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Autore: spectr0lite    04/09/2015    2 recensioni
Mia ormai è spezzata dentro. E' un disastro vivente con il buio che penetra freddo sotto pelle e le scorre nel sangue e nelle ossa.
Lei è l'eco di una frase pronunciata male che nessuno ha sentito.
Tranne Luke. Lui che al buio ormai ci ha fatto l'abitudine non riesce ad ignorarla. Lei che è vetro e cemento, lama e ferita. Lei che non riesce ad ignorare la catastrofe.
«Mia, puoi sentirmi? Svegliati, è solo un incubo.»
Ne sei proprio sicuro Hemmings?
©spectr0lite
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Quattro.
 
Passai il resto della serata in camera a svuotare gli scatoloni, avevo detto a Karen di non voler cenare perché troppo stanca dopo il viaggio, semplicemente non riuscivo a sedermi a tavola con loro a fare la bella famiglia felice.
Incrociai le gambe sedendomi sul letto; gli scatolini erano vuoti, i vestiti erano tutti sistemati nell’armadio a muro, i libri riempivano tutte le mensole della libreria e visto che alcuni non ci entravano li avevo appoggiati sul davanzale della finestra, avevo trovato qualche cuscino da mettere sul letto e qualche foto che avevo sparso nella stanza. Mi ero incantata a guardarne una poggiata sulla scrivania, c’erano papà e la mamma che ridevano seduti sull’erba poco lontano dalla sponda di un fiume. Papà la abbracciava stretta e la testa della mamma era poggiata sul suo petto mentre entrambi strizzavano gli occhi scossi dalle risate. Era quella volta che eravamo andati a fare un pic-nic sulle colline vicino casa della zia Rose, avevo si e no 12 anni e avevo ricevuto quella macchina fotografica per il compleanno.

Sentii la porta aprirsi e vidi un ciuffo blu sbucare dalla soglia. – Posso? –chiese Michael titubante sbirciando dentro. Annuii spostandomi un po’ facendogli spazio sul piumino bianco dove venne a sedersi subito dopo. Spostò lo sguardo sulla foto che stavo guardando per poi chiedermi – Ti mancano? – a bassa voce. – Secondo te? – gli risposi alzando un sopracciglio un po’ acida. Non riuscivo ad essere triste quando si parlava di loro, mi saliva solo una rabbia assurda con la quale cercavo di coprire i sensi di colpa. Perché alla fine lo sapevo che era stata colpa mia, perché l’obbiettivo di quello psicopatico di Nate ero io e i miei erano solo un ostacolo nella sua mente fottutamente malata.
– Ti volevano bene, si vede. – se ne uscì Michael. Lo guardai assottigliando gli occhi per poi scuotere la testa – Senti possiamo cambiare argomento? – dissi.
– Io…non credo ti faccia bene non parlarne. – iniziò. Io mi lasciai andare sul letto stendendomi iniziando a giocare con le sbarre di ferro – Tu non mi conosci – gli intimai. – Lo so, ma credo che... –  continuò ma io lo fermai – Michael, smettila. – gli dissi dura – Perfavore. – aggiunsi cercando di rimediare al sorriso amaro che ora aveva stampato in faccia a causa mia. Lui sospirò e fece per alzarsi – Sei pronta per domani? – mi chiese quando ormai era quasi alla porta. – Domani? – lo guardai aggrottando le sopracciglia. Si passò una mano sul viso con fare stanco – Domani c’è scuola. – disse semplicemente. Sbuffai – E io devo andarci, vero? – chiesi vedendolo poi annuire. – Quella tizia che ti ha accompagnato si è espressamente raccomandata. – disse mimando le parole con le dita. Mi coprii la faccia con le mani per soffocare un gemito di frustrazione. – Gesù, che palle! – imprecai guardando il soffitto. – Hei! Ragazzina frena l’entusiasmo eh! – esclamò ironico ridacchiando – Fatti trovare giù per le 8. – aggiunse poi uscendo dalla stanza.

Guardai la sveglia sul comodino, erano quasi le undici così decisi di andarmi a fare una doccia e poi andare a letto, presi un asciugamano abbastanza grande e mi diressi verso la porta in fondo dove presumevo esserci il bagno. Mentre l’acqua calda scorreva sulla mia pelle e il vapore avvolgeva la stanza finalmente riuscii a non pensare a nulla, mi concentravo sul rumore delle gocce d’acqua sulla testa, sui rivoli di vapore che si schiantavano sulle piastrelle bianche ormai appannate, la mia mente era finalmente vuota.
 


