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Autore: Amantea    04/09/2015    26 recensioni
Natale 1788.
"Per il suo comandante. Per quel suo cuore bianco, puro e impervio come certi valichi di montagna, dove l'uomo non ha ancora perduto il suo passo, perché si sciogliesse presto tra mani calde e gentili, e scoprisse finalmente l'amore."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cuore bianco











cuore bianco



"Il momento più buio della notte

è quello prima dell'alba"


UN CUORE BIANCO




"Io lo so qual è il tuo problema".
Alain si era proteso un poco verso di lui, le braccia incrociate sul petto. Uno sguardo rapido intorno, a sincerarsi che nessuno li stesse osservando. Non in modo interessato, almeno.
"Tu sei troppo innamorato. E sei sempre stato troppo presente nella sua vita. Troppo premuroso, troppo gentile, troppo bello... troppo di tutto. Se fossi sparito ogni tanto ... si sarebbe accorta di quanto fossi importante per lei. Invece, così... ", sbuffò d'un fiato, l'aria soddisfatta di chi ha capito perfettamente tutto e ha la soluzione in tasca.
André non si mosse. La testa un poco reclinata all'indietro, i palmi affondati in quel materasso sfondato, che sembrava sostenerlo per pura fortuna di legni e incastri.
"Grazie Alain. Ora è tutto certamente più chiaro", gli ribatté, un filo di voce.
L'altro soffocò una risata nella gola, quel tanto che bastò a far vibrare il fazzoletto rosso, annodato al collo.
"Bene, almeno l'ironia ce l'hai ancora".
La voce tradì tuttavia una certa inquietudine. Si era affezionato a quel ragazzo, suo malgrado. A quella sua aria da nobile, a quel suo sguardo triste e profondo, ai suoi modi discreti. Non lo sentivi, il Grandier. Avevi quasi l'impressione che sarebbe morto in punta di piedi, silenziosamente, senza recare disturbo, come la sua presenza tra i soldati della guardia metropolitana. Un animo gentile, un cuore buono, senza dubbio ... e tutto sofferente per quella ...
Quella riflessione sembrò scuoterlo. Si schiarì la voce, e appoggiò un gomito al letto di sopra, l'altra mano sul fianco.
"Senti, André. Ma perché non ci fai un discorsetto con il nostro Comandante... ".
André volse lo sguardo verso di lui, alzando un sopracciglio.
"Si atteggia tanto a fare il maschio... e invece, secondo me, avrebbe solo bisogno di qualcuno che la facesse sentire donna. A costo di sbatterla su un pavimento...". Vide tutto il corpo di André irrigidirsi, e con una risata si affrettò a specificare: "Non dico mancarle di rispetto... quello mai. Anzi, prego sempre Iddio che mi metta sulla strada un farabutto di tal sorta per fargli la pelle". Un baluginìo la lama dello stiletto di sotto alla manica, prima di sparire di nuovo nella custodia legata al polso e ben nascosta dal tessuto. "Ma capisci che intendo? André?...".
André aveva di nuovo buttato i gomiti sulle ginocchia, la testa abbassata.
"Domani è il suo compleanno, Alain".
Il soldato restò ad ascoltarlo con un'espressione sorpresa. Poi si aggiustò la cintura delle braghe, e fischiò.
"Proprio una dama dell'inverno, la tua. Te la potevi anche scegliere una con meno neve sul cuore, amico mio. E come hai intenzione di festeggiare?".
André lo guardò di nuovo: "Festeggiare?! Non mi parla nemmeno. Non restiamo mai soli... ".
"Beh, quando avete rischiato di lasciare le penne a Saint Antoine un pochino si era preoccupata per te, mi sembra".
André scosse la testa. Alain intuì un sorriso, nella penombra.
"Dici che per farmi notare devo farmi ammazzare?!".
Risero entrambi.
Poi Alain gli posò una mano sulla spalla, un ampio sorriso ad iluminargli il viso: "Credo che i ragazzi reclameranno la loro licenza natalizia. E ne approfitterai anche tu".


