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Autore: NancyP    04/09/2015    2 recensioni
Il lutto per la morte di un caro è un dolore che ti distrugge per un po' di tempo, poi scompare lasciando solo ricordi dolorosi, come le cicatrici lasciate da un grave incidente o da una malattia mortale. Vivi la tua vita come hai sempre fatto, torni a marcire nella monotona quotidianità della tua vita, finché un gesto o un avvenimento non ti ricorda cosa hai perso o cosa hai passato.
Genere: Angst, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che cos'è la morte? Ci sono definizioni diverse a riguardo, per molti è la fine di un viaggio, di un'avventura per altri la conclusione di un ciclo naturale. Tutto dipende da ciò in cui crediamo o da ciò in cui vogliono farci credere.
Se l'argomento morte è qualcosa di misterioso e controverso quello che ci aspetta oltre quest'ultima lo è ancor di più e anche questo dipende dalle nostre credenze.
Io non sono mai stata una persona credente, la convinzione che dopo aver esalato l'ultimo respiro ci aspetti un presunto "paradiso" o un "inferno", la misericordia di un "padre eterno", la felicità eterna, la dannazione o la possibilità di espiare i nostri peccati non mi ha mai entusiasmato.
Ero convinta che tutto ciò servisse solo ad addolcire la pillola; la paura del nulla ci attanaglia tutti e molti preferiscono rifugiarsi in queste sciocchezze invece di rassegnarsi alla dura realtà.
Come quando cerchi di convincere un bambino ad andare dal dottore con la scusa di portarlo al parco o di comprargli un gelato al ritorno, accettiamo la morte con la speranza di raggiungere chi abbiamo perso o di poter vivere finalmente in pace.
Io, invece, preferivo vivere nel mistero e continuavo a ripetermi che solo quando me ne sarei andata avrei potuto conoscere la risposta.
Un'altra domanda di cui bramavo la risposta era se morire fosse davvero doloroso.
È la morte in sé che causa dolore o il processo che porta ad essa?
Di questo quesito, tuttavia, ho avuto la soluzione. La morte in sé non porta dolore al morto, se si tratta di morte naturale o improvvisa ovviamente, in caso contrario è il processo a causare agonia a quest'ultimo prima si spirare. Per quanto sembri banale tale risposta per molti è ancora un mistero.
Tra tutti questi interrogativi che circondano la questione,però, abbiamo solo una certezza: l'unica vera sofferenza la provano i vivi, le persone che hanno amato il disgraziato in vita.
Tutto questo l'ho capito quando sono stata faccia a faccia con la morte.
Qualche tempo dopo la tragedia mi misi ad osservare ciò che mi circondava per rendermi davvero conto di cosa era cambiato nella mia famiglia e in me stessa.
Aprii gli occhi e sdraiata sul letto cominciai a scrutare la mia stanza: sembrava più buia del solito, i poster sulle pareti erano scoloriti e i libri riposti nella libreria sembravano eccessivamente impolverati. Forse in quei mesi avevo trascurato la pulizia della camera e mia madre, che di solito si occupava di sistemarla, avendo altro per la testa aveva dimenticato di farlo.
Mi vestii in fretta e distrattamente ed anche i miei vestiti, di solito monocolore e abbastanza insoliti, in quel momento mi sembravano più spenti e monotoni delle altre volte.
Scesi a fare colazione e salutai mia madre, lei non rispose e continuò a preparare la colazione come aveva sempre fatto.
Quello era uno di quei momenti in cui sembrava aver scordato tutto, aveva la stessa espressione attenta di sempre e canticchiava una delle sue canzoni preferite.
Per un momento mi sembrò la donna che era sempre stata fino ad allora, felice.
Poi però dopo essersi resa conto di aver apparecchiato la tavola per una persona in più i suoi occhi cambiarono.
Si riempirono di lacrime e la tristezza si manifestò sul suo volto. Era al limite del pianto ed io restavo seduta ad osservarla. Dopo un po' di tempo si unirono a noi anche mio padre e mio fratello, tutti avevano un'area malinconica e quando mia madre servì loro la colazione nessuno osò alzare lo sguardo o proferire parola; si avvicinò e mi guardò, io le feci cenno di non volere nulla, quel giorno, come i precedenti non avevo appetito. Lei come se non si fosse accorta del gesto voltò immediatamente le spalle e si sedette. Nessuno parlò, il silenzio la faceva da padrone.