La mattina dopo mi svegliai presto, avevo dimenticato di chiudere le tende ed ora la luce entrava imperterrita e riempiva la stanza. Rimasi a letto per un’altra decina di minuti prima di sbadigliare per l’ennesima volta e alzarmi, andai a farmi una doccia veloce e asciugai i capelli corvini un po’ umidi tamponandoli con l’asciugamano. – Già sveglia? – mi ritrovai un Michael appena sveglio venire verso il bagno quando aprii la porta per uscire. Spalancai gli occhi ricordandomi di essere coperta solo dall’asciugamano. Lui sembrò accorgersene subito dopo aver finito di stropicciarsi gli occhi ancora assonnati perché improvvisamente la sua faccia iniziò a colorarsi diventando completamente rossa. Ridacchiai tornando verso la mia stanza non prima di avergli detto – Il rosso ti dona, Clifford! – con un sorrisino stampato in faccia, cosa che lo fece arrossire ancora di più.
Entrai in camera indossando velocemente l’intimo e aprii l’armadio cercando qualcosa da mettere, alla fine presi una maglia a caso, i miei skinny jeans neri e degli anfibi. Riempii il vecchio zainetto con quello che mi sarebbe servito, presi il cellulare, le sigarette e chiusi la porta della stanza scendendo di sotto. Karen era ai fornelli e stava preparando i – Pancake! – esclamai lasciando cadere lo zainetto per terra accanto la sedia – Speravo ti piacessero…ieri sei andata a letto senza cena quindi credo che tu sia abbastanza affamata ora... – disse dolce. Non riuscii a trattenere un sorriso che lei ricambiò calorosamente passandomi un piatto con una piccola pila di pancake.
– Buongiorno – Michael arrivò piazzandosi sulla sedia accanto alla mia ed iniziando a mangiare. – Mike, mi raccomando – iniziò a dire Karen – quando arrivate a scuola devi aiutare Mia con i documenti, lo sai, e soprattutto – puntò il dito verso il figlio – NON. LASCIARLA. SOLA. – scandì bene le parole. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo tornando a mangiare facendomi ridere.  – Daryl? – chiesi io notando solo ora la sua assenza. – Oh, lui va via prima. – mi rispose Michael – Lavora a tipo un’ora da qui. – aggiunse vedendomi annuire.
Finimmo di mangiare, salutammo Karen ed uscimmo nell’aria calda australiana. Michael mi aveva detto che il Norwest Christian College era a pochi isolati da casa ed era comodo arrivarci a piedi, si stava tranquilli. Presi una sigaretta dal pacchetto e l’accesi sotto lo sguardo allibito di Michael – Fumi? – mi chiese per poi scuotere la testa e dire – Ma certo... – in un sussurro. Quel tono mi aveva non so perché infastidita – Problemi? – gli chiesi con la mia voce arrogante. Mi guardò alzando le sopracciglia e poi alzando gli occhi al cielo – Mi ricordi qualcuno, tutto qui. – liquidò freddo. Facemmo il resto della strada così, io che fumavo in silenzio e Michael a borbottare qualcosa di incomprensibile.

– Siamo arrivati. – disse mentre con un cenno della testa mi indicava un cancello aperto. Le parole NORWEST CHRISTIAN COLLEGE erano incise su una targa al centro della facciata principale, alcuni studenti erano seduti gradini dell’entrata a ripassare, alcuni erano  seduti sul muretto accanto a farsi i cazzi loro, altri rimanevano appoggiati alle loro auto a chiacchierare. – Vieni. – mi disse Michael andando verso l’entrata principale. Sorpassata la soglia mi trovai in un lungo corridoio con gli armadietti ai lati e qualche porta di tanto in tanto che supponevo essere le classi. Degli studenti avevano iniziato a fissarmi. Deglutii. – Dai sbrigati, le lezioni iniziano tra dieci minuti. – mi tirò per il braccio portandomi alla prima porta a destra dove c’era scritto in lettere maiuscole SEGRETERIA.
– Buongiorno! – intonò una donna dietro una grande scrivania – Come posso esservi utile ragazzi? – aggiunse sorridente.
– Lei è la nuova alunna. – disse Michael precedendomi. Le si illuminarono gli occhi – Tesoro, ciao! Io sono Margaret, benvenuta! – disse con voce squillante – Ho tutto ciò che ti serve, libri, orario e altre scartoffie che dovrai portare a casa, okay? – disse ed io annuii – Mi servono solo i tuoi documenti… - aggiunse sporgendosi quando io le passai i fogli. – Perfetto! – trillò – Ecco a te. – presi i fogli, mormorai un – Grazie. – ed uscii seguita da Michael che sbuffava.
– Chi hai alla prima ora? – mi chiese dando un’occhiata all’orario che tenevo in mano. – Storia. – dissi passandomi una mano sul viso. – Con... – iniziai a scorrere i nomi dei prof – Morris. – terminò Michael prima di me. Annuii. – Okay, è la terza porta appena svolti il corridoio. – mi disse indicandomi la direzione che avrei dovuto prendere. – Se leggi bene ogni prof ha la porta numerata, ce la fai ad orientarti da sola? – mi chiese – Io devo andare di sopra. – mi avvisò. – Certo, tranquillo. – gli dissi annuendo. Mi lasciò un’occhiata incerta prima di girarsi e iniziare a percorrere il corridoio.