"Avanti!".
Una mano alla tempia, l'altra a vergare il foglio di inchiostro scuro, rapida e decisa, gli occhi mobili a inseguire le lettere nel loro dispiegarsi sulla carta.
La porta si aprì, e si richiuse.
"Sì?", chiese ancora.
Concluse il documento, e lo firmò. Solo allora alzò lo sguardo verso la porta. Gli occhi tradirono le labbra, e si addolcirono in un sorriso fugace.
"Dimmi pure, André".
Si allontanò un poco dalla scrivania, le dita puntate sul bordo.
André restava in piedi, impettito. La sua figura alta copriva quasi tutto lo specchio della porta, lo notò, restando seduta.
"I ragazzi chiedono se ti sei ricordata di firmare la licenza per stasera, Oscar".
Oscar distese la fronte, l'aria un poco perplessa.
"Stasera?" ripeté.
"E' la Vigilia di Natale, Oscar. Ricordi? Avevi promesso una libera uscita a tutti, per stasera", spiegò André.
No, non se lo ricordava. L'espressione di stupore era sincera. Scosse la testa, quel tanto che bastò perché la sua chioma di miele le incorniciasse d'oro e grano il viso.
E sorrise, un po' anche a se stessa.
"Oscar, tu lavori troppo. Sei sempre chiusa qui nel tuo ufficio, e se non sei qui, sei in missione, a Parigi. Non torni mai a casa, non ti prendi mai una licenza".
Il tono pacato, di sempre.
Oscar lo guardò, più duramente di quanto avrebbe voluto.
"Non sta a te dirmi queste cose".
"Non senti nemmeno il freddo che c'è qui? Si gela Oscar. Ti ammalerai se continuerai di que..."
"Finiscila, André". L'aveva interrotto stizzita, uno stridìo la sedia sotto l'impeto di alzarsi e porsi di fronte a lui.
"Perché stai tremando?".
Ancora quel dannato tono pacato.
Non rispose. Tremava, davvero. André allungò una mano verso la sua. Era gelida per quanto, a contrasto, era calda quella di lui.
Bussarono di nuovo, e Oscar si sottrasse rapidamente alla sua presa.
"Comandante". La voce timida di Gerard, e poi il suo viso rotondo, sbucarono da dietro la porta. E poi dietro ancora il naso adunco di Jacques, e i capelli spettinati di Pierre, e dietro a tutti la mole di Alain.
"Sì?". Oscar si era ricomposta velocemente, il piglio sicuro.
"Comandante, noi avremmo sperato di farvi cosa gradita ... con questo piccolo regalo".
Gerard allungò un cesto di vimini, di quelli che le donne usavano per recarsi al mercato a comprare la frutta. Un nastro rosso era stato arrotolato lungo il manico, a terminare in un fiocco. Gerard, più rosso del nastro, balbettò: "E'... è una cosa da po... poco, Comandante. Ma le no... nostre sorelle, e ma... madri si sono date da fare... Con i no... nostri auguri di Na... Natale, Comandante".
Jacques gli dette una spinta, e Pierre ridacchiò. Il cesto fu allungato verso di lei, tremolava un poco.
Oscar guardò i suoi soldati con tenerezza. Si sentì avvampare a sua volta, e faticò a trovare le parole.
André le sorrideva, e la incitò con un cenno, minimo, che solo lei colse.
Oscar prese il cesto. C'era qualcosa di ripiegato al suo interno, sembrava una coperta, o qualcosa del genere. Morbida agli occhi, e ricamata.
"E' un sottosella", spiegò Alain. "Per il vostro cremello, Comandante".
La donna sorrise, di un'emozione sincera. Pochi mesi prima quegli stessi soldati si erano rifiutati di sfilare in suo onore in quanto donna. Adesso, addirittura, un regalo, da famiglie che non potevano neanche permettersi di festeggiarlo, il Natale.
Cercò di nuovo André con lo sguardo. Era lì, placido, solido, sicuro. Come sempre.
"Grazie, soldati. Grazie con tutto il cuore. Caesar apprezzerà molto!".
Risero sguaiatamente, arrossendo, i berretti in mano, e pacche scomposte sulle spalle.
Alain si fece un poco largo, non fu difficile.
"Ora però Comandante dovete fare voi un regalo ai vostri soldati... Unitevi a noi per una bevuta. E non accetteremo un no come risposta!".


