse speditamente in sala da pranzo, nella quale Emanuele la aspettava per consumare la cena. Lei in tutta tranquillità prese posto a tavola e si servì.
«Sai, il figlio di Laurence mi è sembrato un bravo ragazzo. Un gentiluomo, non trovi anche tu?» Le cadde la forchetta dalle mani, che cozzò sul fondo del piatto di porcellana, facendo un chiasso assurdo. Come può pensare che quello stronzo possa essere un bravo ragazzo? E' un maniaco quello, altrochè! - pensava lei, mentre masticava lentamente.
«Non mi convince, ed è un vero stronzo.»
«A me è sembrato a posto.»
Rimase in silenzio e continuò a mangiare, senza più proferir parola.
Quando si sentì completamente sazia si sollevò dalla sedia e si chiuse in bagno, voleva farsi una doccia e in seguito continuare a lavorare sul progetto di quell'abito da sera che le serviva per completare la linea. Le avrebbe occupato la maggior parte della nottata, ma era importante che la completasse in tempo. Si spogliò ed entrò in doccia, facendosi scivolare addosso quei rivoli di acqua bollente, in fase di completo relax.


{Amelia.
Pensavo di aver già odiato in tutta la mia vita. Mi sbagliavo. Ciò che provavo in quell'istante era il vero e puro odio, senza ombra di dubbio.
Diventava sempre meno sopportabile quando quello stronzo accompagnava suo padre a casa mia per fissare dei nuovi accordi lavorativi, come se mio padre avesse bisogno di guadagnare altro denaro, con tutto il capitale che possedeva.
Odiavo Valerio, il suo comportamento, la sua altezza smisurata, le braccia muscolose e quel maledetto sensuale ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi, indomabile. Non partecipavo più alle loro riunioni, ma quando era indispensabile attraversare il salotto per recuperare un oggetto che mi serviva non potevo non lanciargli qualche occhiata per scoprire se mi guardava.
Ogni volta che lo facevo lo sorprendevo fissarmi imperterrito, lo sguardo insolente che avevo imparato ad odiare e quel ciuffetto nero che gli invadeva la vista non appena si voltava verso di me. Non potevo negare che ne fossi vagamente attratta, eppure il mio profondo odio nei suoi confronti superava ogni altro tipo di sentimento, che fosse positivo o negativo, li insabbiava.

«Perchè non vi fermate a cena stasera?» Gli aveva proposto mio padre, dato che la questione della quale discutevano non si era ancora risolta.
«Molto volentieri.» La voce roca e profonda di Valerio mi aveva acceso nell'animo la voglia di commettere un omicidio, precisamente il suo. Adesso anche a cena, a casa mia, dovevo sopportarlo? Non bastavano gli interi pomeriggi, e le sere, nei quali venivano a discutere di lavoro? No, adesso mio padre si era messo anche il vizio di invitarli per la cena. Peggio di così non sarebbe potuta andare.
Avevo colto il leggero aumento di volume nel tono in cui accettava l'invito di mio padre.
Le risposte a quell'atteggiamento erano due: o temeva che mio padre fosse sordo e perciò non avesse sentito bene, oppure si riferiva a me e allora mi stava largamente prendendo per il culo.
Mio padre mi aveva raccomandato di vestirmi elegantemente per ricevere gli ospiti, avevo tre ore per rimboccarmi le maniche e fingere di voler dare loro un sincero benvenuto, come tutti i giorni ormai, in casa mia; mi sarebbero bastate. Per l'occasione speciale avevo scelto di indossare il mio vestito di seta nera ed i miei tacchi altissimi in vernice lucida; una manciata di schiuma per definire meglio i miei capelli già mossi di loro, era sufficiente per l'acconciatura. Un tocco di rossetto, matita e ombretto applicati con maestria ed eccomi pronta, appena in tempo per sentire qualcuno bussare alla porta.
Mi affrettai ad accorrere alla porta...


{Valerio.