Sbuffai, le lezioni sarebbero iniziate in meno di 5 minuti. Se fossi andata ora in classe sarei stata in anticipo, se fossi tornata fuori a fumarmi una sigaretta sarei stata in ritardo. Non c’era neanche da rifletterci, ci misi pochi secondi per trovare la porta di servizio e aprirla, mi appoggiai al muretto di mattoni davanti a me portando la sigaretta alle labbra ed osservando il piccolo cortile sul retro. C’erano un paio di tavoli con delle panche di legno, una fontanella e una piccola piattaforma che doveva servire da palcoscenico, alle mie spalle c’erano le gradinate in metallo del campo da football, chiuse.
Ero lì da sola, lo sapevo, ma era come se sentissi qualcosa starmi dietro, qualcuno osservarmi, perché c’era quello spazio che parte dietro il collo e arriva in mezzo alle scapole che bruciava e mandava piccoli brividi alla mia spina dorsale contemporaneamente. Guardai in tutte le direzioni non so quante volte prima di schiacciare la cicca sotto la suola degli anfibi ed tornare dentro.

Quando mi trovai davanti la porta della classe chiusa non bussai, semplicemente girai la maniglia ed entrai
guadagnandomi un – In ritardo già il suo primo giorno? – da parte del professore. Lo ignorai andandomi a sedere in uno dei due unici posti liberi in tutta la classe, in ultima fila, vicino alla finestra. – Lei è la signorina... – iniziò a dire cercando il mio nome sul registro – Duncan. – terminai per lui. – Bene. Signorina Duncan vuole presentarsi? Io sono in professor Morris. – mi chiese il professor Morris sorridendo. Risposi un – No. – secco prima di girarmi a guardare fuori dalla finestra.

Si sentirono respiri risucchiati, qualche gridolino soffocato, l’aria era improvvisamente diventata pesante. Sentii uno – Spostati. – prima di girarmi e trovare due punte di ghiaccio guardarmi. Quegli occhi. – Il signor Hemmings che ci degna della sua presenza! A cosa devo questo onore! – trillò Morris dalla cattedra. Il ragazzo davanti a me lo ignorò mantenendo la sua attenzione su di me. Hemmings. – Sei sorda? – mi richiese il ragazzo. Lo guardai alzando un sopracciglio. – No. – risposi – Lì è libero. – dissi indicando con la testa il posto a fianco a me. – Io non mi sposto. – aggiunsi. Assottigliò gli occhi e batté le mani sul banco – Questo è il mio posto. – sibilò tra i denti. Quasi scoppiavo a ridere. Lo guardai impassibile – Tanto piacere. Ora siediti lì. – intimai indicando di nuovo il banco di fianco. Come se fosse possibile i suoi occhi si assottigliarono ancora di più diventando due fessure. Fece un passo indietro. Alzò il braccio. Voleva colpirmi. Scattai in piedi mantenendomi con le braccia sul banco per arrivare più o meno alla sua altezza anche se mi superava ancora di una decina di centimetri. – Tu non mi tocchi. – sputai a pochi centimetri dal suo viso. Sembrò spalancare leggermente gli occhi prima di guardare il palmo della sua mano a pochi centimetri dal mio viso. La abbassò stringendo i pugni e fece per andarsene sbattendo la porta. Mi lasciai andare sulla sedia tornando a guardare fuori dalla finestra sperando non tornasse.
Ma poi lo sentimmo tutti. In quella classe 5x8 tutte le teste si girarono improvvisamente verso la porta. Per più un secondo quel rumore assordante riecheggiò nella mia testa e mi ritrovai a spalancare gli occhi quando la porta si aprì.
 
TA-TA-TA-TAAA! SUSPENSE

Prima di tutto vorrei dire che sono davvero felice che qualcuno stia leggendo la storia, spero davvero che possa piacere, poi vorrei semplicemente chiedervi: Devo continuarla? Oppure lascio perdere perchè è una merda totale?
Grazie davvero se rispondete a questa domanda nelle recensioni perchè sono un pò in crisi, davvero, è la prima storia che pubblico e mi piacerebbe avere dei giudizi, negativi o positivi che siano, almeno per sapere se devo continuare a scrivere o lasciar perdere ed eliminare tutto.
Come sempre spero che il capitolo vi piaccia e niente, ciao.
Chiara
  
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