Uscii di casa poco dopo, si erano dileguati tutti e non mi andava di restare sola in quell'abitazione che pareva ai miei occhi così tanto fredda ed e per niente accogliente. Decisi di fare due passi per la città, mi strinsi nello spesso capotto che indossavo, eravamo a fine autunno e il freddo cominciava a farsi sentire, tuttavia avevo la sensazione di provare più freddo degli altri. Girandomi attorno, infatti, mi accorgevo che ero la persona vestita con abiti più pesanti, la gente si era limitata ad una giacca o ad un leggero cappotto,pesando fosse solo una mia fissazione scrollai le spalle e mi avviai verso il parco. L'ho sempre adorato. Era il mio luogo preferito, dove potevo fermarmi a pensare, a leggere o semplicemente ad osservare i passanti quando ero triste o quando i pensieri non mi davano tregua. Mi piaceva guardare le persone ed immaginare cosa ci fosse dietro i loro volti e quale fosse la loro storia; in quei momenti cercavo rifugio nella vita di qualcun altro per allontanarmi dalla mia.
Quando arrivai mi sedetti sulla solita panchina, chiusi gli occhi, feci un respiro profondo e portai indietro la testa. Nel frattempo un anziano che portava a passeggio il proprio cane si sedette di fianco a me; il cane di taglia piccola cominciò ad abbaiare senza motivo, infastidita da ciò cercai di zittirlo finché il proprietario non esclamò rivolto all'animale: << Che diavolo ti prende? >> . L'uomo dopo numerosi tentativi di far tacere la bestiola decise di andarsene. Essa, però, continuava ad abbaiare e ad agitarsi rivolgendosi a me. Confusa dall'accaduto mi alzai e continuai a camminare finché, quando passai davanti ad un'edicola, la mia attenzione non fu catturata dalla prima pagina di un giornale; il titolo recitava << CRUENTO OMICIDIO A MADTOWN >>, di fianco vi era la foto della vittima. Guardarla mi mise una strana inquietudine, quella foto era stranamente disturbante eppure non era altro che la foto di una ragazza della mia età. Era terribilmente simile a me: il viso incorniciato da
riccioli biondi, due fossette sulle guance e gli occhi verdi, quella foto era incredibilmente familiare e questo mi spaventava. Decisi di leggere l'articolo per avere dei chiarimenti, questo è ciò che lessi:
<< Nella notte fra il 12 e 13 settembre un cruento omicidio ha scosso la tranquilla cittadina di Madtown. Il cadavere di un'adolescente è stato ritrovato nel bosco che circonda la città. Il corpo mostrava evidenti segni di violenza fisica e ulteriori analisi hanno confermato i sospetti. La causa della morte è stato un'emorragia cerebrale dovuta ad un forte colpo alla testa. Non si conosce ancora il movente, ma gli investigatori sospettano che sia un tentativo di stupro finito male. L'adolescente in questione è... >> mentre scorrevano le parole davanti ad i miei occhi il cuore cominciò a battere sempre più forte e il respiro diventava sempre più corto, non riuscii a leggere oltre poiché un ragazzo mi venne contro, stavo per obbiettare quando mi accorsi che era mio fratello.
Non alzò lo sguardo e continuò a camminare come se niente fosse.
Cosa stava facendo? A quell'ora doveva essere a lavoro e come mai non mi aveva riconosciuta e non sembrava essersi accorto della colluttazione? In preda alla confusione più totale decisi di seguirlo, camminammo per alcuni chilometri mentre mi tenevo a debita distanza finché non raggiungemmo il cimitero della città. Entrò e cominciò a cercare una tomba in particolare. Non ero stata in un cimitero da molto tempo, quel luogo mi metteva sempre in agitazione e mi trasmetteva una strana tristezza.
In quel momento però quelle sensazioni sembrava amplificate per cento volte e non ne capivo il motivo. Si fermò finalmente dinanzi ad una tomba, io mi avvicinai a lui lentamente fino a pormi dietro di lui. Piangeva, posai la mano sulla sua spalla, lui sembrò rabbrividire e lo sentii irrigidirsi sotto la mia mano. Mi avvicinai di più alla lapide e lessi il nome. Jane Williams...ero io.

   
 
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