Vidi la porta aprirsi lentamente, era lei, lo intuivo dai tacchi che indossava e dallo splendido corpo coperto da quella meraviglia di seta scura che ne accentuava il fascino già elevato.
Il suo sorriso, finto quanto ammaliante, abbagliò il mio sguardo che la fissava, perso. Di fronte a tanta bellezza e sensualità mi sentivo piccolo e insignificante. La mia, messa al confronto, svaniva.
I suoi capelli di fuoco erano mossi come onde di mare in tempesta e anch'essi, con i loro movimenti morbidi e leggeri, mi invitavano dolcemente a porgere una mano e toccarli stringendoli tra le dita. Entrai e non smisi un solo secondo di fissarla, meravigliato. Sentii il suo sguardo confuso e volutamente freddo pugnalarmi e lasciarmi senza fiato, come faceva quando mi vedeva. Sistemai distrattamente il ciuffo dietro l'orecchio e mi sedetti disinvolto sulla sedia che mi era stata indicata da lei. Mio padre mi seguiva, osservando Amelia con desiderio crescente; era un vero pervertito. Se solo avesse continuato a fissarla in quel modo o se solo l'avesse sfiorata, anche per sbaglio, gliel'avrei fatta pagare cara, lei era mia e basta.
«Valerio, Laurence! Finalmente siete arrivati. Adesso mia figlia vi servirà le pietanze.»
«Sì Amelia, perchè non ci porti qualcosa da mangiare?»
Il mio tono era beffardo e sprezzante come sempre, la mia solita copertura agli occhi di lei.
Mi fulminò con lo sguardo e si diresse in cucina, vagamente arrabbiata. Sapevo che mi odiava con tutta sè stessa, ma io no.
Io l'amavo, dal primo giorno che l'avevo vista mi ero perdutamente innamorato di lei, del suo carattere, della sua bellezza, del suo modo di fare.
In lei non c'era niente da cambiare, era perfetta csì com'era: fragile, bellissima, dolce perfino, anche se nemmeno lei lo sapeva.
Quando la vidi tornare dalla cucina con quei vassoi nelle mani mi parve una Dea, si avvicinava e mi serviva con quello sguardo d'odio puro che riservava solamente a me.
Dopo quell'ultima occhiata si sedette al suo posto, in tutta la sua eleganza.


---

Valerio la seguiva, Amelia gli sfuggiva.
Era la sua unica occasione di farle capire il suo amore, ma lei non sembrava volerne sapere niente, nè di lui nè del suo stupido amore.
Non voleva arrendersi alla bellezza di lei il bel giovane e la inseguiva in quel corridoio ampio e infinito, che invece di avvicinarsi alla propria fine sembrava si stesse allontanando.
Il tempo sembrava trascorresse a rilento, in realtà tutto successe in modo veloce e regolare.
Due labbra. Altre due. Si uniscono e tutto cambia colore, sapore, le emozioni si trasfigurano in altre.
Prima il giallo abbagliante delle luci, poi è il buio della sua stanza da letto ad avvolgerli.
La porta sul letto e le sfila i vestiti di dosso, in seguito la biancheria. Lei è nuda.
Amelia non sa che le succede, non è più padrona di sè stessa.
La passione si sostituisce all'odio e la sua intensità la porta a denudare il suo tanto odiato Valerio, che non esita a riappropriarsi della labbra di lei e le fa sue, mescolando la lingua con quella di lei, furiosamente. Non lo ferma, l'unica cosa che desidera veramente è proprio quella di lasciarsi andare.
Si lascia possedere da Valerio che la tocca, la bacia, la prepara e la penetra, prima delicatamente, poi con ardore, senza più pensare alla delicatezza.
Quella notte è passata, è mattina.
L'odio si è trasformato in passione, tutto ha perso il proprio senso.
Nemmeno quella posizione ha un senso.
Lei, sdraiaita sopra di lui, si sono appena svegliati e accolgono con i loro occhi la luce solare che filtra dalle vaporose tende color lilla.
Amelia e Valerio hanno fatto l'amore, adesso si accarezzano.

«Ti amo.»
E' Valerio a parlare, Amelia lo guarda e a partire da quel millesimo di secondo tutto è più chiaro.
I colori delle iridi di differenziano, l'espressione è la stessa, la stessa di chi sa che la sua vita ha finalmente conosciuto uno spiraglio di luce.
Non più grigia, spenta, vuota ma colorata, accesa e completa. Finalmente.

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Note:
questa storia l'ho scritta in un momento di ispirazione. Mi ritrovo abbastanza nello stato d'animo di Amelia.
Lei che non ha mai vissuto emozioni veramente forti come quella della vera amicizia, dell'essere in un qualche modo normale e... dell'amore si ritrova improvvisamente a vivere l'ultima, che le da un altra ragione per continuare a vivere, oltre a quella del lavoro. Spero che questa one-shot vi sia piaciuta, mi sono messa d'impegno e mi pare di averla fatta abbastanza carina.
Recensite mi raccomando! Baci, Fra.


   
 
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