Alain tirò le redini, l'ampio bavero tirato su fino agli zigomi.
Si voltò, un'impennata il cavallo prima di arrestarsi.
"Noi di solito veniamo qui, comandante, a festeggiare".
L'insegna de La Bonne table cigolava al vento gelido di quella sera di Vigilia.
Oscar alzò il braccio, e il drappello scese da cavallo. Un bambino, qualche moneta per il disturbo e una promessa, si occupò di portare i cavalli sul retro, sotto una tettoia al riparo dal freddo.
"Comandante, spero che un posto del genere non vi rechi offesa", sogghignò Alain, tenendo aperta la porta perché Oscar potesse entrare.
Una zaffata calda di arrosti e vino le scaldò le narici.
"Non sottovalutarmi, soldato. Io ho fatto anche a botte, in un'osteria", ribatté.
Ed entrò.


A parte Alain, uomo fatto, se non altro per la stazza, e la sicurezza con cui teneva stretta per i fianchi la ragazza che gli si era accomodata sulle ginocchia, i suoi soldati avevano proprio l'aria da ragazzini. Oscar abbassò lo sguardo sul suo boccale di birra, lasciandosi invadere dall'aroma fruttato.
André era seduto accanto a lei, e anche lui sembrava perso nel riflesso ambrato che faceva roteare tra le mani.
"Oscar", mormorò.
Lei si voltò a guardarlo.
"Ho anche io un regalo per te. Ma non qui, davanti a tutti. Verresti, con me?".
Oscar gettò uno sguardo veloce alla sala e ai suoi soldati, intenti a bere e cantare. Incrociò gli occhi di Alain, ma per poco, e gli parvero più brillanti e furbi del solito. Era decisamente meglio tenere riservate le proprie faccende.
André stava aspettando una sua risposta.
Quanto tempo era che non festeggiava un Natale a casa? Che non si sentiva felice per il suo compleanno?
Per molti anni il pensiero di Fersen le aveva dato il tormento, e poi era stato tutto un susseguirsi di eventi spiacevoli.
Pensò che in quel momento André era tutta la sua famiglia, in quel posto un po' sudicio e rumoroso.
Era l'unico che conosceva tutta la sua vita.
Più aveva cercato di tenerlo lontano, e più lui era rimasto accanto a lei.
Fino a quel vicolo, la sera dell'aggressione. La sera in cui aveva temuto di perderlo.
Il suo André.
Gli strinse un poco il braccio, in segno di conferma. Lo vide sorridere, e poi invitarla ad alzarsi. Gettare qualche moneta all'oste sul bancone, e aspettare una chiave. Salire le scale, che portavano alle camere di sopra, e guidarla, tenendola per mano. Aprire una porta e sgusciare dentro. E restare lì, in piedi, vicino al legno, mentre lei si guardava intorno, movendo qualche passo incerto, le braccia conserte.
"Scusami Oscar", le disse.
Scusami per questa stanza, per questo ardire. Per averti portato qui, con me, anche se non siamo nulla.
Oscar alzò un poco le spalle.
André estrasse qualcosa da dentro la giubba dell'uniforme. Era un piccolo involto.
"E' il mio regalo?", chiese Oscar.
Ma la sua espressione mutò quando André scostò i lembi del fazzoletto.
Serrò le labbra e arretrò.
"Il nostro tesoro. Perché lo hai portato qui? Una volta ti dissi che se fossi morta potevi tenerlo tu. Perché lo hai portato, a me?".
Aveva alzato la voce.
André non si scompose.
Arrabbiati, Oscar. Arrabbiati, non mi importa. Purché il tuo cuore viva ancora. Purché si sciolga questo gelo fra noi, grida, picchiami, non mi importa.
"Stai facendo di tutto per morire, Oscar. Per morire dentro".
Appoggiò il piccolo tesoro su un tavolinetto, non lontano dalla porta, e restò in piedi, deciso ad affrontarla, una volta per tutte. Cosa aveva da perdere ormai?
"Hai deciso di vivere come un uomo, da quella maledetta sera. Lo fai per punire me? O te stessa, Oscar? Perché tu non ti prendi cura di te... né da uomo, né da donna... non stai vivendo affatto!".
Alzò un poco la voce, a sua volta. La vide sbarrare gli occhi, ma continuò.
"Non c'è giorno che non mi penta Oscar di quello che ho fatto! Non c'è un dannato giorno che io non ci pensi!!".
Oscar cercò di involarsi oltre la porta. Il braccio teso di André la bloccò.
"No, non ti faccio fuggire. Non ce la faccio più a stare così".
Io ti amo ancora Oscar. Ti amo ancora.
Non ebbe il coraggio di spostarlo, quel braccio. Ci si adagiò, sperando che capisse. Che capisse quanto era difficile, per lei. Quanto era tutto troppo difficile per lei.
"Non esiste più quel tempo André. Il tempo del nostro tesoro... il tempo che conoscevi tu. E lo sai, meglio di me", mormorò.
"E allora inventiamocene uno nuovo, Oscar. Prima che sia troppo tardi... non mi tagliare fuori, Oscar".
Chiuse il braccio, e lei si lasciò girare, fino a ritrovarsi stretta contro il suo torace.
Non dissero nulla.
Era così forte André, così solido il suo corpo dietro di lei. Delicato il suo viso sceso tra le ciocche bionde, dolci le labbra adagiate sulla sua guancia.
Oscar sentì che qualcosa le si scioglieva nel petto, e le saliva agli occhi. E poi solo calore, un calore sconosciuto, che la pervadeva piano.


Alain sollevò il boccale di birra, guardando la ragazza negli occhi.
"Vuoi fare un brindisi, soldato?", chiese lei, le labbra rosse schiuse in un sorriso delizioso.
"Oh sì", rispose di getto, un rapido sguardo a salire le scale, e poi a perdersi, tra forme invitanti e ciocche corvine.
"Per una persona speciale?", continuò la ragazza.
Alain annuì di nuovo.
Socchiuse gli occhi, per qualche istante.
Per il suo comandante. Per quel suo cuore bianco, puro e impervio come certi valichi di montagna, dove l'uomo non ha ancora perduto il suo passo, perché si sciogliesse presto tra mani caldi e gentili, e scoprisse finalmente l'amore. E per il suo amico, perché ricordasse sempre che il momento più buio della notte è quello prima dell'alba, sì da non perdere mai la speranza.
E se anche Alain non era proprio un poeta, vi posso assicurare che i suoi pensieri non furono poi molto diversi da questi.
"Bevi con me?" le chiese soddisfatto del brindisi in onore dei suoi amici più cari..
La ragazza si abbassò un poco, lasciando che i suoi lunghi capelli gli solleticassero il viso: "Berrò poi dalla tua bocca", gli sussurrò all'orecchio.
"E sia!", decise Alain stringendola a sé. "Ma prima dimmi il tuo nome".
Lei tornò accosta al suo orecchio, sfiorandolo un poco con le labbra prima di rispondere.
"Va bene, Chèrie. Un brindisi anche alla tua bellezza, a questo Natale che ci ha fatto conoscere, e a qualcosa che mi dice che ci rivedremo ancora".
E poi la birra finì rumorosamente nella sua gola.





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Dedicata alle mie sorelle Maddy, Orny, Tixit, Sabrina, Pamina, Lucy71, Queenjane.
Dedicata alle sorelle peccatrici. Rimetterò su Il Peccato :) E a tutte le amiche che mi conoscono e a cui voglio bene.
Dedicata alle lettrici che si ricordano di me, chiedendo scusa per la sparizione delle mie ff.
Un abbraccio, col cuore
Amantea



   
 
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